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L'Unione europea e la scelta di un modello che privilegia lo spazio policentrico

Professore associato di Diritto costituzionale Sapienza Università di Roma

3. Lo spazio politico dell'Unione europea: caratteri general

3.2. L'Unione europea e la scelta di un modello che privilegia lo spazio policentrico

I processi federali che avrebbero assegnato all'Unione europea un territorio politico sul modello classico al momento sembrano essere stati accantonati.

La scelta dell'organizzazione territoriale dell'Unione sembra seguire una direzione nuova e per certi versi opposta a quella che ha favorito la formazione degli stati assoluti e la loro evoluzione: se il successo di quelle formazioni politiche è dipeso dalla progressiva unità territoriale e nella sovranità esclusiva, il modello che emerge come peculiare all'Unione, invece, segue la strada di un policentrismo territoriale e di una conseguente frammentazione della sovranità su questi spazi territoriali.

Tale pluralismo si connota per la trasfigurazione di spazi regionali e comunali assemblati in modo nuovo e finalizzati alla loro stessa espansione economica e produttiva e per la scelta di modelli che privilegiano scale territoriali diverse rispetto a quelle statali. Lo spazio proprio dell'Unione, dato dalle Euroregioni, comporta una frammentazione dei territori politici degli Stati membri e contemporaneamente una loro ricomposizione in spazi europei senza alcuna identità storica o giuridica. La scelta di privilegiare uno spazio europeo policentrico e diverso da quello unitario degli Stati membri era già stata operata con la conferenza intergovernativa di Postdam nel 1999, tra i ministri competenti in materia di sviluppo del territorio, che ha dato vita al documento informale chiamato European Spatial Development Perspective (ESDP)43. Questo ha rappresentato una tappa intermedia di un lungo percorso di

definizione dello spazio europeo. L'elaborazione di una strategia comune tendeva a privilegiare le azioni finalizzate allo sviluppo all'interno dello spazio, soprattutto quello economico, in linea con la natura dell'Unione.

Una serie di conferenze intergovernative successive tra i ministri competenti ha identificato le zone chiave dello sviluppo (economico) europeo, che non è finalizzato a politiche uniformi sul territorio, ma a privilegiare lo sviluppo di alcune grandi città e di alcuni agglomerati urbani, aree che meglio si confanno ai mercati mondiali. Ciò non significa che sia trascurato lo scopo della coesione sociale, tuttavia la crescita dell'integrazione economica all'interno del mercato europeo difficilmente si coniuga con quest'ultima. Anzi, quanto più si tratta di introdurre il mercato globale all'interno delle istituzioni locali, tanto più la coesione sociale viene accantonata sia perché queste politiche risultano di più difficile

43 A. Faludi, From European Spatial Development to Territorial Cohesion Policy, in Regional Studies, vol. 40, 2006, pp. 667 e ss. e

ID., Territory: An Unknown Quantity in Debates on Territorial Cohesion, in European Journal of Spatial Development, vol. 51, 2013, pp. 2 e ss.

realizzazione su territori spuri come questi che si stanno ricostruendo su base europea, sia perché il senso delle città globali è proprio quello di una maggiore capacità di attrarre i mercati internazionali, convogliando ricchezze e capitali in modo esponenziale e per definizione disuguale44. Nonostante

l'accordo ESDP menzioni in più punti la necessità di uno sviluppo sostenibile e capace di mitigare le disuguaglianze, comprese quelle tra le città e le zone rurali, di fatto gli investimenti più rilevanti riguardano le grandi città e gli agglomerati urbani.

Le grandi città metropolitane nell'accordo sono considerate " larger geographical zone of global economic integration", tra di esse, le più importanti costituiscono il "pentagono europeo", composto da Londra, Parigi, Milano, Monaco e Amburgo, città globali che offrono servizi, reti, capitale economico e finanziario. Si delinea, infatti, un interesse prevalente per le attractive cities e per il loro territorio contiguo, costruzione ideale per rafforzare un sistema policentrico costituito da Regioni metropolitane, distretti urbani (definiti city cluster, con una denominazione che richiama la loro natura economica) e reti urbane45.

Tali nuove forme territoriali sono considerate dei veri e propri "territorial capital"46, delle risorse

economiche o per meglio dire delle vere e proprie merci. Il fenomeno è ormai dilagante e non solo in Europa. Esso comprende tutte quelle attività che possono ricondursi a politiche di consumo estremo del territorio, spesso completamente disgiunte dalle politiche di produzione sullo stesso: si pensi alla pratica del "land grabbing", ma anche alle più risalenti politiche di "gentrificazione", che non tengono in alcun conto dell'identità dei luoghi nei quali avvengono tali politiche47.

La questione della mercificazione del territorio, visto come vettore economico e di produttività, era già stata colta con la nascita dei distretti industriali, nozione che era stata coniata da Alfred Marshall48.

L'economista inglese aveva osservato come l'aggregazione di piccole imprese su una scala territoriale più grande e competitiva comportasse una maggiore produttività delle stesse. È solo l'aspetto economico però che se ne giova, non il territorio in sé che, semmai, rischia di essere impoverito dall’assenza di una diversificazione produttiva. Quest'ultimo profilo, svantaggioso sul lungo periodo, non è stato però al centro di una seria riflessione, mentre la maggiore e immediata ricchezza che

44 Si vedano, sul punto, E. Olivito, (Dis)eguaglianza, città e periferie sociali: la prospettiva costituzionale e A. Poggi, Le dimensioni

spaziali dell’eguaglianza, entrambe in Rivista AIC, n. 1, 2020.

45 M. Perkmann, Construction of new territorial scales: A framework and case study of the EUREGIO cross-border region, in Regional

Studies, 2007, vol. 33, pp. 657 e ss. Si permetta anche di rinviare a I. Ciolli, Le modèle polycentrique de division du territoire national et les transformation en droit constitutionnel, in Rivista AIC, 3, 2012.

46 R. Camagni, R. Capello, Regional Competitiveness and Territorial Capital: A Conceptual Approach and Empirical Evidence from

the European Union, in Regional Studies, 2013, Vol. 47, pp. 1385 e ss.

47 S. Sassen, Land Grabs today: Feeding the disassembling of national territory, in Globalizations, 2013, pp. 25. e ss. L. Paoloni,

Land grabbing e beni comuni, in M. R. Marella, Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, Roma, 2012, pp. 139 e

ss. e, più di recente, C. Salazar, Territorio, confini, "spazio": coordinate per una mappatura essenziale, in Associazione italiana dei

costituzionalisti. Di lacune grandi categorie del diritto costituzionale, cit., p. 596.

l'aggregazione delle imprese in enti quali i distretti industriali è stata accolta con favore, tanto che in Italia il settore è stato prontamente disciplinato con normative ad hoc49. Lo stesso è accaduto con i

cosiddetti accordi di rete, che rendono evidente la commistione tra istituzioni pubbliche e imprese e privati, che si trovano a concordare tutti sullo stesso piano la gestione di questi enti ibridi; la normativa sul tema, infatti, non solo rinvia a dei veri e propri contratti tra le piccole e medie imprese protagoniste del distretto, ma dispone che la disciplina del settore sia quasi esclusivamente disciplinata dagli stessi50.

Insomma, si evidenzia così un pluralismo, anzi un coacervo di fonti di varia natura che insistono tutte su uno stesso territorio, ormai plurale51.

Poiché il fenomeno investe l'Europa intera, ciò sta a dimostrare una vivacità, ma anche una palese anarchia della gestione del territorio dell'Unione. Negli Stati membri questi fenomeni sono moderatamente controllati dal potere pubblico centrale, sebbene sempre più a fatica, mentre nell'Unione tale politiche sembrano essere incentivate liberamente.

Visto il prosperare di queste forme ibride di territori produttivi, l'eventuale conversione a un modello federale tradizionale da parte dell'Unione europea sembra tramontare; quel modello storico di ripartizione di competenze e di territorialità organizzata è stato considerato troppo rigido e soprattutto spesso le disposizioni da cui trae legittimazione son contenute in norme di rango superiore, difficilmente modificabili. Di conseguenza, quell'assetto territoriale diviene incompatibile o almeno poco funzionale rispetto a questi processi di formazione di spazi fluidi e in via di definizione.

Esistono inoltre altri tipi di istituzioni territoriali in Europa costruite per non coincidere con i confini nazionali52. Le politiche relative allo sviluppo di nuovi territori sono affidate all'Unione e non più agli

Stati membri. Nel migliore dei casi, quindi, abbiamo territori che competono con quelli statali. Come ha giustamente sottolineato Andreas Faloudi, siamo passati molto rapidamente da uno sviluppo geografico dell'Unione ad una politica territoriale che, per il momento, si limita alla competenza condivisa tra Unione e Stati membri a favore della coesione territoriale53.

La European Spatial Development Perspective parla di "spacial approach" lasciando sottinteso che le politiche comunitarie si inseriscono in una superficie neutra che viene di volta in volta riempita da programmi comunitari e da azioni statali o da politiche miste: viene menzionato nei primi paragrafi del documento (par. 1.1) il lemma territorio inteso come "new dimension of European policy", ma senza che sia offerta

49 I distretti industriali sono stati disciplinati per la prima volta in Italia con L. 5 ottobre 1991, n. 317

50 La possibilità di disciplinare con veri e propri contratti gli accordi tra medie e piccole imprese per costituire una rete

produttiva e contenuta nell'art. 3, commi 4- ter e 4- quinques del D. L. n. 5 del 2009, convertito in L. 9 aprile 2009, n. 33.

51 Così anche AA. VV., La mobilisation du territoire: les districts industriels en Europe occidentale du XVII au XXe siècle, Paris,

2007.

52 N. Brenner, Global cities, glocal States: global cities formation and State territorial restructuring in contemporary Europe, in Revue of

international political economic, 1998, pp. 1 e ss.

alcuna definizione specifica. L'attenzione, infatti, è riservata a questo spazio di intervento economico e in subordine anche politico, ove si svolgono le attività di promozione europea, volte a colmare le differenziazioni tra Regioni povere e ricche, ma in sostanza finalizzate a creare dei mercati su quelle superfici condivise dall'Unione e dagli Stati membri54.

Successivamente, l'European Spatial Development Perspective si è consolidato anche dal punto di vista normativo e ha trovato una sua autonoma disciplina.

L'art. 14 TFUE promuove la coesione sociale e territoriale dell'Unione e degli Stati membri, secondo le rispettive competenze e l'art. 36 della Carta dei diritti dell'Unione riconosce la promozione della coesione sociale e territoriale dell'Unione e l'accesso ai servizi d'interesse economico generale previsto dalle legislazioni e dalle prassi statali, conformemente ai Trattati. A questi riferimenti si sono aggiunti anche altri documenti riferiti al territorio europeo, sempre in funzione dell'espansione economica e di una migliore produttività dei territori dell'Unione55.