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La tutela ante causam in materia di appalti Una breve casistica.

La dottrina che si è occupata della tutela ante causam è, per lo più, critica circa l’utilità dello strumento e il suo reale utilizzo, utilizzo che viene considerato pressoché nullo. Era già scettica quando la misura era prevista solo in materia di appalti, lo è oggi allorché essa stata generalizzata dal Codice del processo amministrativo. È anche vero che la ricostruzione teorica dell’istituto paga anche la carenza di un’elaborazione giurisprudenziale specifica, tanto che non è dato rinvenire in dottrina un riscontro giurisprudenziale sull’argomento.151 V’è anche da notare come, in giurisprudenza, prima dell’avvento nel 2006 della vera tutela

ante causam, si soleva denominare così la tutela monocratica resa, eventualmente, inaudita altera parte ma, tuttavia, in causam. Sicché si tendeva ad utilizzare

indifferentemente le due definizioni, che però, ovviamente, descrivono categorie completamente diverse. Si trovano così numerose pronunce che parlano di tutela cautelare ante causam ma lo fanno erroneamente. Oggi l’equivoco è superato dalla circostanza che si ha ben chiaro il concetto di tutela ante causam visto che la categoria fa ora parte del diritto positivo come istituto a sé stante.

Anche se il contributo è certamente limitatissimo, si tenta di illustrare una breve casistica giurisprudenziale formatasi nel Tar di Catania, limitata alla materia degli appalti, si tratta quindi di pronunce tutte rese ai sensi dell’art. 245 del decreto legislativo n. 163 del 2006.

Una prima pronuncia152 riguarda l’affidamento mediante gara pubblica di un appalto di servizi che si è espletata in due sedute, a distanza di cinque giorni l’una dall’altra. È, in assoluto, il primo decreto reso in Sicilia e uno dei primissimi a livello nazionale.

151V’è anche da notare come, in giurisprudenza, prima dell’avvento nel 2006 della vera tutela ante causam,

si soleva denominare così la tutela monocratica resa, eventualmente, inaudita altera parte ma, tuttavia, in

causam. Sicché si tendeva ad utilizzare indifferentemente le due definizioni, che però, ovviamente,

descrivono categorie completamente diverse. Si trovano così numerose pronunce che parlano di tutela cautelare ante causam erroneamente. Oggi l’equivoco è superato dalla circostanza che si ha ben chiaro il concetto di tutela ante causam visto che la categoria fa ora parte del diritto positivo come istituto a sé stante.

In fatto, il ricorrente partecipante alla gara veniva escluso perché non avrebbe fornito una dichiarazione prevista dal Capitolato Speciale di Appalto, ma non prevista dal Bando di Gara. Alla prima seduta dedicata alla verifica dei documenti amministrativi, la stazione appaltante esclude la ricorrente rinviando gli altri concorrenti alla successiva seduta. L’impresa esclusa contestava il motivo di esclusione, ma, in assenza del rimedio ante causam, non avrebbe avuto il tempo di essere riammessa in tempo utile per la seduta successiva. E si consideri che la stazione appaltante, in considerazione della natura del servizio, era determinata a procedere all’affidamento con riserva subito dopo la chiusura della procedura di gara. Per cui l’impugnazione mediante gli strumenti ordinari, difficilmente avrebbe consentito alla ricorrente di ottenere un provvedimento reso in tempo utile prima che con la consegna del servizio si esaurisse l’interesse cautelare. Pertanto, solo il rimedio ex art. 245 d.lgs. si poteva garantire in via interinale l’utilità. In diritto, il giudice motiva in tal senso: “considerato che la

predetta istanza può trovare accoglimento in quanto la esecuzione dell’atto impugnato nelle more dell’esame collegiale della domanda cautelare è idonea a determinare gravi effetti pregiudizievoli agli interessi del ricorrente; considerato altresì che il ricorso (non è

un ricorso, n.d.r.) presenta ad un primo sommario esame ed in assenza di

contraddittorio, profili di fondatezza con riguardo al primo motivo di gravame con il quale si lamenta violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara nella parte relativa alle modalità di presentazione e ai criteri di ammissibilità delle offerte, con particolare riguardo alla previsione circa i documenti che devono essere contenuti nella busta “A” a pena di esclusione; della lettera h) del punto 4) del disciplinare di gara nella parte in cui elenca i documenti che devono essere contenuti nella busta “A” a pena di esclusione; violazione del principio di proporzionalità, anche ex art. 1 L. 241/1990; violazione del principio del favor partecipationis; violazione art. 97 Cost..

Il decreto, in parte dispositiva, ordina l’ammissione della ricorrente all’ulteriore fase della gara e poi commette un grossolano errore procedurale: fissa la trattazione della cautelare per la successiva camera di consiglio di lì a venire dopo pochi giorni. Ovviamente ciò non poteva essere disposto, in quanto il ricorrente non aveva ancora proposto il ricorso di merito. Tanto che, infatti, nella

camera di consiglio così fissata, il collegio ha emesso una singolare ordinanza di incompetenza.

Il decreto testé commentato è stato reclamato dopo alcuni giorni, reclamo che il magistrato delegato ha rigettato motivando sulla fondatezza dei motivi addotti dal ricorrente.

La sequenza cautelare dimostra come, nonostante la brevità dei tempi, tutte le parti hanno potuto esprimere le proprie ragioni, concentrando il giudizio su uno specifico elemento di lesività e che il giudice è stato in grado di emettere, sia il decreto di accoglimento sia il decreto di rigetto del reclamo, in modo esaustivo alla cognizione dei fatti di causa e fornendo una succinta ma chiara e adeguata motivazione e sul periculum, e sul fumus, valutazione sulla apparente fondatezza che addirittura abbraccia i principi che informano l’azione amministrativa nell’attività di specie.

Ulteriore caso concerne invece una procedura ristretta per affidamento di servizi (attratta dalla disciplina generale dei contratti pubblici) avviata attraverso lettera invito, a seguito di ordinanza sindacale contingibile ed urgente, rivolta “solo ad imprese insediate nella provincia della stazione appaltante”, la ricorrente, con sede fuori dalla provincia, ma interessata alla procedura, chiedeva formalmente alla stazione appaltante di essere invitata, in quanto riteneva ingiustamente restrittiva della concorrenza la limitazione su base provinciale.

Il decreto in oggetto,153a differenza di quello precedentemente commentato, mostra la piena aderenza alla norma e alla ratio del rimedio.

In primo luogo, motiva sulla ammissibilità del rimedio in considerazione alla sua “indispensabilità” e quindi non fungibilità con altri strumenti, fornendo quindi una motivazione ancora più stringente circa la specificità del periculum nella tutela ante causam.

In particolare, il giudice rileva che “l’istanza in esame, pur non essendo ancora

corredata delle ‘relate’ di notifica alle controparti, risulta già, a tal fine, consegnata all’Ufficiale giudiziario per i relativi adempimenti; considerato, nel merito, che il provvedimento impugnato in via principale porta la data del 5.10.2009 e che la prima camera di consiglio utile di calendario è quella del giorno 27 ottobre 2009; che la lettera

di invito impugnata indica che il “servizio dovrà essere avviato entro e non oltre il 10 ottobre 2009 e durerà per il periodo necessario all’espletamento della nuova gara…; ritenuto, pertanto, che sussistono i presupposti per l’accoglimento della proposta istanza cautelare interinale e provvisoria, limitatamente all’obbligo del Comune di esaminare, prima del 10.10.2009, anche la proposta della ricorrente (il che, d’altronde, non sembra, di per sé, possa implicare alcun serio inconveniente per l’amministrazione); ritenuto, infine, che la società richiedente va onerata della notificazione del presente provvedimento alle controparti entro il termine perentorio di giorni due, a decorrere dalla data odierna, anche avvalendosi di trasmissione “via fax” (art. 12 L. n. 205/2000); che in relazione al non comprovato perfezionamento della notifica dell’istanza in esame alle controparti, appare opportuno subordinare, ai sensi del comma 6 dell’art. 245 cit., l’efficacia del presente provvedimento alla prestazione di una cauzione (anche fidejussoria) pari ad € 5.000, per gli eventuali danni che dovessero derivare a carico del comune e/o della controinteressata;

A differenza del decreto precedentemente commentato, quest’ultimo enfatizza l’aspetto del periculum ma dice meno (anzi non motiva, se non implicitamente) il

fumus che comunque dichiara di delibare. Il provvedimento poi ordina un facere

attivo all’amministrazione, seppur, quasi scusandosi, infatti il giudice rileva che il provvedere non dovrebbe creare inconvenienti e, comunque, ordina la prestazione di una fideiussione. La vicenda, come si vede, si è dipanata in un arco di tempo talmente ristretto che solo il rimedio de quo poteva garantire la tutela (istanza presentata il giorno 7, decreto depositato il giorno 8, efficacia da esplicarsi inevitabilmente entro il giorno 9).

Come si vede, le ragioni di esistenza della tutela cautelare ante causam sono assolutamente reali e, seppur ristretto sia il loro ambito applicativo, esse, proprio in dette circostanze, rappresentano l’unica possibilità di tutela. Tutela che inoltre, erogata in uno stadio particolarmente anticipato, rende ancora più agile la “gestione” della controversia e, se opportunamente motivata, e accanto al rinnovato panorama delle azioni introdotte dal Codice, può generare un dialogo costruttivo tra “procedimento e processo”, favorendo quello sviluppo della giurisdizione amministrativa verso la pienezza e l’effettività della tutela.

CAPITOLO III

TUTELA CAUTELARE ED EFFETTIVITÀ DELLA GIUSTIZIA

1. La questione della tipicità (o meno) delle azioni di cognizione nel Codice