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IL VIAGGIO CELESTE: storia della ricerca e riflessioni sul tema

Dopo una prima parte di carattere generale, in cui si è voluto mettere in evidenza sia una problematica terminologica relativa alle espressioni da utilizzare in riferimento alle modalità di comunicazione e/o di contatto tra l'uomo ed una realtà che egli sente superiore a e altra da sé, sia la possibilità di individuare dei filoni di interpretazione molto diffusi e applicati ad esperienze come quelle del sogno, delle visioni e delle apparizioni, è giunto il momento di scendere più nel dettaglio e affrontare il tema principale della nostra ricerca.

Ciò che ci prefiggiamo, per quanto riguarda questo capitolo, è di riuscire a fornire un inquadramento generale del tema «viaggio celeste» attraverso la storia della critica a tale concetto, da un lato, e l'individuazione di alcuni spunti problematici accompagnata da qualche excursus testuale, dall'altro. Un simile modo di procedere, infatti, ci pare essere in linea con quanto è già stato proposto nel capitolo precedente, dove abbiamo ritenuto fosse più opportuno e conveniente affrontare dei problemi astratti - come quelli concernenti appunto il lessico - a partire dall'esame di alcuni testi importanti e centrali per siffatte questioni fra gli scritti neotestamentari, pur non mancando di allargare il nostro sguardo anche all'ambiente circostante. Si è dedotto che il metodo così prescelto potesse consentire di mettere in luce un aspetto cui spesso faremo ritorno, nel corso dell'analisi: la presenza di modelli di interpretazione diffusi di determinati fenomeni. Ciò offre la possibilità di una lettura più approfondita dei testi e risulta utile nel formare una base solida sulla quale costruire l'esegesi di un tema affascinante e complesso come quello del viaggio celeste. In collegamento con quanto scritto in precedenza, si può subito anticipare un problema: il punto di partenza sarà costituito dalla considerazione dell'ascesa celeste come una forma di contatto con il soprannaturale - per le ragioni che sono state presentate; siamo consapevoli del fatto che anche questa espressione veicola tratti di interpretazione e lettura a posteriori di un determinato evento, come per il caso di «esperienza religiosa», ma probabilmente in maniera meno forte di quanto invece si possa dire per quest'ultima espressione. Accanto a ciò, si dovrà sempre tenere presente un'altra direttrice, cui si è già accennato a proposito delle questioni affrontate nel primo capitolo: è possibile riconoscere, alla base di questa forma di contatto con il soprannaturale, un richiamo a delle pratiche, a una realtà concreta che gli uomini dell'antichità consideravano funzionale a sperimentare un'avventura poi riletta secondo i termini di un viaggio celeste? In parte, abbiamo già messo in evidenza, con l'aiuto di alcuni testi (si pensi ad At 22,17-21, ad esempio; oppure alla raffigurazione delle apparizioni postpasquali di Gesù nei Vangeli), che tale sostrato può essere supposto per casi di visioni ed apparizioni; inoltre, il suo ruolo deve essere giustapposto a quello

della lettura successiva, che chiama in causa una serie più vasta di riferimenti e concetti legati all'ambiente sociale e culturale in cui si vive. Ma è proprio questo a segnalare, a nostro avviso, la continuità tra i due elementi così delineati, dando così ulteriore spinta ad uno studio che prenda in considerazione tale spunto e indaghi i testi (senza forzarli) anche a partire da simile prospettiva. Un indizio molto utile in questo senso è quello che ci viene fornito dalle conclusioni di un contributo recente di Destro e Pesce proprio sul viaggio celeste: The Heavenly Journey in Paul:

Tradition of a Jewish Apocalyptic Literary Genre or Cultural Practice in a Hellenistic-Roman Context?. Nel portare a termine la loro indagine - che riprenderemo in dettaglio in un secondo

momento - scaturita dalla volontà di offrire uno scenario più ampio in cui collocare la testimonianza paolina di 2Cor 12 rispetto a quello suggerito da chi lo considera una finzione letteraria alla stregua della letteratura apocalittica giudaica, i due studiosi italiani puntualizzano alcuni punti fondamentali che possono fungere da guida per il nostro percorso: «In conclusion, we believe the heavenly journey to be a religious form rich in meanings and effects. It has been continuously reshaped throughout the antique world (Middle Eastern, Greek, and Roman). [...] This religious practice should be viewed together or on the same level as other very widespread practices (like prayer, or sacrifice), none of which is exclusive to a single religion or religious group. It is one of the complex range of means available to the men and women of antiquity to achieve their religious goals. In each culture, each religion and each group (along with prayer and sacrifice), it was a practice that assumed different contents, forms, functions, and purposes. What we are trying to say is that men and women of the ancient world tried constantly to place themselves in a particular bodily and psychic disposition. They tried to be open to a kind of bodily-mental scission that could produce and lead to the "heavenly journey". All this may be considered as an ordinary and widespread religious experience» (2011, 200).

Molti sono gli elementi chiamati qui in causa, con il pregio di offrire un quadro che, pur denotando un richiamo alla lettura del caso specifico paolino, si distingue per lo sguardo complessivo operato sul concetto, frutto dell'esame di un numero elevato e vario di fonti. Riservandoci di ritornare in seguito sui singoli punti dell'argomentazione di Destro e Pesce, possiamo fin da ora notare che essi definiscono il viaggio celeste secondo la categoria dell'esperienza religiosa, come nozione che racchiude in sé - ad un livello più generale - tutto ciò che si connette al motivo dell'ascesa. Come si ricorderà, il tema rappresenta uno dei punti cui ci dovremo dedicare in questo lavoro, con l'obiettivo di comprendere se sia possibile articolare una dimensione lessicale più precisa sia per l'ascesa in generale che, eventualmente, per il caso paolino in particolare. Ma un simile obiettivo potrà essere

raggiunto solo al termine di un articolato percorso di richiami ai testi, di esame di problematiche critiche e di interrogativi dalla difficile soluzione.

Storia della critica

Le prospettive che possono essere delineate in relazione allo studio del viaggio celeste sono numerose, dal momento che prendono in considerazione un arco temporale piuttosto vasto. Le implicazioni connesse all'individuazione di un simile motivo all'interno di testi di differenti tradizioni e riferimenti culturali hanno suscitato ampia curiosità scientifica, la quale si è presto tradotta in molti contributi importanti per lo studio che stiamo affrontando.

Cercheremo, in quanto segue, di farci guidare da un semplice criterio cronologico, con la volontà di restituire anche una traccia per lo sviluppo delle stesse posizioni esegetiche, utile per mettere in luce alcuni dei temi e dei problemi rilevanti che sono stati sottolineati nel corso degli anni. Al tempo stesso, nella parte centrale, abbiamo ritenuto opportuno sovrapporre a questo primo criterio un andamento dettato dall'approccio tematico al problema, per assecondare le finalità principali degli studi trattati (mantenendo comunque una linea di sviluppo diacronico al suo interno).

Gli inizi: Bousset e la «Himmelsreise der Seele»

Il primo contributo rilevante che si è occupato del tema risale ai primi anni del secolo scorso e porta la firma di uno studioso tedesco molto noto e dagli interessi molto vasti: nel 1901 W. Bousset diede alle stampe un lungo articolo, diviso in due parti, dal titolo Die Himmelsreise der Seele. Questo tentativo rappresenta un esempio di analisi analitica sul motivo del viaggio celeste: esso si pone, per certi versi, come un primo modello nei confronti degli studi successivi. Pur dovendo scontare alcuni limiti per ciò che riguarda la conoscenza dei testi - Bousset opera in anni in cui le scoperte dei manoscritti di Qumran e della "biblioteca" copta di Nag Hammadi sono ben di là da venire - queste pagine si segnalano per la ricchezza di spunti e osservazioni.

Innanzitutto, si deve allo studioso tedesco una prima definizione molto articolata dell'oggetto della nostra ricerca, che comprende già in sé alcuni degli elementi più importanti ripresi anche in seguito. Egli, infatti, in apertura del suo contributo, afferma a proposito del concetto di viaggio celeste dell'anima: «Und zwar handelt es sich um eine doppelte Reihe von Vorstellungen, einmal um eine eigentlich eschatologische Gedankenreihe, nämlich um die Lehre, dass die Seele nach ihrer Loslösung vom Leibe durch den Tod die Himmelsregionen durchwandert, um vor dem Thron

Gottes zu gelangen, zweitens aber auch um eine mystisch ekstatische Lehre, dass dem Gläubigen und Frommen der Aufstieg zum höchstens Gott schon in diesem Leben möglich sei, und eine daran sich anschliessende bestimmte Praxis der Exstase. Beide Vorstellungsreihe sind eng mit einander verbunden». E immediatamente dopo aggiunge: «Die Ekstase, vermöge deren man sich durch den Himmel zum höchsten Gott erhebt, ist ja nichts anderes als eine Anticipation der Himmelsreise der Seele nach dem Tode des Menschen» (1901, 136).

La lunga citazione che abbiamo riportato è funzionale a sottolineare alcuni degli aspetti centrali del pensiero di Bousset: prima di tutto, la presenza di un motivo dal duplice risvolto, che chiama in causa l'ascesa al cielo dell'anima dopo la morte accanto a quella che viene definita come prassi estatica per permettere all'uomo di sperimentare in anticipo quello stesso cammino di salita verso la realtà celeste. Da qui, si ricava una doppia concezione relativa al fenomeno, la seconda delle quali - oltre ad essere interpretata in termini di estasi - è considerata oggetto d'insegnamento che mette nelle condizioni di presentarsi davanti alla divinità già durante questa vita. Quest'ultimo elemento è importante, in quanto è molto vicino ad una delle principali linee-guida che ci siamo proposti di seguire ed indagare nella nostra ricerca.

Lo studio dell'esegeta tedesco prende poi in considerazione un numero consistente di testi, anche se non tutti ricevono il medesimo grado di attenzione: oltre alle fonti giudaiche e cristiane - che egli considera relativamente più sicure quanto a datazione - vengono analizzate anche testimonianze relative alla religione iranica, ai misteri di Mitra, al sistema religioso mandaico e a quello babilonese, per arrivare infine all'ambito greco e a quello degli oracoli caldei e degli scritti ermetici.148 Non è qui il caso di soffermarci sulle singole prese di posizione di Bousset, quanto

piuttosto di richiamare le tesi fondamentali da lui presentate per sostenere le affermazioni sopra riportate.

Dopo aver preso in considerazione i testi riferiti all'area giudaico-cristiana, lo studioso sottolinea alcuni dei punti che, a suo giudizio, già permettono di anticipare alcune delle conclusioni importanti del suo lavoro: la molteplicità delle informazioni raccolte suggerisce, in prima istanza, che le radici di una concezione dell'ascesa celeste dell'anima non siano da ritrovare nel Cristianesimo né nel Giudaismo, bensì debbano essere ricercate nell'ambito della religione iranica, alla quale si deve la priorità nella creazione di un simile modello che ha poi influito sulla sua ricezione da parte delle

148Alcuni dei testi menzionati sono i seguenti: 1 e 2 Enoc, Testamento di Levi, Martirio e Ascensione di Isaia, 3 Baruc, Apocalisse di Sofonia (l'unico frammento greco presente negli Stromati di Clemente Alessandrino), Apocalisse di Abramo, Apocalisse di Mosè, il racconto dei 4 saggi nel Pardes (secondo la versione del Talmud babilonese, b. Ḥag. 14b-15b), l'Apocalisse di Esdra e 3 Enoc per quanto riguarda l'area giudaico- cristiana; l'Avesta, l'Apocalisse di Arda-Viraf e le testimonianze di Celso e Porfirio accanto a quella dei Papiri Magici per i misteri di Mitra, in relazione alla religione iranica; la Ginza come esempio dei testi della religione mandaica; il Fedro e il mito di Er nella Repubblica di Platone accanto a tre testi di Plutarco - Il volto della luna, Il demone di Socrate e I ritardi della punizione divina - per l'area greca

culture circostanti (153-54). Si deve anche aggiungere che a Bousset può essere riconosciuto il merito di aver compreso la necessità di non isolare il concetto di viaggio celeste da una serie di problematiche che i testi stessi ci testimoniano essere a stretto contatto: esse possono essere individuate nella cosmologia - più esplicitamente nella raffigurazione di un esatto numero di cieli, che varia fra 3 e 7; nell'immagine del conferimento di vesti celesti a coloro che ascendono (un richiamo alla trasformazione?); nell'unzione che certifica il valore della rivelazione di segreti di cui chi ascende viene fatto partecipe; e, infine, dell'ostilità dei demoni che l'anima deve affrontare nel suo percorso.

Nella seconda parte del suo contributo, egli cerca poi di portare delle argomentazioni a favore della sua precedente affermazione in merito alla priorità della religione iranica: nella sezione più antica dell'Avesta si possono individuare tracce della presenza di alcune «Himmelsstationen», intese come passaggi obbligati del percorso compiuto dall'anima, che configurano un insieme di tre fermate più il punto di arrivo conclusivo. Le evidenze riscontrate sono sufficienti, a questo punto, da permettere allo studioso tedesco di confermare la sua supposizione ed affermare che i tratti tipici dell'insegnamento riguardante l'ascesa dell'anima possono essere fatti risalire ai tempi più antichi della religione persiana.149 Mancano però, a tale altezza cronologica, dei riferimenti concreti che

testimonino la presenza concreta di una prassi estatica al fine di ottenere siffatte visioni: esse si devono recuperare da fonti più tarde, come l'Apocalisse di Arda-Viraf, che comunque sembra raccogliere delle tradizioni più antiche accanto alla presenza di materiale posteriore (ad esempio, l'aumento al numero di sette delle fermate dell'anima nel corso dell'ascesa). Qui si trovano particolari che descrivono le modalità con cui entrare in una catalessi prolungata (sette giorni) e di conseguenza consentire alla propria anima di attraversare le diverse «Himmelsraüme». La conferma di questi tratti in altri testi successivi consente di concludere rafforzando l'idea espressa in precedenza, poiché la religione iranica si rivela essere la culla anche dell'insegnamento estatico relativo alla prassi da seguire per stimolare la propria anima ad ascendere (162).

La priorità dell'oriente sembra essere ulteriormente confermata dalle testimonianze occidentali che attribuiscono ai Magi la conoscenza di tecniche teurgiche efficaci per mettersi in comunicazione con i morti, viaggiare nell'Ade e appunto ascendere al cielo (164-65); ma è con il richiamo alla "liturgia mitraica" (PGM IV, 475-834) che Bousset crede di ottenere la dimostrazione definitiva della propria tesi. Sfruttando soprattutto questo testo dei Papiri Greci Magici - le cui parti più antiche vengono considerate risalenti al più tardi al II sec. e.v. - egli può infatti sottolineare come

149«Es ist bisher nachgewiesen, dass die Lehren von der Himmelsreise der Seele, ihrer Begleitung durch Engel (resp. Dämonen), von bestimmten (3-4) Stationen dieser Reise, von dem Kommen der Seele vor den Thron des höchsten Gottes und seiner Engel in verhältnismässig früher Zeit in der persischen Religion sich finden» (160)

tale prassi estatica rappresenti il centro dell'essenza misterica di siffatto gruppo religioso, il quale si configura come il veicolo attraverso il quale lo schema proprio della religione iranica sbarca in Occidente in una sua forma completa: esso contempla le caratteristiche tipiche di un'ascesa attraverso sette stazioni celesti ben definite, che conducono alla visione della massima divinità attraverso un cammino regolamentato da precise istruzioni di carattere teurgico.150

Il secondo blocco dell'articolo si occupa soprattutto di rintracciare un possibile sviluppo della componente cosmologica legata all'ascesa dell'anima: l'attenzione verte soprattutto sulla costruzione di liste di pianeti, di divinità e poi anche di colori che vengono associati ai diversi livelli di cui si compone la realtà celeste, specie quando si stabilizza il passaggio da un modello più antico che prevede tre cieli (come testimoniato da un primo sostrato della tradizione del Testamento di Levi e da Paolo stesso) ad uno che ne contempla invece sette. Ci basti ricordare che Bousset riconduce ad un'origine babilonese la presenza di siffatti elementi, un cui ritratto particolarmente noto è quello fornito da Celso relativamente ai misteri di Mitra.151 Con la discussione relativa a questo tratto, è

possibile costruire quindi una specie di quadro diacronico dello sviluppo della concezione della «Himmelsreise der Seele»: ad un sostrato iranico di base, che prevede la possibilità per l'anima, dopo la morte, di liberarsi delle catene del corpo e quindi di ascendere attraverso i tre livelli del cielo fino al Paradiso collocato sopra di questi, in tempi successivi - ma comunque precristiani - si assiste all'allargamento di tale facoltà anche all'uomo nel corso della sua vita. Una traccia precisa di tutto ciò è contenuta nei misteri mitraici, che consentono il passaggio di tale schema prima nel mondo giudaico e poi da qui in quello cristiano, che continuano ad utilizzare un simile motivo in maniera parallela. A simile concezione si devono però aggiungere anche degli elementi di provenienza babilonese: essi sono quelli relativi alle sette sfere celesti che l'anima deve attraversare nella sua ascesa. Questo insieme di elementi iranici e babilonesi forgia quindi il nucleo di un insegnamento che in seguito si rivela centrale nel sistema gnostico e nella religione mandaica, ma che continua ad esercitare la sua influenza anche in tempi più recenti, come dimostrato dai casi della Divina Commedia dantesca e, prima, dall'utilizzo del motivo nel mondo islamico (234-49). Quest'ultima conclusione permette di individuare nel complesso i punti fondamentali del ragionamento di Bousset, al cui interno - a nostro avviso - bisogna sottolineare soprattutto l'importanza riconosciuta all'aspetto della prassi estatica in relazione all'ascesa dell'anima prima della morte. Tale prospettiva risulta importante, oltre che per le fonti esaminate in relazione a Paolo,

150«[...], und der Beweis scheint mir erbracht, dass wir in der eranischen Religion die Heimat jener bunten Phantasien und jener ekstatischen Mystik zu suchen haben. Die Mithrasreligion ist dann die Brücke gewesen, auf der jene Ideen dem Westen zugeführt wurden» (169)

151Si tratta del noto passo del Contro Celso di Origene (VI 22), in cui viene riportata l'interpretazione delle sette porte che introducono ai vari livelli celesti secondo un ordine ascendente di pianeti, cui vengono associati dei metalli. Sulla problematicità del ritratto restituito dalla testimonianza di Celso, si veda Culianu 1983, 52-53

anche per ciò che riguarda i successivi approcci della critica, spesso restia ad accettare ed accogliere un simile punto di vista. Altro tratto interessante è infine quello riguardante il carattere complesso della nozione in questione, formata di elementi differenti che i testi interrogati restituiscono in maniera varia, ma che sono importanti per riconoscere le tracce di base di un modello che si costituisce per gradi e che mostra di godere di grande diffusione.

Molte sono le osservazioni critiche che interpreti successivi hanno rivolto a questo intervento. E' soprattutto l'approccio dello studioso tedesco alle problematiche cronologiche a lasciare interdetti, specie nel momento in cui egli pare fondare alcuni punti essenziali della propria argomentazione su valutazioni azzardate: su questo punto ha molto insistito I.P. Culianu, il quale sottolinea la mancanza di fondamento storico concreto rispetto alle fonti iraniane che Bousset considera a sostegno della propria lettura, in quanto esse sono successive rispetto ai fenomeni che sono chiamate ad illustrare. Inoltre, sempre riprendendo le osservazioni dello studioso rumeno, il trattamento riservato alle testimonianze greche non sembra essere soddisfacente: ad esempio, alcuni degli argomenti chiave per giustificare la dipendenza di Platone da concezioni iraniche sembrano ingenui, pur volendo indicare una realtà che non può essere esclusa a priori, di cui si può trovare forse un esempio nel caso della collocazione celeste dell'Ade.152 Infine, un tratto importante sembra

non essere contemplato in questo contributo: la distinzione tra un'ascesa dell'anima ed una che riguarda invece anche il corpo dell'essere umano. Pur dovendo puntualizzare che l'analisi concerne espressamente la nozione di viaggio celeste dell'anima - e che i punti chiave della discussione anche

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