1.5 Metodi preventivi di protezione
1.5.3 Metodi di protezione aggiuntiva
1.5.3.3 Trattamenti superficiali
La penetrazione degli agenti aggressivi può essere impedita applicando un rivestimento superficiale impermeabile (idealmente omogeneo e continuo). Tuttavia, la presenza di tale strato non consente l’evaporazione dell’acqua presente nel calcestruzzo al momento del trattamento. Questa situazione può portare a problemi di adesione al calcestruzzo e, quindi, di perdita di efficacia del rivestimento stesso. I trattamenti più diffusi sono quelli che bloccano o riducono l’ingresso dell’acqua dall’esterno, ma consentono l’evaporazione dell’acqua presente all’interno, per cui il calcestruzzo può raggiungere più bassi valori di umidità in equilibrio con l’atmosfera in cui si trova. É così possibile prolungare il periodo di innesco della corrosione oppure ridurre la velocità di propagazione se l’attacco è già iniziato.
Come illustrato in Figura 11, è possibile individuare quattro classi principali di trattamenti superficiali del calcestruzzo:
Nitrito di calcio (l/m3 di soluzione al 30% ) Contenuto di cloruri (kg/m3 di calcestruzzo) 10 3.4 15 5.8 20 7.7 25 8.9 30 9.4
Figura 11: Illustrazione schematica dei differenti tipi di trattamento superficiale del calcestruzzo.
(a) rivestimenti organici che formano un film continuo;
(b) trattamenti idrorepellenti che contrastano l’assorbimento dell’acqua; (c) trattamenti che ostruiscono i pori;
(d) rivestimenti con strati cementizi di elevato spessore.
Rivestimenti organici. Si tratta di rivestimenti compatibili con l’alcalinità del
supporto, ottenuti con diversi tipi di legante (ad esempio: acrilico, poliuretanico, epossidico) e con pigmenti ed additivi, portati alle condizioni adatte per l’applicazione con l’aggiunta di solventi o diluenti. Formano un film continuo alla superficie del calcestruzzo di spessore in genere compreso tra 100 e 300 µm. L’efficacia della loro azione è legata all’assenza di porosità o di difetti e cresce con il loro spessore. Per bloccare la penetrazione dell’anidride carbonica vengono utilizzati rivestimenti organici con bassa permeabilità all’anidride carbonica (spessore dello strato d’aria equivalente maggiore di 50 m) ma nello stesso tempo, per evitare il distacco dal supporto, permeabili al vapore acqueo.
Trattamenti idrorepellenti. L’applicazione di un agente idrorepellente alla
superficie del calcestruzzo ha lo scopo di ridurre l’assorbimento capillare di acqua e, quindi, delle sostanze aggressive in essa disciolte, in particolare dei cloruri. L’azione
repellente si manifesta solo nei confronti dell’acqua, ma non delle specie allo stato gassoso. In particolare questi trattamenti non ostacolano la penetrazione dell’anidride carbonica e, quindi, sono poco efficaci contro i fenomeni di carbonatazione. Superfici idrorepellenti possono essere ottenute impregnando il calcestruzzo con composti appartenenti alla famiglia dei siliconi, come i silani ed i silossani. Questi prodotti sono assorbiti per azione capillare anche dai pori del calcestruzzo per spessori dell’ordine di qualche millimetro e quindi ne rivestono l’interno. In questo modo l’acqua resta sulla superficie del calcestruzzo sotto forma di gocce senza essere risucchiata nei pori. Affinché il trattamento rimanga efficace nel tempo, è necessario che le sostanze idrorepellenti penetrino per uno spessore sufficiente nel calcestruzzo; altrimenti l’azione delle radiazioni ultraviolette ne causa il degrado. È importante che, al momento dell’applicazione, il calcestruzzo non sia troppo umido. Per evitare che si accumuli dell’acqua all’interfaccia tra strato idrorepellente e calcestruzzo, l’umidità in eccesso nel calcestruzzo deve evaporare liberamente.
I trattamenti che portano alla chiusura dei pori. L’ostruzione dei pori può
essere ottenuta con materiali come i silicati o i silicofluoruri che penetrando all’interno dei pori reagiscono con il calcestruzzo (in particolare con l’idrossido di calcio in esso contenuto), e danno luogo a prodotti di reazione che ostruiscono i pori. Possono essere considerati di questo gruppo anche alcuni rivestimenti organici a base, ad esempio, di resine epossidiche o acriliche, di formulazione tale da consentire una sufficiente penetrazione all’interno dei pori (a volte favorita ricorrendo all’impregnazione sotto vuoto) dove induriscono e quindi esercitano la loro azione bloccante.
Rivestimenti cementizi. Si tratta di rivestimenti a bassa permeabilità e di elevato
spessore. Le malte o i calcestruzzi impiegati vengono in genere miscelati con materiali polimerici per diminuire la permeabilità ed aumentare l’adesione al supporto. Questi rivestimenti presentano: buona aderenza al calcestruzzo, elevata flessibilità, elevata permeabilità al vapore acqueo, elevata resistenza alla penetrazione dei cloruri, dei solfati e dell’anidride carbonica, bassa permeabilità all’acqua e buona resistenza all’invecchiamento dovuto ai raggi solari. Grazie all’elevata deformabilità, sono particolarmente interessanti nel caso in cui il calcestruzzo sia fessurato, in quanto consentono di “chiudere” le fessure e quindi sono in grado di conservare le loro caratteristiche protettive in presenza di significativi stati fessurativi nel calcestruzzo sottostante. Presentano quindi dei vantaggi rispetto ad altri rivestimenti quando, oltre
all’azione di un ambiente aggressivo, il calcestruzzo sia sottoposto a significative sollecitazioni meccaniche, soprattutto se variabili nel tempo.
L’efficienza dei trattamenti superficiali. L’azione dei trattamenti superficiali
che si esplica nel rallentare la penetrazione delle specie aggressive porta ad un allungamento del periodo di innesco soprattutto nel caso di corrosione da cloruri. Una volta che la corrosione è innescata, solo i trattamenti che ostacolano la penetrazione dell’acqua riducono sensibilmente la velocità di corrosione, e solo nel caso in cui la corrosione sia indotta dalla carbonatazione. Per definire le caratteristiche protettive di un trattamento è necessario conoscere la sua efficienza nell’ostacolare la penetrazione delle diverse specie aggressive e la sua capacità di conservare questa efficienza nel tempo. Per quanto riguarda il primo punto, l’efficienza di un trattamento può variare molto anche per piccole variazioni nella formulazione del prodotto utilizzato. Si ricorda che anche l’applicazione di un prodotto eccellente può portare a risultati disastrosi se è effettuata in modo non corretto, su un supporto non adeguatamente preparato oppure, soprattutto nel caso dei rivestimenti organici, non sufficientemente secco. Per quanto riguarda il secondo punto, i trattamenti rimangono efficaci in genere per 10÷15 anni.