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Una cittadinanza attiva per la transizione ecologica

Nel documento PIANO PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA (pagine 53-56)

SPINGERE VERSO UN MERCATO SOSTENIBILE

8. La promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e della agricoltura sostenibile

3.5. Una cittadinanza attiva per la transizione ecologica

Progettare, avviare e portare a termine la transizione ecologica è, e sarà in futuro, il compito più arduo per la comunità internazionale, i singoli governi e i cittadini, europei ed italiani. La rapidità con la quale gli ecosistemi si deteriorano sotto la pressione dell’attività umana rende sempre più urgenti i cambiamenti e le decisioni che devono essere prese. Dovranno essere ideate e realizzate misure coordinate che richiedono grande sforzo di progettazione e di efficienza amministrativa. In parallelo dovranno mutare anche i modelli di comportamento e gli stili di vita dei cittadini, vale a dire una larga parte di quelle “pratiche sociali” consolidate che contribuiscono a caratterizzare le relazioni di una società. Le scelte da fare e i nuovi comportamenti da adottare influenzeranno in profondità lo sviluppo delle economie, ma il processo non sarà necessariamente gravoso se crescerà anche la capacità di sfruttare al meglio i vantaggi e i benefici che la transizione è in grado di offrire.

La strada da percorrere sarà lunga e non priva di ostacoli e ogni Paese e comunità dovrà affrontarne di propri. Se si viene all’Italia, ad esempio, è vero che l’“impronta carbonica” di ogni abitante risulta inferiore a quella della media europea (7,3 tonnellate di CO2 emesse contro 8,7 tonnellate medie per abitante nell’Europa a 27)79. Ma in Italia si producono anche 500 chilogrammi di rifiuti l’anno pro capite, mentre il sistema alimentare destina allo spreco circa il 63% delle calorie prodotte80 e il 46% dei cittadini ritiene che la rinuncia all’auto privata sia l’azione più difficile da compiere per combattere il cambiamento climatico (e la seconda è rinunciare a mangiare carne)81. Non si tratta però di mirare solamente a diffondere in tutti gli strati della società italiana una consapevolezza di tipo “passivo”, ovvero di carattere prevalentemente informativo e/o educativo sui principali nodi dell’emergenza climatica e ambientale, ma di promuovere grazie alle evidenze scientifiche e ad un’attenta analisi di rischi e benefici una libera maturazione delle coscienze verso una cittadinanza più “attiva”, composta di scelte responsabili e consapevoli delle conseguenze ambientali delle azioni individuali e collettive, imprenditoriali e politiche. I vincoli, le norme e gli incentivi stabiliti dai governi potranno non essere sufficienti da soli. L'esperienza recente della pandemia da Covid-19 e la generale adozione di comportamenti individuali quali il distanziamento, l’uso della mascherina, l’utilizzo scaglionato dei trasporti e il lavoro da casa, hanno peraltro dimostrato che i cittadini possono modificare rapidamente e in massa le loro abitudini se comprendono che tali cambiamenti hanno una giustificazione. Le decisioni individuali possono avere un grande impatto: l’IEA stima che il 55% della riduzione delle emissioni cumulate nel suo scenario “net zero” sia correlato alle scelte dei consumatori, come quella di acquistare un veicolo elettrico, rendere più efficiente da un punto di vista termico un’abitazione o installare una pompa di calore.

79 Eurostat, Greenhouse gas emissions per capita.

80 Ispra, Spreco alimentare 2018.

81 2020-21 EIB Climate Survey, https://www.eib.org/en/surveys/climate-survey/3rd-climate-survey/index.htm

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3.6. Conclusioni

Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai valori preindustriali e raggiungere la neutralità climatica nel 2050 sono solo alcuni degli obiettivi della transizione ecologica. Il Green Deal europeo ne prevede molti altri. Per tutelare la biodiversità si prefigge di creare aree protette per almeno il 30% dei territori e dei mari. Sul fronte dei rifiuti e dell’economia circolare vuole limitare i conferimenti in discarica all’8% e aumentare la quota di riciclo al 66% entro il 2035. In agricoltura intende dimezzare l’uso dei pesticidi e diminuire quello dei fertilizzanti del 20% entro il 2030, nonché far salire al 25% i terreni destinati ad agricoltura biologica. Sempre dal 2030 vuole rendere disponibile su larga scala l’idrogeno da fonte rinnovabile per usi industriali e nei trasporti.

Ma se gli obiettivi della transizione possono essere comuni, il cammino per raggiungerli dovrà invece seguire percorsi diversi e flessibili, secondo una logica allo stesso tempo globale e locale. Fatto salvo il budget mondiale di gas serra82 – pari a 580 miliardi di tonnellate di CO2 di emissioni cumulate - che il pianeta non può superare se si vuole contenere l’innalzamento delle temperature secondo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, l’adattamento alle nuove condizioni climatiche resta comunque una componente rilevante all’interno della strategia di contrasto da adottare, perché se anche gli obiettivi ambientali venissero centrati i tempi di recupero dell’ecosistema dall’emergenza climatica e ambientale saranno lunghi, in prospettiva sino a fine secolo, e ciò che si potrà ottenere sarà solo il ritorno ad una condizione climatica più stabile rispetto all’attuale.

Per l’Italia la transizione ecologica non ha alternative, ma rappresenta anche un’opportunità unica ed indifferibile. Il Paese ha un patrimonio esclusivo da proteggere, culturale e naturale, che troppo sta soffrendo in termini di depauperamento e danneggiamento. L’Italia è l’unica nazione al mondo a poter vantare 55 siti UNESCO e ha il maggior numero (58.000) di specie animali in Europa. È però anche maggiormente esposta a rischi climatici, con 3 milioni di nuclei familiari che vivono in aree ad alta vulnerabilità, 40 aree costiere a rischio e un calo del 28% di terreni coltivati negli ultimi 25 anni.

Il sistema-Italia registra storicamente un tasso di dipendenza del suo fabbisogno energetico vicino al 90%, una domanda di energia soddisfatta principalmente da fonti fossili tradizionali come petrolio e gas, mentre i vantaggi energetico-ambientali (un irraggiamento solare superiore del 30-40%

rispetto alla media europea) sono stati ostacolati da difficoltà autorizzative che hanno frenato gli investitori e la crescita del settore. Rendere l’Italia più sostenibile vuol dire stimolare tutte le forze attive del Paese a innovare, sviluppando nuove conoscenze e capacità che potranno poi essere esportate con successo creando benefici diffusi, anche in termini occupazionali. Per le imprese, inoltre, il processo di transizione può tradursi in un nuovo valore aggiunto: sostenibilità per la competitività.

Il futuro perseguito con gli interventi delineati in questo Piano di Transizione Ecologica è dunque un futuro sostenibile. Per raggiungerlo serviranno istituzioni centrali e locali solide e in grado di collaborare tra loro, che saranno tanto più efficaci quanto più verranno istituiti meccanismi di dialogo e concertazione, tali da consentire un costante bilanciamento delle tre dimensioni - economica, ambientale e sociale – coerentemente con le politiche e gli investimenti pubblici. Tali meccanismi di interlocuzione e coordinamento - che dovranno interessare anche i territori, la

82 Tavola 2.2 di IPCC,2018, p.108

55 società civile e le imprese - dovranno agevolare la programmazione, il monitoraggio e la valutazione dei progressi facendo riferimento ad un quadro di riferimento unico. Nel caso dell’Italia, le cornici di riferimento saranno rappresentate dagli impegni assunti a livello del Green Deal europeo, dal PNRR e dal PTE, in relazione stretta con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile che conterrà anche un Piano Nazionale per la Coerenza delle Politiche per lo Sviluppo Sostenibile. In questo modo l’Italia potrà tenere fede agli impegni internazionali presi per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con gli Accordi di Parigi.

È in questo contesto che il MiTE, di concerto con gli altri dicasteri interessati, intende mettere in opera tutte le misure possibili per trasformare l’Italia in un campione mondiale della transizione ecologica.

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Nel documento PIANO PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA (pagine 53-56)