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Una panoramica sul divario economico post-unitario.

Dopo l’Unità d’Italia e il veloce balzo in avanti del progresso industriale e tecnologico il ritardo del Sud fu sempre più evidente. A livello industriale troviamo una forte dipendenza dall’estero per quanto riguarda le importazioni di prodotti agricoli e non169. Nonostante la fonte prevalente di reddito fosse proprio il latifondo i metodi di coltivazione erano ancora arretrati e non riuscivano a soddisfare il fabbisogno interno.

Francesco Crispi, siciliano, reprime con la forza le rivolte del Mezzogiorno ed il tentativo di riforma non riesce ad attecchire efficacemente per le resistenze della classe meridionale di proprietari terrieri. Nei decenni successivi all’Unità si parla a più riprese di questione meridionale e vengono convocate commissioni parlamentari e piani nazionali per la risoluzione del problema. Vengono votate leggi speciali per incrementare l’industrializzazione di una parte di paese che sembra rimasta duecento anni indietro.

Con le guerre mondiali il nord Italia ebbe l’opportunità di incrementare la propria produzione industriale grazie alle commesse statali e il distacco con le povere infrastrutture del Sud aumentò ancora.

Arrivati gli anni Cinquanta, troviamo i tentativi di iniettare nel sistema economico del Sud fondi mirati a colmare il divario e ha dare impulso all’industria. Nel 1950 nacque la Cassa per il Mezzogiorno con il preciso scopo di avviare una politica di intervento straordinario al Sud, dopo la nascita della Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno).

Tuttavia, l’interventismo straordinario non modificò nel profondo l’organizzazione istituzionale deviata della classe dirigente ed imprenditrice del Sud, che colse la palla al balzo per trarre il maggiore profitto possibile dal trasferimento di fondi statali. Questi non vennero impiegati nella loro interezza per i propositi originari ma

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andarono ad incrementare le politiche legate al clientelismo sfrenato, al voto di scambio e alla connivenza tra borghesia imprenditrice e criminalità organizzata.

Regna un atteggiamento delle strutture di potere meridionali quasi ostile alla creazione di sviluppo secondo logiche di mercato170. La ragione risiede nel fatto che l’interesse è maggiore nel mantenere una situazione economica in cui si rendenecessario il trasferimento di fondi da cui, in ultima analisi, traggono beneficio le strutture sopra citate.

Daniele e Malanima definiscono il Sud una pentola bucata, perché il trasferimento di fondi ha aumentato i consumi ma ciò non si è tradotto in un aumento della produzione171.

Negli anni in cui il Sud subì una modernizzazione passiva e secondo un modello top

down, dall’alto verso il basso, nacquero quelle che Saraceno definì cattedrali nel deserto nel 1974 sul Corriere della Sera. Un’espressione la cui correttezza semantica

non convince neanche Saraceno, ma che rende l’idea di grandi impianti industriali, non supportati da un contorno di piccole e medie imprese172. A questi impianti viene lasciato il compito di sostenere l’occupazione di intere città e province.

Il rapporto Svimez del 1990, citato da Barbagallo, afferma che la modernizzazione del sud Italia sia stata solo apparente, che le basi economiche non siano state cambiate. Soprattutto, il rapporto evidenzia che i modi di partecipazione alla vita collettiva del Meridione non siano cambiati.

Si ammette l’esistenza un problema di partecipazione e di legittimità del potere al Sud e che questo spiani la strada a « fenomeni di sopraffazione e asservimento, di indistinzione tra pubblico e privato, di scambio di protezioni e fedeltà personali, le cui radici sembrerebbero appartenere ad un lontano passato lazzaronesco e feudale. Questa convivenza di modernizzazione apparente e di residuati socio-culturali del

170 Francesco Barbagallo, La questione italiana: il Nord e il Sud dal 1860 a oggi, Laterza, Bari, 2013, p.187

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Vittorio Daniele, Paolo Malanima, Il divario Nord-Sud in Italia, 1861-2011,Rubbettino, 2011, p.88

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passato è il terreno comune di coltura dell’assistenzialismo, della corruzione e della piccola e grande criminalità»173.

Negli anni Novanta la disoccupazione al Sud aumenta moltissimo a causa del contenimento della spesa pubblica, necessario per rientrare nei parametri dettati da Maastricht. Allo stesso tempo al Nord c’è quasi piena occupazione.

Il sud Italia non è più identificato individualmente, ma entra a far parte delle zone depresse d’Europa per cui vengono stanziati fondi strutturali europei in combinazione con fondi nazionali e regionali per incentivare l’adeguamento delle regioni con ritardo nello sviluppo. Queste sono tutte le regioni meridionali tranne una parte dell’Abruzzo174. Negli anni successivi, dal 1996 al 2001 l’occupazione meridionale aumenterà di 390.000 unità e allo stesso tempo 400.000 meridionali spostano la propria residenza al Nord175.

Le mafie giocano un ruolo fondamentale nel sopprimere lo sviluppo dell’economia meridionale e gli investimenti. La presenza di connivenza tra la borghesia imprenditoriale e la criminalità organizzata, ha fatto sì che le logiche di mercato venissero distorte. L’infiltrazione nella pubblica amministrazione non ha fatto altro che peggiorare la situazione, falsando il rapporto tra controllore e controllato.

Nel 2009, Mario Draghi ha definito il Mezzogiorno come l’area arretrata più estesa d’Europa. Egli ha anche parlato delle organizzazioni criminali, come la loro presenza sia un elemento inquinante della fiducia tra i cittadini e come ostacoli il funzionamento del mercato.

Il Sud ritorna ad essere identificato come una macroregione sottosviluppata che necessita di interventi di ristrutturazione dell’economia volti all’incremento della produzione. Deve essere inoltre avviato un lavoro di educazione alla legalità che non può rimanere una formula vuota di significato, ma deve essere accompagnata dalla

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Francesco Barbagallo, La questione italiana: il Nord e il Sud dal 1860 a oggi, Laterza, Bari, 2013,p.186

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Ivi p.192

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nascita di incentivi adeguati che scoraggino la corruzione, e dalla progressiva sparizione di vincoli informali che hanno modellato il sistema di credenze comune.