• Non ci sono risultati.

DEGLI ULTIMI SECOLI

Vincenzo Artale1, Salvatore Marullo1, Rosalia Santoleri2

e-mail: vincenzo.artale@enea.it

Parole chiave:circolazione oceanica, clima Mediterraneo, AMO, circolazione termoalina

R

IASSUNTO

Per le sue caratteristiche il Mediterraneo può essere considerato un bacino hot-spot per i cambiamenti climatici. I dati sperimentali raccolti relativi a molti decenni mostrano che la circolazione del Mediterraneo ed i processi di formazione di masse d’acqua sono soggetti a cambiamenti e variabilità molto rilevanti. Il Transiente del Mediterraneo Orientale (Ea-stern Mediterranean Transient, EMT), osservato negli anni ’90, costituisce un’evidente prova diretta di questa variabilità. L’analisi dei dati osservati provenienti dal database MEDAR/MEDATLAS rilevano come vi siano dei cambiamenti sia nella parte interna del ba-cino sia nel flusso di acqua Mediterranea nel Golfo di Cadice. Studi recenti condotti in pros-simità dello stretto di Gibilterra, ed in particolare a Camarinal Sill South, segnalano un ri-scaldamento ed una salinificazione anomale, dai primi anni 2000 ad oggi, corrispondenti a circa 0.3°C e a circa 0.06, rispettivamente. Durante il ventesimo secolo il Mediterraneo si è riscaldato significativamente sia nelle acque profonde che in quelle superficiali. In questo articolo discutiamo la variabilità delle anomalie della temperatura superficiale media annuale (SSTA) osservata negli ultimi 150 anni, stimata usando diversi dataset. Una ca-ratteristica importante della variabilità dell’SST consiste nel fatto che le sue anomalie hanno lo stesso segno in tutto l’Atlantico settentrionale e seguono l’andamento dell’Atlantic Mul-tidecadal Oscillation (AMO). Il seguito di questi studi sarà l’analisi del ruolo del Mediterraneo rispetto alle regioni circostanti, sia nello scenario climatico presente che futuro.

I

NTRODUZIONE

:

LA FISICA DELLA CIRCOLAZIONE MEDITERRANEA

Il Mar Mediterraneo è un mare marginale posto alle medie latitudini con una profondità massima di circa 4000 m (per esempio il sub-bacino ionico) e caratterizzato per uno

1 Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (Enea), Ca-saccia, Roma (Italia)

scambio limitato con l’oceano. Si tratta di un mare semichiuso in cui hanno luogo una vasta gamma di processi fisici e biogeochimici di interesse globale. Le uniche piccole aper-ture sono il Bosforo in Turchia, che connette il Mediterraneo al mar Nero, e lo stretto di Gibilterra, che lo connette all’Atlantico settentrionale. I flussi limitati fanno sì che le masse d’acqua del Mediterraneo abbiano un ciclo di ricambio di 80-120 anni, a seconda della variabilità dei cicli idrologici, un tempo comunque molto inferiore rispetto al tempo medio di residenza dell’oceano globale, che è dell’ordine di migliaia di anni. Quindi, tutto ciò che fluisce nel Mediterraneo, attraverso il bacino imbrifero dei maggiori fiumi e dai piccoli ru-scelli, o anche come run-off, risiede nel bacino per diverse decadi. Sul Mediterraneo si af-facciano 21 paesi, nella cui area costiera abitano più di 100 milioni di persone, ed è un’area caratterizzata dalla presenza di grandi industrie che fiancheggiano porti e specchi d’acqua. L’inquinamento proveniente da terra è quindi rilevante. Se a questo aggiungiamo l’inquinamento marino generato dalla massiccia industria mercantile, come pure dalla dif-fusione di specie invasive che hanno spesso generato dei disastri in alcuni suoi ambienti, è facile capire perché il Mediterraneo sia uno dei mari più inquinati nel mondo e vulnera-bile ai cambiamenti climatici, tanto che in diversi lavori è definito un “hot spot” (N.d.T.: “Punto caldo”, inteso come luogo dove i fenomeni in atto sono particolarmente rilevanti e quindi il loro studio merita estrema attenzione; Giorgi, 2006). Il Mediterraneo è com-posto da due sotto-bacini di simili dimensioni, l’occidentale e l’orientale, separati dal poco profondo e stretto Canale di Sicilia (Figura 1). Il Canale di Sicilia ha un ruolo importante per lo scambio di masse d’acqua, e sulle loro proprietà fisiche e biogeochimiche, fra i

Figura 1. Principali componenti della circolazione mediterranea: in giallo l’acqua atlantica che entra nel Mediterraneo (Modified Atlantic Water, MAW), corrente che dà vita alla circolazione mediter-ranea; in rosso l’acqua intermedia che si origina presso il ciclone di Rodi e lungo la costa turca; in-fine, in blu la traiettoria dell’acqua profonda che si genera nel Golfo del Leone e nell’Adriatico me-ridionale. Queste traiettorie rappresentano la circolazione termoalina mediterranea (Figura tratta da Pinardi e Mosetti, 2000).

ATLANTIC WATER STREAM

(AW)

GULF OF LIONS

DEEP WATERS ADRIATIC

DEEP WATERS

LEVANTINE INTERMEDIATE WATER (LIW) FORMATION

LIW GIBRALTAR

sotto-bacini orientale ed occidentale. La circolazione del Canale è caratterizzata da una corrente superficiale (Modified Atlantic Water – MAW, 0-100 m), identificata dal minimo di salinità sempre presente lungo il flusso serpentiforme che entra da ovest per dirigersi verso lo Ionio, formando l’Atlantic Ionian Stream (AIS). La corrente più profonda (> 250 m) si chiama Levantine Intermediate Water (LIW), identificata da un massimo di salinità, presente tutto l’anno e considerata come una caratteristica tipica della struttura idrolo-gica del Canale (Napolitano et al., 2003). Un altro fondamentale fattore che limita la cir-colazione mediterranea è lo Stretto di Gibilterra, dove acqua superficiale atlantica relati-vamente più dolce fluisce nel Mediterraneo, rimpiazzando sia l’acqua evaporata che l’acqua mediterranea più densa e salata che fuoriesce nell’Atlantico. Lo strato d’acqua atlantica entrante ha uno spessore di circa 100-200 m e scorre verso Oriente, cam-biando progressivamente le sue proprietà idrologiche, riscaldandosi e diventando più sa-lata a causa dell’interazione aria-mare e del mescolamento con l’acqua superficiale del Mediterraneo, che è più salata (MAW). Nel bacino orientale durante l’inverno si forma la LIW che è relativamente più calda e salata. Questa massa d’acqua circola sia attraverso il bacino orientale che occidentale in una modalità generalmente ciclonica, si mescola con altre masse d’acqua e alla fine raggiunge l’oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibil-terra. La LIW di solito è osservata fra 200 e 800 m di profondità. L’acqua profonda nel Mediterraneo si forma in diversi siti: nel Golfo del Leone (bacino occidentale), nell’Adria-tico meridionale, nel bacino levantino nord-orientale e nell’Egeo (Roether et al., 1996), dove negli anni ’90 è stata osservata una produzione anomala di acqua profonda (Eastern Mediterranean Transient - EMT). I recenti miglioramenti nella comprensione della circo-lazione mediterranea sono dovuti sia a programmi sperimentali che a lavori di modelli-stica. La circolazione del bacino è caratterizzata dalla presenza di vortici a livello di sotto-bacino, elevata variabilità a mesoscala ed un forte segnale stagionale. Si osserva anche una certa variabilità interannuale, dovuta principalmente alla variabilità interannuale della forzante atmosferica. Una rappresentazione della circolazione generale del bacino occi-dentale basata su dati sperimentali può essere trovata in Send et al. (1999), mentre per il bacino orientale si consulti POEM Group (1992) e Malanotte-Rizzoli et al. (1999). Sono stati realizzati diversi studi numerici sulla circolazione generale del bacino. I risultati dei modelli numerici regionali di Roussenov et al. (2005) e Artale et al. (2002) sono in buono accordo con le caratteristiche note della circolazione generale del bacino. Negli ultimi venti anni sono stati sviluppati diversi Modelli Climatici Regionali (Regional Climate Models - RCM) per l’area mediterranea, allo scopo di risolvere, rispetto ai modelli climatici glo-bali, i fenomeni fisici a scala locale e produrre informazioni a scala fine in merito ai cam-biamenti climatici a livello regionale, utili per la relativa valutazione dell’impatto e studi di adattamento (Artale et al., 2009).

I

MPORTANZA DEL

M

EDITERRANEAN

O

VERFLOW

W

ATER

(MOW)

PER LA CIRCOLA

-ZIONE OCEANICA GLOBALE

Attualmente il Mediterraneo produce delle acque dense, calde e salate rispetto a quelle del Nord Atlantico che fluiscono attraverso Gibilterra nell’Atlantico settentrionale. Il flusso è di circa 1 Sv di acqua, che può essere oltre 5°C più calda dell’acqua nord-atlantica alla

stessa latitudine e profondità, e più salata di oltre 1 psu. Dopo essersi rimescolata con le masse d’acqua circostanti, la MOW si stabilizza a circa 1000 m di profondità (Reid, 1979).

La diffusione dell’anomalia di salinità associata alla presenza della MOW è stata oggetto di molta attenzione in passato, ma rimangono ancora grandi incertezze. Un contributo alla salinità media dell’oceano equivalente a quello della MOW sarebbe ottenuto appli-cando all’Atlantico settentrionale l’evaporazione netta osservata nel Mediterraneo. Le at-tuali stime del bilancio d’acqua dolce dell’Atlantico settentrionale sono piuttosto incerte, variando da 0.2 a 0.8 Sv di perdita netta, a Nord di 30° S. La corrispondente stima del deficit d’acqua mediterranea varia da 378 a 950 mm/anno, quindi ha un grande errore associato (Mariotti et al., 2002). Assumendo un’area di 2.5 1012m2, questi valori corri-spondono a 0.03-0.08 Sv di evaporazione netta. Quindi il contributo del flusso di acqua in uscita dal Mediterraneo al bilancio di acqua dolce dell’Atlantico settentrionale può es-sere stimato attualmente fra il 4 ed il 40%. Questa grande incertezza è impressionante, e significa che non conosciamo con precisione una delle caratteristiche più importanti del sistema climatico, ovvero il bilancio idrologico dell’Atlantico settentrionale (Rahmstorf, 1996).

L’Atlantico settentrionale e il Mediterraneo possono quindi essere visti come un si-stema unico, le cui dinamiche “interne”, regolate dagli scambi allo Stretto di Gibilterra, sono ancora piuttosto sconosciute. Artale et al. (2002) e Calmanti et al. (2006), usando i risultati ottenuti da un gruppo di modelli oceanici numerici, hanno studiato la diffusione della MOW nell’Atlantico settentrionale e il suo potenziale contributo alla va-riabilità della circolazione meridionale dell’oceano in generale e dell’Atlantico settentrio-nale in particolare.

C

AMBIAMENTO

,

ANDAMENTI E VARIABILITÀ DELLE MASSE D

ACQUA MEDITERRANEE

Tendenze e variabilità della SST mediterranea negli ultimi 150 anni

In questo paragrafo analizziamo la lunga serie storica di dati della SST del Mediterraneo. L’anomalia della temperatura superficiale annuale (SSTA) durante gli ultimi 100-150 anni può essere stimata usando diversi dataset. Fra i molti, quelli maggiormente usati sono il dataset dell’Extended Recontructed SST (ERSST.v3), dal 1854 ad oggi (serie temporali mensili a 2°C di risoluzione) ed il dataset dell’Hadley Centre Sea Ice e il Sea Surface Tem-perature dataset (HadISST), dal 1870 ad oggi (serie temporali mensili a 1°C di risolu-zione) (Rayner et al., 2003).

La Figura 2 mostra il risultato dell’analisi della SST, la cui peculiarità è rappresentata dalla presenza anche in Mediterraneo di un periodo di circa 70 anni simile all’AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation), fenomeno di solito osservato solo nell’oceano Atlantico. Le fasi calde (anomalie positive rispetto alla media 1971-2000) si sono verificate nei periodi 1860-1880, 1925-1970 e dal 1985 ad oggi, mentre le fasi fredde si sono verificate nei periodi 1880-1925, 1970-1985 e presumibilmente prima del 1860. È noto che l’AMO fu definito per la prima volta da Enfield et al. (2001) come le anomalie della SST (cui è stato sottratto il trend) mediate sull’Atlantico settentrionale da 0 a 70° N. Ciò ha per-messo di identificare un importante tipo di variabilità su scala multidecennale, con un ciclo

di circa 70 anni. Fra i vari fenomeni climatici, l’AMO è quello che negli ultimi tempi ha ri-cevuto maggiore attenzione ed è stato identificato come un importante elemento di va-riabilità a causa del suo ruolo chiave sulla vava-riabilità climatica a scala lunga come quella analizzata in questo lavoro.

Inoltre, l’analisi spettrale evidenzia 5 picchi che soddisfano il test di rilevamento armonico al 90% e che sono significativi anche rispetto al rumore rosso nello spettro. In aggiunta la banda di bassa frequenza che mostra il picco a 73 anni riferito all’AMO, include anche 4 alte frequenze che hanno il picco a 6.3, 3.9, 2.8 e 2.2 anni. I picchi di alta frequenza sono molto vicini alla scala preferita di variabilità quasi-biennale e di bassa frequenza del-l’El Niño Southern Oscillation (ENSO).

Cambiamento delle caratteristiche fisiche mediterranee negli ultimi 50 anni ed il loro impatto nell’Atlantico settentrionale

Se consideriamo gli ultimi 50 anni sono disponibili più dati per l’intera colonna d’acqua, quasi regolarmente distribuiti nello spazio e nel tempo in tutto il Mediterraneo. Quindi, usando questi dataset possiamo ottenere risultati più attendibili e robusti. Molti lavori hanno segnalato il rilevante riscaldamento della superficie (Marullo et al., 2009) e dello strato intermedio, ma soprattutto la tendenza al riscaldamento dello strato d’acqua pro-fondo (Rixen et al., 2005). In particolare nel Mediterraneo occidentale il contenuto ter-mico e salino sono aumentati quasi regolarmente durante gli ultimi 50 anni, con possibili contributi dovuti all’effetto serra, quali il decremento delle precipitazioni dagli anni ’40 (Be-thoux et al., 1998) con le riduzioni del flusso di acqua dolce indotte dall’uomo per motivi

Figura 2. Comportamento della SST mediterranea dal 1854 ad oggi, secondo un’elaborazione ba-sata su tre diversi dataset (Marullo et al., 2009).

Med SST Anomaly Relative to 1961-1990