• Non ci sono risultati.

Come valutano in termini di difficoltà o facilità la capacità di esternare i propr

Nel documento L’alveare dei pensieri (pagine 39-45)

Il questionario mi ha permesso di rilevare utili informazioni per rispondere al quesito. Per la maggior parte degli allievi, nove per la precisione, esternare i propri pensieri non si è rivelato così evidente, mentre sei allievi hanno ritenuto questo compito facile, i restanti (8) hanno completato il questionario compilando sia la parte relativa alle difficoltà che quella delle facilità. Il motivo dominante è da ricondurre alle categorie dei pensieri, infatti per alcune categorie ritengono che sia stato più difficile trovare dei pensieri da affidare all’alveare, ad esempio per il buco nero. Inoltre, altre complessità emerse sono da affidare alla difficoltà a trovare un pensiero e quindi hanno dovuto pensarci a lungo, a esprimere qualcosa che si ha dentro e non si aveva voglia di raccontare. In conclusione posso affermare che esternare i propri pensieri non è visto come un compito evidente da parte degli allievi, sia per il genere di pensiero da esternare e l’impiego di tempo per attuare una lettura introspettiva, sia per la paura a buttare fuori qualcosa che si è custodito nei propri pensieri.

Limiti della ricerca

La ricerca mi ha permesso di rilevare parecchie informazioni positive sulla sperimentazione messa in atto, nonostante questo ho potuto notare, all’interno delle attività proposte, anche dei limiti che si presuppone abbiano potuto influenzare l’esito della ricerca. In generale nessuno di questi limiti ha causato delle situazioni spiacevoli o negative agli allievi, piuttosto hanno aumentato qualche difficoltà già presente nell’allievo, penso alla capacità di formulare delle frasi, oppure alla capacità di esprimersi oralmente davanti agli altri, oppure ancora alla capacità di concentrazione nell’ascolto di una lettura.

L’aspetto linguistico

Le difficoltà linguistiche possono aver rappresentato un limite durante la scrittura dei pensieri sul biglietto, di questo ho potuto accorgermene durante il momento di raccolta, alcuni allievi avevano le idee in chiaro su cosa scrivere ma faticavano ad esprimerlo in maniera coerente e coesa. In questi casi ho chiesto loro di raccontarmi oralmente il pensiero e in seguito abbiamo formulato assieme delle frasi, alcuni allievi faticavano ad esternare oralmente il pensiero, visto che valeva la regola dell’anonimato. Questi allievi avevano molto da esprimere, ma faticavano a formulare le frasi, dunque c’era il rischio che il pensiero risultasse “povero” di informazioni, quando invece l’allievo aveva messo in atto una buona lettura di sé. Quello a cui mi riferisco con questo limite è che magari attraverso altre strategie avrebbero potuto esprimersi in modo più completo ed esternare meglio le proprie preoccupazioni. L’allievo Jo., con note difficoltà nella scrittura e nella formulazione di frasi, mi ha riferito: “io ho scritto il pensiero, ma non è tutto quello che ho dentro e che penso, quindi è un po’ incompleto”. Dopo questa sua affermazione gli ho chiesto come si sentisse ad esternare quel pensiero e se gli mancasse una parte per sentirsi bene, mi ha risposto: “c’è, ma non è tutto”. Quello che spero è che malgrado questa difficoltà ad esprimere con la penna il pensiero, gli allievi interessati da questa difficoltà, siano riusciti ad avere un benessere psico-fisico.

Il tempo

La sperimentazione ha visto un ulteriore limite: il tempo. Mi sarebbe piaciuto estendere il percorso svolto su più tempo e dare continuità al progetto. Un progetto di questo genere, in futuro, lo vedrei molto bene sull’arco di un anno scolastico intero. Questo favorirebbe sin da subito lo sviluppo di competenze di lettura introspettiva e tutte le altre che sono coinvolte: collaborazione, rispetto, empatia, ecc. Questo permetterebbe di notare dei cambiamenti nelle capacità del singolo allievo e del gruppo sul lungo periodo.

Il ruolo docente-ricercatrice

Un altro limite da considerare, oltre al tempo, è il mio ruolo giocato durante l’intero percorso. Nonostante le ricerche di questo genere, ovvero di ricerca-azione, abbiano il vantaggio di essere svolte nel contesto in cui si agisce, hanno pure lo svantaggio di sovrapporre il ruolo di docente con quello di ricercatore. Con il proseguire della sperimentazione questa sovrapposizione è via via diminuita, così da rappresentare sempre un punto di riferimento per gli allievi, anche nei momenti

in cui mi concentravo sull’osservazione dei loro comportamenti e sulla raccolta dei dati per il miele dei pensieri.

Vissuto del singolo e del gruppo

Durante questo percorso ho avuto la possibilità di accogliere le individualità di ogni allievo grazie a questo luogo creato appositamente per potersi esprimere liberamente su esperienze e preoccupazioni. “La vita scolastica di ogni studente è impastata di emozioni piacevoli e spiacevoli, di slanci e di delusioni, di successi e di frustrazioni, di brividi dell’intelligenza e di scoraggiamenti tra i crepacci delle difficoltà, di gioia per le competenze acquisite e di sofferenza di fronte alla fatica di capire” (Polito, 2012, p. 85). Questa frase di Polito rispecchia esattamente la vita di ogni bambino, tutti prima o poi incontrano dei momenti gioiosi e ricchi di conforto, purtroppo però ci sono pure dei momenti dove le emozioni possono non essere piacevoli e compromettere il benessere dell’allievo. Sì, perché un allievo che ha preoccupazioni e non ha la motivazione giusta per imparare, difficilmente potrà dedicarsi appieno allo studio e a vivere la scuola serenamente. Questo genere di attività di apertura verso i compagni e di discussione per trovare delle soluzioni a pensieri poco positivi rivela le capacità di ognuno, ciascuno ha la possibilità di mostrare le proprie identità competenti. Inoltre, “le numerose ricerche sull’apprendimento cooperativo, hanno dimostrato che tale approccio educativo e didattico favorisce l’acquisizione dei valori di solidarietà, cooperazione, responsabilità. Facilita lo sviluppo cognitivo e sociale degli studenti. Migliora il loro rendimento scolastico. Eleva la motivazione ad apprendere. Crea una comunità di apprendimento. Incoraggia la stima reciproca e la valorizzazione degli altri” (Polito, 2012, p.33). Effetti positivi di questo genere di attività sia per i singoli bambini, sia per il gruppo classe aprono molte riflessioni sulla professione docente, ad esempio ritengo importante saper creare un gruppo collaborativo e motivato pronto ad affrontare nuove sfide con entusiasmo e senza timore.

Vissuto personale e possibili sviluppi

Prima di svolgere questo percorso avevo il timore che gli allievi avrebbero avuto maggiori difficoltà nell’esternazione dei pensieri e che non si lasciassero trasportare così tanto, come invece si è rivelato, dall’argomento e dalla caparbietà da parte di tutti di trovare delle soluzioni alle preoccupazioni dei compagni. Sicuramente ero cosciente del fatto che gli allievi avrebbero apprezzato dei momenti dove poter discutere di situazioni a loro vicine, oltre che avere la possibilità di costruire un angolo dedicato tutto per loro. Ho forse sottovalutato la quantità e la qualità dei

pensieri che possono avere i bambini al giorno d’oggi. Per me è stato un arricchimento scoprire ciò che preoccupa gli allievi nelle diverse categorie incontrate. Le ricchezze dei loro pensieri mi hanno stimolata ad affrontare questo tema in maniera ancora più approfondita. L’ultima domanda del questionario mi ha permesso di rilevare altre categorie di pensieri ai quali gli allievi sarebbero pronti ad affidare le loro preoccupazioni. Questo sarebbe un possibile sviluppo dell’itinerario: aggiungere delle celle all’alveare e arricchire di miele altri vasetti.

Oltre a ciò che ho vissuto e imparato come docente, ho approfondito delle qualità anche come persona, alcuni pensieri degli allievi mi hanno resa consapevole di quante difficoltà ci possono essere al giorno d’oggi nelle famiglie e più generalmente legate agli affetti delle persone care, come possono essere i genitori, i nonni o i fratelli. I genitori sono le figure più importanti per gli allievi, lo stile genitoriale influenza i loro comportamenti, se un bambino ha una situazione famigliare poco serena, è probabile che porti con sé dei rancori o delle preoccupazioni che possono influenzare l’andamento scolastico.

L’intera sperimentazione mi ha portato grandi soddisfazioni. In una futura classe, riproporrò sicuramente il tema dell’esternazione dei pensieri, partendo dalle loro idee e proposte, l’entusiasmo manifestato e le scoperte mi hanno resa sempre più consapevole di questa importanza di alleggerirsi dei pensieri per poter vivere più sollevati. Inoltre, gli aiuti emersi, hanno permesso di risolvere alcune situazioni che creavano dei pensieri negativi e delle preoccupazioni. Ad esempio, R., mi ha confidato che spesso dimenticava la mappetta in camera e doveva tornare a casa a riprenderla, con gli aiuti emersi dalla discussione, non dimentica più la mappetta, poiché la posiziona sulle scarpe la sera prima. Questo è solo un esempio di come, l’idea di un compagno, abbia risolto la preoccupazione di R. di dimenticare la mappetta a casa.

Ad avere maggior tempo a disposizione, mi sarebbe piaciuto creare con gli allievi, una specie di libro dei pensieri con una descrizione del percorso: dalla fase iniziale fino all’aggiunta di nuove categorie dei pensieri, proponendo una parte in cui il lettore è chiamato anche lui ad esternare i propri pensieri posizionando l’ape sulla categoria desiderata e inserendo i bigliettini in una parte apposita.

I bambini possiedono molte risorse ma non sempre trovano il modo di dimostrarcelo, così tocca a noi docenti creare le condizioni favorevoli perché queste emergano e prendano vita. Mi auguro che questo percorso sia solo l’inizio per gli allievi di abituarsi ad ascoltarsi e a riconoscere i propri bisogni, esternando le preoccupazioni e di cercare aiuti validi per sentirsi meglio, se non all’interno della classe, tramite le figure a loro più care e fidate.

Bibliografia

Bomio, S. (2003). Il consiglio di cooperazione. Conflitti, Rivista italiana di ricerca e formazione psicopedagogica.

Goleman (1996) in: Vignati, R. (2005). A scuola dalle emozioni. Articolo visitato l’8 aprile 2016, da http://digilander.libero.it/dibiasio.neoassunti/TEMATICA5/Disabilita/scuola%20emozioni.pdf Demetrio, D. (2012). Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura. Milano: Mimesis Edizioni. Donati, M. (2008). Differenziare in classe, per andare oltre le differenziazioni strutturali.

Disponibile in:

http://www4.ti.ch/fileadmin/DECS/DS/CDC/SCUOLADECS/riforma3/pratiche/documenti/Differe nziare_in_classe_e_oltre_le_differenziazioni_strutturali.pdf (6.4.2016)

Formenti, L., Gamelli, I. (1998). Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell’educazione. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Musgrove, M. (2010). Juliet e l’albero dei pensieri. Milano: Edizioni PIEMME.

Polito, M. (2012). Le virtù del cuore. Le emozioni a scuola e nella vita. Gussago (BS): Vannini Editrice.

Polito, M. (2012). Educare il cuore. Strategie per una comunità che si prende cura delle nuove generazioni. Molfetta (BA): Edizioni la Meridiana.

Polito, M. (2003). Comunicazione positiva e apprendimento cooperativo. Strategie per intrecciare benessere in classe e successo formativo. Trento: Edizioni Erickson.

Sepúlveda, L. (2012). Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico. Milano: Guanda Editore. Smorti, A. (1997). Il Sé come testo. Costruzione delle storie e sviluppo della persona. Firenze: Giunti.

Nel documento L’alveare dei pensieri (pagine 39-45)