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2.5 Misure di Prossimità Inter-gruppo

2.5.6 Valori mancanti

La prima e più immediata soluzione al problema dei valori mancanti è quella di usare nell’analisi solo individui che possiedono un set di valori completo, ma questo in taluni casi può ridurre sensibilmente il numero di individui disponibili per l’analisi.

Un’altra possibilità è quella di utilizzare il coefficiente di similarità di Gower per costruire una matrice di prossimità per individui che abbiano almeno un valore presente:

sij = p X k=1 wijksijk p X k=1 wijk

Con questo approccio, se il valore della k-esima variabile non è presente per uno o entrambi degli individui i, j, il peso della variabile wijk è posto uguale a zero. La similarità tra gli individui si ottiene quindi mediando le rimanenti variabili: si fa cioè l’ipotesi che il contributo fornito alla similarità tra due oggetti da una variabile il cui valore è mancante sia uguale alla media pesata

dei contributi forniti dalle variabili per le quali i valori sono invece stati osservati.

Tale ipotesi non è plausibile se il numero di variabili per cui non è dispo- nibile un valore è elevato: in tal caso è più saggio escludere completamente l’individuo dall’analisi.

Un’ulteriore possibilità è quella di cercare di valutare i valori mancan- ti effettuando una sommatoria statistica dei valori delle altre variabili, ma questo non è fattibile nell’ambito della cluster analysis, perché la sommato- ria statistica andrebbe applicata a individui dello stesso gruppo, ma prima dell’analisi stessa i gruppi non sono noti.

L’ultimo approccio che elenchiamo è quello delle procedure iterative. Nel primo stadio si determina l’appartenenza ai cluster degli individui completi. Nel secondo stadio gli individui con valori mancanti sono assegnati ad uno di questi cluster (utilizzando misure di prossimità basate sulle variabili dispo- nibili). Nel terzo stadio i valori mancanti sono stimati utilizzando statistiche intra-gruppo. Nel quarto stadio si esegue una cluster analysis con l’insieme completo di individui, quelli completi e quelli con i valori mancanti dedot- ti dalle statistiche. Il terzo e quarto stadio sono ripetuti finché sia i valori dedotti che l’appartenenza ai cluster rimangono immutati.

[ELL01] Brian S. Everitt, Sabine Landau, and Morven Leese. Cluster Analysis. Oxford University Press, fourth edition, 2001.

[GL86] J. C. Gower and P. Legendre. Metric and euclidean properties of dissimilarity coefficients. Journal of Classification, 3:5–48, 1986.

[Jac63] P. (1908) Jaccard. An Introduction of Numerical Classification. Academic Press, New York, 1963.

[Mah36] P. C. Mahalanobis. On the generalized distance in statistics. Pro- ceedings of the National Institute of Sciences of India, 12:49–55, 1936.

[RT60] D. J. Rogers and T. T. Tanimoto. A computer program for classifying plants. Science, 132:1115–1118, 1960.

[SS] R. R. Sokal and P. H. A. Sneath. Principles of Numerical Taxonomy. W. H. Freeman, San Francisco.

Clustering Gerarchico

“Dentro dal ciel della divina pace si gira un corpo nella cui virtute l’esser di tutto suo contento giace. Lo ciel seguente, c’ha tante vedute, quell’esser parte per diverse essenze, da lui distratte e da lui contenute.”

Dante Alighieri (1265 - 1321) “La Divina Commedia” (Par, II 112-117)

3.1

Introduzione

Quando si effettua una classificazione di tipo gerarchico i dati non risultano partizionati in un certo numero di cluster in un passo solo, bensì sono pre- viste una serie di fasi successive. Il punto di partenza della classificazione può essere un singolo cluster contenente tutti gli individui oppure n cluster contenenti ciascuno un solo individuo. Nel primo caso l’algoritmo di cluste- ring gerarchico procede per partizioni successive, nel secondo per fusioni. E’ chiaro quindi che una prima suddivisione dei metodi di clustering gerarchico risulta essere la seguente:

metodi agglomerativi : prevedono un input costituito da un insieme di n cluster, ciascuno contenente inizialmente un solo individuo, ed ef- fettuano una serie di successive fusioni, che aumentano la dimensione dei cluster e ne riducono il numero fino al valore desiderato (strategia bottom-up)

nente inizialmente tutti gli individui, ed effettuano una serie di suc- cessive partizioni, che diminuiscono la dimensione dei cluster e ne aumentano il numero fino al valore desiderato (strategia top-down) Lo scopo di entrambe le varianti è il medesimo: arrivare, tramite suddivisio- ni o sintesi successive, a una partizione ottimale, operando su una matrice di prossimità di qualche tipo. La figura 3.1, pag. 27, illustra il funziona- mento delle due diverse varianti, agglomerativa e divisiva, dell’algoritmo di clustering gerarchico.

La caratteristica principale degli algoritmi gerarchici è che le divisioni o fusioni sono irrevocabili: i metodi agglomerativi consentono solo fusioni, quelli divisivi solo partizioni e non sono ammessi algoritmi gerarchici di tipo misto; quindi se due individui sono stati assegnati a due cluster diversi non potranno in seguito essere nuovamente membri di uno stesso cluster.

Poiché le tecniche gerarchiche agglomerative proseguono finché i dati non siano racchiusi in un unico cluster contenente tutti gli individui, mentre le tecniche divisive suddividono l’insieme dei dati fino ad avere n gruppi, ognuno dei quali contenente un singolo individuo, l’investigatore deve possedere un criterio che induca la terminazione dell’algoritmo nel momento in cui si sia raggiunto il numero ottimale di cluster.

Le classificazioni gerarchiche (agglomerative o divisive) possono essere rappresentate da un diagramma bidimensionale detto dendrogramma, che il- lustra le fusioni/divisioni verificatesi ad ogni stadio dell’analisi. Un esempio di dendrogramma è mostrato in figura3.3, pag. 30. Le tecniche di classifica- zione gerarchiche sono molto usate in biologia, sociologia, biblioteconomia e in tutti quei settori in cui è implicita una struttura gerarchica nei dati. Seb- bene il clustering gerarchico possa rivelarsi molto utile anche dove non sia presente una sottostante struttura gerarchica allo scopo di affrontare proble- matiche prestazionali, evidenziamo che i metodi gerarchici non devono essere usati se non sono chiaramente necessarî.