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L’uso degli inibitori di cristallizzazione per la conservazione dei materiali lapidei poros

C1= PIETRA CANTONE

3. La mitigazione del danno da cristallizzazione salina

3.3. L’uso degli inibitori di cristallizzazione per la conservazione dei materiali lapidei poros

Di recente gli inibitori di cristallizzazione sono stati sperimentati nel settore della conservazione dei materiali lapidi porosi. Sono stati testati numerosi prodotti come ferricianuro di sodio e potassio (NaFeC e KFeC) [9;55;56;61;63], fosfonati (acido dietilentriamminopantakis metilfosfonico, DTPMP) [55;64], tensioattivi [62] e fosfocitrati [67]. In questi studi è stato riscontrato che l’applicazione dell’inibitore, accanto alle altre funzioni precedentemente esposte, può favorire

la formazione di efflorescenze piuttosto che delle subefflorescenze

[9;55;56;61;63;67]. Tuttavia alcuni meccanismi risultano ancora incompresi e la loro efficacia risulta limitata soprattutto nei confronti di sali poco solubili e sali che possono cambiare fase in funzione delle condizioni microclimatiche [55;56;62].

Alcuni prodotti modificano fortemente la morfologia dei cristalli di sale [55;56;61;63;67]. Il NaFeC può modificare fortemente la morfologia dell’NaCl: provini cubici di arenaria, immersi in soluzione con lo 0,001M di NaFeC in soluzione al 10% P/P di NaCl, durante l’evaporazione sviluppano efflorescenze che cristallizzano in condizioni di alta sovrasaturazione assumendo una

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morfologia ramificata, ben diversa dalla sua forma cubica di equilibrio [55]. In Fig. 3.1 vengono riportate le immagini dei campioni sottoposti a cristallizzazione salina in NaCl negli esperimenti condotti da Lubelli et al. [55]. In Fig. 3.1 a le efflorescenze di NaCl sono caratterizzate da croste molto compatte, mentre in Fig. 3.1 b è visibile che l’applicazione dell’inibitore modifica fortemente la morfologia in quanto i cristalli assumono una struttura ramificata.

Figura 3.1 a) Efflorescenze di NaCl in un’arenaria dopo immersione in NaCl al 10% P/P. b) Efflorescenze di NaCl dopo immersione in NaCl al 10 % P/P più soluzione 0,001 M di NaFeC [55].

In questi stessi provini sono presenti variazioni anche all’interno della matrice porosa. L’analisi ESEM mostra che nel caso dell’immersione nella soluzione di NaCl, all’interno della pietra i cristalli di NaCl precipitano principalmente sulle pareti dei pori ricoprendo completamente i pori della pietra come visibile in Fig.3.2.

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Con l’aggiunta dell’inibitore i cristalli assumono dimensioni minori rispetto al caso precedente e occupano piccoli spazi tra i pori senza occluderli completamente come visibile in Fig.3.3 [55].

Figura 3.3 Immagine ESEM di arenaria contaminata da NaCl più 0,001M di NaFeC [55].

Risultati simili sono stati ottenuti anche da Gupta S. [9]. Campioni di laterizi e arenaria sono stati imbibiti in soluzione con 0,001M di Ferricianuro di K in soluzione 3M di NaCl. Il risultato è un incremento delle efflorescenze e la modificazione della morfologia dei cristalli. Questo produce un incremento della superficie specifica di evaporazione che genera un aumento della velocità di evaporazione della soluzione.

Numerosi studi hanno dimostrato che l’efficacia degli inibitori salini dipende da diversi fattori tra cui la struttura porosa del materiale contaminato, la natura

del sale da rimuovere, la concentrazione dell’inibitore, il pH del substrato e le modalità di applicazione dell’inibitore (Fig. 3.4) [55;56;61-68].

La struttura porosa del materiale contaminato dai sali rappresenta una delle variabili che possono condizionare l’efficacia del trattamento con gli inibitori salini [55;56;61].

In Lubelli et al. [55] viene valutato il rapporto efflorescenze/subefflorescenze in substrati differenti (calcare, arenaria laterizio) durante l’evaporazione in seguito a immersione totale di 0,001M di NaFeC in soluzione 10% P/P di NaCl. Nel calcare e nel laterizio, durante l’evaporazione, viene incrementata la velocità di evaporazione della soluzione e la capacità di produrre efflorescenze. Nell’arenaria questo aspetto non viene invece evidenziato. La differenza è attribuita alla microstruttura porosa dell’arenaria che, avendo una distribuzione

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unimodale delle classi di pori (30≤r≥10 µm), subisce un’interruzione nel processo di trasporto della soluzione. Tale interruzione nel trasporto è legata al fatto che l’arenaria utilizzata per gli esperimenti non presenta una rete di pori più piccoli che può garantire il trasporto del liquido. Questa rete di pori più piccoli è invece presente nel calcare e nel laterizio in cui è stato riscontrato l’incremento nella capacità di produrre efflorescenze

Figura 3.4 Schema del funzionamento degli inibitori di cristallizzazione nell’inibizione della cristallizzazione di sali solubili in matrici lapidee porose.

Effetti simili sono stati riscontrati anche in Rivas et al. [61]. Negli esperimenti condotti sui graniti Rodas e Monçao sono stati testati il NaFeC e KFeC; i campioni (3x3x12 cm) sono stati sottoposti a risalita capillare in NaCl più il modificatore di cristallizzazione (NaFeC e KFeC) aggiunto in differenti concentrazioni (0,1% P/P e 0,01% P/P); nel caso del granito Rodas, l’aggiunta dei modificatori alla soluzione porta all’incremento del rapporto efflorescenze/subefflorescenze rispetto alla situazione del campione in risalita capillare nel solo NaCl. Il granito Rodas presenta una porosità aperta del 5,90%, con il 63% dei pori nel range 0,1- 0,01 µm. Questo fatto, in presenza di solo NaCl, porta a un notevole degrado dato dallo sviluppo di alte pressioni di cristallizzazione nei pori piccoli. Invece, in presenza di inibitori, l’alta comunicabilità tra i pori favorisce il trasporto del sale all’esterno con l’aumento del rapporto efflorescenze/subefflorescenze. Viceversa nel granito Monçao non viene osservato questo miglioramento. Questo fatto è ascrivibile alla differente struttura porosa del granito Monçao, caratterizzata da una bassa porosità aperta (0,97%) e una microstruttura porosa complessa che impedisce la comunicabilità tra i pori rallentando le cinetiche di evaporazione.

L’efficacia degli inibitori salini nel favorire la formazione di efflorescenze piuttosto che subefflorescenze può dipendere anche dalla natura del sale da rimuovere ed è direttamente proporzionale alla solubilità del sale da rimuovere [55;56]. In Selwitz et al. [56] il KFeC usato all’1% P/P nel calcare Monks Park da buoni esiti quando aggiunto alla soluzione 5% P/P di NaCl e anche in quella al 20% P/P; il campione, sottoposto a risalita capillare nella soluzione di KFeC più

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NaCl, presenta un quasi totale sviluppo di efflorescenze. Questo rappresenta un miglioramento rispetto alla situazione di degrado ottenuta trattando i campioni con il solo NaCl, in cui era presente un grande sviluppo di subefflorescenze nel campione. Nello stesso sistema, quando al posto dell’NaCl viene utilizzato l’Na2SO4, si ottiene un leggero miglioramento nella formazione di

subefflorescenze ma comunque minore rispetto al caso dell’NaCl. Questo è attribuito alla maggiore solubilità dell’NaCl rispetto a quella del solfato anidro Na2SO4 a 25°C rispettivamente 360 g/l [69] e 281 g/l [70].

La concentrazione dell’inibitore rappresenta un’altra variabile che influenza il sistema [56;61;63;65;66]. In Selwitz et al. [60] viene dimostrato che nel calcare Monks Park, in risalita capillare in NaCl al 5% P/P e 20% P/P, la concentrazione ottimale di KFeC da aggiungere alla soluzione per limitare le subefflorescenze è tra l’1% e lo 0,01% P/P mentre allo 0,001% P/P non si ottengono effetti sostanziali e l’esperimento da risultati simili a quelli rilevati nel sistema senza inibitore. Tuttavia elevate concentrazioni possono causare degli effetti indesiderati: negli esperimenti in cui, invece di NaCl, viene usato Na2SO4 si

evidenzia un sostanziale viraggio cromatico, dato dallo sviluppo di efflorescenze giallo scuro quando il KFeC è usato all’1% P/P.

L’efficacia di alcuni inibitori può dipendere inoltre dal PH del substrato [55;64]. L’efficacia del DTPMP per esempio è massima a pH 8, che può essere ottenuto aggiungendo Na(OH) alla soluzione. L’efficacia viene limitata in substrati molto alcalini come calcari (composti prevalentemente da calcite) e laterizi (che presentano una grande quantità di ossidi di alluminio e ferro). Invece nelle arenarie, che presentano un’elevata percentuale di quarzo, l’utilizzo del DTPMP a pH basico può aumentare la capacità di formazione delle efflorescenze [55]. Lubelli et al. valutano la capacità di favorire le efflorescenze su diversi litotipi; in particolare nelle arenarie sottoposte a immersione totale in una soluzione al 10% P/P di Na2SO4 più soluzione 0,001 M di DTPMP a pH 8 emerge che, durante

la successiva evaporazione, le efflorescenze incrementano rispetto a quelle rilevate dopo l’immersione nella sola soluzione al 10% di Na2SO4 P/P.

La modalità di applicazione dell’inibitore può anch’essa influenzare l’efficacia del trattamento [55;67]. Lubelli et al. [55] ritengono la responsabile del degrado l’applicazione dell’inibitore a spruzzo su campioni contaminati da NaCl e Na2SO4.

L’applicazione a spruzzo favorisce la dissoluzione dei sali e la veloce ricristallizzazione degli stessi. Questo fatto è stato dimostrato spruzzando dell’acqua sui campioni contaminati dai sali e verificando, in questi, lo sviluppo di un degrado più intenso caratterizzato da fessure e distacchi rispetto ai campioni che non erano stati spruzzati con l’acqua.

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