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L'ESPERIENZA ITALIANA

13. L A TUTELA DEL CONSUMATORE INGANNATO DAL FALSO “ BIO ”

I.

Cenni introduttivi

Come in tutti i settori di successo commerciale – è innegabile che il “bio” piaccia sempre di più, proprio perché sinonimo di qualità – anche il settore dell’alimentazione biologica si presenta ormai come flagellato da fenomeni

543 CRISTIANI, E., Il metodo di produzione biologico, op. cit., p. 101 e CRISTIANI,

E., La disciplina dell'agricoltura biologica fra tutela dell'ambiente e sicurezza

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197 di frode alimentare. Infatti, anche se relativamente rari, i casi di contraffazione biologica assumono spesso dimensioni consistenti. Si pensi all’operazione della Guardia di finanza del 2011, denominata “Gatto con gli stivali”, in cui furono oggetto di sequestro 2.500 tonnellate di alimenti falsamente dichiarati come biologici, mentre altre 700.000 tonnellate risultavano già messe in commercio (in breve, la truffa interessava il 10% del mercato nazionale del “bio”)544.

Già nel periodo antecedente l'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 834/2007, lo stesso Ministero delle Politiche agricole e forestali definì gli episodi di falsificazione di alimenti biologici come una vera e propria minaccia per la fiducia dei consumatori e per l’intero settore del “bio” (anche ammonendo i media a non strumentalizzare certi episodi), gettando simili casi discredito su tutti i produttori biologici in modo spesso ingiustificato545. È pacifico che il fenomeno della fraudolenta

commercializzazione di prodotti biologici prodotti in realtà con il metodo convenzionale non riguarda solo la tutela del consumatore, ma coinvolge anche lo stesso agricoltore biologico, danneggiato da tale concorrenza scorretta546.

Tralasciando l’esame dei vari presupposti che possono far capo alle contraffazioni in materia547, all’interprete conviene qui volgere l’attenzione

sulle possibilità di tutela che nei confronti delle imprese operanti nel settore l’ordinamento offre al consumatore che si ritenga danneggiato dal

544 PETRINI, C., Buono e bio, la dieta al naturale, in La Repubblica, 14 dicembre

2011, p. 51.

545

CRISTIANI, E., La disciplina dell'agricoltura biologica fra tutela dell'ambiente e

sicurezza alimentare, op. cit., p. 95, che cita alcuni esempi di discreditamento

ingiustificato per il mezzo stampa.

546 BERTI, C., BARATELLA, M. G., Agricoltura biologica e responsabilità, op. cit.,

p. 4.

547

A titolo di esempio, nel caso “Gatto con gli stivali”, la contraffazione venne attuata tramite false fatturazioni ed importazioni dall’estero di prodotti biologici, poi rivenduti nell’Unione europea (e quindi anche in Italia) come provenienti da produzioni locali. Al fine di far figurare come biologici i prodotti, si fece uso di certificazioni falsificate, ottenute grazie alla compiacenza di funzionari degli stessi organismi preposti al controllo del biologico. Si veda a tal riguardo MASNATA, L., Il biologico sotto choc dopo la truffa della Sunny Land, in Il Salvagente, 15-22 dicembre 2011, p. 28.

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198 carattere ingannevole dell’etichettatura degli alimenti falsamente dichiarati come biologici. In questa prospettiva non ci limiteremo ad esaminare i profili di responsabilità del produttore, ma allargheremo l’analisi a tutti i componenti della filiera alimentare biologica, considerando anche i soggetti intermediari, come grossisti e distributori. Infatti, rilevano ai fini della responsabilità non solo gli operatori che mirano a trarre un indebito vantaggio economico per il tramite della maggiorazione di prezzo, commercializzando alimenti falsamente certificati come “bio”, ma anche quanti non abbiano provveduto ad evitare l’inganno perpetrato da altri soggetti, omettendo di attuare il ruolo di controllo imposto loro dalle disposizioni sul biologico sia comunitarie che nazionali.

II.

Le tipologie di danno per il consumatore di prodotti

alimentari

Per analizzare le tipologie di danno che possono pregiudicare il consumatore di un prodotto agro-alimentare, è opportuno cogliere innanzitutto i caratteri di peculiarità dello stesso settore alimentare. Infatti, il moderno prodotto alimentare è in primo luogo un prodotto industriale548, e quindi distribuito su larga scala549. Ne consegue un

consumo molto diffuso di un singolo prodotto, tra l’altro distribuito

548 Fu negli anni ’50 e ’60, che la produzione di massa insorse in luogo della

produzione artigianale. Per un approfondimento, si veda COSTATO, L., Attività

agricole, sicurezza alimentare e tutela del territorio, in Riv. dir. agr., 2008, fasc. 4,

p. 451, secondo cui “l’attività agricola […] si è svolta per migliaia d’anni

utilizzando strumenti semplici; a ben vedere, infatti, sino a pochi decenni addietro

solo alcune macchine erano state introdotte per svolgere l’attività primaria – trebbie, trattori e poche altre – mentre nella seconda metà del secolo trascorso si è assistito ad un formidabile aumento delle conoscenze in campo genetico e ad un incremento notevolissimo di strumenti meccanici e chimici che hanno permesso all’agricoltura in incrementare in maniera straordinaria, nei paesi sviluppati, le rese dei coltivatori di vegetali e di animali”.

549 TARUFFO, M., La tutela collettiva nell’ordinamento italiano: lineamenti

generali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, n. 1, p. 106, secondo il quale “in una

società che è da tempo «di massa» sotto molti aspetti, la disponibilità di una tutela collettiva efficace sia una condizione essenziale per la attuazione effettiva della garanzia dell’accesso alla protezione giurisdizionale dei diritti enunciata nel comma 1° dell’art. 24 Cost.”.

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199 tipicamente attraverso il sistema della GDO. Tutto ciò determina un aumento della probabilità di “amplificazione” del danno sia contrattuale, che extracontrattuale (cioè originato da prodotti difettosi distribuiti – appunto – in massa). Ancora, rileva l’importanza dall’attività pubblicitaria, così come la contemporanea nascita della figura del distributore alimentare come soggetto intermediario tra il produttore e il consumatore, di solito impossibilitato ad effettuare un reale controllo sulla qualità dei prodotti distribuiti, essendo la maggior parte dei beni venduti al pubblico commercializzata in confezioni già sigillate550. Si aggiunga che il prodotto

alimentare di per sé ha la caratteristica di incidere direttamente sulla salute del consumatore.

Inserendo in questo contesto il prodotto biologico, giova subito sottolineare come il classico danno cagionato dalla frode in tale settore, non sia inerente alla sicurezza del prodotto (non comportando il consumo di prodotti convenzionali conseguenze sulla salute del consumatore diverse da quelle derivanti dal consumo di quelli biologici), bensì al danno derivante da pratiche commerciali scorrette551, o meglio: ingannevoli552.

Infatti, l’apposizione del marchio biologico su un determinato prodotto è senz’altro idonea a indurre all’acquisto soggetti che altrimenti non avrebbero scelto tale prodotto, influenzandone in tal modo il comportamento economico. La questione che si pone con riferimento al consumatore che subisca un simile pregiudizio è se a costui possa

550

MERCURIO, O., Osservazioni sulla sicurezza alimentare, prodotti agricoli e

responsabilità civile, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, 2007, fasc. 7-8, p. 433.

551 Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, per pratica

commerciale “si intende qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità diffusa con ogni mezzo (incluso il direct marketing e la confezione dei prodotti) e il marketing, che un professionista pone in essere in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi ai consumatori. La pratica commerciale è scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta”, vedi in rete <http://www.agcm.it/consumatore-competenza/pratiche-commerciali-

scorrette.html>.

552 Differenziando il Codice del consumo tra pratiche commerciali scorrette

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200 convenire azionare un rimedio processuale, soprattutto in vista dell’entità, di solito alquanto modesta, del danno subito553. La risposta sembra essere negativa, almeno per quanto riguarda l’esperimento di un’azione individuale. Spesso, infatti, non solo per pregiudizi irrisori, ma anche per danni di rilevante entità, i soggetti (soprattutto se economicamente deboli) preferiscono non assumersi le conseguenze di un possibile esito negativo dell’azione (tra le quali, sicuramente si possono annoverare le spese legali, o il rischio di rifondere le spese alla controparte)554.

III.

Il private enforcement come archetipo dell’azione

del singolo per la tutela di diritti individuali