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Una visione di sistema per l’area del Sarno

Giulia Boller1

Introduzione

Il bacino del fiume Sarno è caratterizzato da una maglia architettonica, culturale e paesaggistica profondamente radicata nel territorio, ma che nello stesso tempo presenta numerosi elementi di criticità legati all’in- quinamento e al rischio idrogeologico. Per questo motivo, il workshop si è concentrato sull’individuazione di tattiche funzionali alla rivalo- rizzazione e alla riqualificazione della porzione territoriale interessata, facendo uso del paesaggio come strumento della progettazione.

Per le sue caratteristiche, l’area della valle del Sarno costituisce un importante caso studio per sperimentare strategie progettuali che siano in grado di rimettere in un nuovo ciclo di vita l’esistente, valo- rizzando e riqualificando paesaggi peculiari che negli ultimi anni sono stati rifiutati dalla popolazione che vi abita. I ventiquattro chilometri lungo i quali si snoda il fiume che dà il nome alla zona intersecano i segni del paesaggio campano, legati profondamente alla cultura e all’economia del luogo. Nello stesso tempo, essi sono difficilmente ri- conoscibili nella loro interezza, a causa dei processi antropici che si sono succeduti e che hanno reso il bacino del Sarno una delle zone a più alto rischio idrogeologico della regione Campania, teatro di nu- merosi eventi disastrosi che hanno portato a diverse esondazioni, con conseguenze anche gravi sulla popolazione. Per questo motivo si rende necessario un profondo ripensamento dell’intero sistema territoriale. A tal proposito, un primo approccio progettuale rispetto all’area individuata è stato attento e scrupoloso, a causa della complessità e la diversità degli elementi presenti. I processi naturali e antropici hanno reso possibile l’individuazione di tre diversi elementi tematici, su cui si

sono basate le tattiche presentate a conclusione della giornata di lavori. La vasca di laminazione in località Muro Rotto, i due parchi fluviali scarsamente utilizzati e il centro storico della città di Sarno. Essi fanno parte dei grandi segni che caratterizzano il paesaggio, ma dei quali non è facile avere una visione di sistema, in grado di tenere insieme le complessità esaltandone i valori paesaggistici, culturali, economici e soprattutto la potenziale qualità degli spazi aperti.

Contesto

In particolare, ci si è concentrati su alcune porzioni territoriali fortemente connotate dalla presenza delle tre sorgenti che danno origine al fiume Sarno, ma che individuano un paesaggio degradato e scarsamente valo- rizzato. Ognuna di esse possiede un suo carattere specifico che richiede di essere ripensato all’interno di una visione organica, in modo da ricreare una narrazione unitaria che dia un nuovo valore e un nuovo senso al pa- esaggio campano. Proprio per questa ragione, la proposta progettuale ha preso avvio dall’interpretazione del paesaggio che contraddistingue le tre sorgenti. Elemento narrativo risulta sempre essere l’elemento dell’acqua, nelle sue diverse sfaccettature e nei suoi diversi usi.

La località denominata Foce, che prende il nome dalla prima delle tre sorgenti, è sede di uno dei più importanti acquedotti dell’Italia me- ridionale e si trova in posizione periferica rispetto alla città di Sarno. L’attività antropica si presenta in modo marcato, anche se è molto forte il rapporto con l’elemento naturale, come si può vedere dalla presenza dei due parchi urbani, il “Parco 5 Sensi” e il “Parco Lineare Fluviale”. Gli elementi di criticità sono numerosi, dalla loro apertura ridotta alle piccole dimensioni degli stessi, motivo per cui risulta complesso il loro inserimento in un sistema territoriale più ricco e articolato. Nonostante la presenza dell’acqua di rio Foce e gli sforzi della cooperativa locale per mantenere attive queste aree, entrambi sono scarsamente utilizzati dalla popolazione e di conseguenza per lo più rimangono chiusi. Da luoghi di aggregazione e di socialità diventano dunque vuoti urbani in cui il degrado e l’abbandono sono gli elementi dominanti.

Una possibile strategia potrebbe essere quella di trasformare il parco da semplice luogo di piacere e del tempo libero a dispositivo progettuale che sia in grado di fornire determinate prestazioni ecolo- giche, ambientali e in genere di qualità spaziale.

Una visione di sistema per l’area del Sarno 47 Rio Palazzo, invece, si trova nell’aggregato urbano della città di Sarno e per questa ragione per lo più si presenta coperto da tratti stradali asfaltati. La sua presenza si ritrova nelle foto e nelle carto- line d’epoca, come memoria di un passato in cui l’acqua era legata profondamente all’economia e alla vita urbana. Per questo motivo, nella porzione territoriale considerata, si propongono solo interventi distribuiti lungo il territorio urbano, come percorsi ciclabili, in modo da poter tenere insieme il racconto progettuale all’interno del sistema a parco della valle del Sarno.

L’ultima sorgente della piana del fiume Sarno, Rio Santa Marina, attraversa un territorio prevalentemente agricolo, in cui l’acqua mar- ca il paesaggio nella texture delle coltivazioni presenti. Essa delimita i campi ed in questo modo definisce una trama ricca e complessa di rapporti tra le parti, rendendo immediatamente riconoscibile dall’alto la sua tessitura. In questo caso l’acqua aiuta a leggere un paesaggio che è difficilmente comprensibile tramite gli strumenti della geome- tria euclidea, poiché esso è caratterizzato da moltissimi fattori come il cambiamento delle stagioni, le esondazioni, la siccità, così come l’uso e le alterazioni prodotte dall’uomo (Stockman, 2013).

Alle tre sorgenti appena descritte si aggiunge la porzione territo- riale in località Muro Rotto, dove è presente una vasca di laminazione, intervento realizzato solo di recente, ma che si è reso fondamenta- le per la sicurezza del territorio, poiché contribuisce alla mitigazione del rischio idrologico-idraulico. Esso è il primo tentativo nell’area del Sarno di integrare soluzioni ingegneristiche con la progettazione alla scala del paesaggio, per garantire alte prestazioni tecniche, ma nello stesso tempo mantenere un alto livello di qualità degli spazi aperti. Nel passato, infatti, ci si è sempre rapportati all’elemento dell’acqua con un approccio tecnico-ingegneristico, preferendo soluzioni dure atte a difendere il territorio e relegando ad un grado subordinato la condi- zione legata alla qualità degli spazi aperti e del rapporto tra l’ambiente antropico e quello naturale. Quest’ultima, infatti, era considerata per lo più come un mero abbellimento di un’azione pragmatica che per sua natura non poteva racchiudere qualità spaziali. Ora, come nel caso campano di Muro Rotto, è necessario ripensare questa modalità, adot- tando il paradigma della resilienza in funzione di una migliore gestione degli eventi estremi, con un approccio interdisciplinare e adattivo nei confronti della relazione ambiente costruito - bacino fluviale. Il rischio in questo caso non è più considerato come un fattore di disturbo che

ostacola la progettazione, ma al contrario diventa un elemento che fa parte del progetto di paesaggio, arricchendolo e completandolo. Ciò che però va ripensato è il rapporto di questo progetto con una visione di sistema, in cui sia possibile trovare nuove forme di coesistenza tra architettura, infrastruttura e natura (Stockman, 2013). In questo caso risulta particolarmente interessante il possibile rapporto con la vicina cava dismessa, un vuoto ricco di potenzialità che deve essere rimesso in un nuovo ciclo di vita, trovando un nuovo senso all’interno delle dinamiche del bacino del fiume Sarno.

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