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Capitolo 2. Mitigazione degli effetti per liquefazione del terreno

2.3 Trattamento dei terreni tramite tecniche di permeazione e stabilizzazione passiva con

Per eseguire iniezioni/trattamenti a bassissima pressione entro terreni incoerenti medio-fini, sono necessarie miscele leganti a elevata capacità di penetrazione e bassa viscosità, quali le miscele chimiche, facendo in questa sede particolare riferimento a resine organiche e silice colloidale nanometrica in dispersione acquosa. Gli ambiti ottimali per la permeazione risultano essere proprio tutte le sabbie e parte dei limi (Figura 2-9).

Tuttavia la silice colloidale viene ritenuta dallo scrivente maggiormente vantaggiosa per ovvie questioni di tipo ambientale, per l’ampio range dei tempi di gelificazione nonché per la semplicità e sicurezza di lavorazione. Infatti la miscela finale risulta un composto di particelle silicatiche (SiO2) di dimensioni nanometriche disperse in acqua, miscelate in

vario rapporto con una semplice soluzione salina inorganica (generalmente acqua e NaCl). Le tecniche di permeazione e di stabilizzazione passiva sono tecniche innovative e poco invasive in cui un materiale stabilizzante viene iniettato a bassissima pressione secondo uno schema di iniezione a maglia regolare (triangolare, quadrata, quinconce, settonce, ecc.) (Figura 2.10a), oppure tramite un sistema di iniezione-estrazione in cui i dispositivi di iniezione ed estrazione a bassa portata vengono disposti alle estremità o, comunque, secondo interassi significativi nel sito da trattare, sfruttando basse pressioni di iniezione congiuntamente ad un gradiente indotto artificialmente nella falda superficiale (Figura 2.10b). Grazie al recente sviluppo tecnologico, avvalendosi di macchinari in grado di effettuare e controllare perforazioni sub orizzontali (CCD, controlled curved drilling machine), è possibile altresì trattare i terreni sotto strutture esistenti tramite schemi di iniezione sub orizzontali; in particolare le soluzioni di stabilizzazione presentate in fig. 2-10 b) e c) consentono l’esecuzione di trattamenti senza dover sospendere le attività e funzioni svolte presso le strutture sovrastanti (es. aeroporti, ospedali, scuole, strutture di protezione civile, caserme, ecc.).

Figura 2-9 Distribuzioni granulometriche idonee per trattamenti di permeazione tramite cementi e iniezioni chimiche (Mitchell, 2008).

a) b)

c)

Figura 2-10 a) Permeazione tramite schema-tipo di iniezione a griglia (Tornaghi, 1978); b) schema d’intervento con tecnica di stabilizzazione passiva (Gallagher, 2000); c) schema di intervento con iniezioni sub orizzontali attuato presso l’International Airtport di Fukuoka (Rasouli et al., 2016) .

Per quanto riguarda i sistemi di stabilizzazione passiva le prime esperienze condotte su volumi significativi di terreno vengono presentate da Noll et al. (1992), il quale ha eseguito dei test in una vasca di dimensioni 12 x 6 x 4 piedi, con metodo passivo al fine di verificare la qualità di trattamento e calibrare un modello di filtrazione tramite il codice Modflow- MT3D (risultato sufficientemente predittivo). Di seguito nel 1993 lo stesso autore compie un ulteriore test in vera grandezza con pozzi di iniezione/estrazione posti ad una interdistanza di 10 piedi, secondo uno schema esagonale ed adottando dei tempi di gel pari

appurata l’efficacia e omogeneità del trattamento; si è rilevata tuttavia qualche modesta discrepanza fra comportamento reale e modello numerico di simulazione, imputabile all’evolvere della viscosità e delle portate di iniezione nel tempo.

Recentemente il maggior contributo apportato nei confronti di tale tecnica di trattamento passivo è certamente attribuibile al gruppo di ricerca condotto da P.M. Gallagher. In tale ambito di ricerca hanno appurato l’efficacia della nanosilice colloidale ai fini di mitigazione per problemi di liquefazione sfruttando valori di concentrazione fino al 4-5% in peso e validando il codice di calcolo UTCHEM sia attraverso prove di laboratorio, in canne di lunghezza variabile (da 1 a 10 mt) (Lin, 2006; Gallagher e Lin, 2009), che attraverso prove in vera grandezza in un cassone di circa 3 mt di lato (Hamderi, 2010; Hamderi e Gallagher, 2013, 2015), testandone l’efficacia anche in campo prova, sia con schema di iniezione a griglia che con metodo passivo (Conlee C.T., 2010; Gallagher et al., 2007). Parallelamente Conlee C.T. (2010) ha anche condotto prove con modelli in centrifuga trattando i materiali con concentrazioni di silice colloidale (CS) variabili da 9% a 4%, verificandone il comportamento ed il grado di miglioramento ottenibile.

Tutti i test (sia nel cassone che in campo), per ovviare ai problemi imputabili a portate di iniezione, fenomeni di deposizione/affondamento, di diluizione eccessiva e difficoltà di gelificazione, sono stati eseguiti con concentrazioni iniziali variabili da 6 a 9% in peso di SiO2.

In particolare il campo prova messo a punto da Gallagher et Al. (2007), finalizzato ad un trattamento con tecniche passive (pozzi di iniezione-estrazione), risultava costituito da uno pozzo di estrazione centrale e pozzi di iniezione periferici disposti secondo uno schema circolare, con un raggio di circa 4.5 mt; il controllo e l’efficacia del trattamento sono stati attuati rispettivamente tramite prove penetrometriche SCPT (con relativi profili di Vs) e l’esecuzione di blast-test con innesco della liquefazione tramite esplosioni controllate, monitorando le sovrappressioni indotte entro una serie di piezometri installati all’interno del campo prova; congiuntamente si sono rilevati anche i cedimenti post sismici. Nonostante fosse stato trattato solo un modesto spessore di sabbie (pari a 2 m), dal confronto con il comportamento dei terreni non permeati ne è emerso un chiaro miglioramento in termini di sovrappressioni e cedimenti post sismici indotti (ridotti di circa il 40%); rimane invece meno apprezzabile il controllo del grado di miglioramento tramite le classiche prove CPT e la misura della rigidezza in onde Vs (quantomeno in foro singolo). La concentrazione finale nei terreni trattati è stata desunta da analisi condotte su campioni di miscela prelevati periodicamente durante le varie fasi dal pozzo di estrazione, facendoli essiccare e stimandone il contenuto solido residuale. Hamderi (2010) conducendo accurati test di permeazione nel box in vera grandezza ha sostanzialmente validato il modello di filtrazione calibrando adeguatamente il codice UTCHEM, consentendo di osservare, in corso di permeazione, la relazione diretta tra conducibilità elettrica e concentrazione di silice (proporzionale alla quantità di sale utilizzato) alla stregua di un vero e proprio tracciante utilizzabile in corso d’opera. Inoltre lo stesso autore mette a punto un metodologia empirica per la stima delle concentrazione finale di silice nei campioni di terreno trattato, correlandola con la sua resistenza a compressione semplice e/o con corrispondenti valori di pocket penetrometer. Quest’ultima metodologia viene ripresa anche da Rasouli et al. (2016) per stimare il contenuto finale di silice in campioni trattati, permeando terreni sabbiosi tramite iniezioni suborizzontali con silice colloidale all’8% di concentrazione. Il consolidamento di parte della pista e di infrastrutture aeroportuali

dell’Aeroporto Internazionale di Fukuoka, è stato infatti collaudato stimando il contenuto di silice da un set di campioni rappresentativi sottoposti a prove di resistenza a compressione monoassiale ad espansione laterale libera e prove triassiali non consolidate non drenate, mettendo in relazione l’aumento di resistenza al contenuto di silice, previa apposita calibrazione di taratura. Inoltre per la validazione dell’intervento si riprendono specifiche linee guida del Japanese Standard JGS 0541-2009 e del Technical manual for permeation

grouting method (2010) redatto dal Coastal Development Institute of Technology di

Tokyo; quest’ultimo in particolare suggerisce come i requisiti di sicurezza nei confronti della liquefazione vengano sicuramente raggiunti qualora il materiale trattato arrivi a presentare una resistenza alla compressione semplice non confinata UCS≥100 kN/m2. Il

medesimo autore sperimenta inoltre ulteriori tecniche finalizzate al controllo del quantitativo finale di silice nel terreno: l’utilizzo di un indicatore al rosso di metilene e misure spettrometriche ad assorbimento atomico su campioni appositamente trattati con idrossido di potassio; tuttavia la prima modalità fornisce solo una stima qualitativa e osservazionale della presenza di silice (senza fornirne quantità e informazioni circa la resistenza), mentre la seconda risulta di difficile correlabilità con i dati di resistenza a rottura per via dell’elevata variabilità delle proprietà chimico-fisico-mineralogiche dei suoli naturali.