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ultimo, fra i bambini, la fascia di popolazione sicuramente più esposta«»»), di tutte le malattie

esantematiche«»». Con carattere endemico si manifestano,

inoltre,

escludendo

gli

episodi

di

colera«*»),

il

19) Si vedano in proposito gli studi di V. ADORNO, La mortalità infantile nella città di Trento (1847-1857) e di R. G. TONON, La mortalità infantile in una zona rurale del Trentino. Il Decanato di Rovereto (1843-1883-1903) entrambi comparsi sugli "Annali di San Michele", n. 1, 1988, rispettivamente alle pp. 171-198 e 155- 170. Più recente la tesi di laurea di C. GIRARDI, La mortalità infantile nel Decanato di Rovereto durante la seconda dominazione Asburgica (1814-1918), Università degli Studi di Trento, Facoltà di Sociologia, a.a. 1988/1989.

Alle cause di malattia e mortalità nei bambini dedicava alcuni suoi appunti S. ZANIBONI, Appunti intorno alcune cause di malattie e di mortalità dei bambini del dottor Silvio Zaniboni, Rovereto, Sottochiesa, 1873.

20) I prospetti degli ammalati trattati nell'anno militare 1843/44 nel territorio del Fisicato Distrettuale di Tione elencano, ad esempio, le seguenti infermità: "Meningiti, Rachialgiti, Encefaliti, Apoplessie, Ottiti, Glossiti, Angine, Laringiti, Tracheiti, Adeno=tracheiti, Bronchiti, Adeno=Bronchiti, Pleuriti, Pneumoniti, Carditi, Pericarditi, Epatiti, Spleniti, Nefriti, Cistiti, Netriti, Orchiti, Peritoniti, Angioiti, Flebiti, Gastriti, Gastro enteriti mucose, Enteriti e Coliti, Resipole, Tisi, Artriti e Podagre, Miositi, Nevrilimiti e Nevriti, Pellagre e morbi sordidi cutanei. Emorroidi, Linfangisiti, Sifiliti, Febbri intermittenti. Morbilli, Scarlattina, Vaiuolo modificato. Malattie chirurgiche diverse" (AST, Capitanato Circolare di Rovereto, Sanità, 1840, cart. 350).

21) Il colera, che esordì in Europa proprio nella prima metà del secolo XIX, si affacciò in Trentino nel 1836 dove si manifestò per la prima volta nel paese di Breguzzo - Giudizio Distrettuale di Tione - il 21 giugno. Fu quindi dichiarato estinto il 5 novembre dello stesso anno (TLAI, Jüngeres Gubernium, Sanität, Cholera-Kommission, 1831-1836, fasz. 2460, Colera Hauptbericht). Particolarmente colpita fu la zona di Mezzolombardo (cfr. F. FILOS, Notizie storiche di Mezzolombardo. Mezzolombardo, 1912, pp. 169-179), mentre indenni restarono le valli di Fiemme e Fassa (cfr. A. ZIEGER, il "Cholera morbus" del 1836 nella Venezia Tridentina, Trento, Artigianelli, 1937).

L'epidemia del 1836 causò complessivamente nei due circoli di Trento e Rovereto 5746 morti, pari ad oltre il 2% della popolazione e segnò sicuramente, nella storia di questa malattia in Trentino, l'episodio più grave di tutto il secolo. Si può affermare, infatti, pur in mancanza di dati globali, che gli episodi del 1849 e del 1855 non ebbero sulla popolazione un incidenza altrettanto negativa. Vi è sì l'esempio di Vigolo Vattaro dove morirono nel 1855 49 persone, pari a circa il 9.8% della popolazione (cfr. G. OLMI, Malattie e condizioni di vita..., cit., p. 115), ma già nel caso di Besenello in questo stesso anno il numero dei morti fu di

35 rispetto ai 95 della precedente epidemia e su una popolazione, pressoché invariata, di circa 1300 persone (cfr. R. TAIANI, Assistenza sanitaria, condizioni igieniche e personale medico

a

Besenello nella prima metà del XIX secolo in Besenello: storia e società a cura di Sergio Bernardi, Trento, UCT, 1990, p. 290). In seguito, quindi, fatta eccezione per qualche sporadico caso, il colera non si ripresentò più in regione. Ecco, comunque, secondo la ripartizione per Giudizio, dei morti di colera registrati nel 1836 nei due circoli di Trento e Rovereto (ACAT, Libro B (351) N 357-22) .

CIRCOLO DI TRENTO CIRCOLO DI ROVERETO

Trento città 212 Città-Sacco- Lizzana 465 Trento ville 145 Rovereto-Castellano 416 Trento comuni rurali 283 Ala 495

Primiero 200 Tione 174

Strigno 209 Mori 209

Borgo 42 Stenico 204

Levico 18 Condino 30

Pergine 31 Cailiano 187

Civezzano 167 Val di Ledro 11

Vezzano 337 Arco 473 Lavis 221 Nogaredo 471 Mezzolombardo 511 Riva 147 Cles 10 Malé 6 Cavalese Fassa TOTALE 2466 TOTALE 3282

Le cifre per l'intero Tirolo (con una discordanza di due unità sul totale del due circoli di Trento e Rovereto), esposte nell’ordine dei colpiti, dei defunti e dei risanati, evidenziano, infine, la diffusione del colera soprattutto nella parte "italiana" della provincia (TLAI, Jüngeres Gubernium, Sanität. Cholera-Kommission. 1831-1836, fasz. 2460, Colera Hauptbericht):

colp. m f b T Rov. 9278 Tren. 2793 2936 5729 Bolz. 2767 3790 409 6966 Brun 111 166 277 Brun 187 Imst 498 643 1141 TOT 6169 7535 409 23578 morti m f b T 3280 1256

1210

2466 497 787 100 1378 24 34 58 38 94 97 191 1871 2128 100 7411 guar. m f b T 5998 1537 1726 3263 1900 3409 279 5588 87 132 219 149 404 546 950 3928 5813 259 16167

tracoma*«», il tifo««», il vaiolo««» e la pellagra«»». Una

storia

tutta

a

sembra

invece

registrare

la

cosiddetta "peste falcadina"«2«».

(Legenda: m = maschi, f = femmine, b = bambini)

22) Il 14 giugno 1825 il medico-chirurgo Giuseppe Maria Canella denunciava il perdurare, oramai da tre anni, di un*epidemia "oftalmica" nel distretto di Borgo. Pochi giorni prima lo stesso Canella, il medico distrettuale di Castelnuovo, Francesco Marzari, il medico Carlo Sartorelli di Telve e i chirurghi Giovanni Battista Dal Prato e Giovanni Kofler avevano esposto, in un rapporto dell'8 giugno, le proprie osservazioni sulla malattia, spiegando le cure adottate e le possibili cause.

"Quest'oftalmia - scrive il medico Marzari - invade guasi ad un tratto gli occhi di quelli che ne vanno soggetti; essa affetta la congiuntiva tanto guella che si estende sul bulbo dell'occhio, quanto quella che si estende nell'interno della palpebra, osservandosi anche nell'ultimo tempo del male qualche bitorzoletto nella congiuntiva di dette palpebre. Quest'oftalmia non soffre nella sua cura astrinzenti, o soglienti colliri ma vuol essere trattata con colliri demulcenti. Non soffre la detta grandi emissioni di sangue, ma basti qualche applicazione di sanguisughe. Si osservò che la detta per guanto forte sia stata in qualche individuo non portò mai a far suppurare l'occhio, ne si sa, che vanno ambliossia, ossia debolezza di vista per qualche tempo, dopo lasciasse altre funeste conseguenze. Sul riflesso che è già da tre anni, che regna invadendo famiglie intiere e mostrandosi in diversi tempi dell'anno, io movo il dubbio che possa per via d'infezione portarsi dall'uno all'altro individuo tanto più, che si osserva qualche sintomo ad essa particolare, non ardisco però di dar deciso giudizio che la dichiari contagiosa, ben sapendo, che anche per puro epidemico non contaggioso difetto dell'atmosfera può estesamente regnare un male d'occhi, che invada molti individui. Il lungo tempo però, che scorse già dal principio che si manifestò questa malattia parrebbe piuttosto di favorire l'opinione che si porti da un soggetto all'altro, poiché le epidemie non contaggiose costituzioni dell'aria non sogliono per diversi anni e per varie stagioni dell'anno tormentare le popolazioni" (TLAI, Jüngeres Gubernium, Sanität, 1825, fasz. 2446, z. 7069).

La diffusione in altre province dell'Impero di questa malattia è testimoniata da un atto dell'1 agosto 1823 con cui il Governo provinciale comunicava a tutte le autorità politiche periferiche che la Ophtalmia contagiosa, manifestatasi già da lungo tempo nel Distretto di Klagenfurt, si era estesa al Distretto di Greifenburg nel territorio del Governo di Lubiana (Foglio Uffiziale del Privilegiato Messaggere Tirolese, 1823, n. 22, 15 agosto, pp. 55-56).

23) Secondo quanto raccolto dal Corradi, il tifo era comparso in regione già sette volte fra la metà del Cinquecento e l'inizio dell'Ottocento (cfr. A. CORRADI, Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850 compilati con varie note e dichiarazioni, Bologna 1865-1892 (rist. anast. Bologna, Forni,

1972-73), 5 w .). Fra questi l'episodio più grave fu forse rappresentato da quello del 1796-1797, anno in cui morirono nella sola città di Trento e suoi dintorni, secondo una stima del medico Giuseppe Lupis del 1832, più di 10000 persone fra soldati francesi e civili (cfr. A. BERTOLUZZA, Napoleone a Trento- Buonaparte al BuonconsigIio, Trento, Temi, 1970, p. 150). A questa epidemia, di cui esiste una descrizione fatta dal medico Gaetano MARCABRUNI, Observationes de febri putrido- contagiosa qrassante ad confines Italiae annis 1796 et 1797, Trento, G.B. Monauni, 1798, seguirono successivamente gli altri episodi del 1804, del 1816-17 e via via, in forma pressoché endemica, di tutto il secolo XIX. Nell'arco di una sessantina d'anni dal 1850 al 1910 morirono per sua causa nel solo Distretto di Trento ben 3.424 persone il che non lascia dubbi sul numero di gran lunga più elevato dei colpiti (cfr. G. OLMI, Malattie e condizioni di vita.... cit., p. 107).

24) Anche il vaiolo sembra manifestarsi per gran parte dell'Ottocento con carattere endemico. Numerosi, infatti, sono gli episodi narrati nelle cronache sanitarie del periodo (cfr. G. OLMI, Malattie e condizioni di vita..., cit., p. 116). Fra tutti, comunque, quello forse più grave per la sua estensione e per il numero dei colpiti fu l'epidemia del 1831, guando nella sola Rovereto si verificarono 629 casi su circa 8000 abitanti con un totale di 104 decessi (cfr. "Il Messaggiere Tirolese", n. 89, 8 novembre 1831, p. 4).

25) Si può affermare che la prima registrazione ufficiale della pellagra in Trentino risalga al 1791 quando fu annotata come causa di morte nel registro dei decessi del comune di Pomarolo (J.H. RILLE, Aus der Geschichte der Pellagra im SudtiròI und in der Lombardei zugleich ein Beitrag zu Goethes italienischen Rei se in "Gesnerus", 1948, n. 5, pp. 120-121).

Sembra, tuttavia, che la percentuale dì pellagrosi abbia assunto dimensioni rilevanti, indipendentemente da ogni valutazione sulle capacità dì diagnosi, solo a partire dalla seconda metà del secolo XIX. Al dì là, infatti, dei pochi casi segnalati sul finire del Settecento dal medico fassano Michele Camini (cfr. Contributo alla storia della Pellagra nel Trentino in "Bollettino dell'Associazione medica trentina", anno XLV (1930), n. 1, pp. 27-33) e alcuni anni dopo dal medico rivano Benigno Canella, la stessa indagine promossa dal Governo Provinciale nei primi mesi del 1822 fra i medici "più accreditati", per stabilire il grado di diffusione e i possibili metodi di cura del Male salso, non forni dati particolarmente preoccupanti.

"Richiedendosi notificazioni - scrive, ad esempio, in una delle risposte superstiti il medico Michele Gabrielli - sulla pelagra, morbo che da parecchi anni in queste parti si va propagando, l'infrascritto Medico Fisico con tutto il rispetto insinua, qualmente è stato per lo spazio dì ventidue anni in Italia, ove né in Patria, né in Bologna frequentando li pubblici Ospedali, neppure in Roma ove è stato per più anni Medico Assistente nell'Areiospedale dì S. Giovanni in Laterano; né per il tratto di dodici anni, nei quali è stato medico condotto Primario specialmente in tre città dello Stato Pontificio, mai ha osservato sìmìl malore.

Solamente doppo il dì esso ritorno in Patria già da alcuni anni sì sono presentati circa sette attaccati da questo male (povera miserabile gente di campagna) per

consultarlo, ai quali ha ordinato, quanto in una visita transitoria si è stimato opportuno, non avendoli più veduti, e formalmente non ne ha curato veruno, né fuori, né in città, sebbene sìa stato per undici anni Medico dell'Ospedale tedesco allora separato e poi per altri pochi anni medico dell'Ospedale civile unito, e nissuno altro ne ha veduto con tale malattia, perciò nulla di più positivamente può esporre sul male in questione" (BCT, Archivio Comunale Moderno, 1822, Sanità, cart. nn.).

Solo alcuni decenni dopo, in un articolo comparso in due puntate sulla "Gazzetta di Trento" del 18 e 22 maggio 1858, un anonimo medico condotto di Arco osservava allarmato la crescente diffusione della pellagra anche nei comuni adiacenti alla città di Trento, rimasti fino ad allora praticamente indenni (cfr. Sulla diffusione della pellagra nel Trentino in "Gazzetta di Trento", anno II (1858), n. 93, pp. 1-2 e n. 96, p. 1). Da questo momento, pertanto, in concomitanza con un peggioramento delle condizioni economiche generali, la pellagra aumentò la propria diffusione in tutto il territorio trentino, così come ricostruito da G. OLMI, La pellagra nel Trentino...cit.

26) La malattia chiamata falcadina, ma nota anche col nome di slerlievo o scherlievo, aveva iniziato a manifestarsi, secondo un rapporto del Commissariato Distrettuale di Agordo del 23 aprile 1825, nel 1790 a Palcade, villaggio situato nel Distretto di Agordo. Di qui, successivamente, l'infermità prese a diffondersi anche nelle valli orientali del territorio trentino, interessando in particolare la Val di Fassa. La sua ricomparsa nel Giudizio di Buchenstein nel 1825 convinse le autorità governative del Tirolo ad effettuare alcuni accertamenti per verificare la sua eventuale presenza anche in altre zone della Provincia. Ma in cosa consisteva la cosiddetta peste falcadina?

"Riscontra [il dottor Vallenzasca, direttore dell'Istituto falcadino di Noach, che] la classe inferiore del popolo è la più predisposta a ricevere la malattia, che trova fomite nella poca nettezza e ne trascurati riguardi di precauzione. La rogna sembra che sia il veicolo per cui il contagio si diffonde. Apparisce questa con patule dure, rosse, nella sommità suppuranti e croste, di color rossiccio, che danno fuori nella fronte e in altre parti del corpo. La sua trasfusione si effettua eziandio per via del contatto immediato colle persone affette, che abitano nella stessa casa e dormono nello stesso letto. Oltre a questi mezzi di contatto immediato si può acquistar la malattìa col contatto mediato come sarebbe dormendo nel letto di qualche infetto, usando de medesimi panni ed utensili di cui si servono gli ammalati. Può ancora e più facilmente contraenti la malattia per commercio carnale, ed allora vi sono malo locali alli pudende che passano poscia ad invadere il generale.

Questa malattia, per quanto si può osservare, sembra di qualche anno che si sia resa meno attiva apparendo in alcuni individui con vario aspetto e con ordine diverso di prima.

Diversifica altresì dall'ordinaria lue venerea in quanto che la falcadina si pronuncia coi prodromi della reumataglia coi guasti alla bocca, alle narici, e con eruzione erpetica di macchie rosse piene, di minutissime vescichette che vanno poscia in forfore prediligendo la parte capillata del capo, gli orecchi, il naso, gli occhi, e talvolta ancora l'estremità inferiori.

É difficile al momento, sulla base dei pochi dati

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