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2. Il Veneto: caso studio di arte cinematografica nel territorio

2.1. Storia del cinema in Veneto

2.1.2. Il Veneto dei luoghi comuni

La valorizzazione del territorio dovrebbe essere uno degli interessi del cinema e soprattutto di un certo tipo di produzione audiovisiva. Questa condizione tuttavia si verifica raramente e ancora più raro è che essa sia tra le motivazioni artistiche intrinseche alla sceneggiatura. Riguardo alla prima ipotesi: è capitato non di rado che certi film abbiano danneggiato l’immagine di un territorio veicolandone identità e caratteristiche sconvenienti. Per quanto riguarda la seconda ipotesi invece, si tratta di una circostanza più frequente, che a seconda delle occasioni ha condotto a risvolti positivi o negativi.

L’attività di promozione di un territorio attraverso la realizzazione di produzioni audiovisive al suo interno viene definita location placement. Soprattutto con la nascita delle film commission, anche questi organi e gli enti territoriali hanno iniziato ad avvertite la necessità di incaricare una figura specializzata, già presente nell’insieme delle professioni cinematografiche: il location manager,

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oggi sempre più indipendente dai soggetti territoriali committenti. Il compito del location manager non si esaurisce nella ricerca di una location adatta all’ambientazione della sceneggiatura, ma comprende anche la preparazione e l’organizzazione del set per le riprese e la sua restituzione in condizioni consone al termine dei lavori. Si pensi ad esempio alle riprese fatte a Venezia lo scorso anno per il nuovo film dell’Uomo Ragno Spider-Man: far from home (2019), la cui realizzazione ha richiesto la trasformazione di Campo Santa Maria Formosa in un mercato devastato con bancarelle e tavolini da bar buttati all’aria, realizzando in modo così realistico da allarmare gli isolani. Ai fini di questa indagine, l’aspetto più interessante del location manager è la funzione di mediazione che egli svolge tra la produzione audiovisiva e la comunità locale. L’integrazione tra le parti è la chiave per la riuscita nella valorizzazione del territorio sullo schermo in ogni aspetto e nel tempo. Dal punto di vista dell’immagine della destinazione, l’integrazione della troupe e del cast nel tessuto locale consente agli operatori di entrare nello spirito della comunità e trasmetterne al meglio l’identità, anche se questo non fosse lo scopo della sceneggiatura. Per quanto riguarda lo sviluppo economico, è sempre auspicabile che la produzione inviti a partecipare attività e persone del luogo, affinché queste non si sentano soggetto passivo dell’iniziativa e sappiano beneficiare anche in seguito del circolo economico e turistico virtuoso innescato. Questo può avvenire reclutando comparse, operatori, fornitori di servizi e naturalmente l’amministrazione.

L’Italia è sempre stato un paese particolarmente attrattivo per le produzioni cinematografiche e audiovisive, per via dei suoi paesaggi, il suo patrimonio architettonico e culturale, l’immaginario del “bel Paese” e dello stile di vita. La regione del Veneto, a sua volta, ha fornito fondali scenografici fin dalla nascita del mezzo cinematografico stesso. Ciò che invece è mancato fino al 2017 è stata una commissione cinematografica regionale che governasse l’intero fenomeno e le sue declinazioni. In assenza di un coordinamento centrale, e di una normativa regionale, le film commission sono nate e sono state abituate ad agire autonomamente, con esiti spesso felici, ma disgiunti tra loro.

Caso emblematico è Venezia che fin dal Settecento, attraverso le immagini dei Vedutisti e i primi esperimenti con la camera ottica, è stata la città più rappresentata e conosciuta per immagini (Brunetta, 2010). Ebbene, l’immagine dell’isola presentata attraverso le pellicole cinematografiche ha spesso mancato di veridicità, in quanto pochi registi e sceneggiatori si sono mai davvero preoccupati di proporre al pubblico la vera identità del luogo e degli abitanti. Piuttosto, le sceneggiature hanno spesso e volentieri assecondato i falsi miti dell’immaginario collettivo sulla città lagunare. Avvolta dalla nebbia, spesso sommersa, col suo intrigo di rii e calli, Venezia è

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prima di tutto il simbolo della malinconia e della decadenza, suggellata come tale anche nella letteratura da D’Annunzio e Thomas Mann e immortalata per il grande schermo da Luchino Visconti. Anche nell’ambito della commedia, Venezia ha continuato a essere un ambiente mitico, abitato da turisti, stranieri e finti veneziani, come i Marisa Alassio e Alberto Sordi di Venezia la

luna e tu (Dino Risi, 1958). Per non parlare di tutti quei film, presenti in ogni epoca, che, non

potendo essere girati veramente sull’isola per ragioni logistiche o di budget, hanno utilizzato scenografie ricostruite come Cappello a cilindro di Mark Sandrich (1935) con Fred Astaire e Ginger Rogers a Hollywood o Padrona del suo destino (1998) di Marshall Herskovitz, basato sulla biografia della cortigiana Veronica Franco, e girato a Cinecittà sullo stesso set utilizzato anche da Carlo Vanzina per A spasso nel tempo (1996) (Zanotto, 2002). La nascita della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nel 1932 non servì a cambiare la situazione, anzi: svariati documentari dell’Istituto Luce ne testimoniano l’essere vetrina per il pubblico mondano e personalità illustri più che momento di promozione territoriale (Fasan, 2010). Agli stessi cinegiornali e cinedocumentari dell’Istituto va comunque la paternità delle prime valorizzazioni audiovisive intenzionali del complesso lagunare, in particolare delle isole, di cui esibivano il festival e le lavorazioni tradizionali del vetro e del merletto a Murano e Burano. L’interesse suscitato da queste produzioni era tuttavia finalizzato al turismo e al settore secondario, di cui si esaltavano la varietà e i servizi, dimenticando ancora una volta i veri veneziani, ormai confinati nei sestieri periferici. All’iniziativa del governo va attribuita anche l’introduzione nel panorama dell’audiovisivo delle aree industriali di Mestre e Marghera, escluse fino agli anni Cinquanta, allo scopo di incentivarne l’insediamento (Dal Pos, 2010). Immediatamente nacquero pellicole reazionarie di denuncia della condizione operaia e del degrado ambientale dell’area, come le opere di Tinto Brass Chi lavora è perduto e In campo al mondo (entrambi del 1963). Il filone resiste ancora oggi, allargando lo sguardo sull’intera regione con veri e propri reportage, ad esempio La

mal’ombra (2007) di Andrea Segre e Il pianeta in mare (2019) dello stesso autore.

Da questo breve excursus circa i set veneziani emerge come, nonostante le frequenti ambientazioni, non vi sia stata un’intenzionale promozione del territorio, anzi: sono stati frequenti i casi di stereotipizzazione del luogo. Se Venezia ha continuato ad attrarre turisti e viaggiatori in questi secoli è per via di una fama storica consolidata, cui i registi si sono appoggiati per arricchire le loro sceneggiature, ideando nuove storie in laguna o riadattando per il cinema trame qui già ambientate. D’altronde, l’utilizzo di una località come set non è solitamente la ragione principale che spinge i turisti a recarvisi, si tratta piuttosto di un ulteriore incentivo che si somma a ragioni più forti come le attrazioni storico-naturalistiche e l’offerta turistica (D’Amico, 2008). Si è parlato di Venezia in quanto città da poche altre eguagliata nel mondo per il suo

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immaginario filmico, ma altrettanto si potrebbe raccontare su numerose località venete. Il secondo caso più rilevante è quello di Verona, la città degli amanti Giulietta e Romeo. Una vasta produzione cinematografica è stata tratta in maniera più o meno fedele dal dramma shakespeariano, dall’alba del cinema muto ad oggi: uno dei più antichi è un cortometraggio

muto del 1908 diretto da James Stuart Blackton, il più recente è una produzione inglese del regista italiano Carlo Carlei Romeo and Juliet (2013) distribuito nelle sale italiane nel 2015. Ma non tutte queste opere sono state realmente ambientate nella città veneta e tanto meno girate. Esempio lampante è il Romeo e Giulietta (1968) di Franco Zeffirelli che della città scaligera mostra solo una panoramica in apertura del film, mentre il resto delle riprese si è svolto nei borghi del centro Italia, tra Toscana, Umbria e Lazio. Per la città vale dunque la stessa legge di Venezia: l’intento dei registi non è stato quello di valorizzare la città per se stessa, ma trovare la cornice perfetta per raccontare una storia e assecondare le aspettative del pubblico.