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3.2 – Vibrazioni reticolar

Nel documento Scattering anelastico di neutroni (pagine 34-43)

Secondo il modello classico delle vibrazioni elementari, un cristallo monoatomico unidimensinale può essere approssimato da N sfere di massa M poste a distanza reciproca a ed in interazione tra loro tramite un potenziale armonico di costante elastica α. Le sfere rappresentano gli atomi disposti nel cosidetto retticolo cristallino (Fig. 3.1). Questo sistema corrisponde a N oscillatori armonici accoppiati e può essere definito da N equazioni del moto del tipo della (3.7), le cui soluzioni sono esprimibili da funzioni d'onda come la (3.8):

M ¨un(t) = α [un+1(t) − 2 un(t) + un−1(t)] con (n=1,... , N ) (3.7)

un(t) = Aei(na q − ω t ) (3.8)

dove ω è la pulsazione, q è il valore del vettore d'onda della particella in posizione na e A è l'ampiezza dell'oscillazione. A queste soluzioni si devono imporre le condizioni di Born – Von Karman che esprimono la periodicità della funzione: poiché l'onda si annulla agli estremi di un cristallo finito, si deve avere la seguente relazione:

ei q (a +L)

=ei(⃗q⋅⃗a)

ei q L

=1 → q L = 2 π m (3.9)

dove L indica la posizione del secondo estremo del cristallo, il cui valore è L = Na, e m è un numero intero positivo o negativo.

Dalla (3.9) si evince che q può assumere solo valori discreti, il cui valore è espresso dalla (3.10). Data la semplice simmetria spaziale del sistema, tutte le soluzioni indipendenti possono essere espresse in una zona limitata del piano (q,ω(t)) detta prima zona di Brillouin, definita dalle condizioni (3.11). Con semplici passaggi matematici si ottiene una relazione di dispersione ω(q) espressa dalla (3.12) che stabilisce le uniche frequenze ammesse dal sistema.

q = m N 2 π a con m ∈Ζ (3.10) −π aq ⩽ πa ← → − N 2 ⩽m ⩽ N 2 (3.11) ω(q) = 2

Mα⋅∣sin(a 2 q)∣ (3.12)

Una soluzione del tipo (3.8) definisce un'onda che descrive un moto collettivo del sistema di N oscillatori accoppiati, che oscillano alla stessa frequenza e trasmettono un'onda vibrazionale, la cui ampiezza massima è data da A, con vettore d'onda di valore q, legato alla pulsazione tramite la (3.12). La curva che definisce la relazione di dispersione nella prima zona di Brillouin è rappresentata in Fig. 3.9.

Fig. 3.9: curva di dispersione che definisce un modo vibrazionale di un cristallo monoatomico

unidimensinale nella prima zona di Brillouin.

Nel caso di un cristallo biatomico unidimensionale, l'approssimazione viene fatta considerando una

interazione elastica, espressa dalla costante α, tra N atomi di massa M1 e N atomi di massa M2, in

posizioni alterne, per un totale di 2N atomi disposti in N siti reticolari di ampiezza a (Fig. 3.10).

Con una trattazione analoga al caso monoatomico si ottengono 2 valori di ω per ogni valore del vettore d'onda q, dati dall'espressione seguente:

ω1,2(⃗q) =

α

{(

1 M1 + 1 M2

)

±

√(

1 M1 + 1 M2

)

2 − 4 M1M2sin 2

(

a 2⋅⃗q

)}

(3.13)

Questo risultato permette di scomporre i 2N modi normali della prima zona di Brillouin in due branche distinte, quella ottica e quella acustica, rappresentate in Fig. 3.11. Per la branca acustica, quando q → 0 (λ → ∞), la relazione di dispersione si può approssimare in modo lineare. Ciò comporta una velocità limite per la propagazione delle onde vibrazionali di grande lunghezza d'onda coincidente con la velocità del suono, da cui la definizione di acustica. A differenza dei modi

acustici, che si propagano in fase, i modi ottici hanno oscillazioni dei due atomi M1 e M2 in

opposizione di fase. Nel caso questi siano ioni, tale fenomeno induce un momento di dipolo elettrico che interagisce fortemente con la radiazione elettromagnetica nella regione dell'infrarosso

(ω ≈ 1012 Hz). Questo fatto ha associato la nomenclatura di branca ottica a tali modi vibrazionali.

Dalla Fig. 3.11 si nota come per q = π/2 le frequenze delle due branche non coincidano perciò esiste un gap di frequenze proibite in cui non compaiono modi vibrazionali.

Fig. 3.11: curva di dispersione rappresentante le branche ottica e acustica dei modi vibrazionali di

un cristallo biatomico unidimensionale.

La trattazione di questi semplici modelli può essere estesa al caso tridimensionale che assume maggiore importanza per la comprensione dei sistemi fisici cristallini, in particolare dei cristalli con strutture reticolari pluriatomiche complesse, come quelle illustrate nel paragrafo precedente. Nel caso di un sistema p-atomico tridimensionale si avranno, per analogia, 3pN modi normali, di cui 3N acustici e 3(p-1)N ottici. In 3 dimensioni gli atomi possono oscillare nelle 3 direzioni spaziali dando origine a un modo longitudinale di compressione e due modi trasversali, per ogni vettore d'onda q. Il moto di ogni singolo atomo sarà quindi dato dalla sovrapposizione di tutti gli spostamenti derivanti da tutti i modi normali attivi nel cristallo. Nel caso di un cristallo tridimensionale

biatomico si avrà un totale di 6N modi vibrazionali, di cui N acustici e N ottici longitudinali (LA e LO), e 2N modi acustici più 2N modi ottici trasversali (TA1, TA2 e TO1, TO2), come rappresentato in Fig. 3.12.

Fig. 3.12: branche ottiche (LO, TO1, TO2) e acustiche (LA, TA1, TA2) di un cristallo biatomico

Nel passaggio dal modello classico a quello quantistico si dimostra che ad ogni modo vibrazionale è

associato un quanto di energia ES=ℏ ωS(⃗q) , dove il pedice S rappresenta l'indice di branca. Tale

quanto viene detto fonone e rispetta la nomenclatura associata alle branche dei modi vibrazionali. La funzione d'onda per un cristallo monoatomico assume la forma espressa in (3.14) e le energie permesse al singolo oscillatore quantistico sono date dall'espressione (3.15), dove S varia tra 1 e 3, n tra 1 e N, M è la massa del singolo atomo, Z è la posizione del sito reticolare, ĉ e â sono gli operatori di creazione e distruzione, v è il numero quantico vibrazionale, e è l'autovettore normalizzato del modo vibrazionale in direzione S.

un(t) =

ℏ 2 2 NM

S , ⃗q ⃗eS ,⃗q

ωS(⃗q)

{

âS ,⃗qe i [⃗q⋅⃗Zn− ωS(⃗q)t ]+ ̂c S ,⃗qei [⃗q⋅⃗Zn− ωS(⃗q)t ]

}

(3.14) ES , ⃗q=

(

vS , ⃗q+ 1 2

)

ℏ ωS(⃗q) (3.15)

3.3 – Diffrattometro a triplo-asse

Come illustrato nel capitolo 1, la diffusione anelastica si verifica quando i neutroni scambiano

energia con il campione, cioè quando il modulo del vettore d'onda incidente k0 ha un valore diverso

dal modulo del vettore d'onda diffuso k1. In tale condizione il vettore d'onda scambiato Q = k0 – k1

identifica un punto della cella di Weigner-Seitz nello spazio reciproco, come in Fig. 3.13. Per lo studio dei modi normali è utile definire i vettori G e q dati dalla relazione (3.16):

Q = ⃗k0− ⃗k1= ⃗G + ⃗q (3.16)

Il vettore G identifica la posizione del picco elastico della zona di Brillouin in cui si ha la diffusione anelastica, data dal vettore Q. Il vettore q identifica il punto della diffusione a partire dal centro della zona di Brillouin, ossia dal picco elastico in posizione G.

Fig. 3.13: geometria del vettore d'onda scambiato Q nello spazio reciproco in funzione di G e q.

L'intensità della diffusione osservata è data da (3.17), che dipende dal fattore di struttura dinamico S(Q,ω), dalla sezione d'urto coerente σ e dalla funzione di risoluzione R(Q,ω), normalizzati opportunamente in termini di flusso incidente e dei vettori d'onda dei neutroni incidenti e diffusi. Anche l'effetto di incoerenza dello spin contribuisce all'intensità misurata tramite un termine costante ad ogni angolo, detto termine di background.

I ( ⃗Qi, ωi) = Φ0(k0)k1

k0

N σ

4 π

S ( ⃗Q , ω)R( ⃗Qi− ⃗Q , ωi−ω)d ⃗Q d ω + IBACKGROUND (3.17)

Uno degli strumenti storicamente più importanti per lo studio della diffusione anelastica di neutroni nella fisica dello stato solido è stato inventato da Bertrand N. Brockhouse nel 1959 e per questo vincitore del premio Nobel nel 1994. Lo strumento è noto con il nome di diffrattometro a triplo– asse, cosi denominato perchè formato da tre moduli disposti su tre assi distinti. Con il tempo, tale tipologia di diffrattometri è divenuta sempre più efficiente ma la struttura caratteristica è rimasta quella originaria.

Al centro di ricerca dell'Institut Laue-Langevin sono disponibili diversi strumenti per la spettroscopia anelastica di neutroni, tra cui il diffrattometro a triplo-asse noto come IN3,

rappresentato in Fig. 3.14. Il primo asse dello strumento inizia dalla guida di neutroni termici, dove è posto un monocromatore, cioè un cristallo che seleziona i neutroni di una certa lunghezza d'onda e li immette lungo il primo ramo dello strumento, verso il foro di uscita del fascio. Qui viene posto un monitor che ha l'utilità di effettuare il conteggio dei neutroni in ingresso, uno dei parametri

necessari per ricavare la sezione d'urto differenziale dall'intensità dei neutroni diffusi. Inoltre, questo permette di impostare il conteggio massimo per un campionamento, raggiunto il quale lo strumento interrompe la raccolta dei dati. Tra il monitor e la cella del campione vengono inseriti un collimatore e un diaframma con lo scopo di aumentare la risoluzione strumentale. I collimatori usati dal triplo-asse IN3 sono del tipo Soller in ossido di gadolinio, un materiale altamente assorbente per i neutroni, e riescono ad attuare una collimazione sia orizzontale che verticale, fino all'ordine di 20'. Questo garantisce una risoluzione di circa 0.5 eV per la FWHM del picco elastico, ma una

significativa riduzione del flusso di particelle.

Oltre i collimatori è posto un modulo ruotante su cui viene posizionato il campione. Tale modulo ha la facoltà di ruotare sia sull'asse verticale sia su quello orizzontale, e permette di cambiare a

piacimento l'orientazione e l'inclinazione (non oltre i 90°) del campione. Il fascio di neutroni incide sul campione e viene parzialmente diffuso lungo determinate direzioni. Oltre il campione, lungo la traiettoria del fascio incidente, viene posizionato uno schermo che assorbe i neutroni in eccesso riducendo i possibili danni causati dal decadimento β.

Il secondo asse dello strumento inizia dal campione ed è posto lungo una direzione variabile che può essere selezionata tramite un'interfaccia del computer dello strumento. In molti esperimenti, lungo questo asse viene inserito un filtro in grafite di pochi centimetri di spessore, con lo scopo di filtrare le armoniche prodotte dalla diffusione. Il filtro in grafite pirolitica usato dall'IN3 è costruito in modo tale da trasmettere solo la prima armonica e assorbire tutte le altre.

Per migliorare la risoluzione, dopo il filtro viene posto un collimatore Soller che trasmette il fascio diffuso all'analizzatore, un cristallo che sfrutta lo stesso principio del monocromatore per la

selezione dei neutroni, ma ha una funzionalità diversa, che verrà spiegata in dettaglio più avanti. L'analizzatore riflette i neutroni di una certa energia lungo il terzo asse, dove vengono collimati e

conteggiati da un detector a gas di 3He.

Il funzionamento del detector è simile a quello del contatore Geiger e può essere schematizzato come in Fig. 3.15: in un tubo cilindrico di materiale altamante trasmittente per i neutroni termici (solitamente alluminio) viene creato un forte campo elettrico tra la superficie (catodo) e un filamento interno che si estende per tutta la lunghezza del detector (anodo). L'interno del cilindro

viene riempito di gas 3He neutro che ha un'elevata sezione d'urto di assorbimento per i neutroni

termici. Nell'interazione vengono prodotte particelle di trizio e protoni secondo la relazione:

n + He3

→ 3H

+ p + 0.77 MeV (3.18) I protoni accelerati dal campo elettrico ionizzano gli atomi del gas tramite urti, creando un effetto a valanga che produce una scarica registrata dal detector. Il numero di conteggi stabilisce l'intensità misurata dal detector, che a sua volta risulta proporzionale alla sezione d'urto doppio differenziale e al flusso dei neutroni incidenti, come esplicato nel capitolo 1.

La struttura del diffrattometro a triplo-asse permette di fare due tipi distinti di analisi:

• L'analisi con geometria diretta si ha fissando il valore dell'energia dei neutroni incidenti (E0)

e misurando l'energia dei neutroni diffusi (E1). Questo tipo di analisi si realizza mantenendo

fisso il primo asse dello strumento, in modo da selezionare solo i neutroni con un'energia stabilita, e facendo variare l'angolo tra il primo e il secondo asse, per ricavare l'onda diffusa secondo metodi discussi precedentemente. Si deve notare che per effettuare uno scan in energia dei neutroni diffusi bisogna ruotare anche l'analizzatore di un certo angolo θ e di conseguenza anche il terzo asse di un angolo 2θ, in accordo con la geometria del sistema.

• L'analisi con geometria inversa si ha fissando il valore dell'energia dei neutroni diffusi (E1) e

facendo un'analisi delle energie dei neutroni incidenti (E0). Per fissare l'energia E1 bisogna

posizionare il secondo e il terzo asse dello strumento ad angoli proporzionali alla lunghezza

d'onda dei neutroni diffusi, cioè al valore di energia studiata E1. Tali angoli si ottengono

dalla legge di Bragg definita nel capitolo 1, data dalla relazione :

n λ=2 d sin θ (3.19) dove la lunghezza d'onda λ è proporzionale all'energia fissata e l'angolo θ è dato tra il piano del reticolo e la direzione di provenienza del fascio di neutroni. Nella relazione (3.19) compare anche il parametro d che è dato dal d-spacing del cristallo usato come analizzatore. Dalla trattazione del precedente paragrafo si deduce che la struttura cristallina dell'analizzatore incide in maniera cruciale nella selezione dei neutroni diffusi. La selezione di una determinata lunghezza d'onda della particella deve rispettare delle condizioni ben precise affinché si abbia una diffusione di tipo elastico dei neutroni. Questa condizione è detta condizione di Laue:

Q⋅⃗a1=h 2 πQ⋅⃗a2=k 2 πQ⋅⃗a3=ℓ 2 π (3.20)

cioè il vettore d'onda scambiato Q in prodotto scalare con i vettori primitivi dello spazio diretto dà un multiplo di 2π, secondo un fattore moltiplicativo dato dagli indici di Miller. Dato un cristallo con d-spacing definito, un'onda incidente con angolo θ rispetto al piano cristallino (hkℓ) diffonde nella condizione elastica seconda la legge di Bragg ad un angolo preciso, cioè produce un picco di Bragg elastico ad angoli definiti dalla (3.19). Si dimostra che il picco di Bragg coincide con il centro della prima zona di Brillouin dello spazio reciproco e che in tale spazio si formano dei picchi di

diffusione elastica rappresentanti la struttura cristallina stessa.

Lo strumento IN3 offre una selezione tra tre monocromatori distinti, composti a sua volta da placche monocristalline disposte in modo da essere lievemente concavi, per garantire la convergenza del flusso in modo ottimale. I monocromatori disponibili sono:

• Monocromatore Si(111), composto da 11 placche di 5 lamine di dimensione 260 x 17 mm;

• Monocromatore Cu(111), composto da una struttura di 9 x 11 cristalli da 25 x 17 mm;

• Monocromatore PG(002), la cui struttura è identica al monocromatore in rame.

La scelta del monocromatore non è casuale ed è legata alla possibilità fisica dello strumento di accedere ad alcune geometrie permesse date dalla struttura dal laboratorio. La disposizione degli assi dello strumento risulta dunque limitata dalle dimensioni stesse della zona sperimentale ed è opportuno scegliere il monocromatore adatto per ottenere la geometria strumentale necessaria allo studio del fenomeno in esame.

Nella risoluzione delle misure di intensità dei picchi anelastici, la dimensione finita della sezione del flusso di neutroni, selezionati dal monocromatore nella guida, gioca un ruolo fondamentale. Come già accenato nel capitolo 2, le guide hanno una sezione relativamente piccola, data da un

ellissoide di 30 x 60 mm, e trasportano un flusso di circa 5 x 108 neutroni per cm2 al secondo. Come

illustrato in Fig. 3.15 , una sorgente di forma ellissoidale cambia la propria orientazione nel

processo di diffusione elastica da parte del monocromatore e arriva ruotata di un angolo θM sul

campione. Qui, le condizioni di diffusione precedentemente discusse riorientano la normale alla

sezione del fascio di un angolo θS. Da qui il flusso va ad incidere sull'analizzatore dove, tramite il

processo di diffusione elastica, l'immagine viene nuovamente ruotata di θA. Infine, tale immagine

incide sul detector, dove assume la forma rappresentata in figura. Si può dimostrare (Nota) che la funzione di risoluzione è data dalla formula (3.21), in cui compare la dipendenza dai vettori d'onda

incidente (k0), diffuso (k1) e scambiato (Q) in relazione alle probabilità P che tali neutroni vengano

conteggiati.

R(ω , ⃗Q) = ℏ2

mn

d ⃗k0 d ⃗k1 P0( ⃗k0)P1( ⃗k1)δ( ⃗Q− ⃗k1+ ⃗k0)δ

[

ω−( ℏ2 m

n

)(k02−k12)

]

(3.21) Nel caso particolare dello studio dei modi vibrazionali tramite diffusione anelastica, la forma della sorgente produce un effetto nella risoluzione dello strumento che può essere schematizzata dalla Fig. 3.17.

Si dimostra che nella prima zona di Brillouin il fenomeno discusso provoca un allargamento dei picchi di intensità in un verso detto divergente, mentre viene favorito nel verso opposto, detto

convergente, che sfrutta la geometria del fascio.

Fig. 3.16: rotazione della sezione ellissoidale del fascio

incidente ad opera del monocromatore, del campione e dell'analizzatore.

Dunque, nella misurazione dell'intensità della diffusione, non basta selezionare la zona di Brilluoin opportuna, ma bisogna anche considerare l'andamento della dispersione studiata in relazione alla risoluzione strumentale offerta.

Oltre a questo fattore, la risoluzione dei picchi anelastici è influenzata dalla qualità del cristallo in termini di impurità isotopiche e difetti strutturali. Infatti le imperfezioni del cristallo dovute a compressioni o alla presenza di piccole strutture cristalline di altri elementi incidono sull'angolo di scattering e sulla larghezza del picco di diffusione.

Fig. 3.17: gli effetti sulla risoluzione dell'intensità misurata nella prima zona

Capitolo 4

Studio della relazione di dispersione acustica di un

Nel documento Scattering anelastico di neutroni (pagine 34-43)

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