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Umma: progetto politico jihadista moderno

1.2 Il Jihad moderno

1.2.1 Umma: progetto politico jihadista moderno

La umma islamica, generalmente definita come la comunità di credenti nell’Islam e nel credo del tawhîd, va oltre la dimensione religiosa basica per includere una dimensione politica. Un primo aspetto per cui la umma acquista connotati politici consiste nel fatto che essa sia l’espressione della solidarietà nazionale di un gruppo o il senso di appartenenza ad una stessa comunità religiosa.

Il noto islamista algerino Muhammad Arkoun (1928-2010), sostiene che la

umma islamica si inscrive all’interno di un preciso “spazio politico e

giuridico” noto come Dâr al-Islâm, ‘Casa dell’Islam’72. Il resto del mondo, invece, la Dâr al-harb o ‘Casa della Guerra’, è al contrario segnato dall’assenza di tawhîd. I termini Dâr al-Islâm e la sua controparte Dâr al-

harb non esistono né nel Corano né negli Hadiîh. Essi vengono coniati dalle

prime scuole di giurisprudenza islamiche (fiqh) per differenziare i territori sotto il controllo degli imperi islamici in cui i musulmani sono al sicuro, dai territori governati da leggi ‘apostate’73

. I concetti di Dâr al-Islâm e Dâr al-

harb compaiono esaustivamente nella letteratura jihadista74. Teorici come ‘Abd al-Salâm Faraj e Adallah Azzâm, usano la suddetta terminologia non

72 M. Arkoun, Op. cit., p. 68.

73 A. Limam, L’Islam et la Guerre, Phoenix Éditions, Tunis 2009, pp. 112-113. 74

Esempi sono due testi di Abdullah Azzâm: Join The Caravan e Defense of Muslim

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solo per interpretare le differenti fasi della fondazione dell’impero islamico partendo dall’era di Muhammad, ma legittimano il jihad come ‘Guerra Santa’ all’interno dei paesi musulmani arabi ora classificati come Dâr al-

harb per la presenza tra essi di regimi secolari antagonisti all’applicazione

della sharî‘a. A tal proposito, Faraj formula i concetto del ‘Nemico Vicino’ e del ‘Nemico Lontano’, operando una divisione strategica del mondo di cruciale importanza in merito al cambiamento di tattica dell’attivismo jihadista delle ultime tre decadi poiché mostrano il passaggio dalla lotta locale a quella globale75.

Un secondo aspetto in base al quale la umma acquista connotazioni politiche è la sua stretta dipendenza dall’esistenza del Califfato, la struttura politica che la unifica, la governa e la protegge. Recep Senturk sostiene che:

Islamic theology and law require that the unity of the umma be reflected not only at the level of ritual but also at the level of social and political organization. The global Muslim community should be under the leadership of a single caliph in both religious and political affairs. However, the vast geographic span of the Islamic world has not permitted such a global unity as a single polity since the first century of Islamic history76.

In termini religiosi, così come in termini politici, niente può unificare la

umma, eccetto l’istituzione del califfato, un’istituzione progettata, in

accordo a quanto sostiene il noto sociologo tunisino Ibn Khaldûn (1332- 1406), a sostituire i ruoli politici, religiosi e giuridici di Muhammad. Il Califfo, secondo tale logica, deve “proteggere la religione ed esercitare la guida politica del mondo”77

. Il ruolo politico del califfato è dunque in funzione al suo incarico religioso in quanto governa la comunità seguendo il modello di Muhammad, ossia applicando la Legge Divina.

Secondo Arkoun la umma, basicamente “un’entità religiosa” i cui membri sono uniti da un rapporto di “fratellanza spirituale” 78

, deve essere protetta

75 H. Redissi, La Tragedie de L’Islam Moderne, cit., p.153. 76

R. Senturk, Muslim Community and Polity, or Ummah, in J. W. Meri (ed.), Medieval

Islamic Civilization Encyclopedia, cit., p. 536.

77

H. H. Liew, Op. cit., p. 111. 78

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da un Califfo il cui ruolo, come successore di Muhammad, consiste nell’assicurarsi che la sharî‘a venga applicata.

Ciò detto, all’interno del discorso politico islamista in generale e di quello jihadista in particolare, il Califfato rappresenta l’unica struttura potenzialmente valida da raccomandare come alternativa islamica al nazionalismo politico degli indipendenti Stati arabi secolari, di cui la Tunisia è un esempio. Sin dalla morte di Muhammad, il Califfato è un’istituzione nazionalista in quanto assorbe le tensioni etniche e i conflitti per il potere insiti nel tessuto sociologico della penisola araba del VII secolo. A tal proposito, Ibn Khaldûn sostiene che l’istituzione del Califfato risponde alla tesa e potente ‘solidarietà di gruppo’ araba, la ‘asabiyya. Le tribù arabe, che conducono ancora una vita nomade nel momento in cui ascende l’Islam, hanno una più forte ‘asabiyya, o solidarietà tribale, che rende la questione del loro governare nel nome del tawhîd un compito difficile per Muhammad prima e per i suoi quattro successori in seguito. Provando il fatto che il nazionalismo fosse insito all’istituzione del califfale, Ibn Khaldûn sostiene che il califfo debba discendere dai Quraish, la tribù con “il più forte spirito di gruppo”79

. In questo il Califfato riesce a soddisfare l’intensità dell’‘asabiyya araba, fornendo, al contempo, alla società tribale araba, una sorta di narrazione ‘nazionalista’ ulteriormente legittimata dal bisogno di unità sulla base religiosa. Non sorprende il fatto che, nella sua prima fase nazionalista, l’attivismo jihadista moderno lotti al fine di stabilire un Califfato all’interno dei propri confini nazionali. Infatti, per i jihadisti, il Califfato, oltre ad essere l’unica istituzione in grado di unificare la umma-nazione, rappresenta l’alternativa purista e divina in grado di porre fine all’esistenza di regimi nazionalisti secolari, apostati e corrotti.

La funzione dell’istituzione del Califfato non ha valore solo all’interno di un discorso nazionalista: in esso è implicita una dimensione transnazionale. La concezione stessa del califfato è sempre associata all’idea di una umma islamica universale. Il Califfo, in altre parole, deve dominare tutti i

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musulmani senza tener conto delle frontiere territoriali, della razza, del colore o della lingua. A tal proposito, Oliver Roy sostiene che:

The principal force of radicalism is that it seeks to give a political form to the concept of Umma, that is, one that encompasses the community of all Muslims no matter what their languages, ethnicity or origin might be. In this way, it goes beyond traditional divisions between Muslims80.

È sulle basi di questa visione universale della umma che i jihadisti contemporanei cercano di riorganizzare la battaglia in termini globali specialmente per il fatto che il ‘nemico vicino’, locale, è protetto e sostenuto dal ‘nemico lontano’, globale, per il quale una comunità islamica divisa e debole serve meglio ai suoi interessi strategici ed economici all’interno della

Dâr al-Islâm. A titolo di esempio Ayman al-Zhawâhirî, nel suo Fursân Tahta Rayat an-Nabî, spiega la necessità di attaccare il ‘nemico lontano’

evidenziando il bisogno di “condurre la battaglia nella terra del nemico in modo tale da bruciare le mani che appiccano il fuoco nelle nostre terre”81

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