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CAPITOLO 5. Parte Sperimentale: Realizzazione Laminati e Giunti ENF

5.2 Vacuum bagging

In questo lavoro, i laminati in CFRP sono stati realizzati sfruttando la tecnica del

vacuum bagging. Il processo di prepreg vacuum bagging, già introdotto in precedenza,

è ampiamente utilizzato per la produzione di componenti in applicazioni strutturali. L’uso di fibre preimpregnate consente di mantenere la quantità di matrice costante e ad un determinato valore di progetto, garantendo quindi un’ottima ripetibilità del processo e permettendo una lavorazione semplice e pulita. Infatti con tale tecnica non è necessario operare con resine allo stato liquido, a vantaggio delle condizioni di salubrità e sicurezza del luogo di lavoro. Di contro, però, il materiale grezzo ha un costo più elevato e necessità maggiori accortezze in fase di immagazzinamento. Infatti, essendo la resina già catalizzata, deve essere conservata a temperature comprese tra -15°C e -20°C e la lavorabilità del materiale (shelf life) è in genere di pochi mesi. Inoltre il prepreg va lavorato a temperatura ambiente, pertanto deve essere prelevato dalla cella frigorifera con largo anticipo rispetto al momento della lavorazione. Tale

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aspetto è necessario affinché non si venga a formare della condensa sul materiale, essenzialmente dovuta all’umidità presente nell’aria, evitando così di influenzare negativamente la qualità del prodotto finito. Poiché a temperatura ambiente la shelf life è in genere di pochi giorni, la stratificazione deve essere effettuata il più rapidamente possibile. Inoltre, il materiale non utilizzato va rimesso nella cella frigorifera, tenendo conto però del tempo in cui è rimasto a temperatura ambiente, ovvero riducendo in proporzione la shelf life.

I formati in cui sono disponibili i prepreg sono molto vari, comunque si può fare una macro distinzione in base al formato delle fibre, cioè se sono unidirezionali o tessute, oppure in base alla loro tipologia, cioè se sono di carbonio, vetro o materiale aramidico. Il prepreg può essere prodotto attraverso differenti tecnologie, tuttavia le più diffuse sono essenzialmente tre: impregnazione con solvente, impregnazione a caldo e calandratura. La prima metodologia prevede che le fibre asciutte entrino a contatto con un bagno di resina mista a catalizzatore e ad un solvente che ne regoli la viscosità e gli permetta di bagnare in maniera ottimale le fibre stesse. La resina in questa fase deve subire un primo step di polimerizzazione, detto stadio A, che porta ad una pre-reticolazione della resina rendendo possibile l’avvolgimento in rotoli delle fibre impregnate. Durante questa fase il solvente viene rimosso facendolo evaporare grazie al riscaldamento del materiale, inoltre le fibre dovranno passare attraverso una serie di rulli che regolano con buona precisione il quantitativo di resina. Alla fine di questo processo la resina raggiunge uno stadio di polimerizzazione più avanzato, detto stadio B, che assicura una buona maneggevolezza del prepreg ed un buon tack level, cioè un buon livello di appiccicosità che favorisce l’adesione tra i vari ply in fase di stratificazione. Questo processo di produzione è molto delicato e costoso a causa del recupero del solvente, che deve essere eseguito con una certa accuratezza per non avere problemi nel prodotto finale. L’impregnazione a caldo consiste nell’applicare a caldo la resina sulle fibre. Affinché la resina aderisca meglio alle fibre la temperatura di applicazione deve essere relativamente elevata così da avere una bassa viscosità ed una buona rimozione del solvente. Il metodo di applicazione della resina alle fibre non differisce molto dal precedente. Il processo di calandratura consiste nel depositare la resina ad elevate temperature su un film di carta che funge da supporto, in seguito due strati di resina vengono uniti ad uno di rinforzo e vengono compattati per mezzo di rulli, così da ottenere un unico strato di materiale composto da fibre impregnate di resina, sul quale poi si applicano uno o più strati di film protettivi. Tale processo è schematizzato in Fig. 5.9.

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Fig. 5.9: Schema del processo di calandratura per prepreg.

Per la progettazione del processo bisogna tenere presenti una serie di aspetti che caratterizzano il prepreg al fine di avere un prodotto che rispetti le specifiche volute. In particolare si deve tenere conto delle proprietà che la resina mostra nelle fasi di posizionamento dei ply nello stampo, di polimerizzazione e di esercizio, al fine di prevedere un agevole posizionamento del materiale nello stampo, di gestire il giusto quantitativo di resina che fluirà al di fuori di esso durante la cura (e di conseguenza la percentuale di rinforzo contenuta nel pezzo) e valutare i limiti applicativi del pezzo finale. Tali parametri sono:

• Gel time: è il tempo necessario affinché durante la fase di polimerizzazione la resina aumenti la sua viscosità fino ad un valore infinito, ovvero fino alla gelificazione;

• Viscosità/flusso: vanno ad influenzare la quantità di resina che fuoriesce dal prepreg ad una determinata temperatura e pressione. Le prove per determinare questo valore vengono eseguite ponendo il materiale sotto una pressa, riproducendo le medesime condizioni del processo di formatura. In queste condizioni, la resina subisce uno squeezing dipendente dalla viscosità, la quale inizialmente si abbassa all’aumentare della temperatura, ma successivamente si alza con l’avanzamento del grado di cura, fino alla gelificazione;

• Temperatura di transizione vetrosa (Tg): per un pezzo già curato indica la temperatura alla quale la resina inizia a perdere le sue proprietà di rigidezza: a questa temperatura si rompono alcuni dei legami tra le catene di polimeri e pertanto il pezzo perde consistenza. Tale fenomeno non si verifica ad una temperatura ben definita ma avviene in un intervallo di temperature, infatti spesso sulle schede tecniche sono presenti più temperature (Tg1, Tg2) che si riferiscono ai diversi stadi del degrado delle proprietà della resina;

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• Tack level: indica il livello di appiccicosità del materiale, che dipende dal tipo di rinforzo, dal rapporto resina/fibre e dal livello di polimerizzazione della resina. È importante per permettere buona adesione tra i vari strati e facilitare, di conseguenza, la deposizione degli stessi sullo stampo. Inoltre può essere un fattore per una prima analisi dello stato di salute del prepreg, in particolare se questo ha superato la shelf life riportata su scheda tecnica;

• Drapability: indica la capacità del materiale di ricoprire forme complesse, dipende dal tipo di rinforzo (grammatura, tessitura, materiale) e dal rapporto resina fibre.

La stratificazione del prepreg può avvenire secondo due modalità:

• ply on ply lay-up, in cui le lamine di composito vengono stratificate ponendole l’una sull’altra e passandole successivamente sullo stampo;

• direct on tool lay-up, in cui il primo strato è posto direttamente sullo stampo, seguito poi dagli altri strati.

Quest’ultima modalità è quella più utilizzata, in quanto è molto flessibile e non richiede particolari attrezzature, però permette basse cadenze produttive. La prima, di contro, è adatta per cadenze produttive più elevate, in quanto permette una stratificazione in piano, che è facilmente automatizzabile, e la successiva formatura sullo stampo può avvenire contemporaneamente per più componenti, tramite speciali macchine. Questo, però, comporta costi aggiuntivi ed una progettazione del processo molto più accurata, in particolar modo per componenti che presentano una geometria piuttosto complessa.