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Utilizzabilità della prova tributaria in sede penale

Nel nostro ordinamento giuridico in alcuni casi è consentita l’acquisizione di un elemento probatorio formato in un diverso procedimento, in altri, invece, non è possibile sfruttare le prove che provengono da altri processi.

Andremo ora ad analizzare, nello specifico, la questione relativa all’utilizzabilità nel processo penale degli atti acquisiti o formati nel procedimento tributario.

La risoluzione di questo problema non è così semplice visto che, in taluni casi, può addirittura accadere che sia concesso utilizzare determinate prove in alcune fasi del processo penale, ma non in altre43.

È bene, dunque, fare una distinzione tra la fase delle indagini preliminari e quella del dibattimento.

Nella fase delle indagini preliminari possono essere utilizzati tutti gli elementi probatori raccolti dagli organi accertatori in sede di verifica, che comprendono il processo verbale di constatazione, gli avvisi di accertamento, i verbali di perquisizione e sequestro, i risultati degli accertamenti bancari, i documenti extracontabili rinvenuti nella

41 Ivi, p. 313 42 Ivi, p. 314

43 E. Di Nicola, G. Flora, C. F. Grosso, M. Nobili e T. Padovani, Responsabilità e processo penale nei

disponibilità di terzi o del contribuente, a condizione che non siano stati acquisiti in violazione di divieti stabiliti dalla legge44. Tali elementi, dunque, contribuiranno a formare il quadro probatorio sulla base del quale il pubblico ministero deciderà come procedere. Va precisato, però, che, nel caso in cui siano stati rilevati indizi di reato, le fonti di prova dovranno essere raccolte nel rispetto dell’art. 220 delle disposizioni di attuazione al c.p.p. D’altro canto, invece, rimangono acquisibili gli elementi di prova rilevati prima del’insorgenza di indizi di reato, in base a quanto disposto dagli artt. 332 e 347, comma 1 c.p.p., in merito alla denuncia e alla comunicazione della notizia di reato. L’unico limite all’utilizzabilità degli atti acquisiti nelle indagini preliminari come prova deriva dall’art. 191 c.p.p., il quale stabilisce che non possano essere utilizzate le «prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge» e che «l’inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento».

Occorre precisare che cosa si debba intendere per “inutilizzabilità”, dato che molto spesso questo concetto viene equiparato erroneamente a quello di nullità. La nullità attiene all’inosservanza di alcune formalità di assunzione della prova, a dei vizi che comportano il venir meno di alcuni elementi peculiari45. L’inutilizzabilità, invece,

consiste nell’«inidoneità dell’elemento probatorio ad avere efficacia in funzione della decisione e quindi comporta l’impossibilità di inserire quell’elemento nel fascicolo del processo»46. Questa, dunque, va a colpire non solo le prove sfavorevoli al soggetto, ma anche quelle indifferenti o favorevoli allo stesso, nelle quali il divieto di utilizzo, sia posto a garanzia dell’attendibilità dell’accertamento del fatto.

Un regime differente opera nella fase dibattimentale, nella quale possono costituire delle prove solamente i documenti, gli atti irripetibili e quelli che vanno a costituire il “corpo del reato”47, come le fatture e gli altri documenti per operazioni inesistenti o la documentazione extracontabile. Le presunzioni, invece, non possono essere annoverate tra le prove, ma saranno valutate come indizi, purché rispettino le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza. Nel rispetto dell’art. 431, comma 1, c.p.p., non sono acquisibili gli atti compiuti dagli organi accertatori nello svolgimento delle funzioni di polizia tributaria. Tale articolo, tuttavia, al comma 2, precisa che le parti possono

44 S. Gennai e A. Traversi, I delitti tributari. Profili sostanziali e processuali, cit., p. 227 45 P. Consiglio, Le istruzioni dell’amministrazione finanziaria, cit., p. 669

46 Ivi, p. 669

47 I. Caraccioli, A. Giarda e A. Lanzi, Diritto e procedura penale tributaria: commentario al D. lgs. 10

«concordare l’acquisizione a fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero», includendo, perciò, anche gli atti oggetto di verifica fiscale. Possono essere inseriti anche gli atti compiuti dalla Guardia di Finanza in qualità di organo di polizia giudiziaria, ma saranno soggetti alla disciplina del segreto investigativo, ragion per cui non potranno essere comunicati agli Uffici finanziari senza l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria48. Tali atti, inoltre, dovranno essere

classificabili come atti non ripetibili. Fra questi i verbali di perquisizione e di sequestro e i verbali di accertamento che fanno riferimento all’art. 354, comma 2, c.p.p.. Controversa è la questione relativa all’efficacia probatoria del processo verbale di constatazione. La dottrina prevalente ha negato che questo possa essere inserito nel fascicolo del dibattimento come condizione di procedibilità, cosa pertinente al reato o atto irripetibile compiuto dalla polizia giudiziaria49. Dello stesso avviso appare anche la

Corte di Cassazione, la quale ritiene che «il verbale di constatazione della polizia tributaria non può essere considerato atto irripetibile salvo che per quelle parti che documentino situazioni modificabili (per es. la consistenza del magazzino, le risultanze di documentazione contabile che non viene sequestrata o altre situazioni soggette a variazioni per opera del tempo o delle persone)»50. La stessa Corte ha, però,

riconosciuto che il processo verbale di constatazione, essendo qualificabile come documento extraprocessuale ricognitivo di natura amministrativa, può essere acquisito nel dibattimento sulla base dell’art. 234 c.p.p.. «In tema di prova documentale, può essere acquisito ex. art. 234 c.p.p. anche il processo verbale di constatazione della polizia giudiziaria; pur se con l’avvertenza che da tali atti non può trarsi la prova dei fatti in essi descritti ma possono ricavarsi elementi di giudizio – solo se relativi ai fatti documentali in essi rappresentati – che il giudice, in base al suo libero convincimento, può utilizzare anche in senso favorevole all’imputato e comunque nell’ottica del perseguimento del fine primario del processo penale e cioè l’accertamento della verità»51. Tale documento, quindi, non può né essere visto come atto processuale,

giacché non è previsto dal codice di rito o dalle norme di attuazione, né essere qualificato come “particolare modalità di inoltro della notizia di reato”, dal momento

48 G. Falsitta, Corso istituzionale di diritto tributario, cit., pp. 297-298

49 A. D’Avirro, Il nuovo processo penale tributario, in AA.VV., Responsabilità e processo penale nei

nuovi reati tributari, Milano, 1992, p. 483

50 Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza 17 ottobre 2006, n. 41281 51 Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza 26 ottobre 2004, n. 46193

che i caratteri peculiari di quest’ultima sono differenti52. Tenuto, poi, conto di quanto disposto all’art. 220 delle disposizioni di attuazione al c.p.p., la giurisprudenza ha precisato che, qualora emergano indizi di reità durante la fase di verifica del processo verbale di constatazione, è necessario rispettare tale normativa53. Di conseguenza, «la parte di documento compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito»54.

Da ultimo va affrontato il problema relativo alla possibilità di utilizzare o meno in sede penale degli atti della verifica fiscale compiuti in violazione delle norme tributarie che li regolano, come ad esempio l’accesso in locali di abitazione senza l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, o presso istituti di credito senza l’autorizzazione dell’ispettore compartimentale delle imposte dirette o, per la Guardia di Finanza, del Comandante di zona, giacché l’art. 191 c.p.p. non distingue tra divieto previsto dal codice o da una legge diversa. La Corte di Cassazione si è pronunciata nella questione considerando utilizzabili gli elementi raccolti durante la verifica anche in mancanza delle prescritte autorizzazioni, poiché «dovendo considerarsi questo provvedimento come atto amministrativo e non giudiziario, il suo mancato rilascio o la sua irregolarità possono essere fatti valere esclusivamente al fine di invalidare l’accertamento fiscale, ma non nel giudizio penale che si sa sia instaurato sulla base della notitia criminis inoltrata all’autorità giudiziaria penale a seguito della constatazione dell’illecito»55. Particolare è anche il caso in cui il corpo del reato o la cosa pertinente al reato siano stati sequestrati in seguito di un’attività di ricerca delle prove affetta da vizi. Ancora una volta ad occuparsi della questione è la Corte di Cassazione, la quale stabilisce che qualora la ricerca della prova si dovesse concludere con il rinvenimento e il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, risulterà del tutto irrilevante il modo con il quale si è giunti a questo sequestro, dal momento che esso sarà considerato come “atto dovuto”56, motivo per cui sarà utilizzabile come elemento di prova57. Ritiene,

dunque, «irrilevante l’illegittimità della ricerca della prova del commesso reato

52 Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 18 novembre 2008, n. 6881 53 Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza12 ottobre 1999, n. 13593 54 Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 18 novembre 2008, n. 6881 55 Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 11 ottobre 1995, n. 11307 56 Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza 27 marzo 1996, n. 5021 57 Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza 13 febbraio 2004, n. 15092

allorquando tale ricerca, comunque effettuata, si sia conclusa con il rinvenimento e il sequestro del corpo del rato o delle cose pertinenti al reato; in questa specifica ipotesi, e ancorché nel contesto di una situazione non legittimamente creata, il sequestro rappresenta un “atto dovuto”, la cui omissione esporrebbe gli autori a specifiche responsabilità penali, quali che siano state, in concreto, le modalità propedeutiche e funzionali che hanno consentito l’esito positivo della ricerca compiuta»58.