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1. Il quadro generale di riferimento

2.3. Assetti e Modelli di controllo

2.3.4. La Vigilanza Funzionale

Un quarto modello di regolamentazione del mercato finanziario è rappresentato dal cosiddetto approccio “funzionale”. Si tratta, come già accennato, di uno schema più teorico che operativo, che trae spunto dalla sedimentazione. di fasi successive dell’analisi del funzionamento e della dinamica dei sistemi finanziari, con particolare riferimento a schemi interpretativi riconducibili alla presenza di asimmetrie informative, rapporti di agenzia, interdipendenze strategiche tra mercati, intermediari, strumenti.

Esso considera come «date» le funzioni economiche proprie dei sistemi finanziari. A differenza delle altre prospettive sull’attività di vigilanza, tale approccio non prevede che le istituzioni esistenti, siano esse operative (39) o di regolamentazione (40), debbano necessariamente continuare ad esistere come tali., sia a livello di struttura che di ruolo.

Le «funzioni» sarebbero, infatti, più stabili delle stesse istituzioni che le esercitano. Inoltre, la concorrenza tra sistemi finanziari, a quel punto, spingerebbe le esistenti istituzioni ad evolvere in una prospettiva dinamica verso forme più efficienti, anche nei loro effetti sul sistema finanziario in complesso considerato.

39( ) Banche, Oicr, società di intermediazione, imprese di assicurazione e altri intermediari finanziari

40( ) Organismi per il controllo della stabilità, organi di vigilanza sulla trasparenza, autorità antitrust e altre autorità di vigilanza.

L’approccio funzionale è stato tradizionalmente richiamato per ripartire la vigilanza per competenza sulle attività bancarie, mobiliari e assicurative, in tal modo coincidendo con l’approccio per attività, a motivo del fatto che le singole attività di intermediazione finanziaria corrisponderebbero, in tale contesto, alle funzioni proprie del sistema finanziario.

Nel recente scenario di progressiva integrazione, globalizzazione e sofisticazione dei mercati, degli intermediari e degli strumenti finanziari, le tradizionali «funzioni» sono state trasposte su un piano più aggregato e dinamico, e il loro contenuto economico è stato notevolmente ampliato.

Secondo una più che accettata tassonomia (41), l’approccio funzionale trova fondamento logico nelle sei funzioni che un sistema finanziario sarebbe chiamato a svolgere:

- fornire sistemi di compensazione e regolamento dei pagamenti;

- creare meccanismi che consentano la raccolta di risorse presso un gran numero di risparmiatori e realizzare consorzi per finanziare grandi opere di investimento;

- effettuare trasferimenti intersettoriali, nel tempo come nello spazio, di risorse economiche e finanziarie;

- ridurre le variabili finanziarie di rischio e di incertezza, attraverso l’offerta di strumenti di copertura, diversificazione e assicurazione;

41( ) Merton R., Operation and regulation in financial intermediation: a functional perspective, in «Harvard Graduate School of Business Working Paper, n.93-020, 1992.

- diffondere informazioni sui prezzi dei prodotti finanziari al fine di incentivare il coordinamento delle scelte dei soggetti economici operanti nei vari settori dell’economia;

- ridurre i problemi di incentivo e i costi di agenzia derivanti dalla presenza di asimmetrie informative tra partecipanti ai grossi contratti finanziari.

L’applicazione della prospettiva funzionale quale cornice per definire gli assetti di regolamentazione del mercato finanziario non è immediata, e anche sul piano teorico non ha ancora trovato una chiara definizione.

Un inconveniente spesso sottolineato dell’approccio funzionale (comune alle critiche già svolte a riguardo dell’approccio per attività) è che, nuovamente, a fallire non può essere la funzione, semmai l’istituzione.

Analogamente, qualora vi siano problemi e timori di stabilità, sarebbe necessario garantirne la tutela con riguardo alle istituzioni e non certo con riferimento alle funzioni economiche svolte.

Laddove, inoltre, la co-presenza di un organo deputato di stabilità non minava le fondamenta del modello, semplicemente indebolendolo, in questo caso, invece, una tal proposta, di fatto, smentirebbe l’intera costruzione del disegno regolatorio. Importano le funzioni dunque, il cenno a soggetti parrebbe del tutto estraneo alla centralità del modello.

È stato evidenziato come anche il più diretto utilizzo dell’approccio funzionale quale schema di analisi del sistema finanziario italiano condurrebbe a risultati non troppo soddisfacenti: “ [...] delle sei funzioni, verosimilmente solo le

prime tre trovano adeguato sviluppo allo stato attuale. [...] Scendendo più in basso nella tassonomia delle funzioni, appare evidente come le aree di maggiore ritardo accusate dal nostro sistema siano individuabili nel controllo dei rischi, nella trasparenza

Dell’informazione rilevante per le scelte di risparmio e di investimento o, quantomeno, nella disponibilità di coerenti meccanismi di riduzione delle asimmetrie informative.” (42) .

Tale affermazione è del 1996; sicuramente, dei progressi sono stati compiuti, ma restano dubbi sul fatto che la lacune denotate siano state interamente colmate, o significativamente ridotte, soprattutto poiché il grado in ipotesi ottimo e solo marginalmente perfettibile di qualunque sistema finanziario (non esistono a tutt’oggi casi riscontrati di situazioni in tal senso verificate) può rendere i propri effetti solo in un contesto di piena finanziarizzazione dell’economia e di adeguata e diffusa cultura finanziaria del settore privato (analogamente, mai riscontrata, per causa di un gap culturale difficilmente colmabile).

Questo approccio presenta, inoltre, l’inconveniente di enucleare distinte funzioni che spesso sono, però, attribuibili ad uno stesso intermediario.

Una possibile e più concreta applicazione di un modello di vigilanza funzionale potrebbe fondarsi sulla classificazione delle istituzioni e dei servizi finanziari proposta da Oldfield e Santomero (43). Secondo tali autori, le istituzioni finanziarie includono depositories (banche), assicurazioni, investments companies (fondi aperti e chiusi, altri organismi di investimento collettivo del risparmio), fondi pensione, origination firms (imprese di investimento, istituti di credito, broker assicurativi e promotori finanziari), market-makers (specialists, dealers, compagnie di riassicurazione), le borse valori (cash e derivati), clearing houses, altri operatori finanziari.

I servizi forniti da queste istituzioni finanziarie possono essere classificati in sei distinte attività: “origination” (identificazione, valutazione e creazione di attività finanziarie emesse dai clienti dell’istituzione), “distribution” (raccolta di

42( ) Sarcinelli M., Il sistema finanziario italiano alla metà degli anni ‘90: una difficile transizione, in Moneta e Credito, n.3/1996.

fondi attraverso la vendita di nuovi prodotti finanziari), “servicing” (gestione dei flussi di pagamento dagli emittenti ai detentori di attività finanziarie), “packaging” (consorzi e trasformazione di attività finanziarie in corrispondenza di esigenze specifiche dei clienti, attraverso una maggiore personalizzazione dei prodotti e dei servizi offerti), “intermediating” (emissione di attività finanziarie e contemporaneo riacquisto in proprio di differenti attività finanziarie da parte di uno stesso intermediario), “market making” (acquisto e vendita di attività finanziarie). In una prospettiva regolamentare, questa tassonomia potrebbe condurre a un assetto in cui ad ogni attività corrisponda effettivamente una diversa autorità di vigilanza. Ciò nonostante, permangono dubbi e critiche fondate circa l’ottimalità di una tale impostazione definitoria e operativa.