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2. Il teatro giapponese nei primi anni Meiji

2.3 Tsubouchi Shōyō, la tradizione del kabuki

Il primo spettacolo, interpretato dagli attori che avevano appena concluso il corso biennale della scuola di recitazione tra cui Matsui Sumako, è Amleto, che viene portato in scena nel maggio 1911 al Teikoku gekijō in versione integrale, al contrario della prima versione del 1906. L'impronta di Shōyō in questo allestimento teatrale è profonda ed evidente: da sempre

52 TOITA, Matsui Sumako..., cit, p.67.

53 Benito ORTOLANI, The Japanese Theatre: From Shamanistic Ritual to Contemporary Pluralism,

Princeton, Princeton University Press, 1995, p.245. 54 KANO, Acting Like a Woman..., cit., p. 163.

riluttante nell'abbandonare completamente le forme e le convenzioni del teatro tradizionale, usa il linguaggio medievale del kyōgen per tradurre l'inglese di epoca elisabettiana, ritenendolo il suo più approssimativo equivalente storico. Inoltre interviene sull'interpretazione dell'attore principale, Doi Shunsho, affinché dimentichi ciò che aveva imparato sullo stile di recitazione occidentale, a favore di uno stile basato sul kabuki.56 Lo

scopo di Shōyō infatti era quello di riformare il teatro, e più in generale la letteratura, non con una frattura drastica dal passato, ma con un processo graduale che mantenesse continuità con la tradizione. Il problema non era dunque se abbandonare o meno il kabuki: il kabuki resta per Shōyō la forma teatrale rappresentativa del Giappone, ma ritiene sempre più necessarie delle riforme affinché il kabuki torni ad essere interprete della contemporaneità.57 Le forme di

teatro fino ad ora sperimentate da Ichikawa Danjurō IX, così come i sōshi e shosei shibai di Sudo Sadanori e Kawakami Otojirō rivendicavano di essere innovative, ma per Shōyō si limitavano soltanto agli aspetti superficiali, come costumi, trucco, scenografia e tematiche affrontate, lasciando sostanzialmente inalterata la drammaturgia, proprio laddove era necessaria la riforma. Una riforma da attuarsi non solo enfatizzando la centralità del testo sopra la performance individuale dell'attore, ma rielaborando e attualizzando i contenuti. Era necessario, infatti, un genere letterario per il teatro che rappresentasse la psicologia umana, attraverso una struttura coesa e razionale costruita sulla base del rapporto causa-effetto e delle azioni individuali dei personaggi.

Citando M. Cody Poulton,

What we see, in short, in Shoyo's critique is a attempt to create a discrete literary genre for drama predicated on a more individuated portraryal of human character [...]. Moreover, he advocates a strong, cohesive, and rational structure in which a logical cause-and-effect sequence of events is constructed out of the actions of individual characters. Such a structure creates an aesthetic of unity and purity, in contrast to the hybrid, episodic, and discursive beauty of kabuki and puppet plays.58

Soprattutto a partire dagli anni Ottanta del 1800, mentre il teatro viene proposto come mezzo per promuovere il programma ufficiale di governo epitomizzato dallo slogan bunmei kaika

56 LEVY, Sirens of..., cit., p. 212

57 ORTOLANI, The Japanese Theatre..., cit., p.244.

58 M. Cody POULTON, A Beggar's Art: Scripting Modernity in Japanese Drama, 1900-1930, Honolulu,

(“Civiltà e progresso”), si apre il dibattito sul ruolo che debba rivestire il kabuki di fronte alle istanze di rinnovamento. Il kabuki, come già detto, era un'istituzione molto conservatrice, basata su presupposti completamente divergenti rispetto al teatro occidentale cui si voleva assurgere a modello, a partire dall'assenza della netta distinzione di genere tra commedia e tragedia. Così come Shōyō, anche Suematsu Kenchō,59 nel suo discorso Engeki kairyō iken

(“Opinioni sulla riforma del teatro”, 1886) crede nella possibilità di un processo che gradualmente trasformi il teatro preesistente, a partire dalla riforma del repertorio tradizionale e dal ruolo dello sceneggiatore, fino ad ora ritenuto niente più che uno “schiavo dell'attore”.60

Suematsu ribadisce l'importanza delle tre unità aristoteliche di tempo, spazio e luogo, fondamento del teatro classico europeo, e rivendica una drammaturgia scevra dal vecchio moralismo di promuovere la virtù e punire il male (kanzen choaku), che aveva dominato il kabuki durante il periodo Edo e i primi anni Meiji. Compito del teatro era inoltre raffinare le sensibilità di tutte le classi sociali, non solo della borghesia, ed essere utile nella creazione di una moderna nazione.

Al contrario, il poeta e critico Kitamura Tōkoku61 che prende parte al dibattito, dubita

fortemente sulle possibilità di riformare il teatro kabuki adattandolo gradualmente alla modernità. Nel saggio Gekishi no zento ikaga (“Che cosa si prospetta per il teatro?”) sulla rivista Bungakukai (“Mondo letterario”) nel dicembre 1893, Tōkoku si distanzia dalla posizione di Shōyō, che ribadiva l'assenza di coerenza nella struttura del kabuki, sostenendo che ci fosse invece una “armonia simmetrica” (seigōteki chōwa) raggiunta tramite la raffinata sintesi di elementi come danza, musica, gesto e narrazione, così da rendere la drammaturgia giapponese indissolubilmente legata a questa armonia ritmica e coreografica.62 La danza

giapponese era fatta per valorizzare l'arte dell'attore e lo spettatore era portato a dimenticare il personaggio che l'attore stava interpretando, affascinato dal “dipinto in movimento” che era rappresentato in scena. Tuttavia il subordinare l'azione drammatica al movimento

59 Suematsu Kenchō 末 松 謙 澄 (1855-1920) è stato un politico e intellettuale giapponese. Dopo un'esperienza di studio a Londra dal 1878 al 1884, è stato eletto membro della Dieta, ricoprendo la carica di ministro. È noto inoltre per l'attività letteraria, soprattutto come scrittore in lingua inglese di opere sulla letteratura e sulla cultura giapponese.

60 POULTON, A Beggar's Art... cit., p.13.

61 Kitamura Tōkoku 北 村 透 谷 (1868-1894), pseudonimo di Kitamura Montarō, è stato un poeta e saggista a capo della rivista letteraria Bungakukai. Scrive il saggio Naibu seimei ron (“Sulla vita interiore”) e, nonostante il breve periodo di attività, fu determinante per il futuro sviluppo della letteratura giapponese. KATŌ, Storia della letteratura giapponese. Dal XVI..., cit., p. 309.

coreografato e all'accompagnamento musicale significava perdere completamente ogni tentativo di rappresentazione realistica del personaggio e degli eventi rappresentati.63 Il

presupposto su cui l'estetica del teatro giapponese si fonda, quindi, diverge completamente da quella del teatro occidentale: se da una parte il kabuki enfatizza un'estetica più “scenica” che “drammatica”, dall'altra il teatro occidentale si fonda sull'azione (che è infatti il significato della parola greca drama), due posizioni inconciliabili che secondo Tōkoku rendono impossibile un compromesso tra tradizione e modernità.