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UTILIZZO DELLA FERMENTAZIONE DA PARTE DEI BATTERI LATTICI NEL

3. BATTERI LATTICI E FERMENTAZIONE

3.4 UTILIZZO DELLA FERMENTAZIONE DA PARTE DEI BATTERI LATTICI NEL

La lunga conservazione dei succhi di verdura freschi, risulta difficile da ottenere a causa della loro bassa acidità e dell'alta concentrazione di microrganismi che ne causano il deterioramento. Proprio per questo motivo, questa tipologia di prodotti può essere sottoposta volutamente a fermentazione in modo tale da aumentarne la shelf-life, grazie alla produzione di acidi organici dovuta al metabolismo dei batteri lattici.

La produzione moderna e su larga scala di cibi e bevande fermentati dipende quasi interamente dall'uso di colture starter ben definite che hanno sostituito le colture naturali tradizionalmente utilizzate per la produzione di questi prodotti. La moderna trasformazione degli alimenti dipende da una serie di tecnologie di conservazione atte a garantire che essi siano mantenuti ad un livello accettabile di qualità dal momento della produzione fino al momento del consumo. Una delle più antiche di queste tecnologie è appunto la fermentazione, un processo che dipende dall'attività biologica dei microrganismi e che produce una vasta gamma di metaboliti che può sopprimere la crescita e la sopravvivenza della microflora indesiderata nei prodotti alimentari.

Infatti secondo Ross et al. (2002) il processo di fermentazione comporta l'ossidazione dei carboidrati per generare una serie di prodotti che sono principalmente acidi organici, alcool e anidride carbonica. Tali prodotti hanno un effetto conservativo perché permettono la limitazione della crescita dei microrganismi responsabili del deterioramento e della flora patogena (Ross et al., 2002).

La produzione di succhi vegetali fermentati non può essere realizzata senza microrganismi e nella maggior parte dei casi vengono utilizzati i batteri lattici, in particolare ceppi commerciali appartenenti delle specie Lactobacillus plantarum, Lactobacillus bavaricus, Lactobacillus xilosus,

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Lactobacillus brevis, Lactobacillum reuteri, Bifidobacterium lactis, Bifidobacterium bifidum (Karovicova & Kohajdova, 2003), che fungono da colture starter per effettuare la cosiddetta fermentazione lattica.

Possono essere distinte due diverse tipologie di fermentazione di bevande vegetali, in base ai microrganismi utilizzati:

1- Fermentazione spontanea: effettuata usando i batteri lattici tipicamente già presenti nella matrice vegetale;

2- Fermentazione guidata: effettuata usando una coltura di microrganismi starter, in questo specifico caso sono stati utilizzati LAB selezionati.

La fermentazione, così come Di Cagno et al. (2012) riportano, è considerata una biotecnologia semplice e preziosa per conservare e / o migliorare le proprietà di sicurezza igienico-sanitaria, proprietà nutrizionali, sensoriali e di conservazione di frutta e verdura.

Come mostrato nei dati della letteratura dell'ultimo decennio, la combinazione di questo antico metodo di bio-conservazione con gli attuali strumenti di biotecnologia ha portato alla definizione di processi di fermentazione controllati e alla selezione di colture starter per aumentare la conservabilità di prodotti a base di frutta e verdura.

La fermentazione può essere perseguita tramite l'uso di starter autoctoni, cioè isolati da una matrice e riutilizzati nella stessa, oppure alloctoni, cioè isolati da alcune matrici alimentari e riutilizzate per fermentarne altre.

I microrganismi starter responsabili della fermentazione guidata vengono utilizzati per produrre succhi di verdura con l'obiettivo di:

- favorire l'attività degli enzimi pectolitici che aumentano la resa del succo

- ridurre rapidamente il valore del pH soprattutto quando la matrice è scarsamente acida come nel caso di carote.

Con la fermentazione lattica, i prodotti che ne risultano hanno un gusto desiderabile e un pH basso. Allo stesso tempo, la conservazione del prodotto, e quindi la sua shelf-life, diventa molto più lunga. Le proprietà desiderabili dei succhi vegetali fermentati possono essere raggiunte scegliendo ceppi di LAB adatti alle singole materie prime.

I criteri utilizzati da Demir et al. (2006) per verificare l'idoneità di un ceppo adatto alla fermentazione sono i seguenti:

- velocità e produzione totale di acidi, - variazione del pH,

40 - capacità di produrre amine biogene.

Nella Tabella seguente (Tabella 7) vengono definiti alcuni dei microrganismi appartenenti alla famiglia dei batteri lattici utilizzati nella bio-conservazione di alcuni alimenti. Nel caso di prodotti vegetali, il processo fermentativo può essere ottenuto tramite l’utilizzo dei generi Enterococcus, Lactococcus e Lactobacillus.

Tabella 7 - Batteri lattici coinvolti nella fermentazione di prodotti alimentari (Ross et al., 2002)

Per quanto riguarda il meccanismo d’azione degli acidi organici sul prolungamento della shelf-life del prodotto, Ross et al. (2002) ritengono che gli acidi prodotti con la fermentazione esercitino il loro effetto antimicrobico interferendo con il mantenimento del potenziale della membrana cellulare, inibendo il trasporto attivo, riducendo il pH intracellulare e inibendo funzioni metaboliche.

Essi hanno una modalità d'azione molto ampia e inibiscono sia i batteri Gram-positivi che i Gram- negativi, lieviti e muffe.

I fattori che influenzano la massima crescita specifica dei LAB nel processo di fermentazione di matrici vegetali secondo quanto detto da Demir et al. (2006), sono:

- la temperatura,

- il grado di esposizione all'aria, - livello di zucchero fermentescibile, - capacità tampone,

41 - acidità,

- presenza di composti antimicrobici naturali - quantità di acido lattico prodotta.

UTILIZZO DELLA FERMENTAZIONE DA PARTE DI LATTOCOCCHI NEL SETTORE DELLE BEVANDE

Negli ultimi anni interessanti risultati sono stati ottenuti con l’impiego di colture starter costituite da batteri lattici produttori di batteriocine che hanno permesso di ottenere fermentazioni vegetali più controllate e riproducibili (Omar et al., 2006). In particolare, ceppi appartenenti alla specie Lactococcus lactis produttori di nisina sono stati proposti come promettenti biopreservanti in diversi alimenti quali prodotti lattiero-caseari, carnei e frutta e verdura di IV gamma (Ho et al., 2018; Siroli et al., 2016). La nisina è stata la prima batteriocina caratterizzata ed il cui utilizzo è regolato e consentito come conservante alimentare nell'Unione Europea in specifiche categorie di prodotti alimentari (Jones et al., 2005; Siroli et al., 2016). Infatti, la nisina, e in particolare la variante naturale Z, ha un'elevata solubilità e stabilità in diversi sistemi alimentari e un ampio spettro antimicrobico, essendo efficace in particolare contro i batteri Gram-positivi, tra cui Listeria monocytogenes, Clostridium spp. e Staphylococcus aureus, sia in condizioni di laboratorio che in alimenti (Gharsallaoui et al., 2016; Yang et al., 2012) inclusi succhi e bevande a base vegetale (Settani & Corsetti, 2008; Zhao et al., 2013). I prodotti alimentari possono essere integrati con preparati di batteriocine (nisina, pediocina) ottenuti dalla coltivazione del ceppo produttore in un fermentatore industriale, seguito da un adeguato recupero. Sono comunemente usati tre approcci nell’applicazione di batteriocine (nisina e pediocina) per la bio-conservazione degli alimenti:

 Aggiunta di nisina purificata o semi-purificata come conservante alimentare.  L’uso di un prodotto precedentemente fermentato con un ceppo produttore di

nisina, come ingrediente di trasformazione alimentare.

 Semina dell’alimento con LAB produttori di nisina. La capacità dei LAB di crescere e produrre nisina nei prodotti è fondamentale per il buon funzionamento. La nisina e in generale fermentazioni da parte di lattococchi produttori di nisina sono usati principalmente nei prodotti derivati dal latte, quali: formaggi, formaggi fusi, ricotta, yogurt, ma anche per la preparazione di creme, dessert preparati con del latte. È infine impiegata nei succhi di frutta, ketchup e maionese. È importante infine sottolineare come la nisina espleta la propria azione antimicrobica a pH acidi ed elevate concentrazioni saline, mentre viene inattivata già in condizioni di leggera basicità.

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4. GLI OLI ESSENZIALI E LORO POSSIBILE IMPIEGO NELL’AMBITO DELLE

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