• Non ci sono risultati.

La tutela del whistleblower

La legge n. 190/2012, all’articolo 1, comma 51, poi modificato dal decreto legge n.

90/2014 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”, convertito con modificazioni dalla legge n. 114/2014, introduce l’art. 54 bis al d.lgs. n. 165/2001 che disciplina la tutela del whistleblower, cioè del dipendente pubblico che effettua una segnalazione di illecito o di situazioni irregolari sul luogo di lavoro durante lo svolgimento della propria attività lavorativa, al fine di consentire alle autorità interne o esterne di intervenire per ripristinare la legalità o la legittimità, rispettivamente di situazioni o atti.

Prima della riforma introdotta dalla legge n. 179/2017 (v. infra), la norma così recitava:

Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'Autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.

L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

48 La segnalazione al superiore gerarchico di situazioni di illecito nell’Amministrazione da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza, introdotto dall’art. 8 d.p.r. n.

62/2013 e disciplinato dal codice di comportamento adottato dall’Inail (art. 21), rappresenta un’interessante novità nel panorama legislativo italiano che non prevede obblighi di denuncia di illeciti se non in alcuni casi particolari contemplati dal codice penale24

Tale previsione, unitamente alle attività di regolamentazione delle procedure finalizzate a tutelare il “segnalatore” - tendono a incentivare e proteggere le segnalazioni di illeciti, anche con forme che assicurino, per quanto possibile, l’anonimato (art. 21 del codice di comportamento).

La segnalazione deve riportare una descrizione circostanziata dell’illecito che consenta di individuare fatti e situazioni e di relazionarli a contesti determinati, affinché possa essere verificata tempestivamente e facilmente, anche ai fini dell’eventuale avvio di procedimenti disciplinari.

Se tra gli obiettivi principali della legge n. 190/2012 e del conseguente Piano Nazionale Anticorruzione vi è quello non solo di contrastare, ma anche di prevenire forme di corruzione e illegalità, è chiaro che la tutela del dipendente (o del collaboratore) che effettua segnalazioni si pone quale strumento di primaria importanza.

Considerata, altresì, l’imprescindibile esigenza di prevedere la definizione di specifiche misure di tutela e protezione della figura del whistleblower attraverso direttive e note di istruzione rivolte a tutti i responsabili di strutture, tali da consentire la piena attuazione della normativa in questione, l’Istituto ha emanato, a seguito anche dell’adozione da parte dell’Anac della determinazione 28 aprile 2015, n. 6; “Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (cd whistleblower)”; una circolare 25 nella quale vengono stabilite procedure specifiche ai fini della ricezione delle segnalazioni, tali da garantire la riservatezza del denunciante, delle informazioni oggetto della denuncia, di coloro che gestiscono tali informazioni e dell’intera procedura.

La violazione degli oneri di riservatezza comporta, a carico dei trasgressori, responsabilità disciplinari, fatta salva l’eventuale ulteriore responsabilità civile o penale del contravventore.

24 Art. 361 c.p: Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da euro 30 a euro 516. La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.

Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

Art. 364 c.p: Il cittadino, che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'Autorità indicata nell'art. 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

25 Circolare n. 64 del 28 luglio 2015.

49 L’acquisizione della segnalazione può avvenire mediante trasmissione della stessa all’indirizzo di posta elettronica del Responsabile26, ovvero all’Anac27, onde evitare al denunciante di esporsi fisicamente ed eliminare i passaggi burocratici intermedi della denuncia che aumentano le probabilità di fughe di notizie.

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, per la gestione delle segnalazioni, può avvalersi di un Gruppo di lavoro specializzato.

Il Responsabile, qualora ritenga che la segnalazione risulti fondata, in relazione ai profili di illiceità riscontrati, provvederà ad inviare circostanziata segnalazione, secondo le rispettive competenze, ai seguenti soggetti:

 Dirigente della struttura a cui è ascrivibile il fatto;

 Ufficio disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale risorse umane;

 Autorità giudiziaria;

 Corte dei conti;

 Anac;

 Dipartimento della funzione pubblica.

Nel sito dell’Istituto28 è data notizia della tutela di cui gode il soggetto che effettua segnalazioni di illecito, dei risultati dell’azione cui la procedura di protezione del segnalatore abbia eventualmente condotto e dei risultati complessivamente ottenuti grazie al whistleblower.

L’Istituto garantisce nell’ambito dell’eventuale procedimento disciplinare avviato nei confronti del segnalato, la riservatezza dell’identità del segnalante. Nel caso in cui l’addebito contestato si fondi su altri elementi e riscontri oggettivi in possesso dell’Amministrazione o che la stessa abbia autonomamente acquisito a prescindere dalla segnalazione, l’identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso.

Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

Spetta al responsabile dell’Ufficio procedimenti disciplinari valutare, su richiesta dell’interessato, se ricorra la condizione di assoluta indispensabilità della conoscenza del nominativo del segnalante ai fini della difesa. In ogni caso, sia in ipotesi di accoglimento dell’istanza, sia nel caso di diniego, il Responsabile dell’Ufficio procedimenti disciplinari deve adeguatamente motivare la scelta come peraltro previsto dalla legge n. 241/1990.

Ai sensi del combinato disposto dell’art. 54 bis, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 24, comma 1, lett. a), della legge n. 241/1990, la denuncia è sottratta al diritto

26 Responsabileanticorruzione-trasparenza@inail.it.

27 Secondo le modalità indicate dalla determinazione Anac n. 6 del 28 aprile 2015.

28 https://www.inail.it/cs/internet/istituto/amministrazione-trasparente/altri-contenuti-corruzione.html.

50 di accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della stessa disposizione normativa e pertanto del documento non può essere richiesta visione o estrazione di copia.

Da ultimo, la tutela dell’anonimato e dell’accesso documentale non trovano applicazione in relazione a indagini penali, tributarie o amministrative.

Laddove sia reso noto il nome del segnalatore, viene assicurata allo stesso adeguata tutela contro ogni tipo di azione discriminatoria o, comunque, ritorsiva sul luogo di lavoro.

Ove lo stesso ritenga di essere oggetto di discriminazione o molestie, può darne comunicazione al Responsabile; questi ricevutane notizia, dopo averne verificato la possibile fondatezza e la concretezza, è tenuto a darne conoscenza al dirigente sovraordinato e, laddove necessario, anche al Direttore regionale o centrale di riferimento.

Questi sono tenuti a porre in essere tutte le attività o le iniziative necessarie a ripristinare una corretta situazione lavorativa, adottando gli atti o i provvedimenti utili a rimediare agli effetti negativi della discriminazione subita e avviando il conseguente procedimento disciplinare nei confronti di chi si sia reso protagonista dell’attività discriminatoria.

Saranno perseguiti a norma di legge gli abusi e gli accertati fenomeni di diffamazione o calunnia perpetrati dal whistleblower.

La legge n. 179/2017, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha modificato il predetto art. 54 bis prevedendo specifiche forme di tutela dei whistleblower che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnalino al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o all’Anac ovvero all'autorità giudiziaria ordinaria o contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro.

Si prevede, inoltre, la possibilità di inoltrare la segnalazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, all’Anac ovvero all'autorità giudiziaria ordinaria o contabile, e non più al superiore gerarchico.

Viene, altresì, rafforzata la tutela del segnalante dalle possibili azioni ritorsive del datore di lavoro: da un lato si amplia il novero dei provvedimenti inapplicabili al whistleblower che, oltre a non poter essere sanzionato, demansionato, licenziato, non può nemmeno essere trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro; dall’altro si introduce una inversione dell’onere della prova in quanto sarà l’Amministrazione a dover dimostrare che le suddette misure adottate nei confronti del whistleblower sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione.

Il segnalante ha diritto di ricorrere all’Anac nel caso rilevasse azioni ritorsive nei suoi confronti.

Inoltre, come precisato sopra, viene rafforzata la tutela della riservatezza dell’identità del whistleblower.

51 Con delibera n. 1033 del 30 ottobre 2018 recante il Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro di cui all’art. 54 -bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing) l’Anac ha definito il procedimento per l’applicazione delle seguenti sanzioni pecuniarie previste dall’art. 54 bis, comma 6 d.lgs. n. 165/2001:

 da 5.000 a 30.000 euro qualora si siano adottate misure discriminatorie o punitive;

 da 10.000 a 50.000 euro qualora si sia accertata l’assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi;

 da 10.000 a 50.000 euro qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del Responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.

L’Autorità tratta le segnalazioni secondo un preciso ordine di priorità29 e determina l'entità della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell'Amministrazione o dell'Ente cui si riferisce la segnalazione.

Sarà onere del datore di lavoro dimostrare che eventuali provvedimenti adottati nei confronti del dipendente sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione. Nessuna tutela sarà tuttavia prevista nei casi di condanna, anche con sentenza di primo grado, per i reati di calunnia, diffamazione o comunque commessi tramite la segnalazione e anche qualora sia accertata la responsabilità civile a seguito della denuncia rivelatasi infondata, effettuata con dolo o colpa grave.

Infine il segnalante eventualmente licenziato a motivo della segnalazione, è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.

Al fine di dare esecuzione al nuovo dettato normativo, saranno posti in essere gli adempimenti programmati nella Parte I del Piano (Cap. V, par. 5.6).

29 Art. 5: Le comunicazioni e le segnalazioni sono trattate secondo il seguente ordine di priorità:

a. nei casi di cui al comma 6, primo periodo, art. 54-bis, si ha riguardo alla gravità delle misure discriminatorie e all’eventuale danno alla salute nonché alla reiterata adozione di misure discriminatorie e alla adozione di più misure discriminatorie oltreché alla

partecipazione di diversi soggetti all’adozione di misure discriminatorie;

b. nei casi di cui al comma 6, secondo periodo, art. 54-bis, si ha riguardo all’assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni nonché all’adozione di procedure non conformi alle linee guida dell’Autorità, in particolare, riguardo alla promozione, ai sensi dell’art 54-bis, comma 5, ultimo periodo, del ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante e del contenuto della segnalazione nonché della relativa documentazione;

c. nei casi di cui al comma 6, terzo periodo, art. 54-bis, si ha riguardo alla gravità degli illeciti segnalati al RPCT, all’ampiezza dell’intervallo temporale della inerzia del RPCT e al numero degli illeciti segnalati al RPCT.

52 4.6 La formazione

La legge individua nella formazione uno dei più rilevanti strumenti gestionali di contrasto alla corruzione. La rilevanza di questo strumento è stata ribadita dall’Anac nella delibera di aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione 2015 e, più di recente, in quella di approvazione del Piano Nazionale per il 2016; in quest’ultima in particolare, l’Autorità ha richiamato la centralità della formazione per la qualificazione e il mantenimento delle competenze, sollecitando la diffusione delle esperienze per l’accrescimento della consapevolezza e corresponsabilizzazione degli operatori e dei responsabili (in particolare delle aree a rischio) nelle attività di monitoraggio dei processi e dei procedimenti.

Le iniziative formative previste nel PTPCT (Parte I, Cap. V, par. 5.9) sono inserite anche nel Piano triennale della formazione, nell’area tematica della formazione obbligatoria.

La formazione realizza le iniziative previste nel Piano attraverso le metodologie e le modalità più utili per garantire l’efficacia formativa e per assicurare tempestività nell’erogazione.

In particolare, per obiettivi di tipo cognitivo e di sensibilizzazione su temi trasversali, quali ad esempio quelli legati ai valori e all’integrità, la formazione è rivolta a tutto il personale indipendentemente dalla riconducibilità a specifici ruoli e funzioni. In questo caso, anche in ragione dell’alto numero di destinatari, è utilizzata la modalità e-learning, con l’offerta di pacchetti formativi web based acquistati sul mercato – quando si tratta di diffondere contenuti di carattere generale facilmente reperibili - o appositamente progettati all’interno dell’Istituto per determinati contenuti istituzionali.

Per la formazione mirata a figure specifiche, come ad esempio i Referenti anticorruzione e gli auditor regionali, sono proposte azioni formative che privilegiano il confronto diretto e lo scambio di esperienze, allo scopo di favorire la declinazione e lo sviluppo dei comportamenti attesi.

53 CAPITOLO 5–LA GESTIONE DEL RISCHIO CORRUZIONE

La gestione del rischio di fenomeni corruttivi o di mala gestio, presuppone l’espletamento delle attività di individuazione e valutazione dei rischi e, conseguentemente, di individuazione delle misure di mitigazione dei rischi stessi.

Al fine di una corretta individuazione dei rischi, nonché dei correlati fattori abilitanti, l’Istituto ha condotto un’analisi di contesto secondo il metodo della SWOT Analysis e un’accurata mappatura dei processi lavorativi, in modo tale da poter tracciare un quadro dei rischi il più possibile calzante con l’effettivo contesto operativo delle strutture istituzionali.

Si riportano, di seguito, la metodologia utilizzata e i risultati conseguiti nelle descritte attività di gestione del rischio.