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Le scelte progettuali e le opere progettate sono conformi alle seguenti disposizioni legislative e norme tecniche di settore:

Decreto Legislativo 03 aprile 2006, n.152 “Norme in materia ambientale” e successive modifiche ed integrazioni.

“Guida alla progettazione dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue urbane” Manuali e Linee Guida ANPA - Dipartimento Prevenzione e Risanamento Ambientali

Piano Direttore, in stralcio al Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia, giugno 2002 (Emergenza Ambientale - O.M.I n° 3184 del 22/03/2002 C.D.

Presidente della Regione)

Decreto Del Commissario Delegato Emergenza Ambientale Regione Puglia del 21 novembre 2003,n. 282 “Acque meteoriche di prima pioggia e di lavaggio di aree esterne di cui all'art. 39 D.L.gs. 152/1999 come

modificato ed integrato dal D.Lgs. n. 298/2000. Disciplina delle Autorizzazioni.”

Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 230 del 20 ottobre 2009 e s.m.i.

REGOLAMENTO REGIONALE 9 dicembre 2013, n. 26 “Disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia” (attuazione dell’art. 113 del Dl.gs.

n. 152/06 e ss.mm. ed ii.),

Durante l’evento meteorico l’acqua di pioggia scorre sulle superfici impermeabili e opera il dilavamento e il trasporto di sostanze inquinanti che si depositano nei periodi di tempo secco: principalmente solidi sedimentabili (organici ed inorganici), nutrienti, olii e metalli pesanti.

Nell’ambito del processo di dilavamento operato dalle acque meteoriche particolare rilevanza assumono le cosiddette acque di prima pioggia: esse sono costituite dal primo volume d’acqua meteorica di scorrimento che defluisce durante la prima parte della precipitazione ed è caratterizzato da elevate concentrazioni di sostanze inquinanti.

Il fenomeno che determina il dilavamento e il trasporto della maggior quantità del carico inquinante durante la prima parte dell’evento è denominato “first flush”.

Si rende necessario pertanto la determinazione dei volumi di acqua meteorica interessata da tale fenomeno. La difficoltà principale per tale determinazione risiede nel fatto che la qualità delle acque di prima pioggia, per la natura dei processi che regolano il dilavamento degli inquinanti dalle superfici urbane, risulta fortemente influenzata dalla specificità del sito in esame ed in particolare dalle caratteristiche idrologiche, climatiche e morfologiche dell’area drenata.

L’individuazione delle portate che abbisognano di trattamento, secondo la normativa di riferimento è quindi vincolata ad un’accurata caratterizzazione delle acque di prima pioggia in termini quali-quantitativi. Numerosi studi su bacini pilota urbani hanno evidenziato che l’inquinamento trasportato dipende da numerose variabili:

periodo di tempo asciutto che precede l’evento piovoso;

intensità di precipitazione;

frequenza di utilizzazione e destinazione di uso delle superfici.

Ai sensi del regolamento regionale n. 26 le acque meteoriche si suddividono in:

a. Acque meteoriche di dilavamento: le acque di pioggia che precipitano sull’intera superficie impermeabilizzata scolante afferente allo scarico o all’immissione;

b. Acque di prima pioggia: le prime acque meteoriche di dilavamento relative ad ogni evento meteorico preceduto da almeno 48 (quarantotto) ore di tempo asciutto, per una altezza di precipitazione uniformemente distribuita:

I. di 5 (cinque) mm per superfici scolanti aventi estensione, valutata al netto delle aree a verde e delle coperture non carrabili che non corrivano sulle superfici scolanti stesse, inferiore o uguale a 10.000 (diecimila) mq;

II. compresa tra 5 (cinque) e 2,5 (due virgola cinque) mm per le superfici scolanti di estensione rientranti tra 10.000 (diecimila) mq e 50.000 (cinquantamila) mq, valutate al netto delle aree a verde e delle coperture non carrabili che non corrivano sulle superfici scolanti stesse, in funzione dell’estensione dello stesso bacino correlata ai tempi di corrivazione alla vasca di prima pioggia;

III. di 2,5 (due virgola cinque) mm per superfici scolanti aventi estensione, valutata al netto delle aree a verde e delle coperture non carrabili che non corrivano sulle superfici scolanti stesse, superiori a 50.000 (cinquantamila) mq; (cinquantamila) mq, in alternativa al calcolo attraverso l’altezza di cui al precedente punto III., le acque di prima pioggia possono essere considerate

IV. unicamente nel caso di fognature urbane separate, di cui all’art. 4 del presente regolamento, con superfici scolanti aventi estensioni superiori a 50.000quelle, relative ad ogni evento meteorico preceduto da almeno 48 (quarantotto) ore di tempo asciutto, che pervengono alla sezione di chiusura del bacino (vasca di prima pioggia) nei primi 15 minuti dall’inizio delle precipitazioni. La portata delle acque di prima pioggia deve essere calcolata con un adeguato studio idrologico, idraulico e pluviometrico e riferita ad eventi con tempi di ritorno non inferiori a 5 (cinque) anni.

Le operazioni di convogliamento, separazione, raccolta, trattamento e scarico delle acque di prima pioggia e di lavaggio sono soggette alle disposizioni del Capo II del regolamento regionale n. 26, qualora provengano da superfici in cui vi sia il rischio di dilavamento di sostanze pericolose o di altre sostanze che possano pregiudicare il conseguimento e/o mantenimento degli obiettivi di qualità dei corpi recettori.

Sono identificati i seguenti settori produttivi e/o attività specifiche per le quali c’è il rischio di dilavamento di sostanze pericolose:

a. Industria petrolifera;

b. Industrie ed impianti chimici;

c. Impianti di produzione e trasformazione dei metalli e dei minerali;

d. Trattamento e/o rivestimento dei metalli;

e. Concia e tintura delle pelli e del cuoio;

f. Produzione della pasta carta, della carta e del cartone;

g. Produzione di pneumatici;

h. Aziende tessili che eseguono stampa, tintura e finissaggio di fibre tessili;

i. Produzione di calcestruzzo;

j. Aree intermodali destinate all’interscambio di merci e materiali;

k. Autofficine;

l. Carrozzerie;

m. Depositi di rifiuti, centri di raccolta e/o gestione e trasformazione degli stessi;

n. Depositi di rottami e/o produzione di fluff;

o. Depositi di veicoli destinati alla demolizione, attività di demolizione di autoveicoli;

p. Impianti di trattamento delle acque reflue industriali;

q. Attività destinate al carico ed alla distribuzione dei carburanti ed operazioni di vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli;

r. Attività in cui vi sia il deposito, il carico, lo scarico, il travaso delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla Parte Terza del Dl.gs. n. 152/06 e s.m.i;

Tutte le superfici scolanti delle attività di cui al punto precedente presente disciplina devono essere impermeabilizzate e dotate di una apposita rete di raccolta e convogliamento, dimensionata sulla base di volumi di acqua relativi alla portata di piena calcolata, sulla base delle caratteristiche pluviometriche dell’area scolante, con un tempo di ritorno non inferiore ai 5 (cinque) anni e dotata di un sistema di deviazione idraulica, attivo o passivo, che consenta di separare le acque di prima pioggia dalle acque di dilavamento successive

Le acque di prima pioggia e di lavaggio devono essere avviate ad apposite vasche di raccolta a perfetta tenuta stagna e le acque meteoriche di dilavamento successive a quelle di prima pioggia devono essere comunque trattate.

Le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, provenienti dalle superfici e pertinenze di edifici, installazioni e/o attività più a rischio di inquinamento, sono sottoposte, entro 48 ore dal termine dell’evento meteorico, ad un trattamento depurativo appropriato in loco tale da conseguire alternativamente:

Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalla Tabella 3, di cui all’allegato 5 alla Parte Terza del Dl.gs. 152/06 e ss. mm. ed ii., per le immissioni in fogna nera e gli scarichi nelle acque superficiali, compresi i corpi idrici artificiali;

Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalla Tabella 4, di cui all’allegato 5 alla Parte Terza del Dl.gs. 152/06 e ss. mm. ed ii., nel caso di scarico nei corsi d’acqua episodici, naturali ed artificiali, sul suolo e negli strati superficiali del sottosuolo.

Anche le acque di dilavamento successive a quelle di prima pioggia, che provengono dalle superfici e pertinenze di edifici, installazioni e/o attività di cui all’art. 8 del regolamento regionale e che non recapitano in fognatura separata, sono sottoposte, prima del loro versamento, ad un trattamento di grigliatura, dissabbiatura e disoleazione.

Qualora il dilavamento di sostanze pericolose dalle superfici scoperte di edifici, installazioni e/o attività, in relazione alle attività che in esse si svolgono o agli usi previsti, non si esaurisce con le acque di prima pioggia, bensì si protrae nell’arco di tempo dell’evento meteorico, anche le acque di seconda pioggia sono sottoposte alla stessa disciplina delle acque di prima pioggia.

Nel nostro caso, trattandosi centri di raccolta dei rifiuti (punto m del RR 26) occorre provvedere ad adeguato trattamento e scarico delle acque meteoriche di prima pioggia nonché al trattamento delle acque meteoriche di dilavamento successive.

Trattandosi di zona sprovvista di fognatura bianca separata e ritenendo che la distinzione tra prima e seconda pioggia abbia un aspetto marginale, per l’attività in questione, si prevede di realizzare un sistema di gestione delle acque meteoriche così conformato:

Rete di raccolta con relative caditoie e griglie di separazione

Impianto di trattamento delle acque di pioggia (prima e seconda) del tipo in continuo dimensionato per il massimo evento meteorico calcolato ad un tempo di ritorno di 5 anni. L’impianto compirà la sedimentazione e dissabbiatura della frazione solida e la disoleazione degli oli e di tutti le sostanze a basso peso specifico con secrezione degli inquinanti nella vasca stessa. Gli inquinanti raccolti verranno periodicamente spurgati e avviati a mezzo ditte autorizzate a piattaforme di depurazione specializzate.

Vasca di accumulo delle acque meteoriche per consentire l’irrigazione degli spazi verdi con annesso impianto di pressurizzazione ed irrigazione e troppo pieno di sicurezza

Sistema di dispersione sul suolo e nei primi strati del sottosuolo nel caso di troppo pieno e mancato utilizzo delle acque meteoriche per irrigazione

Si ritiene che l’adozione di un sistema di trattamento in continuo possa al meglio garantire la depurazione, ci si svincoli da considerazioni di carattere statistico e

“millimetrico” della prima pioggia e si tuteli nel senso più ampio l’ambiente sotteso allo scarico delle acque di pioggia.

4.1 STUDIO PLUVIOMETRICO

In generale esistono due approcci dimensionare il trattamento delle acque di pioggia.

Il primo metodo è quello di determinare il volume moltiplicando l’altezza di precipitazione per l’intera superficie scolante; questo viene applicato esclusivamente nei casi di cui si prevede la raccolta in vasca a tenuta stagna delle acque di prima pioggia e lo scolmo verso altro trattamento e/o scarico delle aliquote successive. Questa approccio di tipo

“volumetrico” determina un volume di acqua da destinare alla depurazione.

Il secondo invece è di tipo pluviometrico e consiste nel calcolare la portata massima generata da un evento con tempo di ritorno prefissato e dimensionare tutto il sistema di depurazione in corrispondenza di tale portata massima.

Nel caso in esame verrà adottato questo approccio dimensionale adottando specifica curva di probabilità pluviometrica a tempo di ritorno di 5 anni.

La caratteristiche caratteristiche idrologiche e meteoclimatiche del sito di interesse sono state dedotte dal sito web della Regione Puglia (Ufficio Meteo Marino Regione Puglia – Protezione Civile) che mette a disposizione apposite serie storiche caratterizzanti il regime pluviometrico del territorio pugliese.

Di recente lo stesso servizio meteografico regionale ha caratterizzato il territorio pugliese in identificando determinate soglie pluviometriche areali calcolate a partire dalle curve segnalatrici di probabilità pluviometrica (fig. 3) utilizzando un opportuno coefficiente di ragguaglio all’area. Nell’estendere l’analisi della precipitazione puntuale all’areale si è utilizzato il coefficiente di ragguaglio ricavato con la formula empirica dell’U.S. Weather Bureau (1958).

Nello specifico, il Martina Franca ricade all’interno dell’area C, come è possibile dedurre dall’allegata carta regionale.

Per la zona C vale la seguente curva di probabilità pluviometrica:

Per cui la curva di possibilità climatica (Tr=5anni) assume la seguente definizione:

h (t)= 36,176 t 0,2236

4.2 CALCOLO DELLA PORTATA

In caso di aree defluenti molto piccole (piattaforma stradali, piste aeroportuali, aree di parcheggio, ecc) ci si trova nell’impossibilità pratica di applicare gli usuali modelli relativi alle reti di drenaggio urbano per la eccessiva approssimazione che li caratterizza.

Esistono tuttavia altri modelli esatti di tipo cinematico (Wooding, 1965) che definiscono la portata defluente da una superficie scolante interessata da una pioggia netta di intensità costante nel tempo. La superficie scolante sottoposta all’evento meteorico si troverà in una condizione di equilibrio nel momento in cui la portata defluente per unità di larghezza dalla sezione terminale della stessa risulterà pari alla portata in ingresso. Ovvero:

tpc = te

dove:

tpc = durata della pioggia critica

te = tempo di equlibrio della superficie scolante

Assumendo che il valore della pioggia netta sia desumibile da una relazione del tipo h = a t n si perviene alla determinazione di tpc secondo la relazione:

Conseguentemente è possibile determinare la portata defluente per unità di larghezza secondo la relazione:

Ks = Scabrezza della superficie scolante (vedi tabella sottostante) S0 = pendenza della superficie [m/m]

qmax= Portata critica per unità di lunghezza [m3/s/m]

L0= lunghezza della falda scolante [m]

Secondo le formulazioni prima esposte per l’impianto di depurazione valutando la

superficie più svantaggiosa lunga circa 65 m e larga 20 m, si perviene ad un

coefficiente udometrico di 100 l/s/ha ed a una portata massima da addurre al

trattamento di 30 l/s.

h= 36,176 t ^ 0,236 (h in metri e t in ore)

h= 0,00523761 t ^ 0,236 (h in metri e t in secondi)

Ks 50 Scabrezza della superficie [m1/3/s]

L 60 lunghezza dell'asta

B 20 larghezza della fascia

s 0,0001 Pendenza [m/m]

a 0,5

m 2

tpc 3369

qmax 0,000634218 m3/(m s) Qmax 0,012684358 m3/s

12,7 l/s

U 105,7029839 l/(s*ha)

4.3 DIMENSIONAMENTO DEL DISOLEATORE

I

l dimensionamento del comparto di dissabbiatora e disoleatura viene effettuato in base alle norme UNI EN 858-1 e UNI EN 858-2 in quanto tra le due funzioni quella di disoleazione risulta la più gravosa per il dimensionamento. Il disoleatore sarà di classe I per raggiungere i limiti allo scarico previsti.

Il dimensionamento dei separatori di liquidi leggeri deve essere basato sulla natura e sulla portata dei liquidi da trattare, tenendo conto di quanto segue:

portata massima dell'acqua piovana;

portata massima delle acque reflue (effluenti commerciali);

massa volumica del liquido leggero;

presenza di sostanze che possono impedire la separazione (per esempio detergenti).

Le dimensioni del separatore devono essere calcolate dalla formula seguente:

dove:

NS rappresenta le dimensioni nominali del separatore;

Qr è la portata massima dell'acqua piovana, in l/s;

Qs è la portata massima delle acque reflue, in l/s;

fd è il fattore di massa volumica per il liquido leggero in oggetto (cautelativamente assunto pari a 1 – per maggiori dettagli cfr. tabella Appendice A fattore di massa volumica fd per liquidi leggeri particolari e combinazione dei componenti uni en 858-2)

fx è il fattore di impedimento che dipende dalla natura dello scarico.

Il fattore di impedimento fx considera condizioni di separazione sfavorevoli, per esempio la presenza di detergenti nelle acque reflue. I fattori di impedimento minimi raccomandati sono elencati nel prospetto 2.

In generale, gli impianti a coalescenza sono installati per una o più delle ragioni seguenti:

per il trattamento delle acque reflue (effluenti commerciali) provenienti da processi industriali, lavaggio di veicoli, pulizia di parti ricoperte di olio o altre sorgenti, per esempio piazzole di stazioni di rifornimento carburante

per il trattamento dell'acqua piovana contaminata da olio (deflusso superficiale) proveniente da aree impervie, per esempio parcheggi per auto, strade, aree di stabilimenti

per il contenimento di qualunque rovesciamento di liquido leggero, e per la protezione dell'area circostante.

Il rapporto fra larghezza e lunghezza del separatore deve essere compreso tra 1:1,5 e 1:5. La distanza tra la parte inferiore del separatore e il paraschiuma o la tubazione di scarico dovrebbe essere il 20% della profondità dell'acqua H.

Per le acque di scarico che devono rientrare nei limiti di accettabilità previsti dal Decreto Legislativo n.152/2006, viene impiegato un impianto a a coalescenza in maniera. Con questo sistema le microparticelle di oli aderiscono ad un particolare materiale coalescente (effetto di assorbimento) e, dopo essersi unite tra loro aumentano la loro dimensione (effetto di coalescenza), e quindi ne viene favorita la flottazione in superficie.

Lo scarico del separatore viene automaticamente chiuso da un otturatore a galleggiante per impedire la fuoriuscita del flottato quando quest’ultimo arriva ad un determinato livello nella camera di raccolta. Il flottato viene quindi raccolto a mezzo autospurgo ed avviato ad idoneo impianto di trattamento e smaltimento.

L’impianto sarà tale da consentire il raggiungimento di una concentrazione di idrocarburi totali inferiore a 5 mg/l. (limite previsto sia dalla Tab. 3 che dalla Tab. 4 del D. lgs.

152/06).

4.4 DISSABBIATURA

La dissabbiatura è finalizzata alla separazione delle particelle pesanti (sabbie) presenti nelle acque meteoriche. L’equazione che determina la velocità di risalita o di sedimentazione delle particelle è data dalla Legge di Stokes, valida in regime laminare:

in cui:

-

γ

s =

peso specifico relativo delle particelle

-

γ

a =

peso specifico relativo dell’acqua

-

D = diametro equivalente delle particelle

-

µ

=

viscosità cinematica dell’acqua

Noto il battente idrico nel tratto di canale interessato dal deflusso si ricava quindi il tempo massimo necessario affinché la generica particella in ingresso possa sedimentare.

Per avere la sedimentazione di una particella di assegnato diametro e peso specifico, il tempo di caduta verticale deve essere inferiore o al più uguale al tempo di percorrenza orizzontale. In base a questa considerazione la lunghezza minima della vasca sarà quella che determina un tempo di percorrenza pari al tempo di caduta.

Il dissabbiatore di solito trattiene particelle di peso specifico relativo intorno a 2,65 kg/dm3 e diametro efficace superiore a 0,2 mm, sempre che la velocità dell’acqua in ogni punto dell’unità di trattamento non superi i 0,5 m/s. Minore è la velocità in vasca, migliore è il rendimento del processo. ll principio di base per il dimensionamento di un dissabbiatore statico è pertanto che la velocità orizzontale del flusso idrico (in funzione della portata di progetto) consenta la deposizione delle sostanze sedimentabili pesanti.

Nel caso di dissabbiatore statico la relazione che regola il moto è la seguente:

H diss = Q / (V x B) Dove:

-

V velocità di sedimentazione (m/s)

-

H diss battente idrico del dissabbiatore (m)

-

Q portata progetto (m3/s);

-

B larghezza del dissabbiatore (m)

Il grafico seguente riporta le tipiche velocità di sedimentazione delle particelle solide per i vari diametri delle particelle (0,01 – 100 mm)

Al diametro di 0,2 mm delle particelle, corrisponde una velocità di sedimentazione di circa 0,01 m/s, pertanto ove si volesse ottenere un rendimento del 98%, dovrebbe aversi una lunghezza minima della sezione di dissabbiatura pari a:

Ldiss min= V [m/s] x H diss /0,01 [m/s]

Nel caso in esame avremo:

-

v = 30/1000/2 /2,28=0,0065 m/s

-

Lmin = 0,0065 x 2,28/0,01= 1,5 m

Dato che la lunghezza del dissabbiatore/disoleatore risulta di 2 m avremo una efficace sedimentazione delle particelle solide senza che emergano deficit impiantistici.

4.5 SISTEMA DI RACCOLTA E TRATTAMENTO

Nel presente capitolo viene riportato il dettaglio dei trattamenti adottati per le acque meteoriche di dilavamento provenienti dalle superfici carrabili al netto di quelle a verde non collaboranti al deflusso stradale (coperture fabbricati, aree permeabili, etc.).

Le superfici collaboranti al deflusso meteorico ammontano a circa 1.300 m2 per ognuno dei due centri comunali di raccolta.

Le acque meteoriche e di dilavamento afferenti alle superfici stradali potenzialmente inquinate, verranno raccolte mediante idonea rete di drenaggio formata da pozzetti caditoie come meglio illustrato nella planimetria delle reti.

I colaticci che eventualmente si potranno produrre dall’alloggio di cassonetti allocati sotto tettoie semicoperte saranno raccolti in apposito pozzetto di cattura dedicato ed allontanati a mezzo di ditte autorizzate, previa caratterizzazione, ad impianti di smaltimento autorizzati.

La rete di raccolta delle acque meteoriche stradali si conforma con caditoie D400 posizionate nei punti altimetricamente più bassi delle piattaforma stradali. Le caditoie avranno la funzione di grigliare le acque meteoriche e di veicolare tutte le acque al trattamento mediante opportuna rete di tubazioni in PVC,

Per quanto riguarda il trattamento si farà ricorso allo schema di trattamento delle acque di pioggia con separazione della prima dalla seconda pioggia in apposita vasca di accumulo di testa dimensionata per catturare i primi 5 mm affluenti sulle superfici impermeabili.

Le acque meteoriche, previa grigliatura sulla griglia in testa alla caditoia, verranno:

• Per quanto riguarda le prime piogge accumulate in una vasca a tenuta stagna per essere poi trattate separatamente dalla seconda pioggia in un impianto di dissabbiatura e disoleazione dedicato con portata di 2,5 l/s.

• Le acque meteoriche successive verranno invece inviate al trattamento di dissabbiatura e separazione dei liquidi a basso peso specifico (es. olio combustibile, benzina, gasolio) per poi essere avviate ad una vasca a tenuta stagna di raccolta circa 10 m3.

Le acque meteoriche verranno quindi utilizzate per l’irrigazione delle aree verdi a mezzo di apposita rete di pressurizzazione e distribuzione collegata a quest’ultima. Per il CCR Zona Industriale alla vasca di raccolta verrà assegnata anche la funzione di accumulo dell’acqua antincendio. Qualora la capacità di invaso della vasca dovesse esaurirsi, apposito troppo pieno addurrà le acque allo scarico su suolo a mezzo di trincea disperdente sotterranea.

All’interno dell’impianto di trattamento delle suddette acque è installato un primo deflettore verticale che ha la funzione di rallentare il flusso in ingresso e trattenere eventuali solidi galleggianti presenti nelle acque di piattaforma. Nell’impianto avviene la

All’interno dell’impianto di trattamento delle suddette acque è installato un primo deflettore verticale che ha la funzione di rallentare il flusso in ingresso e trattenere eventuali solidi galleggianti presenti nelle acque di piattaforma. Nell’impianto avviene la

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