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UNA SINTESI DEL DOCUMENTO PRESENTATO DURANTE L’AUDIZIONE ALLA PISANA

Nel documento La fisiologia della morte (pagine 43-47)

L’eccesso di offerta produce, di per sé, ef- fetti di distorsione non solo economica, ma anche nella qualità e appropriatezza delle prestazioni erogate; ma tali effetti distorsivi non possono essere eliminati esclusivamente disattivando i posti letto non performanti, senza che si realizzi, con- testualmente, un potenziamento dell’as- sistenza intermedia e di base, al fine di garantire alla popolazione un’adeguata risposta ai bisogni di salute fino ad oggi impropriamente erogata in ambiente ospe- daliero.

Inoltre, l’analisi sui posti letto per acuti di- sattivabili non pare tener conto dell’esi- genza che alcune prestazioni siano eroga- te vicino ai luoghi abituali di residenza dei cittadini (ad esempio: l’emergenza, la dia- lisi, la salute mentale, etc), mentre le pre- stazioni ad alta e altissima complessità, invece di essere distribuite nel territorio, andrebbero concentrate nelle strutture di II° livello, affinché gli investimenti in tec- nologia siano davvero produttivi e il nume- ro dei casi trattati possa essere l’elemen- to che, insieme ad altri fattori, contribui- sca alla maggiore e costante evoluzione della professionalità degli operatori.

Al fine di corrispondere alle esigenze di elevata complessità e di avanzata tecno- logia che vanno progressivamente con- centrandosi in ospedale, nonché per ot- temperare all’esigenza di rispondere ai bisogni complessi del cittadino fragile nei servizi distrettuali, si ritiene opportu-

na la programmazione di formazione post base finalizzata all’implemen- tazione dell’infermiere specialista

(legge 43/2006): in area critica, in assi- stenza chirurgica, in nefrologia e dialisi, etc. in ospedale; in sanità pubblica, in ge- riatria, in gestione della disabilità, in sa- lute mentale, etc. nel distretto. Se la formazione è prevalentemente a ca- rico del professionista, la corresponsio- ne di un’indennità di esperto (mediamen- te, 1.500 euro annui lordi, corrisponden- ti alla parte fissa dell’indennità di coor- dinamento, modulati sui livelli di respon- sabilità) potrebbe essere a carico dell’Azienda, attraverso la contrattazio- ne integrativa.

Dell’individuazione delle competenze da acquisire e della programmazione del nu- mero del personale da formare potrebbe farsi carico il Collegio Ipasvi di Roma.

Due. Nell’ottica della necessaria riorga-

nizzazione e ridefinizione di offerta di ser- vizi, nel documento: “Riqualificazione del- la rete ospedaliera e potenziamento del- l’offerta territoriale nella Regione Lazio” vengono proposti prioritari interventi di

rimodulazione dell’offerta ospedalie- ra:

– riduzione dei posti letto nelle Asl ad altissimo (RM/E) o alto (RM/A, RM/D) tasso di posti letto/1.000 abitanti; – razionalizzazione e riqualificazione de-

gli ospedali Cto e Sant’Eugenio nell’Asl RM/C;

– razionalizzazione e riqualificazione del- l’offerta ospedaliera nell’Asl RM/H; – riequilibrio degli effetti del decreto

25/081 per Asl con basso tasso di po- sti letto/1.000 abitanti (Viterbo, Frosinone, Rieti, Latina, RM/B). In secondo luogo, si propongono inter-

venti di riqualificazione e potenzia- mento dell’offerta territoriale, indivi-

duando le tipologie assistenziali in cui ri- convertire le strutture disattivate: resi- denze sanitarie assistenziali (Rsa), hospi- ce, presidi territoriali di prossimità (Ptp), poliambulatori specialistici.

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Attività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

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A tal proposito, va sottolineatp che l’in- fermiere ha, storicamente e culturalmen- te, un’elevata competenza in tali struttu- re, anche grazie alla componente assi- stenziale, spesso preminente rispetto al- le esigenze diagnostico-terapeutiche. Tale professionalità potrebbe essere poten- ziata con la formazione post-base speci- fica.

Tre. Il principale riferimento utilizzato nel

Psr e nel documento: “Riqualificazione della rete ospedaliera e potenziamento dell’offerta territoriale nella Regione Lazio” per le valutazioni in merito allo stato del- l’offerta ed al fabbisogno assistenziale è rappresentato dalla Dgr 419/072. Tuttavia sarebbe opportuno prevedere ul- teriori approfondimenti sullo stato della popolazione anziana nei territori interes- sati, con valutazioni relative al livello di compromissione dello stato funzionale che possano orientare efficacemente la predisposizione di servizi adatti ed effi- caci a risolvere i reali problemi di assi- stenza sanitaria. Sarebbe opportuno

predisporre il monitoraggio dei biso- gni di salute della popolazione, co- me base per la concreta programma- zione dei servizi sanitari; tale monito-

raggio potrebbe essere efficacemente svolto dall’infermiere di comunità, peral- tro già previsto dal Psr e presente nel Ptp.

Quattro. In riferimento ai requisiti auto-

rizzativi regionali, di cui alla Dgr n. 424/06, il numero dei posti nelle strutture resi-

denziali è di 20-80; eccezionalmente, fi- no a 120 per le Rsa; massimo 30 per gli hospice; 10-40 per gli ospedali di comu- nità all’interno dei Prp. Considerato che l’attuale standard programmato prevede 2,5 posti in Rsa, residenziali o semiresi- denziali per 100 abitanti ultra 75enni (Dgr 1988/2001), nel Lazio si richiedono 12.186 posti in Rsa. Considerato, poi, che i posti nelle Rsa in corso di accreditamento so- no 1.061, risulta una carenza di 5.985 po- sti, distribuita in modo disomogeneo sul territorio regionale, mentre si ritiene di particolare importanza la garanzia di un’omogenea distribuzione dell’offerta sul territorio tale da massimizzare l’ac- cessibilità dei cittadini ai servizi e la vi- cinanza dei pazienti al proprio ambiente di vita.

A parziale copertura della carenza di servizi evidenziata, si propone l’at- tivazione di case-famiglia sanitarie, a gestione infermieristica, con 6-10 posti, eccezionalmente fino a 20, per persone non completamente autosuf- ficienti ma clinicamente stabili, se-

guite dal medico di medicina generale. Tali strutture, rispetto alla Rsa, potrebbe- ro proporre un contesto molto vicino a quello domestico, compreso il trasferi- mento degli arredi e una gestione domi- ciliare e non medicalizzata.

Per quanto riguarda gli hospice, lo stan- dard riportato nel Dm n. 43 del 22 febbra- io 2007 prevede almeno un posto letto

ogni 56 deceduti a causa di tumore, per- tanto per la Regione Lazio si evidenzia un fabbisogno di 274 posti letto, 58 in più ri- spetto all’offerta attuale e una disomo- genea distribuzione del territorio regio- nale. E i Ptp? La caratterizzazione di ba- se è riportata all’interno della DGR 433 del 19 giugno 2007, che indica la presen- za di almeno un Ptp per Distretto, mentre nessuna delle Asl coinvolte nella ricon- versione di strutture ospedaliere ne ha attivati. Entro il 31 dicembre 2008 le Asl dovranno approvare un Piano Aziendale Attuativo di un Ptp per Distretto e dovran- no attivare, entro il 2009, un Ptp in alme- no la metà dei distretti del territorio di competenza.

Si condividono finalità e funzioni, tutta- via si ritiene che la Direzione debba es- sere esercitata da un Infermiere dirigen- te (ai sensi della legge 43/2006), in quan- to l’assistenza infermieristica, nel Ptp, di- viene la funzione sulla quale s’impernia l’integrazione dei servizi sanitari al citta- dino fragile:

il Collegio Ipasvi di Roma si rende disponibile a formulare progetti di degenza a gestione infermieristica (compresi Rsa e hospice), centro diur- no a gestione infermieristica, ambu- latorio infermieristico, infermieristi- ca di comunità.

Tale modello fa propria la soluzione indi- viduata dal Psr 2008-2010: “I nuovi per- corsi che si profilano a questo punto del- la storia del Ssn individuano l’integrazio- ne a rete e la cooperazione tra erogatori come superamento dell’attuale loro com- petizione e ricercano modelli organizza- tivi che valorizzino la multidisciplinarità, l’integrazione professionale e la continui- tà delle cure rispetto alla separazione di funzioni e di specialità”.

Cinque. In particolare, la definizione

dei Presidi Territoriali di Prossimità in- dica la gestione pluriprofessionale, in assenza di rapporti gerarchici ed in pre- senza di una gestione infermieristica, sul modello del case management. Tale definizione non chiarisce completamen- te le reali possibilità gestionali in sen- so operativo, in quanto il ruolo di case manager prevede una responsabilità di risultato e la possibilità di influenzare

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il processo, soprattutto intervenendo su- gli aspetti non conformi.

I destinatari sono pazienti in fase post- acuta a progressiva stabilizzazione o par- ziale riacutizzazione, questo escludereb- be la gestione infermieristica. In altre parti del documento si evidenzia, infat- ti, tale situazione clinica come indicati- va di minor discrezionalità infermieristi- ca.

Sarebbe opportuno esplicitare con maggiore chiarezza il ruolo del case manager nella gestione infermieristi- ca indicando i criteri della “riacutizzazio-

ne” e definendo le responsabilità di tipo clinico e di tipo gestionale. Se questa strut- tura è posta come precedente ed alterna- tiva rispetto al ricovero ospedaliero, c’è la necessità di una gestione clinica specifi- ca ed interna che non sia in contrasto con la gestione generale infermieristica, i cui elementi caratteristici devono essere de- finiti in modo chiaro.

Sei. Il livello intermedio tecnico previsto

nella riorganizzazione delle Asl è indicato come tecnostruttura, ma poi viene affi- data a tale organismo l’erogazione del ser- vizio territoriale.

Sarebbe opportuno lasciare la tecno- struttura con le funzioni proprie di una

componente organizzativa di questo tipo, finalizzate a orientamento, mo- nitoraggio, verifica e progettualità, prevedendo che l’erogazione del ser- vizio abbia un riferimento più orien- tato e più competenze per le finalità specifiche e per le diverse tipologie di servizio richieste.

Sette. L’infermiere di comunità viene de-

scritto con un ruolo generico, nel quale vengono molto enfatizzati gli aspetti rela- zionali e di orientamento al cittadino nel- la fruizione dei servizi. Ne risulta, per va- ri aspetti, una figura dalle competenze con- fuse e poco rispondenti alle reali poten- zialità professionali.

Sarebbe opportuno integrare la de- scrizione dell’infermiere di comunità evidenziandone competenze, obietti- vi e risultati di lavoro. Il Collegio Ipasvi

di Roma può formulare tale descrizione.

Otto. Sul punto: “L’induzione di una cre-

scita delle attività di ricerca nel Ssr”, nel- la situazione di deficit finanziario, più che promuovere la ricerca, salvo utilizzare fon- di stanziati da altre istituzioni, sarebbe

utile promuovere il sistema Ebm ed Ebn, di ricognizione delle migliori evi- denze, di valutazione critica e di dif- fusione dei risultati validi della ricer-

ca in campo medico e infermieristi- co. In tal modo, sarebbero garantiti ritor-

ni economici e di appropriatezza delle pre- stazioni con implementazione dei percor- si di miglioramento e qualità.

Nove. Nella descrizione de ll’Ospedale per

complessità è dato risalto al ruolo infer- mieristico.

La dichiarazione risulta generica, poiché tale ruolo e le relative competenze non so- no chiariti: in particolare, il diverso model- lo organizzativo/gestionale che potrebbe essere applicato e quale potrebbe essere il concreto contributo della professionali- tà infermieristica.

Sarebbe opportuno definire il colle- gamento tra il nuovo modello organiz- zativo e i diversificati percorsi di in- fermiere esperto che potrebbero essere

riconosciuti a livello aziendale.

Dieci. Nel sistema delle tariffe non ci so-

no accenni alle prestazioni/attività infer- mieristiche, anche se nel documento si par- la molto della componente infermieristica come valore di miglioramento.

Il Collegio Ipasvi di Roma può proporre stu- di per la definizione di indicatori dell’assi- stenza infermieristica da considerare nel sistema tariffario.

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Nel documento La fisiologia della morte (pagine 43-47)