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di R i c c a r d o Albani Bruna Bocchini Camaiani

E R N E S T O B A L D U C C I LA CHIESA E LA MODERNITÀ

pp. 306, €24, Laterza, Roma-Bari 2002

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uesto denso volume di

Bruna Bocchini Camaia-ni, che insegna Storia della chiesa all'Università di Firen-ze, non solo ci restituisce con precisione e ricca documen-tazione l'itinerario umano, re-ligioso e culturale di Ernesto Balducci, ma costituisce anche un capitolo importante di storia della chiesa, e più in generale della nostra storia civile e politi-ca del secondo dopoguerra.

La figura di Balduc-ci viene analizzata fin dai suoi "esordi" come studente del seminario degli Scolopi, negli an-ni che vanno dal 1938 al 1944: utilizzando con intelligenza le car-te dell'Archivio gene-rale dell'Ordine degli Scolopi (aperto alla consultazione fino al 1948), l'autrice ha messo molto bene in evidenza la divaricazione tra il programma di formazione previsto per i se-minaristi dello Studentato di Ro-ma e la curiosità culturale di Bal-ducci, che già in questi anni gio-vanili ambisce a farsi una cultura autonoma e nutrita anche di li-bri "profani". Altro motivo di

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originalità del Balducci semina-rista, anzi il motivo che segnerà profondamente tutto il suo itine-rario spirituale, è 0 tema dell'ob-bedienza e del suo nesso con la libertà religiosa, che lo spinge a un atteggiamento fortemente critico verso le cosiddette "virtù passive", e verso l'obbedienza in particolare, anche se non ne di-sconosce l'utilità.

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opo la sua ordinazione sa-cerdotale, tornato a Firen-ze nel 1945, finalmente libero di saziare la sua "fame di libri", non fa meraviglia che la Firen-ze di La Pira del secondo do-poguerra gli si configuri come una città ideale, archetipica, "mitica" appunto, per l'impe-gno in campo sociale e politico del cattolicesimo fiorentino che può essere visto in qualche mo-do come "anticipatore" del Concilio Vaticano II (anche se Balducci condivideva col "lapi-rismo" il progetto di ripristina-re la "società cristiana", sia pu-re nella versione ammodernata

della "nuova cristia-nità" di Maritain).

Ma la partecipazio-ne ai convegni per la pace organizzati da La Pira intorno alla metà degli anni cin-quanta, miranti a pro-muovere un incontro e un dialogo tra le culture, permetteva a Balducci di avanzare delle riserve circa l'i-dentificazione del cristianesimo con la cultura occidentale, e, più in generale, di sostenere che non ci fossero culture "privile-giate", adatte più di altre a in-carnare storicamente il messag-gio evangelico. E così la visione di un cristianesimo che si Ubera dalla sua "corazza" occidentale, il dialogo con le altre grandi re-ligioni dell'Oriente, e la pro-spettiva della pace si legano strettamente, delineando un'immagine di Chiesa che si fa povera, che usa mezzi poveri (anche grazie all'influenza della spiritualità dei Piccoli fratelli di Charles de Foucauld), decisa-mente "diversa da quella preva-lente nella chiesa italiana".

In questo periodo, anche in ragione della sua attività pasto-rale, emerge con maggior forza e chiarezza il tema della libertà religiosa, che non è più visto soltanto come un problema pri-vato della sua coscienza, ma di-viene un impegno rivolto ai suoi fratelli: e così le sue lezioni allo Studio teologico fiorentino di-ventano un mezzo per portare i laici cattolici "alla consapevo-lezza di essere parte della chie-sa" (istituendo così un legame strettissimo tra libertà e respon-sabilità). Dopo il lungo esilio romano, durato dal 1959 al 1966, Balducci ritornava a Fi-renze, anche per l'interessa-mento di papa Paolo VI (sono noti nella sua vicenda sia i forti contrasti con le gerarchie sia i suoi appoggi "in alto"), radi-candosi nella comunità della Badia fiesolana.

Balducci ha vissuto con gran-de "euforia" la stagione conci-liare: la valorizzazione del mon-do e della storia, presente in molti documenti del Concilio Vaticano II, poteva far matura-re una nuova e diversa teologia

della storia che evidenziasse il comune destino di salvezza di tutti gli uomini e la "certezza (...) che tutto ciò che cresce nella storia tende, per intimo ordinamento, al Regno". Ma questa fiducia in un cambia-mento anche interno alla Chiesa si venne progressivamente esau-rendo: è molto nota la situazio-ne della diocesi fiorentina sotto la direzione del cardinale Florit, e i contrasti che la sua gestione autoritaria suscitava in molti preti "inquieti".

Il duro scontro televisivo del 1971 tra Balducci e il cardinale Danièlou sulla figura del prete e sulla sua funzione nella società moderna e la decisione di candi-dare nel 1977 alcuni esponenti del mondo cattolico nelle liste del Pei (decisione avvenuta in una riunione alla Badia fiesola-na e che sembrò ispirata da Bal-ducci) portarono la tensione conflittuale fra lo Scolopio e le gerarchie ecclesiastiche fino al limite della rottura. "Ancora una volta - commenta l'autri-ce - era quindi il problema del rapporto chiesa-società a divi-dere profondamente 0 mondo cattolico italiano".

Da questo momento in poi Balducci, che aveva scelto di ri-manere all'interno della Chie-sa, sia pure in posizione critica, "alle frontiere dell'inquietudi-ne", accentua i suoi interessi "politici", che vertono sul dia-logo fra le diverse culture, sul destino e sulla funzione delle altre grandi religioni, sul ripen-samento critico della storia e della tradizione culturale euro-pea, e soprattutto sulla pace, patrimonio di tutta l'umanità che vedeva gravemente minac-ciato. Ma, accanto alla sua at-tività pubblicistica, l'autrice ha ricordato molto opportuna-mente anche la sua attività di predicatore alla Badia fiesolana e l'importanza delle sue omelie, dove la meditazione sulla mor-te e lo "scandalo" della croce, che sono centrali nella sua ri-flessione, si accentuano in que-sta ultima fase.

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autrice sottolinea come anche in questo allarga-mento di orizzonte umano e culturale Balducci non venga mai meno alla sua vocazione sa-cerdotale (che poi significava non perdere la specificità del cristianesimo). La testimonian-za e l'annuncio della Parola si realizzano adesso attraverso l'a-zione liturgica e la predicazio-ne predicazio-nella piccola comunità della Badia fiesolana, radicandosi fortemente in una chiesa locale, anche perché pensava che una riforma della Chiesa potesse ormai venire non dai vertici, dalle gerarchie, ma dal "bas-so", dal popolo di Dio. Negli ultimi anni della sua vita, dun-que, la sua azione si è rivolta da una parte ai problemi culturali suscitati da una crescente "glo-balizzazione", e dall'altra alla cura di una comunità ecclesiale locale, mentre i suoi rapporti con le gerarchie ecclesiastiche si venivano facendo sempre me-no stretti e anche, bisogna ag-giungere, meno conflittuali, in una sorta di reciproca tolle-ranza.

al.caric@virgilio.it

Dal plurale

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