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Trasmissione dell'italiano a scuola

Capitolo 3: Capitolo etnografico

3.6 Trasmissione dell'italiano a scuola

Per mantenere viva in qualche modo la lingua molti genitori iscrivono i figli a corsi di italiano, tenuti nelle scuole dell'obbligo o in scuole private come l'ILC.

Giuseppe e Margherita hanno scelto di far studiare l'italiano ai loro figli a scuola per tentare di mantenere la lingua italiana, volendo far apprendere ai propri figli una lingua che loro erano stati costretti ad abbandonare per integrarsi col mondo australiano. Lo studio della lingua italiana a scuola è anche stato un tentativo per mantenere vivi i legami con gli amici che vivono in Italia anche da parte dei figli che grazie alla conoscenza della lingua italiana possono fare amicizia con gli italiani e comunicare nella loro lingua, instaurando un rapporto di amicizia legato anche alla conoscenza di una lingua comune (interviste del 7 settembre 2016 in casa propria a Brisbane).

Tuttavia Leonardo, uno dei figli, mi ha riferito che non avendo avuto l'opportunità di conversare molto in italiano, ha purtroppo dimenticato gran parte di quello che aveva appreso a scuola, ma riesce ancora a comprendere qualche frase semplice, come mi chiamo ..., vivo

a ..., mi piace …, sono italiano, in bocca al lupo, a domani, a presto. Mi ha riferito che anche

molti suoi amici, conoscenti e compagni di scuola hanno vissuto la stessa situazione, in quanto tra di loro, le generazioni più giovani, hanno sempre parlato in inglese, anche perché trovandosi in un contesto scolastico era la lingua maggiormente parlata (intervista del 2 agosto 2016 in casa propria a Brisbane).

Eleonora, una collega di lavoro presso il Co.As.It., mi ha raccontato che la sua nipotina di 12 anni aveva deciso di cambiare scuola perché dov'era lei alla St Agatha's Primary School di

Clayfield avevano cambiato l'insegnamento della seconda lingua da italiano a giapponese. Siccome la bambina desiderava tanto poter apprendere l'italiano, ha fatto richiesta di ammissione alla All Hallows Catholic School di Farnham, una scuola cattolica privata femminile dove sono presenti classi dal 5° al 12° anno. Eleonora mi ha raccontato che la nipotina era tanto felice quando ha saputo che era stata ammessa alla nuova scuola perché così poteva imparare la lingua italiana e parlare con la nonna in questo modo, mantenendo viva la lingua italiana in famiglia. Eleonora mi ha detto di essere molto felice e orgogliosa della scelta della nipotina, in questo modo avrebbe potuto insegnarle anche lei qualcosa di italiano e aiutarla nello studio e negli esercizi per casa che le avrebbero dato a scuola (intervista del 21 ottobre 2016 in ufficio al Co.As.It.).

Rosanna mi ha parlato di una scuola, il North Lakes State College di North Lakes, in cui tengono corsi di immersione in lingua italiana. Questi corsi consistono nell'insegnamento di materie, come matematica, storia, ecc. nella lingua scelta. Per via dell'insegnamento di materie scolastiche in italiano, l'insegnante di italiano della scuola aveva inviato a Rosanna via e-mail alcuni capitoli di un libro di statistica da tradurre dall'inglese all'italiano (intervista del 19 settembre 2016 in ufficio al Co.As.It.).

Anche Rosanna, la mia tutor aziendale, mi ha detto di aver fatto studiare l'italiano a scuola ai suoi figli. Purtroppo però non se lo ricordano molto. Siccome il marito di Rosanna ha origini greche, tra di loro palano in inglese. Non avendo potuto parlare ai figli in italiano perché altrimenti il marito non avrebbe capito cosa dicevano, i figli non hanno potuto apprendere la lingua in maniera colloquiale (intervista dell'8 settembre 2016 in cucina al Co.As.It.).

Emily, invece, l'insegnante di italiano della Holy Spirit School di Bray Park e della Holy Family Primary School di Indooroopilly, mi ha detto di aver insegnato l'italiano alla figlia e di conversarci ogni tanto per aiutarla. Inoltre, l'ha iscritta alle lezioni di italiano alla All Hallows

Catholic School di Farnham, dove frequenta il 10° anno (intervista del 14 settembre 2016 alla Holy Spirit School di Bray Park).

I discendenti di italiani presenti nelle scuole che ho visitato mi hanno detto di aver scelto di studiare l'italiano di loro spontanea volontà e che i genitori hanno accolto con gioia la scelta. Mi hanno parlato del loro interesse verso la propria cultura d'origine e di volerne approfondire la conoscenza apprendendone la lingua e la cultura. Erano felici di poterlo imparare a scuola, così da poter dialogare coi propri nonni e altri componenti della famiglia quando si incontravano e mostrare loro i progressi verso la lingua parlata dai propri cari, mantenendola viva e facendo capire alla famiglia il loro amore nei confronti della terra natale dei propri antenati.

Gli altri studenti avevano un'origine diversa, ma mi hanno riferito che erano molto interessati alla lingua italiana e piaceva loro molto anche la cultura, la musica e il cibo. Mi hanno detto di apprezzare la solarità e calorosità degli italiani, comportamento a loro modo di dire diverso da quello a cui erano abituati in Australia, dove secondo loro le persone sono più rigide e fredde.

Quando ho chiesto loro se parlassero mai l'italiano al di fuori delle lezioni, mi hanno tuttavia risposto che preferiscono usare l'inglese, sia tra compagni di classe e amici che con i familiari, sentendosi più a loro agio usando questa lingua. Mi hanno detto di usare l'italiano solo per poche frasi o esclamazioni, come ciao, come va, a domani, che bello.

Un frequente uso tra i discendenti di italiani è l'uso di termini di parentela in lingua italiana che ho potuto osservare tra tutte le generazioni. Parole come mamma e nonna sono i più usati. Seguono zia, zio, papà, nonno, ma anche fratello, sorella, cugino, cugina.

Essendo la lingua trasmessa in famiglia ci sono espressioni usate più frequentemente di altre. Il luogo domestico è senza dubbio quello in cui si comunica maggiormente in italiano per un

periodo prolungato. Sebbene la lingua venga studiata a scuola, le lezioni di italiano sono di una sola ora di lezione a settimana nella maggioranza delle scuole. Dunque i discendenti di italiani hanno comunque un maggior contatto con la lingua a casa, se parlata. Nonostante non si comunichi utilizzando solo la lingua italiana, ma viene prediletto l'uso dell'inglese, nelle famiglie di discendenza italiana rimangono utilizzate alcune frasi e termini che vengono poi trasmessi a figli e nipoti.

Gli italiani di seconda generazione che conoscono ancora la lingua italiana, seppur la loro prima lingua sia l'inglese, ho notato che utilizzano anche esclamazioni del tipo ma che bravo

che sei, dai che ce la fai, buona fortuna, che bel lavoro, ci vediamo domani, a presto, in bocca al lupo, buon appetito, grazie, prego, per favore. Durante il mio lavoro presso il

Co.As.It. di Brisbane ho notato anche l'uso frequente del saluto ciao bella tra le colleghe. Molte sono italiane di seconda generazione e parlano ancora l'italiano tra loro, altre sono di deversa nazionalità, ma hanno adottato anch'esse questo saluto usato dalla maggioranza delle donne presenti al Co.As.It. che rimangono tutt'oggi di discendenza italiana.