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L’Ulisse ritrovato: il nostos dei migranti e la ricostruzione dell’identità

Giorgio Rini

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Abstract

Il presente lavoro illustra una metodologia di lavoro basata sull’approccio antropologico

all’interpretazione del ruolo che l’istruzione degli adulti nella società globalizzata di oggi può avere. L’apprendimento della lingua italiana da parte dei migranti può diventare l’occasione per accogliere e superare nuove sfi de culturali ed interculturali, attraverso la ridefi nizione di una nuova identità e del ruolo dell’educatore, inteso come insegnante incoraggiante. Il caso presentato è relativo al corso accoglienza presso il CPIA di Terni.

Keywords

Istruzione degli adulti, Viaggio, Identità, Miti, Metodologia

L’Ulisse ritrovato: il nostos dei migranti

Proprio per il rispetto del “dolore del viaggio” molte volte chi insegna avrebbe il dovere di astenersi da una ricostruzione verbale e mentale di questo percorso. Si avverte spesso una certa “resistenza” da parte dei mi- granti nel parlare di come siano arrivati nel nostro Paese. Quello spostamento fisico rimane relegato nel non – tempo della coscienza e riviverlo ed esprimerlo è doloroso.

E allora conviene puntare sul futuro, sul fare dei progetti, sul proiettarsi negli anni a venire, in modo da vedersi realizzati, soddisfatti, in modo da poter aspirare alla realizzazione dei sogni, a cui ciascuno tende.

Ma c’è un particolare che non dobbiamo ignorare in questo processo: si tratta della strutturazione di una nuova identità.

Come ha messo in luce Florian Coulmas (2019), “ogni società costituisce la propria identità e si perpetua mante- nendola e ridefinendola costantemente” (p. 92). Il migrante nel nostro Paese si ritrova a contatto spesso con un sistema culturale e sociale completamente differente rispetto a quello del Paese di origine. Questo muove ad una trasformazione interiore non di poca entità, perché si ritrova a contatto con modelli tutti da scoprire. Un con- fronto fatto di mille significati sicuramente che spinge a reiventarsi, secondo un’evoluzione che dura nel tempo. Quel dolore del viaggio si può rielaborare e per certi versi anche superare facendo affidamento sulla ricostru- zione dell’identità.

L’educazione e l’istruzione degli adulti hanno da questo punto di vista un dovere eccezionale: il riuscire a porsi come un ponte fra un sistema culturale e l’altro, per favorire quel processo di ricostruzione dell’identità molto importante per il migrante.

Non dimentichiamo mai, sulle orme di Eric J. Leed (1991/1992), che, “qualunque sia il livello di ingresso cerca- to dal viaggiatore, l’arrivo è sempre un processo di identificazione” (p. 111). L’istruzione degli adulti migranti, come quella che si attua nei CPIA, non può che promuovere il raggiungimento di questo traguardo.

Viviamo in una società sempre più globalizzata, in cui si pongono delle sfide sempre più complesse. Come pos- siamo aiutare la costruzione di una nuova identità, evitando qualsiasi assimilazione che non sappia valorizzare gli aspetti interculturali, errore che costerebbe tanto nel dare senso ad una vicenda umana di un individuo? I CPIA hanno gli strumenti per riuscire a promuovere un processo di costruzione di una nuova identità anche in una società globalizzata. Uno di questi strumenti che sono da utilizzare è costituito dalla narrazione. È la parola che può salvare l’identità. Ma cosa raccontare di preciso? Più che altro, all’interno dell’azione didattica, gli studenti adulti migranti dovrebbero avere la possibilità di raccontarsi. È così che ci si può confrontare, ci si può esprimere, si possono conoscere le caratteristiche essenziali di una società multietnica.

Molto spesso si promuovono dei confronti molto efficaci fra le tradizioni e la cultura italiane con quelle del Paese di origine. Non ci sono intenzioni di tipo di “nostalgico”, quanto l’obiettivo di acquisire consapevolezza di come una società globale sia necessariamente una società interculturale. Infatti c’è anche un’altra esigenza che è opportuno sottolineare. Noi stessi educatori abbiamo l’opportunità di costruire una precisa identità attraverso il confronto. L’identità è un processo di osmosi: mentre valorizziamo quella dei nostri studenti stra- nieri, definiamo anche la nostra.

È un modo per non cadere vittime di una società che tende ad appiattire, a mettere sullo stesso piano distanze e differenze, come se esse non contassero più, come se non avessero più un intrinseco valore. Perché questo possa realizzarsi occorre riuscire a stabilire fra insegnante e studenti un rapporto di fiducia. Il docente non diventa un esterno che si pone al di sopra della comunità degli studenti. Diventa più che altro un facilitatore, che ha il compito imprescindibile di avviare il processo di apprendimento e di renderlo più semplice.

È questa nuova figura di insegnante facilitatore che può avere un punto di forza nei CPIA. Un facilitatore che crede nel “potere” della parola. Freud in “Introduzione alla psicoanalisi” (1932/2010) afferma che le parole erano originariamente incantesimi e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le

L’Ulisse ritrovato: il nostos dei migranti

parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l’oratore trascina l’uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente.

Le sfide che ci pone la società globalizzata non sono facili da sostenere e da superare e il facilitatore ha proprio il compito di renderle più accessibili anche ai migranti. Il ruolo è quello che Malinowski in Argonauti del Pacifi- co occidentale (1922/2011) definisce come osservatore partecipante, che mira a stabilire un rilevante processo di empatia, da cui possa scaturire appunto un rapporto di fiducia reciproca, che si ponga come la base di at- tuazione del processo di facilitazione.

3. Il corso accoglienza al CPIA di Terni

Propongo il ruolo dell’insegnante incoraggiante, che promuove e facilita il raccontarsi e l’acquisto di una nuo- va identità. Come ha affermato Mariani (2014), la formazione del docente deve essere intesa come processo aperto. Si tratta di rivedere il ruolo del docente del CPIA: come dice Amatori (2019), un insegnante capace di co-costruire contesti di classe inclusivi.

Io stesso, come docente al CPIA di Terni, ho avuto l’occasione di sperimentare tutto ciò all’interno di un corso di apprendimento di lingua italiana destinato ai giovani adulti migranti (anche minori non accompagnati) che abbiamo denominato corso accoglienza.

Abbiamo avuto la possibilità di vedere che per i giovani spesso il processo di resistenza ad aprirsi ad un nuovo contesto culturale può essere considerato più amplificato. Alla base c’è la paura di perdere un’identità ancora in fase di costruzione e non propriamente definita, ma in essere. Per un adulto di una certa età, nonostante ciò che si possa pensare, l’adattamento ad una realtà nuova può suscitare una minore sensazione di diso- rientamento rispetto ai ragazzi. L’adulto avanti con gli anni ha un sistema di valori più definiti, un’identità già consapevole. Per i ragazzi, specialmente per quelli in età adolescenziale, il processo di costruzione naturale dell’identità si trova ad intrecciarsi con quello “condizionato” dal nuovo contesto culturale.

Da questo intrecciarsi possono nascere sensazioni di disorientamento, che spesso i ragazzi sentono il bisogno di colmare condividendo un rapporto di socializzazione con il gruppo dei pari. Per questo abbiamo deciso di mettere insieme, in un unico corso di 200 ore, i giovani adulti, in modo che lo stare in classe diventi anche occasione di relazionarsi con persone della stessa età.

La socializzazione con il gruppo dei pari assume un carattere fondamentale, perché diventa un’opportunità di condividere le incertezze e le perplessità che il nuovo contesto può suscitare nei ragazzi. Inoltre il ruolo dell’insegnante si pone l’obiettivo ancora più specifico di facilitare la crescita individuale degli studenti e del gruppo classe sia dal punto di vista dell’apprendimento della lingua italiana che dal punto di vista di esperienza umana che si può riscontrare.

Spesso le occasioni didattiche sono state progettate proprio in funzione dell’espressività, attraverso il fornire una molteplicità di stimoli di diverso genere.

Le risposte nel tempo sono state molto positive dal corso accoglienza. I giovani adulti hanno spesso trovato un modo per superare la fase iniziale di chiusura, attraverso modi di espressione che ciascuno ha trovato più consoni. 4. Il ruolo dell’insegnante incoraggiante

Sapir e Whorf (2017) si chiedono quale sia il rapporto fra linguaggio, pensiero e realtà. Ed è proprio questa domanda che dovrebbe sempre porsi l’insegnante del CPIA, l’insegnante incoraggiante. Nell’ambito del corso “Accoglienza” al CPIA di Terni ho proposto questo ruolo educativo. Ho voluto che l’insegnante diventasse il punto di riferimento

L’Ulisse ritrovato: il nostos dei migranti

Ho costituito un metodo d’insegnamento basato sull’ascolto attivo e su una sorta di “laboratorio emozionale”, per dare possibilità di rielaborazione al dolore del distacco molte volte inespresso. Un ruolo educativo che si può porre come risolutore nella costruzione e nello sviluppo delle relazioni con gli studenti all’interno del CPIA. 5. È un Ulisse ritrovato?

Si pone, a mio parere, anche l’urgenza di una metodologia innovativa, tramite la quale poter considerare il ruolo dell’istruzione degli adulti migranti nella società complessa.

Si tratta di vedere il viaggio come percorso interiore che ogni migrante deve compiere per ritrovare se stesso, come un percorso da compiere a livello evolutivo che ogni individuo attua per diventare partecipe di un “luogo” di identificazione, che, portando avanti l’opera di un distacco, gli consente di riappropriarsi pienamente di se stesso. Per il migrante il viaggio implica uno spostamento fisico, unitamente al percorso mentale. Come viene affer- mato da Salvatore Nicosia, docente alla facoltà di Lettere dell’Università degli studi di Palermo, in occasione del convegno “Odisseo 2000” (2000): “Le peripezie dell’esistenza, l’arsura di conoscenza, il senso della fami- glia; e ancora, spietatezza e rimorso, astuzia e furberia, sogno e realtà, armonia e caos; fortuna e disgrazia, luce e tenebre, conosciuto e ignoto, donna e sirena, mare piatto e scogli perigliosi: nel percorso esistenziale dell’eroe ateniese c’è tutta la gamma delle emozioni umane”.

Ulisse è un concentrato di umanità, che, nell’ambito dell’istruzione degli adulti, non dovremmo trascurare, se vo- gliamo rispondere con efficacia ad un’azione educativa che vuole affrontare una società di difficile interpretazione, ma che ci dice come, mai come oggi, urge la necessità di riscoprire significati e valori interculturali e universali.

L’Ulisse ritrovato: il nostos dei migranti

Note

1Giorgio Rini è docente CPIA Terni, ambasciatore EPALE Umbria.

Riferimenti bibliografici

Aime, M. (2018). L’isola del non arrivo. Voci da Lampedusa. Torino: Bollati Boringhieri. Allievi, S. (2018). Immigrazione. Cambiare tutto. Bari: Editori Laterza.

Amatori, G. (2019). Cornici pedagogiche per la formazione docente: il ruolo dell’insegnante di sostegno nella co-costruzione di contesti inclusivi. Milano: FrancoAngeli.

Barbujani, G. (2016). Gli Africani siamo noi. Alle origini dell’uomo. Bari: Editori Laterza. Coulmas, F. (2019). Identity: a very short introduction. Oxford University Press.

Freud, S. (2010). Introduzione alla psicoanalisi: tutte le lezioni. Roma: Newton Compton (Original work publi- shed 1932).

Geda, F. (2017). Nel mare ci sono i coccodrilli. Milano: Baldini&Castoldi.

Leed, E. J. (1992). La mente del viaggiatore: dall’Odissea al turismo globale. Bologna: Il Mulino (Original work published 1991).

Malinowski, B. (2011). Argonauti del Pacifico Occidentale. Torino: Bollati Boringhieri (Original work publi- shed 1922).

Marfè, L. (2012). Sulle strade del viaggio. Nuovi orizzonti tra letteratura e antropologia. Milano-Udine: Mi- mesis Edizioni.

Mariani, A. (2014). L’orientamento e la formazione degli insegnanti del futuro. Firenze: Firenze University Press.Rigon, G., & Mengoli, G. (2013). Cercare un futuro lontano da casa. Storie di minori stranieri on accompa- gnati. Lucca: EDB.

1. Introduzione

Il Curriculum formativo per le comunità locali è stato messo a punto in otto passi, volti sia ad esplorare le più recenti esperienze a livello internazionale, che a coinvolgere direttamente i gruppi target della formazione. Otto passi hanno portato il Team internazionale (di circa 30 persone) alla realizzazione del Curriculum per l’educazione degli adulti:

1. l’analisi di 70 pubblicazioni internazionali sul tema dell’abitare e del disagio mentale.

2. La realizzazione di 24 focus group (250 soggetti): incontri realizzati per dare voce ai gruppi target, per rac- cogliere alla fonte opinioni ed esperienze sull’abitare.

3. La stesura in cinque lingue dell’ebook, dal titolo: “Housing e salute mentale. Indicatori di qualità ad uso delle comunità locali”.

4. La realizzazione dell’indagine internazionale sui bisogni formativi dei 4 gruppi target tramite la sommini- strazione e l’analisi di 305 questionari, basati sugli indicatori di qualità raccolti nell’ebook.

5. La messa a punto della struttura e dei contenuti del Curriculum formativo, riprendendo gli indicatori risul- tati maggiormente signifi cativi dall’indagine dei bisogni formativi.

6. La pubblicazione on line, in cinque lingue, del Curriculum formativo per l’educazione degli adulti, correda- ta di materiali didattici, video, linee guida per l’uso.

Accrescere le competenze delle comunità locali