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Tuttavia, in uno Stato costituzionale si pone il problema della compatibilità con precetti normativi di rango superiore, a

con-tenuto vincolante e pregnante.

Senonché, in uno Stato a Costituzione « rigida » (diversamente dagli ordinamenti cosiddetti « flessibili », che non pongono cioè li-miti alla discrezionalità del legislatore circa le modalità e l'ammon-tare dei prelievi fiscali) (4), le scelte di politica legislativa non sono

532-557; LA ROSA S., Metodi di accertamento e riforma tributaria, in questa Rivi-sta, 1978, I, pp. 216-266.

(3) In questa chiave potrebbe essere letto l'ammonimento di GRIZIOTTI B.,

(L'imposta come istituto della finanza fiscale e della finanza extra-fiscale, ora in Studi di scienza delle finanze e diritto finanziario, Milano, 1956, pp. 169-176, ma

particolarmente pp. 171-173) circa l'inutilizzabilità della politica fiscale contempo-raneamente per « scopi sociali » e per « scopi fiscali » (specie in presenza di ali-quote elevate e di poca osservanza del dovere di contribuire) salvo che l'imposta non venga applicata « su ricchezze già bene accertate anteriormente ».

(4) Vd. per tutti MORTATI C., Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1975,

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integralmente lasciate all'autodeterminazione degli organi legislati-vi (Parlamento e, nei casi prelegislati-visti dagli artt. 76 e 77 Cost., Gover-no) i quali viceversa devono, da un lato, realizzare i precetti della Carta fondamentale e, dall'altro, rispettarne i limiti.

Acquista perciò rilevanza l'art. 53, comma 1, Cost., in virtù del quale « tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ra-gione della loro capacità contributiva ».

Sulla portata di tale disposizione si è soffermata da tempo la dottrina (5) ed ha avuto modo di pronunciarsi la stessa Corte costi-tuzionale, dai cui contributi (per altri aspetti non sempre univoci) è possibile comunque trarre cinque sintetiche conclusioni:

a) la norma ha contenuto precettivo immediato per il legisla-tore: in altri termini non è una norma programmatica;

b) la norma ha significato pregnante (basato sul concetto di forza economica): in altri termini non è una « scatola vuota »;

c) la norma richiede l'idoneità ad eseguire la prestazione coattivamente imposta, correlata non già alla concreta capacità del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'ob-bligazione è collegata, presupposto economico che deve essere scelto e definito secondo criteri di razionalità;

d) la norma richiede che il trattamento uguale o diverso sia giustificato in termini di capacità contributiva;

e) la norma, in definitiva, stabilisce un parametro di

parteci-pazione alle spese pubbliche — e, dunque, di ripartizione del pre-lievo fiscale — per definizione variabile.

La giurisprudenza di merito ha dato applicazione ai cennati principi e li ha arricchiti di una considerazione casistica, tanto da poterli considerare ormai acquisiti dall'ordinamento giuridico (6).

(5) Fondamentali appaiono i contributi di MARONGIU G., Il dovere contri-butivo: realizzazioni e prospettive, in Dir. prat. trib., 1989, I, p. 1457 ss.;

MARON-GIU G . , Il principio di capacità contributiva nella giurisprudenza della Corte costi-tuzionale, in Dir. prat. trib., 1985, I. p. 6 ss.; DE MITA E., Parità di trattamento e ricerca di principi generali del diritto tributario, in questa Rivista, 1976, II, p.

163 ss.; MOSCHETTI F., Il principio della capacità contributiva, Padova, 1973;

MAFFEZZONI F., Il principio di capacità contributiva nel diritto finanziario,

Tori-no, 1970; GAFFURI F., L'attitudine alla contribuzione, Milano, 1969; MICHELI

G . A . , Capacità contributiva reale e presunta, in Giur. cost., 1967, pp. 1525-1548;

MANZONI I., Il principio della capacità contributiva nell'ordinamento costituziona-le italiano, Torino, 1965; GIARDINA E., Le basi teoriche del principio di capacità contributiva, Milano, 1961.

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Ora, sul piano metodologico, tale precisazione impone di consi-derare la problematica dell'introduzione di criteri di tassazione for-fetizzati, oltre che in una prospettiva economico-finanziaria (volta a coglierne le ragioni e i vantaggi) (7), anche in una prospettiva giuri-dico-costituzionale (volta a coglierne la compatibilità, ovvero il con-trasto, con la Carta costituzionale).

In altri termini, non basta chiedersi « perché » possa essere preferito un sistema forfetizzato, ma bisogna anche (e prima anco-ra) chiedersi « se » un siffatto sistema sia compatibile con i principi costituzionali (8).

Solo la duplicità di tale approccio consente di calare nella real-tà italiana del dopoguerra le teorie formatesi sull'argomento, poi-ché, se è vero che la comunità internazionale ha raggiunto un note-vole grado di omogeneità economico-finanziaria, è altrettanto vero che tale processo non è stato accompagnato da una parallela inte-grazione delle fonti costituzionali.

Accade pertanto che in due distinti ordinamenti possano coin-cidere la struttura produttiva, le esigenze dell'Amministrazione fi-nanziaria, gli obiettivi di politica legislativa, ecc.; ma che soltanto per uno di essi operi un precetto costituzionale a contenuto vinco-lante come l'art. 53 Cost.

giuridicamente errato sostenere che il concetto di capacità contributiva si preste-rebbe alle più svariate connotazioni, tanto da escluderne ogni valore contenutisti-co aprioristicamente definibile, secontenutisti-condo una prospettazione cara agli studiosi dei fenomeni finanziari. Per tutti vd. STEFANI G., Economia della finanza pubblica,

Padova, 1987, p. 140 ss.; STEVE S., Lezioni di scienza delle finanze, Padova,

1976, p. 248 ss.

(7) Cfr. COSCLANI C., Scienza delle finanze, Torino, 1977, pp. 538-539,

ove si evidenziano i « motivi di opportunità economica ed amministrativa » che nel contingente possono indurre la classe dirigente ad abbandonare per qualche categoria di reddito la base effettiva, per commisurare l'imposta sul reddito me-dio, ordinario e normale.

(8) Cfr. MOSCHETTI F., La tassazione del reddito normale: lineamenti co-stituzionali, Relazione al Convegno di studio sul tema « Reddito effettivo o

reddi-to normale », tenureddi-tosi a Roma il 3-4 otreddi-tobre 1989. È proprio questa impostazione metodologica a portare MAFFEZZONI F. (Il principio di capacità contributiva nel diritto finanziario, cit., p. 117) ad escludere l'acritica recepibilità degli studi

finan-ziari in sede giuridica: « La discriminazione dei sopraredditi rispetto ai redditi normali è un tema largamente trattato dalla dottrina finanziaria e risolto in vario senso ma con argomentazioni che non possono essere qui utilizzate, almeno in gran parte, in quanto si svolgono sul piano dell'opportunità della discriminazione in generale e non sul piano della sua necessità ai fini dell'attuazione del principio costituzionale di capacità contributiva, così come inteso in questo studio ».

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Come può d'altronde verificarsi (ed è l'esempio italiano) che un sommovimento istituzionale comporti modifiche di natura costi-tuzionale, alla luce delle quali deve essere riletta la dottrina dell'e-poca precedente (9).

Di qui l'impossibilità di astrarre nel prosieguo della trattazione dai contenuti giuridici che il principio di capacità contributiva è an-dato acquistando.

3. Di qui l'ineludibilità dell'art. 53 Cost. e del principio di capaci-tà contributiva.

In estrema sintesi, la capacità contributiva di un soggetto è espressa dalla forza economica, qualificata sotto il profilo quantita-tivo e qualitaquantita-tivo, che viene manifestata (principalmente) dal reddi-to che egli possiede.

La Corte costituzionale ha chiarito che per « capacità » si in-tende un'idoneità effettiva ed attuale e che l'attitudine a contribui-re non può essecontribui-re meramente fittizia (sent. n. 200/1976) (10).

Se ripercorriamo i quarant'anni di giurisprudenza della Corte ci imbattiamo in altre decisioni (11) in cui il principio è stato (sia pur implicitamente) ribadito (12), talora con esiti che hanno segna-to tappe ssegna-toriche dell'ordinamensegna-to tributario (vd. in materia di cu-mulo legale dei redditi coniugali: sent. n. 179/1976) (13).

(9) Ciò vale, in particolar modo, per le teorie di EINAUDI L., compiuta-mente enunciate nell'opera Miti e paradossi della giustizia tributaria, Torino,

1938 (vd. particolarmente pp. 9, 203-204, 250-251, 258-261, 265-274), alle quali si richiamano gli Autori contemporanei più sensibili alla problematica (tra cui quelli

citati infra, nota 36). .

(10) Corte cost., 28 luglio 1976, n. 200, è in DE MITA E., Fisco e Costitu-zione (I, 1957-1983), Milano, 1984, pp. 483-490. Vd. altresì infra, nota 72.

(11) Così Corte cost., 26 giugno 1965, n. 50 (in DE MITA E., Fisco e Costi-tuzione, cit., pp. 206-211), anticipava come « se per capacità contributiva deve

intendersi l'idoneità soggettiva all'obbligazione di imposta, rilevata dal presuppo-sto al quale la sua prestazione è collegata (sentenza 16 giugno 1964, n. 45, in DE MITA E., Fisco e Costituzione, cit., pp. 186-192), non appare contestabile che il

riferimento di quel presupposto alla sfera dell'obbligato deve risultare da un col-legamento effettivo, e che ad un indice effettivo deve farsi capo per determinare la quantità dell'imposta che da ciascun obbligato si può esigere ».

(12) Sulla necessità che la « forza economica » del soggetto superi la soglia del minimo vitale, discrezionalmente (ma ragionevolmente) stabilito dal legislato-re, perché sorga in senso proprio una « capacità contributiva », vd. Corte cost., 10 luglio 1968, n. 97, in DE MITA E., Fisco e Costituzione, cit., pp. 273-278.

(13) Corte cost., 15 luglio 1976, n. 179, è in DE MITA E . , Fisco e Costitu-zione, cit., pp. 455-476.

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Anche più di recente, in un clima portato a lasciare ampi spazi alla « discrezionalità del legislatore » (14), la Corte non ha affatto contraddetto il suo insegnamento al quale anzi ha dato applicazione in tema di contributi per il servizio sanitario nazionale (sent. n. 431/1987) (15) e di accertamento sintetico del reddito complessivo delle persone fisiche (sent. n. 283/1987) (16).

La stessa giurisprudenza della Corte di cassazione registrabile sulla dibattuta questione della traslazione convenzionale dell'impo-sta si predell'impo-sta ad un significativo parallelismo nella parte in cui si av-vale di argomenti riconducibili ai principi contenuti nell'art. 53 Co-st. per escludere la liceità del così detto « accollo » d'imposta ovve-ro limitarne gli effetti al campo extrafiscale (17).

(14) Per una panoramica d'insieme cfr. BEGHIN M . , Questioni costituziona-li in materia tributaria tra la fine del 1988 e l'inizio del 1989, in Rass. trib., 1989,

II, pp. 801-825; SCHIAVOLIN R . , Il * new deal » della Corte costituzionale, in Rass. trib., 1988, II, p. 504 ss.; MARONGIU G . , Il principio di capacità contributi-va nella giurisprudenza della Corte costituzionale, cit., p. 6 ss.

(15) Infatti, con sentenza 28 ottobre-3 dicembre 1987, n. 431 (in Giur. co-st., 1987, I, pp. 2914-2931), la Corte ha dichiarato incostituzionali, sia pure

limi-tatamente al profilo della violazione del principio di uguaglianza (e ciò sul presup-posto — a nostro avviso errato e contraddittorio rispetto all'orientamento in altri casi seguiti dalla medesima Corte — che trattandosi di entrate in senso proprio « contributive » non troverebbe applicazione l'art. 53 Cost.), le norme che impo-nevano tassativamente una contribuzione minima, senza alcuna possibilità di pro-va contraria del minor reddito effettivo ai fini dell'applicazione dell'aliquota con-tributiva percentuale. Vale riferire testualmente il pensiero del Supremo Conses-so per le evidenti analogie della fattispecie esaminata con la problematica in trat-tazione: « Il disposto sembra riposare, col presumere in via assoluta una realtà di reddito eventualmente minore o addirittura inesistente su di una situazione so-vente fittizia, se si ha riguardo particolarmente a quei soggetti giovani agli inizi di attività professionale — pressoché privi di cespiti. In ogni caso, in un meccanismo modellato sul reddito complessivo denunziato "ai fini dell'Irpef", quanto descritto può portare a prelievi difformi, per uno stesso soggetto, a seconda del reddito ef-fettivamente prodotto (per l'obbligo tributario) e del reddito presunto (per la con-tribuzione sanitaria). Ne risulta palmare e incoerente la disorganica enunciazione. La questione va accolta per la parte in cui la norma non consente — a fronte della forza probante, imposta in astratto dalla norma — la prova contraria ». Sull'argo-mento vd. LORENZON G., Il contributo per le prestazioni del servizio sanitario na-zionale, in Rass. trib., 1988, I, p. 193 ss.

(16) Infatti, con sentenza 7 luglio-23 luglio 1987, n. 283 (in Rass. trib.,

1987, II, p. 1043 ss.), la Corte ha escluso, sia pure in termini non del tutto appa-ganti, l'illegittimità dell'accertamento sintetico, anche sotto il profilo dell'intangi-bilità del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., sull'assunto che « nessun limi-te è posto dalla normativa impugnata alla prova dell'insussislimi-tenza degli elementi e circostanze di fatto sui quali si basa l'accertamento induttivo » (recte, sintetico).

Sull'argomento vd. LA ROSA S., Il « redditometro » avanti la Corte costituzionale,

in questa Riinsta, 1987, II, p. 139 ss.

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4. Esso definisce il ruolo, eccezionale o sussidiario, delle