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TRATTAMENTO DEL TERRENO CON PESTICIDI BIOLOGICI

Nel documento ATTI DI CONVEGNO (pagine 51-55)

Sebbene gli studi epidemiologici siano ancora esigui, la fase di trattamento del terre-no con biopesticidi, spesso espletata manualmente, può comportare un rischio di esposizione occupazionale. Sono state segnalate patologie, a carico delle mucose degli occhi, riconducibili all’inalazione di spore di Bacillus thuringiensis, specie batterica impiegata per il controllo di insetti dannosi per le colture.

Misure di prevenzione e protezione

La normativa italiana di riferimento in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008) impone, in qualsiasi ambiente lavorativo, l’eliminazio-ne del rischio di esposiziol’eliminazio-ne ad agenti nocivi o la sua riduziol’eliminazio-ne al più basso livello pos-sibile.

Misure tecniche/procedurali e organizzative quali la riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione, del numero di lavoratori potenzialmente esposti, la programmazione di interventi di manutenzione degli impianti di irrigazione unitamen-te al rispetto di norme igieniche generali, possono ridurre significativamenunitamen-te i livelli di esposizione ad agenti biologici in questo settore occupazionale.

Quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti, è di fondamen-tale importanza l’individuazione e adozione di idonei dispositivi di protezione indivi-duale (DPI) nel contesto delle mansioni e/o fasi lavorative ritenute maggiormente critiche.

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IL RISCHIO FISICO ED ERGONOMICO NELLE ATTIVITÀ

DI LAVORO CONDOTTE IN SERRA

M. Diano, I. Di Gesu, M. Valentini

Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale - Centro Ricerche Lamezia Terme (CZ)

Figura 1 Distribuzione della superficie agricola destinata a produzione in serra nel 2011

(Istat - Elaborazione: Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale) Sud/Isole 59% Centro 19% Nord 22% INTRODUZIONE

L’Italia, subito dopo la Spagna, è il paese in Europa dove l’utilizzo dell’orticoltura in serra trova maggiore diffusione. Specialmente in Italia, nell’ultimo decennio, si è avuto un incremento della produzione in serra intorno al 25% con un impegno della superfi-cie in ettari che è passato da 29700 ettari del 2001 a 37100 del 2011. Per motivi di ordi-ne climatico, di valorizzazioordi-ne delle disponibilità eordi-nergetiche naturali, e dei vantaggi competitivi che ne derivano, la maggior parte dell’orticoltura italiana in ambiente pro-tetto si concentra nelle aree meridionali, dove si trova più del 50% dell’intera superfi-cie nazionale del comparto agricolo in questione.

La diffusione della coltivazione in serra sta divenendo sempre più evidente man mano che i materiali necessari alla loro costruzione diventano più economicamente accessi-bili per i produttori. L’introduzione della plastica come materiale di copertura ha rivo-luzionato l’impostazione delle colture anticipate e, quindi, ha permesso l’evoluzione

degli apprestamenti in funzione delle condizioni ambientali (temperatura, umidità, ventosità) e delle esigenze delle specie da coltivare.

Le caratteristiche strutturali delle serre variano sia in funzione della cultivar sia per le differenze climatiche che caratterizzano il suolo italiano da nord a sud. Le differenze fanno riferimento prevalentemente all’altezza, alla larghezza, alla lunghezza e alle aperture per il ricambio dell’aria, ma anche alla presenza di sistemi ausiliari di control-lo della temperatura. nelle aree più fredde sovente è la presenza di stufe per proteg-gere le piante dalle basse temperature notturne, mentre nei climi più temperati il calo-re del sole, spesso anche d’inverno, occorcalo-re smaltirlo mediante apertucalo-re laterali con sistemi avvolgenti il film plastico che consentono di regolare la dimensione dello sboc-co e quindi l’entità della ventilazione in funzione della temperatura. È ovvio che serre con cubature e dimensioni differenti sono diversamente idonee alla coltivazione forza-ta di alcune specie orticole. Ad esempio per il pomodoro, la melanzana ed i cetrioli occorrono serre di altezza superiore a 3 metri, mentre altezze più contenute risultano più adatte alla specie a portamento basso come fragola, peperone e zucchina. nel presente lavoro si è rivolta particolare attenzione, da un punto di vista dell’igiene del lavoro, alla caratterizzazione delle serre naturalmente ventilate, diversificate per cultivar, con struttura in profilato metallico zincato, generalmente con cubatura

unita-ria da 3 a 5 m3/m2e dimensioni variabili da 800 -1000 m2sino a 3000 - 4000 m2. Per la

copertura, il film plastico è fissato mediante rulli avvolgitori dotati di manovelle per il controllo delle aperture laterali. A volte a questo sistema di mitigazione della tempera-tura se ne aggiunge uno supplementare, specie nel caso di serre con estensione mag-giore, con apertura parziale del colmo. In aggiunta alla ventilazione, nelle serre più recenti, sottoposte anch’esse ad indagine, la temperatura viene controllata con siste-mi di irrigazione a pioggia collocati sul colmo degli spioventi. Infine, per detersiste-minate specie orticole, occorre limitare l’esposizione alla luce, per contenere lo stadio vegeta-tivo del fogliame e favorire la produzione frutticola, ricorrendo in tal caso all’imbianca-tura delle falde con latte di calce.

Nel documento ATTI DI CONVEGNO (pagine 51-55)