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Tra decolonizzazione e Guerra fredda: 1949–1976 167

Nel documento Organizzazione Internazionale del Lavoro (pagine 183-0)

1949–1976

Durante la lunga era di David Morse (1948–1970), l’OIL subì una profonda trasformazione. La Guerra fredda e la decolonizzazione furono le principali forze motrici di questo processo che cambiò il profilo e l’equilibrio di potere all’interno dell’Organizzazione e che diede una svolta a tutte i suoi ambiti d’azione. In questo senso, il 1954 fu un anno significativo. Un anno dopo la morte di Stalin, l’Unione Sovietica ridivenne Stato membro dell’OIL, che, di conseguenza, non poteva più essere considerata un’Organizzazione quasi esclusivamente del blocco occidentale399. Se da una parte questo cambiamen-to “normalizzò” la posizione dell’OIL all’interno del sistema delle Nazioni Unite, dall’altra riportò all’ordine del giorno vecchi dibattiti fondamentali, tra cui quello sulla composizione tripartita dell’Organizzazione. Lo scontro con il modello sociale alternativo del blocco comunista spinse l’OIL ad esamina-re continuamente i sui suoi principi fondamentali nel tentativo di trovaesamina-re un equilibrio praticabile tra la ricerca dell’universalità e le idee antagoniste dell’organizzazione sociale400.

Allo stesso tempo, durante il “periodo Morse”, l’OIL subì un’altra grande e non meno radicale trasformazione. Come conseguenza del rapido disfaci-mento degli imperi coloniali europei in Asia e in Africa, l’Organizzazione vide il numero dei suoi Stati membri più che raddoppiare nell’arco di appena due decenni. Si passò da 55 Stati membri nel 1948 a 121 nel 1970, principalmente come risultato dell’adesione delle ex colonie401. Dal 1960 in poi, i paesi “in via di sviluppo” passarono ad essere la maggioranza degli Stati dell’OIL, il che presuppose un impegno da parte dell’Organizzazione per adattare il suo profi-lo, le sue politiche e i suoi programmi alle necessità e alle ambizioni di questi paesi. Inoltre, ciò spinse l’OIL ad espandere ulteriormente le sue funzioni tecniche e a porre una maggiore enfasi sullo sviluppo. Sotto altri aspetti, la decolonizzazione contribuì ad una maggiore “politicizzazione” delle riunioni dell’Organizzazione. La lotta delle nuove nazioni contro le ultime vestigia delle dominazioni coloniali e contro i regimi razzisti dell’Africa meridionale influenzò fortemente l’attività dell’Organizzazione tra il 1950 e il 1960.

399 Insieme all’Unione Sovietica, le Repubbliche sovietiche di Ucraina e Bielorussia furono ammesse come Membri indipendenti, conformemente alla formula allora in vigore nelle Nazioni Unite. Tale adesione rafforzò la posizione del blocco orientale. Le trattive di Morse con i leader sovietici sono raccolte in ILOA MF Z 5/1/64/1, Re-admission USSR, 1954, 1961. Vedasi anche Cox,

“ILO–Limited Monarchy”, pp. 105–106.

400Daniel Roger Maul, “The ‘Morse Years’: The ILO 1948–1970”, in ILO Histories, Van Daele et al., ed., pp. 365–400.

401Ghébali, The International Labour Organization, pp. 119–120.

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Le dinamiche che guidarono l’attività dell’OIL nel corso di questo periodo furono il risultato della sovrapposizione dei dibattiti relativi alla Guerra fred-da e di quelli sulla decolonizzazione. Tale sovrapposizione fu maggiormente evidente nell’ambito dell’attività normativa, area in cui la questione dei di-ritti umani assunse un ruolo di primo piano soprattutto negli anni ’50. Nei dibattiti sull’adozione e sull’attuazione di norme internazionali del lavoro in materia di libertà di associazione, lavoro forzato e discriminazione, le iniziali controversie tra il blocco orientale e quello occidentale diedero progressiva-mente luogo a dibattiti paralleli tra i paesi occidentali industrializzati e un gruppo di paesi emergenti dell’emisfero meridionale.

Con l’espansione dell‘assistenza tecnica, i grandi cambiamenti vissuti dal-l’OIL a seguito del processo di decolonizzazione si manifestarono in maniera concreta. Dopo l’iniziale incertezza degli anni ’50, nel corso degli anni ’60 e

’70, l’ambito divenuto noto come “cooperazione tecnica” si impose sugli altri ambiti di azione dell’Organizzazione. Il passaggio da un’assistenza tecnica li-mitata ad una cooperazione tecnica su larga scala interessò praticamente tutti i settori di attività dell’OIL. Trasformandosi in un organismo di cooperazione tecnica, l’Organizzazione perse il suo orientamento eurocentrico, adottando una prospettiva molto più globale e concentrando sempre più le sue attività sulle esigenze dei paesi meno industrializzati.

L’OIL non portò avanti questo processo di transizione in maniera isolata, ma, proprio come le altre agenzie internazionali dell’epoca, agì come parte del nuovo sistema di sviluppo delle Nazioni Unite402. Allo stesso tempo, mossa da considerazioni strategiche, dai suoi costituenti e dalla competizione con al-tre istituzioni, l’OIL cercò di sviluppare un proprio profilo. Due programmi ne sono l’esempio: il Programma andino (Andean Indian Programme, AIP) degli anni ’50 e ’60 e il Programma mondiale per l’occupazione (World Employment Programme, WEP), lanciato in occasione del 50° anniversario dell’Organizza-zione nel 1969. Entrambi i programmi riflettevano le tendenze generali del momento sulla questione dello sviluppo. Attraverso il Programma mondia-le per l’occupazione, in particolare, l’OIL guidò i dibattiti sullo sviluppo e fu determinante per una svolta — importante, seppur di breve durata — nella riflessione che, negli anni ’70, iniziò a concentrarsi sulla povertà.

Aiutare i paesi a seguire la via dell’OIL: l’assistenza tecnica negli anni ’50

Quando le attività di assistenza tecnica dell’OIL iniziarono a decollare nei primi anni ’50, esse consistevano essenzialmente nel rafforzamento delle ca-pacità della forza lavoro mediante la formazione professionale o attraverso progetti volti ad aumentare la produttività dei lavoratori. Durante gli anni

’50, il settore di attività sulle “risorse umane” occupava circa il 75 per cento

402Corinna R. Unger, International Development. A Post-War History, London, Bloomsbury Aca-demic Publishing, 2018; Frey, Kunkel, e Unger, “Introduction: International Organizations, Global Development, and the Making of the Contemporary World”; Richard Jolly et al., UN Contributions to Development Thinking and Practice, United Nations Intellectual History Project, Bloomington, IN, Indiana University Press, 2004.

Aiutare i paesi a seguire la via dell’OIL: l’assistenza tecnica negli anni ’50 171

dell’intero Programma di assistenza tecnica403. I programmi di formazione professionale, a supporto evidente delle iniziative di industrializzazione dei paesi in via di sviluppo, rappresentavano, in quel periodo, circa la metà delle attività di assistenza tecnica dell’OIL404. Anche negli anni ’60, quando i pro-grammi dell’OIL subirono una riforma sostanziale, estendendosi a settori qua-li l’agricoltura, l’istruzione e la formazione in materia di gestione, lo sviluppo delle “risorse umane”, incentrato sulla formazione professionale, continuò ad essere il pilastro della cooperazione tecnica405.

Il marcato orientamento industriale dei primi Programmi di assistenza tecnica può essere facilmente spiegato dal contesto generale in cui tali pro-grammi furono avviati. Inizialmente, l’assistenza tecnica fu una semplice estensione del Programma per la manodopera del 1948, iniziativa adattata per rispondere alle esigenze dell’Europa dilaniata dalla guerra e incentrata sulla formazione professionale406. Inoltre, la scarsa attenzione rivolta allo sviluppo rurale dipendeva dal fatto che la formazione agricola era una pre-rogativa della FAO, anche quest’ultima finanziata attraverso il Programma ampliato di assistenza tecnica delle Nazioni Unite. In generale, tuttavia, l’im-postazione industriale rispecchiava semplicemente la visione predominante dell’epoca sulle politiche di sviluppo. Secondo l’approccio “dualistico” della prima generazione di economisti dello sviluppo, come Arthur Lewis, la dina-mica centrale dello sviluppo consisteva nello spostamento delle società sotto-sviluppate dal loro contesto tradizionale a un contesto moderno e industriale.

Solo quest’ultimo avrebbe generato produttività e crescita, portando quindi ad un miglioramento delle condizioni di vita407. Il compito degli organismi di sviluppo, tanto nazionali quanto internazionali, era quello di sostenere e acce-lerare tale processo di modernizzazione. Il focus dei programmi di assistenza

403Le altre aree erano “condizioni di vita” e “istituzioni sociali”. Quest’ultima includeva anche le attività dell’OIL nel campo delle cooperative. Sull’evoluzione del programma di assistenza tecnica dell’OIL vedasi Ghébali, The International Labour Organisation, pp. 242–267.

404ILO, “The Role of the ILO in the Promotion of Economic Expansion and Social Progress in Developing Countries”, Ginevra, OIL, 1961; OIL, A Great Adventure of our Time. International Co-operation and the ILO, Ginevra, Ufficio Internazionale del Lavoro, 1962, p. 36.

405Nel 1965, il Consiglio di amministrazione confermò che tutte le attività tecniche dell’OIL sarebbero rientrate nelle tre principali aree di (1) risorse umane, (2) sviluppo delle istituzioni sociali e (3) miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita.

406Vd. e.g.: “The I.L.O. Manpower Programme”, International Labour Review, 59, n. 4 (Aprile 1949), pp. 367–393.

407Unger, International Development, p. 109.

tecnica sulla “manodopera” si adattava perfettamente a questo approccio dualistico. Secondo l’opinione generale, attraverso la formazione dei lavora-tori, l’OIL avrebbe contribuito in modo significativo all’industrializzazione e all’aumento della produttività408.

Oltre ad un nuovo orientamento dei programmi, ci furono anche cambia-menti sostanziali all’interno dell’Ufficio, il cui il personale era sempre più diversificato sia in termini di competenza sia di distribuzione geografica. Le strategie di reclutamento erano già cambiate negli anni ’30 sotto la guida di Harold Butler. L’estensione del mandato in materia economica, ottenuta dal-l’OIL alla Conferenza di Filadelfia, accelerò ulteriormente tali cambiamenti.

Di conseguenza, economisti e specialisti in scienze sociali cominciarono a rappresentare una percentuale sempre maggiore del personale dell’Organiz-zazione. L’enorme volume di attività intraprese negli anni ’50 portò anche un altro cambiamento. Mentre nel periodo tra le due guerre le missioni di assistenza tecnica erano guidate principalmente da funzionari dell’Ufficio, successivamente quest’ultimo iniziò a rivolgersi a esperti esterni. Tra il 1950 e il 1965, l’Ufficio inviò quasi 2.000 esperti, provenienti da 78 nazioni, in 3.000 missioni tecniche in un centinaio di paesi409.

Anche la provenienza geografica dei funzionari dell’Ufficio cambiò in ma-niera significativa. Sotto la direzione di Morse, molti cittadini provenienti dall’Africa e dall’Asia occuparono cariche di alto livello. Abbas Amar, ex Mi-nistro egiziano per l’istruzione e gli affari sociali, il quale, reclutato da Morse, occupò la carica di Vicedirettore Generale dell’Ufficio dal 1959 al 1974. Albert Tévoédjrè, ex Ministro dell’informazione del Dahomey (l’attuale Benin), fu, nel 1965, il primo membro del Gabinetto del Direttore Generale provenien-te dall’Africa subsahariana410. L’assistenza tecnica contribuì ad un ulteriore decentramento geografico dell’OIL: tra il 1949 e il 1952 furono istituiti degli uffici esteri in Asia (Bangalore), America Latina (San Paolo) e nel Vicino e Medio Oriente (Istanbul). Ci sarebbe voluto più tempo, invece, per stabilire una rappresentanza regionale dell’OIL nell’Africa subsahariana, che era an-cora sotto il dominio coloniale. I timori tra le autorità coloniali che un simile ufficio potesse trasformarsi in un nucleo di “agitazione”, aprendo le porte ad una “internazionalizzazione” degli affari coloniali, impedirono a lungo all’OIL di stabilire una rappresentanza nel continente africano. Solo nel 1959, alla

408Ibid., pp. 70–71.

409Ghébali, The International Labour Organisation, p. 256.

410Intervista di Oral History con David Morse, Oral History Research Office, Columbia Universi-ty 1981, realizzata da Peter Jessup, Columbia UniversiUniversi-ty, in Washington, D.C., luglio 1980–marzo 1981, pp. 122–123.

Aiutare i paesi a seguire la via dell’OIL: l’assistenza tecnica negli anni ’50 173

vigilia dell’indipendenza di numerosi paesi africani, l’Organizzazione aprì il suo primo ufficio africano a Lagos, in Nigeria411. Il compito principale di questi uffici era quello di facilitare il coordinamento dell’assistenza tecnica nelle rispettive regioni. Tale processo continuò negli anni ’60, portando ad un ulteriore decentramento dell’OIL. Tra il 1965 e il 1968, gli uffici sul ter-reno diventarono uffici di zona, a loro volta posti sotto l’autorità degli uffici regionali, di nuova istituzione, responsabili di tutti i programmi e i progetti di cooperazione tecnica dell’OIL in una determinata regione412.

Infine, le nuove attività influirono anche sul bilancio dell’OIL. Mentre gli iniziali timori di un possibile dominio statunitense dell’OIL attraverso i programmi di assistenza tecnica sparirono abbastanza rapidamente, si sta-bilirono nuove forme di dipendenza in altri ambiti. Tramite il Programma ampliato di assistenza tecnica e il cosiddetto Fondo speciale — un’altra fonte di finanziamento delle Nazioni Unite istituita nel 1958 con lo scopo di facili-tare la realizzazione di progetti di più ampia portata — l’OIL aveva accesso a risorse aggiuntive a quelle del suo bilancio. Queste modalità di finanziamento aumentarono la dipendenza dell’OIL dalle Nazioni Unite, in particolare dall’E-COSOC, organo responsabile della gestione di tali fondi. Questa dipendenza si rafforzò maggiormente quando le Nazioni Unite istituirono, nel 1965, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (United Nations Development Programme, UNDP). Nel quadro del Programma ampliato di assistenza tecni-ca, i fondi disponibili negli anni 50 si erano rivelati spesso insufficienti per consentire all’OIL di rispondere a tutte le richieste di assistenza tecnica413. La situazione cambiò con l’istituzione dell’UNDP, attraverso cui si potevano otte-nere fondi per programmi di sviluppo a lungo termine, offrendo quindi nuove opportunità per avviare progetti che altrimenti sarebbe stato impossibile fi-nanziare attraverso il bilancio ordinario dell’OIL. In questo modo, tuttavia,

411Maul, Puddu e Tijani, “The International Labour Organization”. Per una panoramica genera-le, vedasi anche Nicholas Alexander Bernards, “Actors and Entanglements in Global Governance:

The ILO in Sub-Saharan Africa” (Tesi di Dottorato, McMaster University, Hamilton, ON, 2016.

412Ghébali, The International Labour Organisation, p. 162; Alcock, History of the International Labor Organization, pp. 239, 240.

413Tra i diversi beneficiari dei fondi del Programma di assistenza tecnica delle Nazioni Unite, l’OIL occupava la quarta posizione della lista, ricevendo solo l’11 per cento del bilancio dell’EPTA, dopo l’UNESCO, l’OMS, e la FAO. In cifre assolute, l’OIL beneficiò di poco più di 25 milioni di dollari tra il 1950 e il 1960, la FAO 68 milioni, l’OMS di 45 milioni e l’UNESCO di 35 milioni. OIL, The Role of the ILO in the Promotion of Economic Growth, Ginevra, OIL, 1961, p. 7.

l’OIL perse parzialmente la sua indipendenza, poiché una parte crescente delle sue attività eludeva il controllo finanziario del Consiglio di amministra-zione che aveva ben poche possibilità di influenzare i criteri dell’UNDP per l’attribuzione dei fondi414.

Questa dipendenza dai principi delle Nazioni Unite in materia di politi-ca di sviluppo, spinse l’Organizzazione ad apporre, fin dall’inizio, la propria impronta alle sue attività tecniche. I programmi di assistenza tecnica si ba-savano su una serie di principi di base e ipotesi specifiche dell’OIL che ne determinavano anche le loro caratteristiche. Per gli ideatori di tali program-mi, era soprattutto necessario vincere le preoccupazioni di chi temeva che la nuova area della politica di sviluppo avrebbe posto in secondo piano la

“classica” attività normativa dell’OIL, sminuendo la vera identità dell’Organiz-zazione. Per dissipare tali preoccupazioni, David Morse iniziò a promuovere, già nel 1949, un approccio specifico e integrato dell’OIL sullo sviluppo. L’as-sistenza tecnica dell’Ufficio e le norme dell’Organizzazione non furono mai considerate strumenti contrapposti, ma, al contrario, come concetti con un ef-fetto catalizzatore e reciprocamente vantaggioso415. Le attività operative che l’Organizzazione stava avviando rappresentavano, come dichiarò il nuovo Direttore Generale alla Conferenza internazionale del lavoro nel 1949, “l’al-tra faccia della medaglia” rispetto alla sua “l’al-tradizionale attività normativa.

Secondo Morse, il loro obiettivo era quello di innescare, e successivamente supportare, un processo di sviluppo in linea con gli obiettivi della Costituzione dell’OIL416.

Tali rassicurazioni servivano anche a dissipare le preoccupazioni più ge-nerali secondo cui l’OIL si sarebbe trasformata, attraverso i programmi di assistenza tecnica, in un’organizzazione mossa da una logica puramente eco-nomica. L’accento di Morse sulla “produttività” alimentò inizialmente tali preoccupazioni417. Il concetto di produttività, legato alle idee americane sul progresso economico, suscitò un certo scetticismo tra i sindacati. Nel 1952, Morse spiegò che, dal suo punto di vista, aumentare la produttività in tutti i settori era l’unica strada percorribile verso lo sviluppo. Sottolineò anche che l’approccio dell’OIL alla produttività differiva da quello di altri organismi di sviluppo, poiché riconosceva che l’aumento della produttività da sola non

414Hugo Stokke, “Decent Work. Principles, Policies and Programmes of the International Labour Organisation”, Tesi di Dottorato, University of Bergen, 2015, pp. 136–144.

415Vd. Alcock, History of the International Labor Organization, p. 219.

416Ibid., p. 259.

417Sul dibattito e sulla risposta di Morse vedasi Conferenza Internazionale del Lavoro (1949), Record of Proceedings, pp. 25–254 e pp. 255–264.

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avrebbe garantito il progresso sociale. Morse si fece promotore, infatti, di un approccio su tre fronti che teneva conto del “lato educativo, sociale e tec-nico” della questione. Egli promise che le attività dell’OIL volte all’aumento della produttività avrebbero portato rapidamente a miglioramenti del benes-sere economico e sociale dell’intera comunità. Morse affermò che i governi avrebbero considerato le buone relazioni industriali e le politiche salariali e per l’occupazione appropriate non come mere misure accessorie, bensì come

“parti integranti dei programmi per l’incremento della produttività418”.

I programmi di assistenza tecnica si basavano sul presupposto fondamen-tale della teoria della modernizzazione, secondo cui i paesi in via di sviluppo dovevano ripercorrere, in maniera accelerata, il processo di sviluppo dei pae-si industrializzati419. “Non c’è nulla di insolito in questa regione”, commentò Morse in una conferenza stampa in occasione della Conferenza regionale asia-tica di New Delhi del 1957, sottolineando che l’Asia e l’India stavano portando a termine un processo di espansione economica e di sviluppo che i paesi oc-cidentali avevano già concluso molto tempo prima. Le sfide da affrontare durante questo processo erano “nuove in Asia, ma vecchie in altri paesi420”. In questo senso, le norme internazionali del lavoro dell’OIL, la sua Costituzione e i principi della Dichiarazione di Filadelfia furono indicati come strumen-ti per la modernizzazione democrastrumen-tica del Sud del mondo. Queste norme e questi valori furono interpretati e promossi a livello pratico come degli inse-gnamenti che le democrazie liberali di Europa e America del Nord avevano appreso in seguito alle crisi politiche ed economiche, e che erano connessi con lo sviluppo del proprio ordine capitalista nel XIX e XX secolo. Il ruolo storico dell’Organizzazione in tale contesto fu descritto da Morse in termini quasi religiosi: “Se riuscirà in tale impresa, l’OIL accenderà un faro che guiderà

418Memorandum di Morse, “Memorandum on the Report of the Director-General to the 34th Session of the International Labour Conference”, Cit. in Maul, Human Rights, Development and Decolonization, p.135.

419Sulle implicazioni politiche della teoria della modernizzazione vedasi Michael E. Latham, Modernization as Ideology: American Social Science and “Nation Building” in the Kennedy Era, Chapel Hill, NC, University of North Carolina Press, 2000; Nils Gilman, Mandarins of the Future:

Modernization Theory in Cold War America, Baltimore, MD, Johns Hopkins University Press, 2003.

420Verbale di una conferenza stampa tenuta da Morse a Nuova Delhi, 12 Novembre 1957, citata in Maul, Human Rights, Development and Decolonization, p. 138.

uomini e donne attraverso i tempi incerti che si prospettano e darà a coloro i cui cuori e le cui menti sono turbati, confusi e impauriti una fede positiva attraverso cui potranno lavorare e vivere, come pure una fiducia in sé stessi e nel loro futuro che li proteggerà contro qualsiasi attacco421”.

Era chiaro, dunque, che l’impegno dell’Organizzazione nel campo dello sviluppo non fosse affatto politicamente neutrale. Al contrario, esso conferì all’OIL un ruolo chiave su uno dei principali fronti della Guerra fredda che si stava estendendo rapidamente oltre l’Europa e verso i paesi in via di svi-luppo. “Il cambiamento e la rivoluzione stanno spazzando via il mondo di oggi”, scriveva Morse nel 1950, e l’OIL era coinvolta in una “lotta a favore dei cuori e delle menti degli uomini e delle donne di tutto il mondo422”. I disor-dini sociali e le instabilità causati dalla rapida modernizzazione, sosteneva Morse, erano terreno fertile per l’agitazione comunista. A suo avviso, i valori fondamentali della Dichiarazione di Filadelfia — che combinava la subordi-nazione di tutte le politiche nazionali e internazionali all’obiettivo superiore della giustizia sociale universale con una “visione fondamentale della società, della moralità, della libertà e dignità dell’individuo” — erano gli strumenti per contrastare questa sfida423. L’assistenza tecnica fu influenzata, fin dall’inizio, dal clima della Guerra fredda. Dopo la riammissione dell’Unione Sovietica nell’OIL nel 1954, le discussioni sull’assistenza tecnica diventarono meno po-lemiche. Tuttavia, ciò che rimase inalterato fu l’affermazione secondo cui

Era chiaro, dunque, che l’impegno dell’Organizzazione nel campo dello sviluppo non fosse affatto politicamente neutrale. Al contrario, esso conferì all’OIL un ruolo chiave su uno dei principali fronti della Guerra fredda che si stava estendendo rapidamente oltre l’Europa e verso i paesi in via di svi-luppo. “Il cambiamento e la rivoluzione stanno spazzando via il mondo di oggi”, scriveva Morse nel 1950, e l’OIL era coinvolta in una “lotta a favore dei cuori e delle menti degli uomini e delle donne di tutto il mondo422”. I disor-dini sociali e le instabilità causati dalla rapida modernizzazione, sosteneva Morse, erano terreno fertile per l’agitazione comunista. A suo avviso, i valori fondamentali della Dichiarazione di Filadelfia — che combinava la subordi-nazione di tutte le politiche nazionali e internazionali all’obiettivo superiore della giustizia sociale universale con una “visione fondamentale della società, della moralità, della libertà e dignità dell’individuo” — erano gli strumenti per contrastare questa sfida423. L’assistenza tecnica fu influenzata, fin dall’inizio, dal clima della Guerra fredda. Dopo la riammissione dell’Unione Sovietica nell’OIL nel 1954, le discussioni sull’assistenza tecnica diventarono meno po-lemiche. Tuttavia, ciò che rimase inalterato fu l’affermazione secondo cui

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