3. IL VETRO DI MURANO ED I COMPORTAMENTI D’ACQUISTO
3.3. Il Vetro di Murano dal punto di vista degli intenditori, collezionisti, esperti ed artisti
3.3.4. Il Vetro di Murano come opera d’arte
«Questo tipo di apertura di Murano è dal ‘900 che vede collaborazioni con artisti, designer, architetti, e si è aperto un mercato per questi tipi particolari di lavorazioni. […]» [Malara, A.1.]
Come si può leggere nella testimonianza, la produzione di opere d’arte è un’introduzione abbastanza recente rispetto alla tradizione muranese, tuttavia sempre più le opere realizzate attraverso la collaborazione tra maestro vetraio ed artista sono apprezzate e richieste dalla fascia più alta del mercato del Vetro di Murano.
Bisogna però specificare che, anche in questo caso, il panorama non è omogeneo: si passa dalla produzione vetraia cofirmata dagli artisti o designer, ma destinata alla vendita come prodotti di elevato lusso e prestigio, alle vere e proprie opere d’arte di proprietà dell’artista e destinate a musei o collezionisti.
Da sottolineare comunque che gli artisti non si sentono di definire la prima tipologia come opera d’arte: infatti le produzioni cofirmate o le produzioni a più elevato valore artistico appartengono a quella zona grigia tra arte ed artigianato. L’artista A. Contin [A.2.] la definisce «[…] arte applicata, art in craft, arte e mestiere: hai un oggetto di fattura straordinaria, che magari non ha avuto una ricerca artistica ma a chi vuoi che importi? […] Ovviamente si parla di arte nell’artigianato solo in pochissimi casi: Venini, Seguso e pochi altri. Questo confine tra arte ed artigianato teniamolo mobile e magari parliamo di virtuosismi, di collaborazioni, e a volte di risultati artistici».
Le opere d’arte, a parere degli artisti A. Penzo e C. Fiore [A.3.], si distinguono per la presenza sia di ricerca artistica, sia del concetto (che viene prima della funzione o del materiale), e soprattutto per il «side specific, ovvero l’artista cura l’istallazione dell’opera perché il posto fa parte dell’opera stessa, cosa che assolutamente una artigiano non considera». L’artista A. Contin aggiunge inoltre che «Il lavoro in vetro dell’artista deve avere il vetro come elemento espressivo necessario e non
dovrebbe essere mai la copia di un lavoro che potrebbe essere fatto con qualsiasi altro materiale».
È chiaro che maggiore è il contenuto artistico ed il valore associato, più il luogo di vendita sarà ricercato e ristretto: «ovviamente un pezzo d’arte, il pezzo unico creato assieme all’artista, lo trovi in galleria o al museo» concordano a riguardo sia gli studiosi del distretto, il professor M. Tamma e la dottoressa S. Conte [A.4.], che il dottor Malara della Promovetro [A.1.].
Infine, dal punto di vista economico, la produzione di alto artigianato artistico è di proprietà della vetreria ed è destinata alla vendita, mentre le opere d’arte create sono solitamente di proprietà dell’artista che “affitta” il lavoro della vetreria; quest’ultime inoltre non sono «[…] create per essere commerciali e a volte infatti non sono vendibili» [A. Penzo e C. Fiore, A.3.]
Risulta evidente in quest’ultimo caso che l’artista viene ad assumere così la fisionomia del cliente della fornace (la affitta, compra i diritti sull’opera), pur rimanendo ovviamente sempre co-creatore dell’opera finale stessa.
Ma, in tale contesto, qual è il ruolo del maestro vetraio e dell’artista?
«È l’artista che valorizza il vetro di Murano o è la materia che valorizza l’artista? ci sono aziende che rincorrono l’artista per dare un nome alle opere, mentre l’artista magari è in cerca di un’azienda con un particolare tipo di clientela, bisogna vedere se si trovano. Noi abbiamo aziende produttive più dal punto di vista classico, ma alcune legate agli artisti ne abbiamo» [Malara, A.1.]
Per capire le dinamiche che intercorrono tra queste due figure, si è pensato di raccogliere, tramite interviste, il punto di vista di alcuni artisti.
«Lavorare con il maestro vetraio è come suonare il piano a quattro mani! […] L’artista è l’idea, la mente, mentre l’artigiano è la tecnica, il braccio […] il disegno è mio, la fattura è tua e le due cose non si toccano, anzi è il valore aggiunto che io metto con il mio lavoro. Il mio progetto è una cosa e la tua realizzazione è un’altra e, soprattutto nel caso del vetro, quest’ultima sarà
sempre originale perché c’è sempre una differenza da un pezzo all’altro, non sono mai identici.»
afferma con enfasi l’artista A. Contin [A.2.] dalla sua esperienza personale.
Dalle interviste condotte emerge comunque chiara l’idea che sia l’artista in questo caso la componente fondamentale di questo tipo di collaborazione:
«L’artista è più importante: egli allarga il suo mondo partendo dalla sua idea grazie al virtuosismo dell’artigiano; l’artigiano non farebbe mai quelle cose senza l’artista. Viceversa è chiaro che se l’artista va da un artigiano piuttosto che da un altro, verranno lavori diversi […] Il lavoro è indubbiamente un lavoro di squadra, ma il vetraio crea quelle cose solo perché ci sono io» [Contin, A.2.]
«L’opera contemporanea è una via di mezzo tra tecnica, abilità dell’artigiano, e concetto, idea dell’artista: quindi dipende, è un 50-50 […] Però in definitiva è l’artista più importante, mentre l’artigiano è sostituibile» [Penzo e Fiore, A.3.]
Questa nicchia di mercato è estremamente complessa, vista la stretta collaborazione nella quale i ruoli sono intimamente legati: la scelta della fornace a cui affidarsi quindi dipende da molteplici fattori, anche contradditori, che si intersecano fra loro, come abilità ed affinità, trattamento economico, immagine e relazioni.
«Nel mio caso è dipeso da due fattori: il primo è stato quello economico, perché il maestro mi ha detto che mi avrebbe trattato bene. Ma, a parità di trattamento, è fondamentale il fatto che sia un vetraio che da sempre lavora con gli artisti e che sia contento di lavorare per gli artisti» [Contin, A.2.]
«[…] principalmente dalla rete di relazioni e dalla reputazione della fornace, per esempio i contatti che essa ha con le gallerie d’arte, con le fiere o con le mostre. Poi importate è anche l’affinità tra artista e maestro vetraio: l’artista parla d’arte non del materiale ed è necessario che il maestro vetraio riesca a comprenderlo.» [Penzo e Fiore, A.3.]
Che si tratti di opere d’arte o di “art in craft”, è ovvio che maggiore è il valore dell’opera o del manufatto e maggiore sarà l’importanza dall’artista e/o dalla vetreria che l’ha creata.
«[…] In questi casi è l’identità della persona a diventare garanzia di
autenticità, perché è riconosciuto e riconoscibile, il marchio Murano non ha più importanza»
Questa frase degli artisti A. Penzo e C. Fiore [A.3.] è significativa e rappresenta appieno il concetto: in questo tipo di prodotto l’autenticità non è più legata né al luogo di acquisto (come per il souvenir, par. 3.2.), né al luogo di produzione (come per l’oggetto in Vetro Artistico di Murano, par. 3.3.1.-3.3.2.), ma diventa fondamentale il produttore.
«[…] per esempio Andrea Tagliapietra, artista nato qui a Murano, lavora a Seattle, ma le sue opere sono certamente muranesi […]» [Penzo e Fiore, A.3.]
Le produzioni artistiche quindi non hanno e non possono avere i limiti previsti dal disciplinare per essere riconosciuti dal marchio della Promovetro.
«[…] L’artista invece non ha limiti: se è necessario per raggiungere l’estetica desiderata l’artista deve usare la colla, come io stesso l’ho usata in una mia opera “Torri di Vetro” (figura 44), in cui molti bicchieri muranesi sono incollati a torre uno sopra l’altro. […]» affermano per esempio gli artisti A. Penzo e C. Fiore [A.3.] riguardo all’uso della colla chimica nella realizzazione delle opere, pratica che sarebbe vietata dal disciplinare.
Figura 44: Torri di Vetro