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1. LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ SISMICA DEGL

1.8 Una procedura semplificata agli spostamenti

Si tratta di una procedura semplificata per la valutazione della vulnerabilità, basata sull'applicazione dell'approccio agli spostamenti (Calvi, 1999). E’ un metodo semiquantitativo per la stima della vulnerabilità di classi di edifici ed è applicabile per la valutazione di scenari di danno su porzioni estese di territorio. Esso consente di determinare la probabilità di raggiungimento di un certo grado di danno per ciascuna classe di edifici individuata e per ogni grado d’intensità sismica contemplata. La metodologia è pensata in modo da essere operativa anche senza la necessità di eseguire indagini sul campo; di conseguenza, il livello d’informazioni sul costruito richiesto in input è minimo e desumibile da banche dati facilmente accessibili (tipo Istat).

In Tabella 7 è evidenziato il percorso metodologico ai macromodelli, dove le caselle campite in grigio scuro rappresentano le categorie certamente usate nell’analisi, mentre quelle in grigio chiaro le categorie eventualmente presenti.

Tabella 7: percorso metodologico per analisi di vulnerabilità con procedura semplificata agli spostamenti

INPUT Dati di danno

Caratteristiche geometriche e qualitative Caratteristiche meccaniche Caratteristiche dell’azione sismica Dati geologici e geotecnici del sito

METODO Metodi statistici Metodi meccanici Metodi basati sul giudizio di esperti

OUTPUT Vulnerabilità assoluta Vulnerabilità relativa

La classificazione del patrimonio edilizio nelle diverse tipologie costruttive è funzione del tipo di analisi da svolgere; poiché il metodo prevede uno studio analitico del comportamento sismico della struttura, si adotta, per ciascuna tipologia individuata, un modello equivalente. Si considerano, dunque, le seguenti classi tipologiche:

- edifici in cemento armato progettati in base a prescrizioni sismiche (classe I); - edifici in cemento armato non progettati in base a prescrizioni sismiche(classe II); - edifici in muratura (classe III).

Gli edifici in muratura sono stati inglobati in un’unica classe, valendo il presupposto che nessuno di essi sia stato costruito seguendo specifiche prescrizioni sismiche. Ci si aspetta, quindi, che il comportamento degli stessi sia modellabile adottando lo stesso sistema equivalente (cambiandone alcune caratteristiche a seconda dello stato limite considerato) e che la risposta sia diversa esclusivamente in funzione di parametri macroscopici (quali il numero di piani)

Per gli edifici in c.a. non è possibile, invece, formulare la stessa ipotesi, in quanto una costruzione che segua i moderni principi del capacity design ed i cui dettagli costruttivi siano curati (passo delle staffe, ancoraggio delle barre, nodi trave-colonna, ecc.), si comporta meglio ed in modo qualitativamente diverso rispetto ad una che sia carente nei confronti di questi aspetti.

Come anticipato pocanzi, la valutazione della vulnerabilità del fabbricato dipende dalla misura del danno atteso in una scala di danno scandita in funzione di prefissati stati limiti (Limit States, LS). Si considerano, in particolare, quattro stati limite d’interesse per lo studio di scenari di danno, così come riportato nella figura che segue.

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La metodologia di valutazione, dunque, segue un approccio agli spostamenti: gli stati limite sono definiti in relazione alla capacità deformativa degli elementi considerati. Vista la notevole

incidenza che il danno alle parti non strutturali di un edificio (tamponature, infissi, ecc.) può avere sulla quantificazione monetaria delle perdite, viene valutato in maniera esplicita anche il loro danno, previa definizione di una soglia di danno non strutturale per ogni stato limite. Sulla base delle indicazioni riportate in letteratura e nelle prescrizioni normative, a seguito di una rielaborazione delle stesse basata sull’esperienza e su considerazioni qualitative circa il reale comportamento delle strutture, sono fornite, per ogni stato limite, delle indicazioni quantitative circa i suddetti limiti deformativi.

Il danno strutturale per le costruzioni in c.a., in particolare, è ricondotto alla crisi dei rispettivi sub-elementi e quindi sono suggeriti dei limiti deformativi in termini di deformazione massima di acciaio (εs) e calcestruzzo (εc). Il danno non strutturale, invece, è valutato solo rispetto a soglie

di spostamento relativo d’interpiano δ (adimensionalizzato rispetto all’altezza d’interpiano), così come per il caso del danno degli edifici in muratura. In Figura 17 sono riassunte le indicazioni fornite per ciascuno stato limite e per ognuna delle tre categorie di danno considerate (strutturale c.a., non strutturale c.a., muratura).

Figura 17: limiti di deformazione e spostamenti d’interpiano per i vari LS (Polese, 2002)

La capacità strutturale, invece, è determinata per ogni tipologia strutturale individuata e per ogni stato limite considerato, sostituendo la struttura reale con un sistema equivalente ad un solo grado di libertà definito in termini di una rigidezza secante e di uno smorzamento viscoso equivalente da determinarsi in corrispondenza di ciascuno stato limite. Si esegue, così, l’analisi limite per ogni singola coppia (categoria edilizia – stato limite) ottenendo, sia pur in maniera poca approssimata, la soglia di spostamento d’interpiano corrispondente.

La domanda sismica, nell’approccio considerato, è espressa in forma di spettri di spostamento. In linea generale, tali spettri possono essere spettri di progetto assegnati per diverse categorie di terreno di fondazione o possono, altresì, derivare da studi più dettagliati effettuati per l’area territoriale indagata (di qui la possibilità di integrare in input le caratteristiche dell’azione sismica, cfr. Tabella 7). Per tenere conto della dissipazione energetica che il sistema è in grado di manifestare in campo plastico, lo spettro elastico è corretto in funzione della duttilità richiesta o, analogamente, di uno smorzamento viscoso equivalente (come succede nel metodo HAZUS). Lo smorzamento viscoso equivalente determinato per ogni stato limite corrisponde al target di duttilità relativo allo spostamento limite imposto ed è quindi adatto a correggere lo spettro elastico. Ogni stato limite, così, può essere rappresentato da un rettangolo nel piano dello spettro di spostamento, definito in ascisse dai limiti Tmin e Tmax caratterizzanti il periodo fondamentale di

vibrazione del sistema ed in ordinate dalle soglie δeq, min e δeq, max di capacità di spostamento della

tipologia edilizia indagata. L’intersezione dello spettro di risposta con il rettangolo di capacità ricavato per ogni stato limite rappresenta la soglia di sicurezza per il fissato stato limite e per la tipologia edilizia considerata (Figura 18).

Figura 18: esempio della correlazione tra capacità strutturale e domanda sismica (su terreno rigido-firm e morbido- soft) per LS4 della classe III di edifici con numero di piani-storeys variabili (Calvi, 1999)