FATICA MULTIASSIALE
1.4 Verifica a fatica: la scelta dell’approccio in funzione del meccanismo di danneggiamento
1.4 Verifica a fatica: la scelta dell’approccio in funzione del
Lo svantaggio dei criteri di cui sopra è quello di poter essere applicati solamente in presenza di carichi proporzionali, cioè quando le direzioni principali di tensione/deformazione sono fisse durante il ciclo di carico. In particolare, tali criteri, a parità di ampiezza delle tensioni/deformazioni applicate, forniscono lo stesso valore di tensione/deformazione equivalente sia per carichi proporzionali sia per carichi non proporzionali. Tuttavia, è stato osservato sperimentalmente che la resistenza/vita a fatica è nettamente inferiore in presenza di carichi non proporzionali rispetto al caso di carichi proporzionali, a causa di un ulteriore incrudimento ciclico non osservato nel caso di carichi proporzionali (Socie, 1999).
Diversi studi disponibili in letteratura attribuisco tale incrudimento ai movimento degli atomi, che sono attivati in misura maggiore in presenza di carichi non proporzionali a causa della rotazione delle direzioni principali di tensione/deformazione (Sakane, 1999).
Al fine di considerare il caso di carichi non proporzionali, in letteratura risultano disponibili versioni modificate dei criteri di cui sopra, quali ad esempio i criteri di Lee (Lee, 1980) e di Sakane e collaboratori (Sakane, 1999) per fatica ad alto e basso/medio numero di cicli, rispettivamente.
Per quanto riguarda i criteri basati sugli invarianti di tensione/deformazione, i parametri fondamentali che definiscono tali criteri sono essenzialmente due: la tensione idrostatica e la componente deviatorica del tensore degli sforzi/deformazioni.
In regime di alto numero di cicli, tali criteri sono generalmente formulati impiegando una combinazione delle componenti del tensore deviatorico degli sforzi e della tensione idrostatica come parametro per valutare la resistenza a fatica dei componenti strutturali metallici (Crossland, 1956; Deperrois, 1991; Li, 2000;
Cristofori, 2009; Vu, 2010; Capetta 2011).
Per fatica a basso/medio numero di cicli, Mamiya e collaboratori (Mamiya, 2014a; Mamiya, 2014b) hanno recentemente proposto di determinare la vita a fatica di componenti strutturali metallici mediante una combinazione delle componenti del tensore deviatorico delle deformazioni, della tensione idrostatica e del secondo invariante della componente deviatorica del tensore degli sforzi.
I criteri basati su medie spaziali di tensione/deformazione presentano, invece, la caratteristica di utilizzare, come parametri essenziali per la loro definizione,
medie delle componenti tensionali/deformative di piano su un volume V . Più precisamente, tali medie vengono calcolate attraverso un integrale doppio, le cui variabili di integrazione sono rappresentate da due angoli che descrivono il versore normale ad un generico piano materiale all’interno di V . Al fine di considerare tutte le possibili orientazioni di tale piano, l’operazione di integrazione deve essere effettuata su opportuni intervalli degli angoli di cui sopra.
In presenza di alto numero di cicli, Papadopoulos (Papadopoulos, 1997) ha proposto un criterio basato sulla determinazione di un valore medio delle deformazioni plastiche accumulate dai grani cristallini presenti in un certo volume V , ottenuto a partire dal valore medio delle tensioni tangenziali relative al generico piano.
Per fatica a basso/medio numero di cicli, i criteri disponibili in letteratura definiscono l’ampiezza di una deformazione tangenziale equivalente considerando il valore medio delle componenti di deformazione tangenziale relative al generico piano (Sonsino, 1989; Filippini, 2003).
I criteri energetici si fondano sull’ipotesi che la densità di energia rappresenti un parametro significativo per la verifica a fatica di componenti strutturali metallici. L’utilizzo di tale grandezza presenta un vantaggio fondamentale rispetto ai criteri discussi in precedenza: la quantità di energia richiesta per il verificarsi della rottura per fatica è indipendente dalla complessità dello stato tensionale/deformativo presente nel componente, e pertanto è teoricamente sufficiente un solo parametro per eseguire la verifica a fatica, anche in presenza di sollecitazioni complesse (Susmel, 2003).
Il primo ricercatore ad utilizzare un criterio basato sull’energia fu Jasper (Jasper, 1923), il quale analizzò la resistenza a fatica di provini metallici ferrosi soggetti a carichi di trazione-compressione. Successivamente, Garud (Garud, 1981), estendendo l’applicabilità dei criteri energetici anche al caso di carichi multiassiali, propose di eseguire la verifica a fatica multiassiale impiegando l’energia associata alla sola componente di deformazione plastica.
Da segnalare è sicuramente il criterio sviluppato da Ellyin (Ellyin, 1989;
Ellyin, 1997), il quale propose per primo un approccio per la verifica a fatica multiassiale basato sulla combinazione della densità di energia di deformazione (Strain Energy Density (SED)) elastica e plastica.
Negli ultimi decenni sono stati proposti in letteratura differenti criteri basati sulla densità di energia di deformazione, come i criteri di Park e collaboratori (Park, 2000) e di Lazzarin e collaboratori (Lazzarin, 2001; Berto, 2015). Tali criteri, essendo formulati in termini energetici, presentano il grande vantaggio di poter essere applicati sia in regime per alto sia per basso/medio numero di cicli di carico.
I criteri basati sull’approccio del piano critico sono stati formulati sulla base dell’osservazione sperimentale del fenomeno di nucleazione e crescita delle fessure per fatica (Marquis, 2003). Secondo tali criteri, la verifica a fatica multiassiale di componenti strutturali metallici viene eseguita su uno specifico piano materiale (il cosiddetto piano critico).
I criteri basati sull’approccio del piano critico sono formulati in termini di tensioni in regime di alto numero di cicli (Findley, 1959; Matake, 1977;
McDiarmid, 1987; McDiarmid, 1991; Susmel, 2002; Karolczuk, 2006; Carpinteri, 2011; Łagoda, 2014), mentre sono formulati in termini di deformazioni per basso/medio numero di cicli (Brown, 1973; Wang, 1973; Socie, 1987; Fatemi, 1988; Chen, 1996; Susmel, 2009b; Carpinteri; 2015; Walat, 2015). È importante sottolineare che alcuni dei criteri per basso/medio numero di cicli sono delle riformulazioni in termini di deformazioni di criteri originariamente formulati per alto numero di cicli.
L’aspetto comune di tutti i criteri basati sull’approccio del piano critico è che la stima della resistenza/vita a fatica è effettuata impiegando una combinazione delle tensioni/deformazioni relative al piano critico.
Tali criteri si distinguono per la strategia impiegata per determinare la giacitura del piano critico. Più precisamente, molti ricercatori definiscono il piano critico come il piano materiale dove alcune componenti di tensione/deformazione (o una loro combinazione) raggiungono il massimo valore (Łagoda, 2005; Susmel, 2013;
Anes, 2014; Li J., 2014; Susmel, 2014; Kluger, 2015; Wang, 2015a).
Alternativamente, la giacitura del piano critico può essere correlata alla direzioni principali di tensione/deformazione, impiegando opportune funzioni peso, che tengono conto dei principali fattori che influenzano il comportamento a fatica dei materiali metallici (Macha, 1989; Carpinteri, 2000; Carpinteri 2002).
Tra i diversi criteri per la verifica a fatica multiassiale che sono stati discussi finora, è stato dimostrato (Marquis, 2003; Susmel, 2010; Lopez-Crespo, 2015) che i criteri basati sull’approccio del piano critico sono caratterizzati da una elevata efficienza.
Inoltre, tali criteri si sono rivelati particolarmente versatili e trovano impiego in una vasta gamma di applicazioni, come: componenti strutturali intagliati (Carpinteri, 2008; Susmel, 2009b; Liu, 2015), carichi non proporzionali (Li B.C., 2014; Xia, 2015) e random (Macha, 2012; Kadhim, 2014; Wang, 2015b).
Nel seguito viene, quindi, focalizzata l’attenzione su tale approccio, introducendo le grandezze ingegneristiche correlate al piano critico.