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2. Il ruolo degli Uffici di Trasferimento Tecnologico (UTT) negli atenei italiani

2.1. Gli UTT delle Università

Il tema della valorizzazione della ricerca e più in generale della gestione della Terza Missione permane nell’agenda degli interventi del policy maker sia a livello europeo che nazionale. Ciononostante restano ancora da definire aspetti rilevanti come quello della premialità per l’ente di ricerca che performa positivamente nel suddetto ambito. A questo aggiungiamo i noti vincoli di bilancio delle università ed EPR, la difficoltà ad assumere e reclutare personale dedicato alle attività di terza missione e, non ultime, le diverse restrizioni ed imperfezioni normative che rendono difficoltoso per l’ente pubblico agire con rapidità e snellezza, in particolare nei processi di valorizzazione della ricerca. Per tali motivi, di recente, si assiste sempre più frequentemente ad un duplice fenomeno: da un lato, a processi di aggregazione fra UTT delle singole università, con accordi specifici in merito agli ambiti di collaborazione e, dall’altro, a processi di “spinning off” dei suddetti uffici e delle relative competenze. In alcuni casi, questi percorsi rappresentano la naturale conseguenza di sollecitazioni derivanti da bandi competitivi e da percorsi autonomi dei singoli atenei interessati a sperimentare forme organizzative in grado di garantire l’ottenimento di adeguate performance, attenuando almeno in parte le problematiche sopradescritte. Si va sempre più alla ricerca della giusta massa critica da un lato, per approcciare il mercato e di complementarietà di risorse dall’altro che porti i singoli UTT a fare dei passi in avanti.

La progettazione del Report relativo agli anni 2015 e 2016 tiene conto anche di questi aspetti e proprio per tali motivi sono stati inclusi casi di best practice in grado di mettere in evidenza la capacità organizzativa e strategica degli atenei/EPR, migliorando così la comprensione dei meccanismi di funzionamento e delle dinamiche operative implementate.

61 Università partecipanti all’indagine4. I dati sono stati ottenuti da un questionario che è stato

inviato a tutte le università italiane5.

4 A tal proposito, si ringraziano per aver preso parte alla presente indagine (in ordine alfabetico): IMT - Institute

for Advanced Studies (Lucca); Libera Università di Bolzano; Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM; Libera Università Maria Santissima Assunta – LUMSA; Politecnico di Bari; Politecnico di Milano; Politecnico di Torino; Scuola Normale Superiore (Pisa); Scuola Superiore Sant’Anna (Pisa); Seconda Università di Napoli; SISSA (Trieste); Università ‘Ca’ Foscari’ (Venezia); Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma); Università ‘IUAV’ (Venezia); Università ‘Tor Vergata’ (Roma); Università ‘Tuscia’ (Viterbo); Università Campus Bio-Medico (Roma); Università Carlo Cattaneo – LIUC; Università de L’Aquila; Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’ (Vercelli); Università del Salento; Università del Sannio (Benevento); Università della Calabria; Università dell’Insubria; Università della Tuscia; Università della Valle d’Aosta; Università di Bari; Università di Bergamo; Università di Bologna; Università di Brescia; Università di Cagliari; Università di Camerino; Università di Cassino e del Lazio Meridionale; Università di Catania; Università di Chieti-Pescara; Università di Ferrara; Università di Firenze; Università di Foggia; Università di Genova; Università di Macerata; Università di Messina; Università di Milano; Università di Milano-Bicocca; Università di Modena e Reggio Emilia; Università di Napoli Federico II;

56 Uffici di trasferimento tecnologico delle università, 23 dei quali costituiti fra il 2004 e il 2006.

L’Ufficio di Trasferimento Tecnologico (UTT) o Industrial Liaison Office (ILO) è nel 96% dei casi un ufficio interno all'ateneo e rappresenta la realtà che giornalmente nelle università italiane si occupa della valorizzazione dei risultati della ricerca.

Il trasferimento di tecnologia, anche se è preferibile parlare di attività di trasferimento di conoscenze visto che riguarda sia università generaliste che scientifico tecnologiche, è formalmente presente nel panorama accademico da più di dieci anni (figura 2.1) ed è gestito in strutture ormai consolidate e istituzionalizzate. I primi UTT delle università rispondenti all’indagine sono stati costituiti negli anni ’90, ma è solo tra il 2001 e il 2008 che la maggior parte delle università hanno istituito uno specifico ufficio, con un boom negli anni dal 2004 al 2006. Ormai, di fatto, quasi tutte le università e gli enti pubblici di ricerca dispongono di una struttura formalizzata di TT.

Figura 2.1 - Anno di costituzione degli UTT (n=56)

La figura 2.1 mostra come nel panorama nazionale ormai quasi tutte le università si siano ormai dotate di un UTT. Ricordiamo ancora una volta come il picco di costituzione di tali unità organizzative sia avvenuto immediatamente prima e dopo il 2005 poiché, fra le tante motivazioni, l’entrata in vigore del DM 593/00 e il D.lgs. 30/2005 oltre che il DM 5 agosto 2004, n. 262 art. 12 sancivano rispettivamente la possibilità di acquisire finanziamenti ministeriali per l’attivazione di spin-off, le regole in campo di tutela della proprietà intellettuale e la possibilità di ottenere un cofinanziamento

Università di Pisa; Università di Salerno; Università di Sassari; Università di Siena; Università di Teramo; Università di Torino; Università di Trento; Università di Trieste; Università di Udine; Università di Verona; Università di Urbino; Università Politecnica delle Marche.

5 In questa sede è utile precisare che non sono state considerate nel computo delle medie, le università che -

pur avendo risposto nell’anno in corso o in quelli precedenti alla parte anagrafica ed a quella generale del questionario - non risultano attive né con riferimento all’attività di brevettazione, né relativamente alla creazione di imprese spin-off. Inoltre, non tutte le 61 università hanno risposto alla totalità delle domande: di conseguenza, la numerosità del campione dei rispondenti può risultare diversa nelle varie elaborazioni statistiche. N u m er o di UT T

per le Università statali che intendevano costituire o sostenere al proprio interno “industrial liaison office”. Inoltre, l’attivazione da parte di ANVUR delle procedure per l’accreditamento degli atenei fa sì che debbano essere implementate all’interno di ciascun ente le relative unità organizzative, oltre ad una serie di regole e procedure chiare in termini di assicurazione della qualità, anche in materia di terza missione (oltre che di didattica e ricerca) identificando linee guida e percorsi chiari per l’ottenimento degli obiettivi prefissati da ogni singolo ateneo.

Il 40,7% degli UTT comprende o partecipa ad un Parco Scientifico e il 55,9% ad un incubatore.

È in lieve calo la partecipazione ai parchi scientifici (figura 2.2), mentre in leggero aumento quella agli incubatori. Le motivazioni possono essere molteplici, a partire dalle recenti normative che impongono agli enti pubblici di razionalizzare le partecipazioni in strutture esterne (società, consorzi, o altri enti). Ciò può aver in parte contribuito a disincentivare questo aspetto prediligendo magari altre forme di collaborazione meno vincolanti sotto il profilo giuridico (convenzioni, memorandum of understanding, accordi taciti…). Il dato tuttavia non deve tradire il costante rapporto fra i responsabili degli UTT e le strutture dei parchi: di frequente il rapporto di collaborazione continua anche oltre gli accordi ufficiali. Molte sono infatti le iniziative attivate dai suddetti attori che vengono divulgate e promosse negli atenei proprio ad opera del personale degli UTT (scouting di idee imprenditoriali, scouting di tecnologie, bandi per ospitare start-up innovative, ecc.) e che trovano in una collaborazione tacita, talvolta anche continua, un collegamento diretto che genera ricadute positive sulla valorizzazione della ricerca degli atenei.

Il dato relativo all’aumento degli incubatori può essere invece attribuibile al fatto che in molti casi questo servizio - e spazio fisico - viene gestito direttamente dalle università, pertanto soffre in misura più ridotta dei vincoli normativi sopra richiamati.

Figura 2.2 – Partecipazione delle università a parchi scientifici ed incubatori di impresa

199 milioni di Euro è il budget medio nel 2015 delle Università rispondenti e 656 milioni quello delle Università ‘top 5’.

Il bilancio di un Ateneo nella sua globalità rappresenta sempre un indice interessante da cui partire per capire quali siano le risorse a disposizione (figura 2.3) per svolgere le attività di ricerca e didattica con l’aggiunta dei servizi dedicati alla “Terza missione”. Per l’intero campione nell’ultimo quinquennio il budget ha subìto un lieve calo, come anche per le università ‘top 5’ registrando un valore leggermente inferiore rispetto al periodo considerato.

19 milioni di Euro è il budget medio per la ricerca scientifica e tecnologica, mentre 68 milioni è il dato per le Università ‘top 5’.

Il budget medio annuale per la ricerca scientifica per le università rispondenti risulta essere stabile negli ultimi tre anni; quello per le università ‘top 5’ ha registrato, invece, un decremento del -33,1% rispetto al 2012 (figura 2.4).

Il budget a disposizione per svolgere attività di ricerca scientifica resta un tema sempre molto sentito non solo dai ricercatori ma anche dagli UTT, in quanto la quota di finanziamento dedicata alle attività di terza missione più in generale, ma anche a quelle più strettamente legate al trasferimento tecnologico soffre spesso della limitatezza del budget disponibile per poter rendere servizi più efficaci al raggiungimento degli obiettivi (depositi brevettuali, estensioni, servizi alle spin off, incubazione, ecc.).

Figura 2.4 - Importo medio dei fondi per la ricerca delle università

Nello specifico, se si analizzano le voci relative alla tabella 2.1 si noterà che il 33,4% dei fondi dedicati alla ricerca proviene dal governo centrale, in aumento rispetto al 2014 ritornando su una quota più simile a quella degli anni precedenti, mentre è in sensibile diminuzione quella proveniente dalla Regione di localizzazione dell’ateneo e dagli altri enti locali, 8,7%. Tale calo può aver rappresentato per molti atenei una limitazione anche alla ricerca applicata in quanto la destinazione di tali fondi è spesso incentrata sul trasferimento tecnologico, richiedendo il governo regionale una ricaduta tangibile sul territorio di riferimento. Per i fondi dell’Unione Europea (UE) si ha l’incremento di tre punti. Relativamente ai contratti di R&C e servizi tecnici finanziati da terzi si rileva un lieve aumento, segnale positivo degli investimenti fatti dagli atenei nell’incrementare i rapporti di collaborazione con l’esterno. La quota percentuale dei fondi propri delle università è pari a 10,6% sostanzialmente in linea con il periodo precedente, mentre rimane sconfortante il dato relativo alle donazioni (l’1,3%) che invece rappresenta una buona fonte di finanziamento nei sistemi anglosassoni.

Tabella 2.1 - Provenienza dei fondi per la ricerca nelle università

Provenienza

Quota percentuale sul totale dei fondi per la ricerca

2004 2006 2008 2010 2012 2013 2014 2015

(n=51) (n=58) (n=52) (n=55) (n=59) (n=51) (n=51) (n=51)

Governo centrale 37,5 30,4 23,5 40,5 28,6 32,2 15,5 33,4

Regione e altri enti locali 4,4 7,8 12,3 7,3 13,2 9,4 19,7 8,7

Unione Europea 10,8 10,4 11,1 10,1 14,0 17,7 15,1 17,5

Contratti di R&C finanziati da terzi

e servizi tecnici 19,0 22,7 25,3 18,3 22,2 19,1 20,3 20,1

Fondi propri dell’università 15,1 14,4 15,9 12,7 10,3 12,6 10,4 10,6

Donazioni 1,6 1,6 0,8 1,3 0,8 0,7 0,7 1,3

Altre fonti 11,5 12,8 11,1 9,9 10,9 8,3 18,3 8,4

Totale fondi per la ricerca 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), a carico del bilancio statale per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, risulta essere pari mediamente a 98,6 milioni di Euro nel 2015, evidenziando una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. Per le università ‘top 5’, il valore medio si attesta a 267,14 milioni di Euro.

Tabella 2.2 - Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università

2012 2013 2014 2015

Numero di università 39 50 55 59

Totale del Fondo di Finanziamento Ordinario (milioni

di Euro) 3.703,62 4.775,30 5.201,10 5.817,52

Media del Fondo di Finanziamento Ordinario (milioni

di Euro) 95,0 95,5 94,6 98,6

Totale FFO top 5 (milioni di Euro) 1.282,85 1.395,55 1.563,22 1.335,69

Media FFO top 5 (milioni di Euro) 256,57 279,11 312,64 267,14

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