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Violazione dei limiti di operatività delle attività sotto copertura: le possibili conseguenze.

RACCORDO CON GLI ISTITUTI CODICISTIC

4. Violazione dei limiti di operatività delle attività sotto copertura: le possibili conseguenze.

Le attività investigative riconducibili nell’alveo delle cosiddette operazioni sotto copertura si contraddistinguono tanto per l’eccezionalità quanto per la

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capacità di derogare, in nome della gravità dei reati che intendono contrastare, a fondamentali principi di rango primario38.

Proprio a causa di queste caratteristiche e con l’intento di evitare un uso indiscriminato di tali invasivi strumenti di indagine, il legislatore ha esercitato un’actio finium regundorum stabilendo limiti e condizioni di operatività dell’istituto sia da un punto di vista sostanziale, con la prescrizione di requisiti soggettivi ed oggettivi, sia procedurale.

All’indicazione di limiti di operatività la legge non ha associato, a differenza di quanto accade per altri strumenti di ricerca della prova, in primis le intercettazioni, un adeguato apparato sanzionatorio per le eventualità in cui i confini normativi delle operazioni sottocopertura vengano oltrepassati. Unica eccezione in materia, peraltro insufficiente a frenare eventuali abusi, è la sanzione di nullità prevista dall’art. 14 l. n. 269 del 1998, la quale, tuttavia, è circoscritta alle sole ipotesi di difetto motivazionale della richiesta dell’autorità giudiziaria a poter procedere mediante il compimento delle speciali attività di contrasto previste dalla suddetta legge.

Spetta così all’interprete, nel silenzio del legislatore, individuare non solo quali possano essere gli effetti che conseguono ad attività di contrasto compiute in violazione di uno o più presupposti applicativi, ma anche individuare quali sono i requisiti normativi la cui inosservanza genera le suddette conseguenze; sotto quest’ultimo profilo si tratta di verificare, in particolare, se tutti i presupposti normativi cui è subordinata l’adozione di operazioni sotto copertura posseggono lo stesso peso specifico ovvero se ve ne siano alcuni incapaci di generare conseguenze sanzionatorie, risolvendosi in una mera irregolarità dell’operazione stessa.

Per quanto concerne le eventuali conseguenze riconducibili ad operazioni sotto copertura irritualmente compiute, la dottrina e la giurisprudenza hanno individuato tre principali effetti. La maggior parte delle riflessioni su questi

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specifici aspetti sono state compiute utilizzando quale parametro di riferimento le scriminanti ex art. 14 l. n. 269 del 1998 ma possono, ovviamente, mutatis mutandis, essere estese a tutte le altre ipotesi di operazioni sotto copertura39.

Innanzitutto, l’inosservanza dei limiti fissati dalla legge per il compimento delle attività in esame importa, verosimilmente, la responsabilità disciplinare dell’agente40. In questi casi, inoltre, l’ufficiale di polizia giudiziaria si espone anche al rischio di una responsabilità penale. L’agente, infatti, al di fuori della copertura della scriminante speciale, potrebbe essere chiamato a rispondere dei fatti costituenti reato eventualmente commessi per accreditarsi presso l’organizzazione criminale oppure per indurre la condotta illecita altrui, in tutti quei casi in cui la propria azione non possa essere scriminata ai sensi degli artt.. 55 c.p.p.-51 c.p. in quanto non qualificabile come attività di mera osservazione, di controllo o di contenimento41.

In merito, infine, alla sorte degli elementi probatori acquisiti in violazione dei limiti di operatività sanciti dalla legge, la giurisprudenza42 ritiene che la sanzione applicabile sia quella dell’inutilizzabilità disciplinata dalla previsione generale dell’art. 191 c.p.p.

Come ricordato poc’anzi il legislatore ha lasciato altresì all’interprete il compito di individuare da quali violazioni possano scaturire le suddette conseguenze: anticipando in parte quanto si dirà a breve, si può affermare che l’inosservanza di tutti i presupposti sostanziali e procedurali sanciti dal legislatore sortisce effetti sulla responsabilità dell’agente e sul materiale

39 AMATO, Le prove ottenute nel perseguimento di reati «tipici» possono essere utilizzate

anche in altre fattispecie, in Guida dir., 2003, p. 75.

40 MARINELLI, L’attività dell’agente provocatore per il contrasto alla pedopornografia:

“straripamenti” investigativi e relative implicazioni processuali, in Cass. pen., 2005, p. 2686.

41 Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, l’agente sotto copertura non è punibile

ai sensi dell’art. 51 c.p. solo se il suo comportamento è indiretto e marginale e si sostanzia in un’attività di mera osservazione, di controllo o di contenimento; risulterà invece punibile, a titolo di concorrente nel reato, in tutte quelle ipotesi in cui la sua azione si esplica in una concreta attività di istigazione o, comunque, in condotte che abbiano un’efficacia determinante o concausale bella progettazione o nella realizzazione del reato; cfr, da ultimo, Cass. sez. IV, 22 settembre 1999, Lenza.

42 Cass. sez. III, 3 dicembre 2001, D’Amelio; Sez. III, 8 maggio 2003, Busi; Cass. sez. III,

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probatorio acquisito, con la sola eccezione degli oneri di comunicazione rispetto ai quali sono dubbi gli effetti di un eventuale violazione.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza l’illegittimità dell’operazione consegue, in primo luogo, alla violazione del presupposto finalistico che si verifica quando l’operazione viene compiuta per acquisire elementi di prova concernenti reati diversi rispetto a quelli tassativamente indicati dalla legge43; analogamente incidono sulla regolarità delle operazioni, l’assenza dell’autorizzazione a procedere delle autorità competenti44 così come il compimento delle attività da parte di persone diverse da quelle autorizzate dalla legge45.

A queste violazioni sembra lecito aggiungere quelle che si sostanziano nel compimento da parte dell’ufficiale di condotte penalmente rilevanti diverse da quelle espressamente autorizzate dal legislatore per raggiungere le finalità sottese all’istituto stesso.

Qualche dubbio sussiste, invece, sugli effetti di un’eventuale violazione degli oneri di comunicazione imposti dalla legge a beneficio del pubblico ministero. In relazione alle ipotesi di acquisto simulato di stupefacenti previste dall’art. 97 d.P.R. n. 309 del 1990 antecedentemente alla riforma del 2005, parte della dottrina escludeva che gli oneri di comunicazione allora sanciti dal comma 2 della suddetta norma potessero integrare una condizione di legittimità dell’acquisto simulato. Ne conseguiva, ovviamente, che un’eventuale violazione degli stessi non avrebbe generato responsabilità per l’agente né inciso sul piano

43 Sez. III, 8 maggio 2003, Busi.

44 Cass., sez. III, 28 gennaio-13 aprile 2005, n. 13501, in Guida dir., 2005, p. 71.

45 Su questo punto si è espressa in via incidentale, Cass. sez. III, 8 maggio-21 ottobre 2003, n.

39706 la quale, chiamata a pronunciarsi sulla validità delle operazioni sotto copertura disciplinate ex art. 14 legge n. 269 del 1998 compiute per acquisire elementi di prova relativamente ad un reato diverso rispetto a quelli tassativamente indicati dalla legge, ha precisato che «qualora fosse corrispondente al vero l’affermazione che sembra essere stata fatta dalla difesa secondo cui l’attività di contrasto fu effettuata, sia pure a seguito di specifico incarico del Pm, ad una società privata, […], e non invece da agenti o ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti all’organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione, così come espressamente richiesto dall’art. 14, secondo comma, legge 269/98, ne deriverebbe la illegittimità (anzi: la illiceità) di tutta la suddetta attività nel suo complesso […]».

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processuale. La giurisprudenza intervenuta sul punto ha in parte risolto la questione: affermando che l’inosservanza dei suddetti adempimenti può al limite generare una responsabilità sotto il profilo disciplinare, ha implicitamente riconosciuto la validità a tutti gli effetti delle operazioni compiute in difetto del presupposto in esame.

Nonostante dottrina e giurisprudenza siano riuscite a supplire in parte alle carenze del legislatore appare evidente come un intervento di quest’ultimo in materia non paia più rinviabile. Al fine, infatti, di evitare usi impropri di tali strumenti e gravi pregiudizi al principio della certezza del diritto, è assolutamente necessario che il legislatore completi la disciplina delle operazioni sottocopertura predisponendo un apposito apparato sanzionatorio che stabilisca, in modo analogo a quanto previsto per le intercettazioni con l’art. 271 c.p.p, in quali circostanze la violazione dei presupposti applicativi delle operazioni de quibus determini l’inutilizzabilità dei risultati mediante le stesse conseguiti.

5. L’utilizzabilità del materiale probatorio acquisito