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UNA NUOVA PROSPETTIVA: l’uso di rifaximina

UNA NUOVA PROSPETTIVA: l’uso di rifaximina

Come già anticipato nel capitolo relativo all’eziologia, i batteri intestinali, in individui geneticamente predisposti, sembrerebbero svolgere un importante ruolo nella patogenesi della malattia di Crohn.131 Come sappiamo a livello dell’intestino, ed in particolar modo nel crasso, i batteri si trovano in concentrazione elevate costituiscono il microbiota intestinale.

Molti studi effettuati sul microbiota intestinale hanno documentato che nei pazienti affetti da IBS vi è un incremento della flora adesa sull’epitelio intestinale la quale può interagire con recettori (presenti sulle cellule epiteliali) specifici per varie strutture batteriche.132 Pertanto è emerso che un recettore particolare (Toll Like Receptor 4) risulta essere iperespresso in molti pazienti con IBS. La flora batterica sembra che riesca a penetrare attraverso aperture nell’epitelio (causate da un riduzione dell’espressione delle principali strutture delle giunzioni serrate epiteliali con conseguente aumento della permeabilità che provocherebbe il passaggio si sostanze batteriche nella mucosa con relativa stimolazione del sistema immunitario mucosale e induzione di infiammazione intestinale. Perciò l’infiammazione sembrerebbe causata da un risposta immunitaria anomala alla flora batterica.133

Pertanto in uno studio pubblicato nel 2009 su World Journal of Gastroenterology la flora batterica intestinale appare alterata in un numero significativo di pazienti affetti da IBS, ciò è stato possibile mediante l’esecuzione di un esame specifico che si chiama breath test al lattulosio che permette di identificare i pazienti affetti da contaminazione batterica dell’ intestino tenue (SIBO). 134

Un numero relativamente limitato di batteri appaiono essere i candidati più probabili a determinare lesioni mucosali ; tra cui troviamo Bacteroides, Escherichia Coli, Micobatteri e Clostridium. Perciò, dato il coinvolgimento

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dei batteri nella patogenesi della malattia, l’uso degli antibiotici potrebbe rappresentare una valido target terapeutico. Anche se, come abbiamo visto vengono utilizzati antibiotici come la ciprofloxacina e il metronidazolo, essi hanno un impiego per la terapia perianale.133 Vari studi clinici controllati e studi sperimentali hanno portato gli studiosi a rivalutare l’efficacia di un vecchio farmaco: la rifaximina.

Sono molte le aspettative degli studiosi sulla efficacia della rifaximina per il trattamento del morbo di Crohn e sono fondate sui risultati incoraggianti ottenuti dagli studi.

La rifaximina ( fu autorizzata in Italia nel 1985 e ad oggi è commercializzata con il nome di Normix® o Rifacol®) è un antibiotico battericida appartenente alla classe delle rifampicine. (Fig.1)

Fig.1 rifaximina.

http://it.wikipedia.org/wiki/File:Rifaximin.svg

Il farmaco presenta un’azione selettiva a livello intestinale infatti è scarsamente assorbito, il che significa che raggiunge alte concentrazioni nel tratto gastrointestinale, avendo uno scarso assorbimento sistemico (<1%). Date le sue caratteristiche farmacologiche, la sua efficacia ed essendo priva di effetti collaterali rifaximina può essere considerata un antibiotico di prima scelta nel trattamento delle infezioni intestinali.

Il miglioramento della sintomatologia diarroica è rapido pertanto viene comunemente usato nel trattamento della “diarrea del viaggiatore” essendo

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attiva sulla maggior parte degli enterobatteri che la causano. La rifaximina presenta altre indicazioni terapeutiche come il trattamento della malattia

diverticolare, e dell’encefalopatia porto-sistemica per la riduzione

dell’iperammoniemia. Studi clinici.

Negli ultimi anni sono stati numerosi gli studi che hanno testato l’efficacia del farmaco nel trattamento del morbo di Crohn;

- In uno studio pubblicato nel 2011 è stata utilizzata una nuova formulazione dell’antibiotico [la cosiddetta extended intestinal release (EIR) formulation] che si è rivelata, con la somministrazione di 800 mg/2 volte al giorno, in grado di indurre la remissione in pazienti affetti da malattia di Crohn lieve- moderata.135

- Importanti si sono rivelati i risultati ottenuti da uno studio condotto da Pimentel et al. e pubblicato dal New England Journal of Medicine nel 2011. In questi due studi di fase III (TARGET 1 e TARGET 2), doppio cieco, randomizzati, è stata somministrata rifaximina (Xifaxan®) 550 mg/ 3 volte al giorno per 2 settimane di terapia su 1.000 pazienti affetti da IBS senza costipazione. I pazienti sono stati esaminati fino a 10 settimane dopo la fine del trattamento per valutare gli effetti del trattamento e gli eventuali eventi avversi. 136

Le percentuali ottenute mostrarono un miglioramento dei sintomi globali nei pazienti trattati con rifaximina nelle prime 4 settimane dopo l’inizio del trattamento rispetto al placebo (rifaximina 40.08% placebo 31.2% TARGET 1, rifaximina 40.6% placebo 32.2% TARGET 2 ).136

Se da un lato il trattamento con rifaximina alla dose di 550 mg tre volte al giorno per 14 giorni fornisce una miglioramento dei sintomi fino a 10 settimane dopo il completamento della terapia, dall’altro la differenza nella risposta al trattamento tra il placebo e rifaximina è solo del 10%. Pertanto

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soltanto una piccola percentuale ha avuto un effetto benefico dalla somministrazione e questo fa dedurre che l’alterazione batterica a livello intestinale sia presente solo in una piccola percentuale di pazienti. 136

Questa deduzione ha portato ad effettuare dei successivi studi clinici in cui viene testata l’efficacia di un trattamento con rifaximina previa esecuzione del breath test al lattulosio che permette di identificare i pazienti affetti da contaminazione batterica dell’ intestino tenue (SIBO). 137

Come già detto rifaximina in studi di fase III (TARGET 1 e TARGET 2) è stata in grado di migliorare i sintomi nei pazienti con sindrome dell'intestino irritabile (IBS), pertanto scopo di questo studio è valutare la risposta al trattamento di rifaximina nei pazienti di IBS in uno studio di fase IV.

-Studio di fase IV. Inizialmente i 150 pazienti sono stati sottoposti al breath test al lattulosio (LHBT) e coloro risultati positivi (106) sono stati trattati con rifaximina (800mg/die) per 14 giorni. Tramite la compilazione di un questionario alla 4 e 14 settimana i pazienti hanno potuto esprimere il grado di grado di gravità dei sintomi .137

I risultati dello studio hanno condotto a dati sorprendenti; in pazienti LHBT- positivi si è osservato dopo 2 settimane di trattamento con rifaximina un miglioramento evidente dei sintomi caratteristici (gonfiore, flatulenza, diarrea,dolore) che si sono alleviati fino ad un periodo di 3 mesi.(Fig.2)

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Fig.2 Media della gravità dei sintomi prima e dopo il trattamento con rifaximina.

Alimentare Pharmacology & Therapeutics Volume 36, Issue 11-12

Concludendo si può affermare che il trattamento con rifaximina allevia i sintomi nei pazienti con IBS LHBT-positivi.137

Dopo 4 settimane di trattamento 55 pazienti/64 (86%) sono risultati negativi al breath test al lattulosio. Pertanto dai risultati di questo studio si può concludere che rifaximina allevia i sintomi in pazienti con IBS LHBT- positivi.137

La più recente meta-analisi ha dimostrato che il farmaco è superiore al placebo nel controllo dei sintomi globali e per il gonfiore nei pazienti con IBS.138 Inoltre, gli studi con una maggiore dose cumulativa tendevano a segnalare un tasso di risposta più elevato, ma questo dato risulta essere poco attendibile in quanto è stato rilevato sia nei gruppi trattati con il farmaco che nei gruppi placebo.138

Gli effetti avversi sono risultati simili tra i pazienti trattati con rifaximina o con placebo in tutti gli studi. I più comuni eventi avversi (≤ al 10% ) con rifaximina sono stati mal di testa, infezioni delle alte vie respiratorie, nausea,

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nasofaringite, diarrea e dolore addominale. Eventi avversi gravi sono stati rari (meno dell’1 %) e simili nei due gruppi trattati.138

In conclusione, la rifaximina, farmaco già ampiamente usato e conosciuto che presenta un ottimo profilo di sicurezza, può ritenersi una valida alternativa nella morbo di Crohn con attività lieve e moderata.

Primi studi in vitro su rifaximina.

I risultati dei primi studi in vitro su rifaximina sono stati appena pubblicati a gennaio 2014 sulla rivista International Journal of Antimicrobial Agents. Come abbiamo già detto la SIBO ovvero la small intestinal bacterial overgrowth è associata alla patogenesi del morbo.

Questo studio descrive per la prima volta l'effetto antimicrobico di rifaximina rivolto contro microrganismi-SIBO prelevati dagli esseri umani. Il fluido intestinale dove si pensa risiedano i microrganismi-SIBO è stato aspirato dalla terza parte del duodeno da 567 pazienti; colture quantitative hanno evidenziato i microrganismi-SIBO in 117 pazienti (20,6%). Sono stati isolati 170 microrganismi aerobici su cui è stata studiata l'efficacia in vitro di rifaximina. Per simulare l’ambiente intestinale è stata utilizzata la bile.

Ad un breakpoint di 32μg/mL, rifaximina ha inibito in vitro; 85,4% di Escherichia coli, 43,6% di Klebsiella spp., 34,8% di Enterobacter spp., Il 54,5% degli altri Enterobacteriaceae spp., 82,6% di non Enterobacteriaceae spp Gram-negativi., 100% di Enterococcus faecalis, il 100% di Enterococcus faecium e il 100% di Staphylococcus aureus.

I risultati indicano che rifaximina, ha una potente effetto sulla piccola flora intestinale associata a SIBO.

Pertanto la rifaximina in vitro presenta un notevole effetto di tempo/uccisione dei batteri a concentrazioni inferiori rispetto a quelli ottenuti nel lume intestinale dopo somministrazione di dosi convenzionali nell'uomo.

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L’azione della rifaximina relativa al tempo di uccisione dei microrganismi- SIBO isolati in vitro spiega la sua efficacia clinica riscontrata nei pazienti trattati negli studi precedenti di fase II e fase III.139

Attualmente, sebbene gli studi effettuati abbiano condotto a risultati positivi, la rifaximina non è approvata dalla FDA per il trattamento dell’IBS.

Altri approcci.

Diversi altri approcci al trattamento della malattia di Crohn sono attualmente sotto indagine. Tra gli approcci più promettenti si annoverano l’impiego di probiotici e prebiotici, utilizzati per le loro proprietà stimolanti sulla flora batterica intestinale con effetto benefico sulle funzioni intestinali.

Anche se non si hanno ad oggi dati definitivi, diversi studi stanno valutando se i probiotici (lattobacilli, lieviti) utilizzati un associazione ai farmaci in uso, possano essere efficaci nell’indurre e mantenere la remissione della malattia.140

L’ipotesi del suo impiego risiede nel fatto che, come abbiamo già anticipato alcuni batteri intestinali e le tossine da essi prodotte (in soggetti geneticamente predisposti), possono alterare la barriera della mucosa intestinale, stimolare una risposta infiammatoria, innescando processo infiammatorio tipico della malattia pertanto che probiotici, modificando la microflora intestinale, sarebbero in grado di inibire competitivamente la crescita di tali batteri. Probabilmente il loro effetto benefico è da attribuirsi all’aumento delle concentrazioni dei batteri protettivi per la mucosa intestinale.

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Conclusione.

Ad oggi gli studi epidemiologici sul morbo di Crohn hanno rivelato un aumento di incidenza a livello mondiale dimostrando dunque che tale patologia è in continua crescita, ma nonostante i vari studi effettuati la sua eziologia esatta rimane ancora sconosciuta. Alcune ipotesi tra cui l’implicazione nella fisiopatologia della malattia del TNF-α, dell’interleuchina-12 e 23 e delle molecole di adesione, risultano essere quelle più avvalorate.

Al momento non esistono terapie in grado di prevenire l’insorgenza della malattia, né esiste una cura risolutiva che possa assicurare una guarigione completa, ma è disponibile una vasta scelta di terapie farmacologiche in grado di alleviare notevolmente i sintomi e persino di eliminarli per lungo tempo. I risultati ottenuti da studi effettuati sui più recenti farmaci biologici (vedolizumab e ustekinumab) e sull’ efficacia dell’antibiotico rifaximina sono incoraggianti, pertanto il loro uso potrebbe rappresentare una terapia alternativa nei pazienti non responsivi alle terapie tradizionali e ai farmaci anti-TNF. La terapia con farmaci biologici, in particolar modo con inibitori delle molecole di adesione e quelli con azione diretta verso IL-12 e IL-23, ha certamente migliorato la prognosi per molti soggetti non responsivi alle terapie convenzionali e ai farmaci anti-TNF, tuttavia è necessaria un’attenta sorveglianza di eventuali eventi avversi nel trattamento a lungo termine.

Seppur il morbo di Crohn, sia una malattia debilitante che può compromettere la qualità della vita delle persone che ne sono affette, essa presenta un decorso molto lungo e raramente porta all’ insorgenza di tumore all’intestino.

Pertanto con l’utilizzo di terapie farmacologiche, molte persone affette dal morbo di Crohn sono in grado di condurre una vita normale convivendo con la patologia per l’intera vita.

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