• Non ci sono risultati.

(Puddu)

16

5

92 funzionalmente recuperato, tra 80 e 100 si parla di risultato ottimo, tra 70 e 79 buono, tra 60 e 69 mediocre mentre un valore inferiore a 60 è da ritenersi cattivo.

Fig. 56

Per quanto riguarda la tecnica con FE i risultati, mostrati nel grafico in figura 57, sono i seguenti: 13 casi ottimi (60%), 4 buoni (20%), 3 mediocri (12%) e 2 cattivi (8%).

Nei pazienti trattati con questo mezzo di fissazione, il valore medio di correzione è stato di 13,5° ± 1,5°. Il fallimento chirurgico può essere dovuto a diverse situazioni tra le quali, più frequentemente, si annoverano perdita di correzione, ritardo di consolidazione e insorgenza di infezione dei tramiti percutanei, complicanze che spesso

Fig. 57 Ottimi Buoni Mediocri Cattivi

93 comportano la necessità della prematura rimozione del mezzo di fissazione. Riportiamo due nostri casi: il primo, in figura 58, mostra l’insorgenza di un’infezione dei tramiti che si è verificato a distanza di 40 giorni dall’osteotomia e che ha necessitato della rimozione del T-Garches esitando, successivamente, in artrofibrosi.

Fig. 58

Il secondo caso, mostrato in figura 59, evidenzia un ritardo di consolidazione, in sede di osteotomia sottotuberositaria trattato, efficacemente, con l’impiego di cellule staminali. La perdita di correzione risulta più frequente proprio nella categoria di pazienti trattati con FE motivo per cui, spesso, si pratica una overcorrezione; la perdita di allineamento, tuttavia, non è stata riscontrata, in maniera significativa, in nessuno dei nostri pazienti. La

compliance, nel campione trattato con

FE, è mediamente inferiore a quella riportata nei pazienti trattati con placca: circa 1 su 5 ritiene non desiderabile l’impiego del fissatore. I tempi di guarigione non sono inferiori ai 75-80 giorni e in presenza di complicanze sopraggiunte, come nel caso mostrato in figura 59, si sono allungati fino a 8 mesi.

94 Ad ogni modo, sebbene l’impiego del fissatore possa risultare più laborioso, l’analisi del valore di allineamento ha riportato una correzione molto valida e tutti i casi analizzati sono stati corretti adeguatamente.

Nel gruppo di pazienti trattati con tecnica secondo Puddu i risultati, mostrati nel grafico in figura 60, sono stati: 14 ottimi (67%), 3 buoni (15%), 2 mediocri (9%) e 2 risultati cattivi (9%).

In genere, a questa categoria appartengono pazienti con deformità più lievi rispetto a quelle riscontrate nel campione precedente, in accordo con le indicazioni imposte da questa tecnica, con angolazioni inferiori ai 15° e scarsa componente torsionale. Il valore medio di correzione con placca, è stato di 10,89°± 3,74°. I tempi medi di guarigione valutati radiologicamente sono molto oscillanti, tra i 45 e i 150 giorni, con un valore medio 73,11 giorni. Tempi maggiori si sono registrati, mediamente, in pazienti con età superiore ai 45 anni.

La cause più importanti di complicanze sono state la rottura di viti, conseguente a eccessivo shear stress, e il collasso della placca, situazioni che hanno necessitato di nuovo intervento. La rottura della corticale controlaterale, sebbene come già precedentemente discusso, possa essere considerata una complicanza ad una interpretazione più rigida della tecnica di Puddu, è in realtà concessa per consentire una modesta correzione dell’intrarotazione tibiale, purché di lieve entità.

Tra i disturbi più frequentemente lamentati si segnalano la perdita di sensibilità cutanea nella sede della placca accompagnata a discromia, che però hanno avuto scarso impatto sul livello di soddisfazione generale

Indipendentemente dalla tecnica, il dolore, continuo o recidivante, rappresenta il sintomo più frequentemente lamentato ma, in quei pazienti in cui l’intervento risulta più

Fig. 60 Ottimi Buoni Mediocri Cattivi

95 efficace, mediamente a 8-9 mesi dall’intervento esso tende a ridursi o a scomparire del tutto. I pazienti, operati a distanza di due o più anni, hanno riferito un recupero completo, con scomparsa del dolore e ripresa delle normali attività quotidiane nel 70% dei casi con uno score fino a 95.

Alcuni dei pazienti con outcome peggiore avevano subito traumi gravi o molteplici interventi sul ginocchio, che hanno reso l’osteotomia un intervento meno efficace rispetto a quanto previsto. Nei pazienti più giovani c’è stata una ripresa dell’attività sportiva (non agonistica) a livelli considerati accettabili, sicuramente meglio tollerata rispetto a prima dell’intervento. Risultati peggiori sono ottenuti nei pazienti con pregressi interventi di ricostruzione legamentosa o meniscectomie o nei pazienti con gravi segni di artrosi e compromissione cartilaginea.

Sulla scorta di questi risultati, l’osteotomia rappresenta un’opzione molto valida, indipendentemente dal mezzo di fissazione impiegato, che non deve essere semplicemente considerata come un intervento palliativo in visione della protesizzazione, specialmente nei giovani.

Ai fini di una buona riuscita dell’intervento, timing e planning preoperatorio rimangono fattori essenziali: i migliori candidati secondo la nostra esperienza devono avere un limite di età di 50-55 anni e non presentare segni di artrosi avanzata (possibilmente 0-2 di Ahlback); altri fattori che potrebbero influire negativamente sulla riuscita dell’intervento, come confermato anche da diversi studi34, sono il sovrappeso, il fumo di sigaretta, la chirurgia pregressa e un iter riabilitativo inadeguato.

L’osteotomia in addizione con placca di Puddu rappresenta un’opzione valida, indipendentemente dall’età, semplice e riproducibile con scarso impatto sulla qualità di vita dei pazienti.

L’impiego del fissatore risulta, teoricamente, più affidabile della placca, poiché permette correzioni in corso d’opera, non richiede l’innesto osseo e, una volta rimosso, non necessita di un secondo intervento per la rimozione di mezzi di sintesi residui come accade per la placca. Consente, inoltre, di agire meglio sulle deformità torsionali associate, situazione più difficilmente gestibile con la placca.

Il principale svantaggio del fissatore esterno è la notevole compliance richiesta al paziente, il maggiore rischio di infezioni dei tramiti cutanei e controlli clinici e radiografici prolungati e frequenti che, a fronte di un maggiore rischio di esposizione a raggi X, dovrebbero assicurare un miglior controllo sul risultato finale e una minore

96 incidenza di errori. L’impossibilità di seguire il paziente, peraltro, rappresenta un’importante controindicazione all’impiego del fissatore.

In generale, la revisione dei dati in nostro possesso conferma il dato che l’osteotomia è efficace in certe condizioni e in certi pazienti: nei pazienti più giovani c’è la maggiore percentuale di successi e un minore rischio di complicanze da mancata consolidazione mentre, nel paziente over 40 il rischio di insuccesso è maggiore soprattutto a lungo termine e nei casi con artrosi già manifesta.

97

Caso clinico n° 1

M.F. Femmina 46 anni.

Ginocchio valgo bilaterale, operato a destra con asse meccanico lateralizzato di circa 10° e presenza di MAD (linea verde)

Paziente candidata ad osteotomia varizzante a cuneo aperto a livello sopracondiloideo e successivamente stabilizzata con placca di Puddu. Controlli a 1 giorno e a 1 mese.

98

Caso clinico n° 2

B.M. Maschio 50 anni.

Ginocchio varo sinistro. La radiografia mostra una divergenza degli assi anatomici di circa 13° con angoli anatomici conservati. Evidenziato il CORA.

Si esegue osteotomia valgizzante sottotuberositaria di tibia con osteotomia obliqua di perone. Si impiega fissatore esterno T-Garches.

Controllo a 1 anno dall’intervento, con evidente correzione della tibia. L’asse meccanico dell’arto passa per il centro del ginocchio quindi nessun MAD residuo.

99

Caso clinico n°3

P.C. Maschio 23 anni.

Ginocchio varo bilaterale. In radiografia vengono mostrati l’asse meccanico dell’intero arto (linea rossa) e dei singoli segmenti (linea verde); si riportano gli assi anatomici e i JLCA (linea gialla) che si presentano alterati. Viene eseguita osteotomia tibiale valgizzante fissata con placca di Puddu.

100 Le radiografia al centro mostra il risultato a distanza di un anno, con riallineamento del JLCA e rima articolare ripristinata che dimostra un’adeguata ripartizione del carico. Il paziente attualmente sta bene e ha ripreso l’attività fisica.

101

CONSIDERAZIONI

L’osteotomia tibiale alta rappresenta un intervento molto efficace nel trattamento dell’osteoartrite unicompartimentale33 in quei pazienti non candidabili ad artroplastica, ossia giovani e pazienti fisicamente attivi. In questa sezione discuteremo dell’efficacia dei trattamenti eseguiti con placca e fissatore quali mezzi di fissazione, confrontando i dati della letteratura scientifica con quelli in nostro possesso.

La tecnica con fissatore esterno tipo Torbay-Garches permette di ottenere la correzione agendo gradualmente sul callo osseo in formazione, similmente a quello che si ottiene con qualsiasi altro fissatore esterno. Il T-Garches è preferito, presso la nostra clinica, per la semplicità di installazione, la sicurezza di non intaccare strutture presenti nei compartimenti laterali, oltre che per il minimo ingombro che aumenta la compliance nel paziente.

Abbiamo confrontato la nostra casistica con uno studio svedese35, il quale ha valutato 58 pazienti trattati con emicallotasi e impiegando il suddetto mezzo di fissazione. I pazienti sono stati valutati tramite la misurazione dell’angolo HKA (anca-ginocchio- caviglia) e del KOOS (Knee injury and Osteoarthritis Outcome Score) per un follow-up durato due anni. Le complicanze si sono verificate in 16/58 dei pazienti (27%) ma la riduzione del dolore sotto carico si è evidenziato nel 20% del campione già a 4 settimane dall’intervento, nella metà dei pazienti a 7 settimane, riducendosi al 36% dei pazienti al momento dell’estrazione del fissatore. Anche il dolore notturno ha presentato il medesimo

trend. A 7 settimane la sintomatologia dolorosa si è ridotta in maniera statisticamente

significativa (p=0.002) con miglioramento delle attività quotidiane e del QOL. Del tutto sovrapponibile a quanto riportato dalle nostre casistiche, questo studio svedese definisce molto efficace il trattamento dell’osteoartrite per mezzo dell’emicallotasi, purché la selezione dei pazienti comprenda soggetti giovani e in assenza di grave osteoartrosi. L’outcome peggiore è atteso nei pazienti che hanno subito traumi e in quelli in cui le pretese di svolgere attività fisiche a livello agonistico sono alte.

Un altro studio36 in cui è stato impiegato il fissatore esterno mostra analoghi risultati ma ha scelto di dividere la coorte di studio in base al limite di età di 40 anni. A 1 anno dall’intervento il benessere è stato rilevato in entrambi gruppi di studio ma ad un follow- up di 6,5 anni i risultati sono stati discordanti, con un benessere che si è preservato solo nei pazienti più giovani.

102 Per quanto riguarda la tecnica di fissazione con placca di Puddu sono stati individuati vari studi di confronto. Uno di questi37 valutava l’outcome a medio termine, a 1, 6 e 12 mesi dell’intervento. In questo studio sono stati arruolati 18 pazienti e praticate 22 osteotomie eseguite con la medesima tecnica da noi utilizzata, con l’unica differenza del graft prelevato dalla cresta iliaca, preceduta da artroscopia per valutare l’integrità del compartimento laterale. Alcune variabili quali età, BMI, durata dei sintomi e valore dell’angolo femoro-tibiale sono stati considerati non predittivi per il risultato, sebbene i migliori candidati sono sicuramente pazienti giovani e attivi, con malattia artrosica in stadio precoce e sottoposti a pregressa terapia conservativa anziché a interventi chirurgici, considerazioni con le quali ci troviamo pienamente d’accordo. Le complicanze più frequenti sono l’irritazione dei tessuti dovuta alla placca che richiedono rimozione della stessa e il dolore persistente e non responsivo all’osteotomia che richiede artroplastica, in una percentuale variabile tra il 9 e il 20%. Nello studio di Odenbring38, così come in quello Hernborg e Nilsson39, è stata dimostrata la validità dell’osteotomia nel preservare la funzionalità articolare ed ovviare il naturale e inevitabile deterioramento articolare, con indiscutibile efficacia nel corso di un follow-up a 16 anni. Sebbene il nostro studio abbia preso in considerazione interventi dal 2001 possiamo confermare il benessere comunicato dai pazienti e validare le conclusioni dei suddetti studi. Riferendoci alla tecniche open e

close esistono diversi studi di confronto, uno40 dei quali afferma che non esiste alcuna

differenza in termini di efficacia e complicanze tra le due tecniche. Va comunque sottolineato che le due metodiche ben si adattano a specifici casi, per cui la scelta dell’una o dell’altra opzione è imprescindibile ad una selezione rigorosa.In conclusione, confrontando i nostri dati con gli studi pubblicati possiamo affermare che l’intervento di osteotomia risulta essere efficace in termini sia anatomici-biomeccanici che sintomatici, poiché permette di risolvere i mal allineamenti mantenendo inalterata l’anatomia e migliora notevolmente la qualità di vita dei pazienti. Sicuramente la selezione dei candidati, imprescindibilmente dall’accuratezza tecnica, permette di ottenere i migliori risultati che comunque, più frequentemente, potranno essere ottenuti nei pazienti più giovani. Nei soggetti più anziani, l’outcome più scarso, come già evidenziato, è probabilmente legato ad una malattia artrosica di più lunga durata e all’inefficace rigenerazione cartilaginea; d’altro canto, proprio in questa categoria, le più scarse aspettative di performance, potrebbero restituire livelli di soddisfazione più elevati. In ogni caso, nella popolazione più anziana, il tasso di recidiva della sintomatologia e la necessità di artroplastica sono più frequenti41,42.

103

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