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2. Le liriche del blocco

2.3 Trilce, César

Ad aprire la seconda parte è la poesia Trilce, César, una lirica di 57 versi che non hanno uno schema metrico regolare e che sono suddivisi in 7 strofe di lunghezze molto diverse, brevi le prime quattro (4,6,2,3 versi), molto più lunghe le altre tre. Anche qui la scansione è via via affidata, come spesso in Grünbein, ai vocaboli allitteranti, come “Gleich … Geht … gelangweilt” ai versi 3 e 4, o “Bibliotheken … Blicke” al verso 5, mentre gli enjambements contraddistinguono la maggior parte dei passaggi tra un verso e l‟altro e tutti quelli tra le strofe; due sono enjambements morfologici, miet- / schuldig ai vv. 25-26, con doppio senso giocato sull‟omofonia tra la radice verbale “miet-“ e la preposizione “mit”, e selbst- / vergessen ai vv. 46-47.

La struttura risulta tuttavia chiaramente bipartita sia se la si considera da un punto di vista tematico, con una cesura costituita da un cambio di scena che distingue i primi 33 versi dagli altri 24, sia sul piano formale, in quanto il verso conclusivo della prima parte ripete simmetricamente, mettendola tra parentesi, l‟esclamazione del titolo, che così apre e chiude un segmento narrativo; poi però Grünbein non va subito a capo, bensì aggiunge ancora dopo il punto un “Ich”, soggetto di una frase che prosegue nel primo verso della strofa successiva e che, come vedremo, diventa singola voce narrante rispetto alla coralità delle righe precedenti.

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Il titolo richiama espressamente il nome del poeta peruviano César Vallejo e quello della sua seconda raccolta, Trilce, pubblicata nel 1922. I due nomi, tuttavia, sono posti da Grünbein nella forma di un‟esclamazione che ricalca la formula del saluto dei romani al proprio imperatore, e si rivelano dunque evocazione e dedica insieme, ulteriore segnale di quel rapporto intertestuale che proseguirà ancora più esplicito nel corso dell‟opera successiva dell‟autore.

Il messaggio della raccolta Trilce e la sua tematica ruotano attorno a due aspetti fondamentali legati all‟esperienza vissuta dal poeta rivoluzionario sudamericano: il sentimento di reclusione, reso concreto dall‟esperienza del carcere, e il desiderio di tornare alla casa paterna, di ricostituire il mondo perduto degli affetti familiari. Le liriche della raccolta di Vallejo, semplicemente numerate e senza titolo, si fondano e si sviluppano sui due nuclei contrapposti del ricordo di un passato sereno e sicuro nei luoghi dell‟infanzia, da un lato, e, dall‟altro, nella dimensione oscura della segregazione prima, e poi dell‟esilio, vissuti nel presente.

Grünbein trasferisce nella prima parte della sua lirica, banalizzandolo, questo senso di immobilità e costrizione, rappresentando un ambiente asfittico e devitalizzato, sospeso in un tempo indefinito94 e in uno spazio ovattato dove anche l‟impulso verso l‟esterno, verso il viaggio, non può che essere percepito come velleitario e irrealizzabile:

An manchen Tagen wußten wir einfach nichts Bessres zu sagen als

„Gleich passierts‟ oder „Geht schon in Ordnung…‟ gelangweilt in überheizten Bibliotheken wo unsere Blicke

bevor sie glasig wurden wie Rauchringe schwebten unter den hohen Kassettendecken

alexandrinischer Lesesäle. Die meisten von uns wollten fort (nach New York oder

sonstwohin): Studenten mit komisch flatternden Stimmen

gescheiterte Pläne umkreisend immer im

94 - Friedhof und/oder Bibliothek […] können dann für Momente eine Enklave sein, weil sie sich quasi außerhalb der

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Aufwind und manche vor melancholische Anarchie süchtig

nach neuen Totems, Idolen gestriger Revolutionen und dem

zum x-ten Mal akupuntierten Leib der Magie. Man kam ziemlich billig wenn man den ganzen Tag

dort verbrachte (besonders im Winter) zwischen den

kurzen Pausen allein mit seinen postlagernden Sorgen miet- schuldig, die Stille wie

Nervengas aus den Büchern saugend all dieser sanften Bestien (…) und manchmal

gab es selbst dort im Einerlei dieses Treibhausklimas ein wenig

lebendige Überraschung – (Trilce, César!). Ich erinnere noch genau eines Nachmittags

im Sommer das

raschelnde Zwielicht als ich beim Scheißen aus seiner Nebenzelle der

Bibliothekstoilette gedämpftes Atmen und Stoß auf Stoß schnell sich steigern hörte: mein Herz

flog plötzlich auf und ich erschrak wie ein ganzer Schmeißfliegenschwarm vor dem

Liebesspiel zweier Männer die stumm

aneinander arbeiteten schwitzend und selbst- vergessen wie fremde

kentaurenartige Wesen auf einer überbelichteten Fotografie. Schwer zu vergessen mit welcher

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Frischgekämmt jeder hochrot und mit cremigem Teint einzeln an mir vorübergingen und nur ein Augenzwinkern (durch mich

hindurch) verriet mir: Sie hatten sich kennengelernt.95

La scelta dei termini evidenzia dunque la staticità, la fissità (gli sguardi che diventano vitrei) e la circolarità viziosa (Blicke / […] wie / Rauchringe schwebten / […] gescheiterte Pläne umkreisend immer im / Aufwind) di una vita regolata e condizionata come quella degli organismi vegetali in una serra, incapaci di qualsiasi movimento, nello scorrere uniforme e monotono dei giorni in attesa di un cambiamento che non arriva (il “Gleich passierts” al verso 3)96.

Anche quel “Geht schon in Ordnung” si richiama forse all‟ultimo, desolato verso della poesia LXI di Trilce, nella quale il protagonista, tornato a casa dopo molto tempo, di fronte alla dimora abbandonata e in lutto, conclude dicendo:

Dormono tutti per sempre e così profondamente che infine il mio cavallo piega stanco anche lui la testa e nel sonno, ad ogni inchino, dice che va bene, va tutto molto bene.97

A differenza di Vallejo, però, non c‟è traccia in Grünbein di quel senso di tragicità per la perdita dell‟unità familiare e dell‟unico, sicuro asilo rappresentato dalla casa natìa; nel primo il movimento tende sempre al ritorno verso il luogo conosciuto degli affetti familiari, e, più in generale, umani; nella lirica del poeta tedesco, al contrario, il viaggio sognato è verso luoghi lontani, al di là del mare, “New York o altrove”, purché liberi da quei vincoli che trattengono la persona come ancorata al suolo:

[…] …sobald ich mich fortdenken konnte von Dresden, wollte ich nach New York … um den Osten zu überwinden, und mit ihm den Westen98

95 Durs Grünbein, Trilce, César, Gedichte. Bücher I-III, op. cit., pp. 31,32 96

Frasi come questa, che segnalano la mancanza e l‟attesa di un avvenimento, si ripetono nei diversi testi: abbiamo visto poco sopra quell‟”alles passiert”, dove in realtà non succede nulla, e ancora si trovano ad esempio “Nichts los heut” in Nullbock, o “Soviele Tage in denen sich / nichts ereignete” in „Nimm es an!‟.

97 Poesie, di César Vallejo, traduzione, studi introduttivi e bibliografia di Roberto Paoli, Lerici, Milano, 1964, p. 77 98

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Qui come in un‟altra poesia di Grauzone morgens, Grund, vorübergehend in New York zu sein, la città americana è il simbolo, oltre che della libertà, soprattutto del movimento vitale e delle infinite possibilità, è il luogo in cui le cose succedono; New York catalizza desideri e aspettative, è l‟organismo pulsante opposto alla rigidità del mondo della ex Germania Est, come scrive anche Elke Sturm-Trigonakis:

Doch bereits in Grauzone morgens […] ist New York präsent als ein Kristallisationspunkt des Anderswo, als Utopie, als Summe all dessen, was Dresden bzw. alle dem Dichter zugänglichen Eigenorte nicht sein können […] New York fungiert in diesen beiden Beispielen als Projektionsort aller Sehnsüchte, als stadtgewordener Mythos von individueller Freiheit und Kosmopolitismus und Großartigkeit, als schärfster Kontrast zur Kleinbürgerlichkeit und Gleichmacherei in der DDR.99

La poesia, tuttavia, non si esaurisce nella rappresentazione di questo ambiente in letargo: in chiusura della prima parte Grünbein fa presagire, con la “lebendige Überraschung” del penultimo verso, un‟irruzione di vitalità che sarà il tema della seconda metà del testo: la polarità è esemplificata fin da subito dalla connotazione “im Sommer”, che risalta in posizione isolata al verso 35 rispetto all‟ “im Winter” posto all‟inizio del verso 23, e dal movimento rapido impresso a tutta la seconda parte (vv. 39-40, con una serie di termini allitteranti, “[…] Stoß auf Stoß / schnell sich steigern”); tuttavia la prosecuzione della lettura rivela che la sorpresa annunciata al verso 32 è meschinamente ridotta all‟imprevista e inattesa scoperta di un rapporto omosessuale consumato nei bagni della biblioteca, dunque ad un evento limitato alla sfera privata collocato in un contesto squallido e del tutto impoetico100.

Il contrappunto tra la stagnazione generale e lo scompiglio momentaneo vissuto da chi narra è ben evidenziato anche formalmente nel passaggio dal “wir” utilizzato fin dal primo verso e rafforzato dai successivi aggettivi e pronomi in prima persona plurale, “unsere” (v. 5), “uns” (v. 10), e dall‟impersonale “Man” al verso 20, a quell‟ “Ich” che chiude la prima parte, ultima parola del verso 33, poi ripetuta ai versi 36 e 41, sempre in posizione finale.

Anche il richiamo alle figure mitologiche, frequente in Grünbein fin da questi suoi primi lavori, offre un ulteriore piano interpretativo: l‟assimilazione della coppia maschile alla figura dei centauri,

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Elke Sturm-Trigonakis, op. cit., pp. 400-401

100 Scrive ancora la Sturm-Trigonakis: - Homosexualität in der staubigen Atmosphäre der Bibliothek – das bedeutet

Anarchie, persönlicher Aufstand gegen das System, verbunden mit dem Namen von César Vallejo, der seinerseits als engagierter politischer Mensch und als Dichter ein Revolutionär wider alle Systeme war. Mit dieser Szene zeigt Grünbein „kleine Flüchte‟ aus der DDR, solange die Emigration ein ferner Traum war. - Ivi, p. 401

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oltre al primo livello di rappresentazione immediata indotto dalla plasticità dell‟immagine, ne contiene un secondo, ancora una volta intertestuale, legato al commento hölderliniano dei frammenti di Pindaro, Das Belebende, in cui queste creature mitologiche incarnano lo spirito del fiume, della corrente che si apre con impeto la strada tra le rive rocciose e dà inizio alla vita. Vigorosi e irruenti, i Centauri sono proprio coloro che hanno impresso il movimento vivificante alle acque chiuse dello stagno101. Naturalmente tale copiosità di riferimenti suona tanto più stonata in quanto inserita in un contesto del tutto improprio, che ridicolizza in questo modo il cambiamento a lungo atteso, lasciando intendere che il rovesciamento della situazione cristallizzata rappresentata nella prima parte non può essere altro che un momentaneo, intimo stupore, in una condizione in cui appaiono ancora irrealizzabili avvenimenti capaci di rimettere in movimento un meccanismo inceppato e che non fa altro che girare a vuoto su se stesso. Lo stagno metaforico cui rimandano i “kentaurenartige Wesen” è così denso e paludoso che si è richiuso ingoiando il sasso.