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5 (S EGUE ) L’ ACCERTAMENTO DELLA MERITEVOLEZZA DEGLI INTERESS

6. I TRUSTS C D AUTODICHIARAT

Come già si è rilevato, un tratto del tutto peculiare presenta il trust c.d. autodichiarato85, che si caratterizza per la coincidenza tra la posizione soggettiva

del disponente e quella del gestore, in quanto il primo si autonomina quale trustee. Le motivazioni sottese sono generalmente da ricondursi alla volontà del disponente di curare personalmente l‟operazione, non volendone affidare l‟esecuzione e lo sviluppo ad un terzo.

Con l‟atto costitutivo86, volontario e da provarsi per iscritto, il disponente dà vita al trust, fissando tutte le regole per il funzionamento dell‟operazione e stabilendo le finalità della medesima, vincolando beni del proprio patrimonio personale. Il disponente sceglie i beneficiari e nomina il trustee, indicando le modalità con cui quest‟ultimo deve operare.

La costituzione avviene normalmente per atto inter vivos, ma può anche essere prevista per testamento. Non è però immaginabile la costituzione di un trust autodichiarato per atto mortis causa: come potrebbe un disponente testamentario assumere la qualità di gestore post mortem?

L‟indicazione dei beni destinati non deve essere necessariamente presente nell‟atto costitutivo, essendo possibile individuarli in un secondo momento con un apposito atto dispositivo di conferimento.

La designazione del trustee non è, per ovvie ragioni, presente nell‟ipotesi del

trust autodichiarato, ove il ruolo del gestore è assunto dal disponente. La principale

peculiarità dei trusts c.d. autodichiarati consiste, conseguentemente, nel mancato trasferimento dei beni vincolati ad un gestore terzo, essendo il disponente per sua volontà anche il trustee. Nell‟atto costitutivo non saranno quindi necessarie tutte le indicazioni dei poteri e degli obblighi che solitamente sono presenti nelle ipotesi per così dire “tipiche” di trust, essendo il disponente stesso a svolgere il compito gestorio.

85 A favore della (oramai riconosciuta) ammissibilità si vedano ad esempio i cenni in M. Lupoi,

Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine e in Italia, Vicenza, 2016, pag. 36; in

precedenza F. Gazzoni, Il cammello, il leone, il fanciullo e la trascrizione del trust, op. cit., pag. 1111.

86 Si parla in questo caso di trust “espressamente istituiti”, proprio perché si è in presenza di un atto istitutivo.

Il disponente, nella qualità di trustee, deve operare come se fosse un soggetto terzo rispetto a colui che ha devoluto e vincolato i beni nell‟interesse dei beneficiari. In particolare, egli deve considerare la massa patrimoniale devoluta al

trust estranea al proprio patrimonio personale e gestirla con la cautela del bonus pater familias. In effetti, seppur sia assente il formale trasferimento della proprietà

ad un gestore terzo, i beni vincolati non fanno più parte del patrimonio personale del disponente, o, meglio, sono sottratti al libero e arbitrario utilizzo da parte sua, in quanto destinati alle finalità del trust. Infatti, qualora egli continui ad utilizzare i beni come personali, il trust sarà da considerarsi abusivo e fraudolento, venendo meno le ragioni giustificative del vincolo di destinazione.

Il disponente/trustee è tenuto alla stretta osservanza delle disposizioni dell‟atto costitutivo inerenti alle finalità da perseguire, nel rispetto delle norme di legge. Egli, nell‟esercizio dei suoi poteri e del relativo margine di discrezionalità, deve ispirare il suo comportamento ad ideali di lealtà, onesta e buona fede e non trarre vantaggio alcuno (neppure indiretto) dal suo ufficio. Qualora si trovi in una situazione di conflitto di interessi deve astenersi dall‟iniziare (o dal portare a termine) l‟operazione coinvolta, rimettendo la questione all‟autorità giudiziaria se la prosecuzione della stessa è di particolar importanza ai fini del perseguimento degli scopi del trust.

Se solitamente, quando nulla è previsto, il trustee svolge il suo compito a titolo gratuito, nulla vieta la previsione di un compenso a suo favore e a carico della massa patrimoniale destinata. Il compenso consiste solitamente in una somma annuale prefissata in base alle prevedibili attività ordinarie e ne può essere prevista una maggiorazione qualora se ne svolgano di ulteriori. Peraltro, la previsione di un compenso in favore del trustee non comporta la patrimonialità dell‟operazione.

Il ruolo gestorio può essere attribuito anche a più soggetti e, quindi, può immaginarsi un‟operazione di trust autodichiarato in cui il disponente preveda, oltre se stesso, un altro trustee (che dovrà accettare la nomina sottoscrivendo l‟atto costitutivo o con atto separato): il costituente dovrà in tali casi regolamentare la ripartizione dei compiti e, specificamente, le facoltà e i doveri che attribuisce all‟altro trustee.

Il trustee, seppur coincidente col disponente, deve conservare la documentazione e la rendicontazione delle operazioni intraprese e ogni altro

incartamento che risulti utile, anche al fine di una successiva verifica del suo operato, specie in caso di inadempimento, al fine di valutare la sussistenza e l‟entità della responsabilità. Nello specifico, la revoca del gestore del trust autodichiarato è possibile solo tramite una pronuncia giudiziale87, che potrà provvedere anche sulla nomina del nuovo trustee; d‟altronde, il trust continuerà a sopravvivere e il patrimonio dedicato resterà vincolato al raggiungimento degli scopi cui è stato destinato. Infine, il termine prescrizionale per l‟azione dei beneficiari o dei terzi contro il trustee in caso di inadempimento, ai sensi dell‟art. 2946 c.c., è di anni dieci a decorrere dalla data dell‟inadempimento o dal successivo momento in cui se ne abbia conoscenza.

Al momento della morte del disponente/gestore, a meno che non sia prevista la contestuale cessazione del trust, i beni vincolati non faranno parte della massa ereditaria, a meno che non vi rientrino successivamente al vittorioso esito di un‟azione di riduzione mossa dai legittimari. Qualora la durata del trust autodichiarato sia per espressa previsione superiore alla vita del disponente, è necessaria la nomina in sede di costituzione, o anche con successivo atto integrativo, di un trustee che subentrerà nel compito gestorio una volta venuto meno il disponente o, in ogni caso, la previsione delle indicazioni per nominarlo (il potere potrebbe spettare ai beneficiari o al guardiano), e anche le regole per individuare i trustees successivi. In mancanza, la nomina potrà essere richiesta al giudice.

Qualora il disponente/trustee voglia rinunciare al compito gestorio dovrà provvedere alla nomina del nuovo gestore, a meno che non lo abbia già indicato (o abbia previsto le regole per individuarlo) in sede di atto costitutivo. Il nuovo trustee dovrà accettare la nomina con un formale atto in forma autentica o con una scrittura privata, non dovendosi ritenere ammissibile l‟accettazione derivante da comportamento concludente, soprattutto alla luce del necessario trasferimento in suo nome della titolarità del fondo del trust.

I beneficiari vanno specificamente indicati o devono essere espressamente stabiliti i criteri per individuarli con certezza (nominando ad esempio i figli, i

87 Tribunale de L‟Aquila, 11 febbraio 2009, in Trusts e attività fiduciarie, 2010, pag. 189; Tribunale di Milano, 22 gennaio 2013, in Trusts e attività fiduciarie, 2013, pag. 537; Tribunale di Milano, 15 luglio 2015, in Trusts e attività fiduciarie, 2015, pag. 580.

nipoti, ecc.), non essendo ammissibile un trust i cui beneficiari siano vaghi e incerti; è però possibile la nomina dei beneficiari quale “categoria” (si pensi ad esempio alla categoria degli homeless), purché siano dettati i criteri in base ai quali gestire la devoluzione patrimoniale in loro favore.

Differente è l‟ipotesi dei trusts c.d. di scopo, volti al raggiungimento di un determinato fine (ad esempio la costruzione di un ospedale, l‟edificazione di una chiesa, ecc.): affinché il vincolo sia giustificato è in questo caso necessario che essi mirino al soddisfacimento di interessi oggetto di particolare attenzione da parte della collettività. Possono ritenersi tali ad esempio il sostegno dell‟istruzione e della religione, l‟ausilio ai poveri e ai senza tetto.

La partecipazione dei beneficiari all‟atto costitutivo non è tecnicamente necessaria, non essendo richiesta una loro specifica accettazione; pur tuttavia, spesse volte si preferisce inserirla.

I soggetti che vantano uno specifico diritto sul fondo del trust sono proprio i beneficiari: essi possono infatti essere qualificati quali creditori del trustee, in quanto veri destinatari dei beni del trust e dei relativi frutti.

I beneficiari hanno il diritto di ottenere dal trustee (coincidente o meno col disponente) tutte le informazioni inerenti alla gestione dei beni del trust, in modo da controllare l‟efficiente utilizzo della devoluzione patrimoniale in loro favore.

Nell‟atto costitutivo può essere prevista la nomina di un guardiano (o

protector), incaricato di valutare l‟operato del trustee nell‟interesse dei beneficiari.

Il guardiano può essere investito anche di poteri dispositivi o gestionali, ulteriori rispetto a quelli del gestore. Sovente egli ha il potere di nominare e revocare il

trustee, di approvare alcune sue decisioni (nell‟ambito del cosiddetto “potere di

veto” che gli viene assegnato dal disponente), di impartirgli direttive in predeterminate ipotesi. Anche nel caso del trust autodichiarato il disponente può nominare un guardiano, magari non attribuendogli poteri di controllo, amministrazione e gestione che il disponente medesimo vuol riservarsi, ma prevedendo che intervenga in determinate situazioni, quale ad esempio la nomina di un nuovo trustee dopo la sua morte.

Per ciò che concerne la cessazione, il termine finale del trust deve essere previsto nell‟atto costitutivo: esso può essere specifico o essere ancorato ad eventi determinati (quale ad esempio la durata della vita dei beneficiari).

In ordine alla sorte dei beni oggetto del vincolo di destinazione al momento della cessazione del trust, vi sono varie opzioni: il disponente può infatti prevedere che essi rientrino a pieno titolo nel proprio patrimonio personale o che siano trasferiti ai beneficiari. Nel silenzio dell‟atto costitutivo, deve ritenersi che nessun trasferimento sia stato voluto e che i beni rimangano nella disponibilità del disponente o degli eredi.

Dalla superiore disamina, che sarà oggetto di specifico approfondimento nel capitolo successivo alla luce della casistica concreta per come risulta nella prassi e delle relative pronunce giudiziali, emergono numerose incertezze in ordine alla ammissibilità del trust c.d. autodichiarato all‟interno del nostro ordinamento giuridico, riferibili per lo più al (potenziale) pregiudizio per i creditori in seguito alla costituzione del vincolo di destinazione e alla separazione patrimoniale che ne deriva. La legittimità della deroga al principio della responsabilità patrimoniale di cui all‟art. 2740 c.c. tramite la istituzione di un trust autodichiarato pone infatti maggiori e più pressanti incognite rispetto alle ipotesi (per così dire) “tipiche” di

trust, dovute per lo più al mancato trasferimento dei beni ad un trustee terzo,

diverso dal disponente, che li gestisca e che ne sia responsabile. La legittimità del ricorso all‟istituto potrebbe desumersi alla luce dell‟ampio margine riconosciuto in Italia in capo ai privati in materia contrattuale (palesato dalla generale possibilità di concludere contratti atipici purché meritevoli di tutela ai sensi dell‟art. 1322, secondo comma, c.c.), ma è necessario trarne specifica conferma attraverso l‟approfondimento delle decisioni giurisprudenziali in merito e delle questioni emergenti. Ad ogni modo, la sussistenza di intenti fraudolenti rende necessaria l‟individuazione (che sarà oggetto di successiva trattazione) di efficaci strumenti di cui i privati possono avvalersi per accertare l‟abuso, nel difficile tentativo di contemperare l‟appropriato ricorso all‟istituto da parte dei privati e le ipotesi di ingiustificato pregiudizio per i creditori.

Capitolo secondo