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5. Note linguistiche

5.2.3 Vocalismo atono

5.2.3.1 Eccezioni al vocalismo atono: il più diffuso fenomeno di eccezionalità rispetto alle

regole del vocalismo atono nel passaggio dal latino è la chiusura in protonia o postonia, che in taluni casi può riportare le voci più appresso alla loro forma originaria: saranno più facilmente considerabili come latinismi voci culte o comunque specialistiche come

quistione e, più in generale, rare come circuncidere e dingnità, ma il fenomeno è presente

anche in affirmare, dichino e le forme rizotoniche di dichinare e sustenere, concipire (insieme a concepire), cultivare, difinire (con definire), digradare, diserto, disiderio,

masculino, parturire (con partorire), ridiculo, ruvinare, suggetto, superno e suverchio. Se

al regolare romore non si oppone alcuna occorrenza dell’oggi incontrastato rumore (così come a formento, in cui, però, si ha metatesi: nessun frumento. Peraltro nel moderno

rumore è probabile che sia intervenuto un oscuramento a causa della labiale: cfr. infra

“Oscuramento”), resistono comunque con forza forme come leone, neente, neuno, omore,

politica, respettivo, sepolcro e sopremo a fianco dei rispettivi lione, niente, niuno, umidore, pulitica, rispettivo, sipolcro e supremo, mentre ad elemento si accompagnano le forme elimento e anche alimento. È di un certo interesse, da questo punto di vista, il participio di essere nella forma issuto.

All’esatto opposto si collocano forme di apertura in protonia come premiero, in cui è probabile l’influsso del francese (l’unica occorrenza è in rima a v. 90, in una parte dell’opera comune ad α: nella restante parte del testo, invece, si hanno numerose forme regolari come primiero, primerano e primeramente).

Ad una non comune forma di assimilazione per armonia vocalica deve, con ogni probabilità, risalire aguaglianza (a cui non si oppone nessun eguaglianza ma un eguali), ad una dissimilazione disinore (sul modello di attimo < ATOMUM), mentre è meno chiaro (forse nuovamente assimilazione a partire dalla forma piatà) a cosa di debba piatoso, che pure è voce molto diffusa anche esternamente, in particolare in testi centro-meridionali.24

5.2.3.2 er/ar atoni: la tendenza del fiorentino /ar/→/er/ in posizione intertonica e postonica

è generalizzata, anche con particolari forme (rispetto a quelle odierne) come v. 169 dureria, v. 1320 guerire (con annesse 3 occorrenze di gueria, 2 di guerio, 1 di gueriro, ma sono comunque più numerose le rispettive forme in -ar), o v. 2191 barbero e v. 14618 seria.25 È da sottolineare, tuttavia, che si nota anche il senese /er/→/ar/ in v. 531 guidardone.26

5.2.3.3 EN protonico: di nuovo ben presente la tendenza del fiorentino EN→/an/ prima di

sillaba tonica,27 da cui ad esempio l’assoluta assenza del toscano senza e, all’opposto, oltre 250 occorrenze di sanza (protonia sintattica).

24 Cfr. GDLI XIII 312c.

25 Cfr. D’Achille 2014, p. 49.

26 Cfr. Castellani 2001, pp. 350-351.

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5.2.3.4 Oscuramento: Il fenomeno (generalmente in protonia) è visibile, oltre che nei

termini più comunemente noti e diffusi (ad esempio nel regolare dopo) in: 1495 costuduto (dove è, con ogni probabilità, un’altra assimilazione per armonia vocalica: nell’opera compaiono anche i non oscurati costituto/costedudo e oscurazioni basse come costodudo) e nelle varie occorrenze di angiolo, mentovare, rubellare e sopellire (tutte forme in cui l’oscuramento è, come noto, causato dalla labiale)28.

5.2.4 Consonantismo

5.2.4.1 Geminate: per quanto su alcuni termini vi sia una notevole sicurezza, pare mancare

una completa regolarità nella geminazione,29 che su alcune occlusive – e in particolare alcuni lemmi e terminazioni che le contengono – è segnalata in modo ancor più incerto di quanto non capiti alle altre consonanti.

Si segnala in particolare che: <h> sembra spesso celare geminazione quando segue <c> singola ed è seguita da vocale non palatale (e così le uniche 4 occorrenze di secco, con derivati e accordati, che non sono scritte con <ch> hanno <cc>; ma, ad esempio, peccare ha <c> scempia anche le uniche 2 volte che manca di <h>), tuttavia vi sono anche rarissime occorrenze di <cch+VOCnon palatale>; l’incertezza di come segnare la velare ha, forse, coinvolto anche /k:w/, poiché, se la decisa insistenza di aqua è spiegabile anche come latinismo (lo stesso si può dire – per quel che riguarda /m:/ – di femina), di certo non è così per v. 372 aqquilone e i numerosi casi di piaqque e giaqque accanto alle rispettive forme scempie; /t:/ è scempiata in un terzo delle attestazioni di quattro e con una certa frequenza nei lemmi terminanti in -ttura (in particolar modo fattura, frattura e scrittura, ma anche

dirittura e sconfittura) e -ttuto (per il vero, quasi solo i participi del verbo battere e dei suoi

composti, ma anche il latinismo senectute compare tre volte con sola <t> e mai con <ct> o <tt>), ed è forse ad un’incertezza più generale che si deve la lezione di v. 2709 futture (caso unico di geminazione erronea di termine in -turo), ma anche casi ben diversi; lo stesso si può dire di /b:/, in particolare nelle forme di avere (balzano all’occhio soprattutto quelle usate per formare condizionale e futuro).

Non sembra troppo diffusa l’incertezza rispetto alla geminazione di /s/ (se non in alcune voci come resurrezione – scritto sempre e solo resurressione o resurresione – ma anche

complessione e i vari derivati e composti di messo, in cui forma geminata e quella scempia

hanno attestazioni pressoché pari), che però è comunque degna di nota perché oggi può risultare più destabilizzante di altre nelle sue apparizioni (si pensi, ad esempio, alla rima tra i vv. 1035-1036 promisse : conmise). Rientrano negli usi dell’epoca, invece, quella relativa a /t:ʃ/ e /d:ʒ/, oltre che a /t:s/ e /d:z/.30

28 Cfr. Ivi, p. 49.

29 Un tratto tipico del toscano orientale è lo scempiamento protonico, talvolta accompaganto da raddoppiamento delle postoniche nei proparossitoni (cfr. Castellani 2001, pp. 402-408), ma nemmeno questa regola è seguita e, se si guarda alle rime, si nota che l’irregolarità della geminazione è solo grafica: così gli unici casi di rima fra scempia e geminata nella parte edita sono vv. 173-174 faturra : figura, vv. 221-222 andrebbe : tornerebe, vv. 755-756 graveza : fattezza, vv. 899-900 ’mbrutto : luto, vv. 1131-1132 lengnage : selvaggie, vv. 1272-1273 avantaggio : hereditagio, vv. 1444-1445 froddo

: modo, 1561-1562 facia : spiaccia, vv. 1776-1777 visaggio : coragio, vv. 1795-1796 saggio : selvagio, vv. 1893-1894 penasse : amendase, vv. 2205-2206 linguaggio : oltragio, vv. 2285-2286 bellezza : alteza, vv. 2454-2455 choragio : baronaggio, vv. 2818-2819 faccia : bracia e non mi paiono davvero notevoli vv. 129-130 asisa : missa, vv. 1035-1036 promisse : conmise e 1706-1707 Abelo : fratello, considerando che nell’opera vi sono diverse rime ristabilibili con

allotropi (qui misa, promise – ma cfr. infra per derivati e composti di messo – e Abello).

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La geminazione di r prima delle forme di avere usate nella costruzione futuro non è massicciamente diffusa,31 ma si nota in modo particolare su mostrare, dove causa la caduta dello stesso suono nel nesso precedente (si hanno, quindi, mosterrò e dimosterrà, ma

incontrerrà).

Per quel che riguarda le geminazioni fono-morfosintattiche, si noterà che inn, sempre prima di vocale, generalmente è in protonia, anche solo secondaria (così inn uno, inn arte,

inn ogni e innanzi, ma anche inn apetire, innumidire, innonda e innundatione; tuttavia inn ochulto, inn Italia e innorata, oltre ai dubbi inn Oriente, inn Effar e inn Aran), mentre conn

ha una sola attestazione e non è nel medesimo contesto fonologico (v. 6742 «conn onore»), ma CUM+m/r non porta mai a grafie scempie; i (rari) prefissati con INFRA e CONTRA sono tutti scempi, quelli (di poco più numerosi) con SUB tendono decisamente alla forma geminata, DIS porta a raddoppiare la consonante successiva solo in definire (spesso scritto per esteso, com’era uso, disfinire)32 ma quasi mai in differenza; i numerosissimi prefissati con AB e AD e i non molti con OB+f/s hanno una globale preferenza per le forme scempie che si ritrova anche in tutt’altro caso come il composto Domeneddio (ma non così Iddio, la cui la forma geminata è solo di poco minoritaria). Tra le preposizioni, a, da, fra, ne e tra paiono preferire la forma scempia quando seguiti da la, le e lo (ma causano quasi sempre raddoppiamento della laterale se precedono loro), mentre con, de, per, su la geminata.33 La geminazione in enclisi dopo forme verbali tronche avviene quasi regolarmente.

5.2.4.2 Lenizioni: la lenizione consonantica assume diverse forme, più o meno usuali; la

prima e più comune è la sonorizzazione delle occlusive sorde in posizione intervocalica (o tra vocale e vibrante), da cui si hanno le forme regolari pregare, imperadore, scudo e

sovrano con i loro derivati e accordati, nonché i sostantivi in -ade da -ATEM (civitade, Maestade... le rispettive forme desonorizzate sono solo in passi latini, con l’eccezione del

termine abate e di vv. 14486-14487 veritate : Maestade), ma anche gli unica di v. 866

gruogo e v. 1295 ettimologigazione, oltre ad alcune forme più instabili: così nudrire ha 8

attestazioni ma nutrire 16, madre 82 e matre 2 (oltre ad una terza in passo latino), costuduto 3 e costituto 1, valigare 1 e valicare 23, drago 25 e dracho 1 (in rima a v. 2650 con lago: la conservazione della sorda, che si vede anche in v. 1059 luocho e v. 2297 statera, dev’essere latinismo dovuto al termine culto).

Per quanto meno usuale, la sonorizzazione in medesimo contesto coinvolge anche alcune affricate, così sono perfettamente regolari forme come dugento e clergia, mentre dev’essere un ipercorrettismo 836 diciestiva (contro 2 occorrenze di digestiva), così come – in passo latino – v. 1564 Fuciens (ma più avanti nel testo si ha anche il nome proprio

Luici). Tra le forme più particolari andrà posta quella a v. 2517 gioè, non altrove attestata

e non esattamente nello stesso contesto fonologico o del tutto affiancabile al già ricordato v. 866 gruogo o ai molto ripetuti gombito e nembra (forma desonorizzata che è diffusa anche al di fuori dell’opera e la cui causa pare una dissimilazione, da cui anche una terza forma – a sua volta diffusa qui e altrove – come vembra). -ATIONEM → /a’tsjone/, eccetto che (e sono questi i casi che ci interessano) in ciecagione, domandagione, gastigagione, gli usali ragione e stagione, oltre a appellagione (sempre in rima), alteragione :

31 Cfr. Rohlfs §587.

32 Cfr. TLIO.

33 La cosiddetta “legge Porena”, che vuole la scempia davanti a consonante o vocale atona ma geminata prima di vocale tonica non è rispettata sin dall’inizio (v. 12 «con lla quale», v. 16 «tra lla buona», v. 32 «de lla natura»), ma in effetti la sua validità era nei testi del primo e medio Duecento, mentre nel periodo successivo inizia a generalizzarsi la geminata, come nei casi presentati. Cfr. Formentin 2002, pp. 120-121.

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choruzione, amendagioni : baroni, oratione : sanagione ma anche ragione : domandagione

e venagioni : ucciellagioni.

Non trovo casi significativi di fricativizzazione di sonore, se non savere, che è forma influenzata dal francese o comunque dai volgari settentrionali (peraltro a v. 329 è in sede di rima).

La lenizione delle fricative (sempre nel medesimo contesto), che porta a caduta, è regolare solo in dee (unica forma per la terza persona singolare dell’indicativo presente di

dovere), ma meritano menzione anche le 7 occorrenze di aoperare (sono 13 quelle in cui

la dentale resiste) e quelle dell’indicativo futuro e condizionale presente del verbo avere: sono sparse arò (1 occorrenza, contro le 2 di avrò), arai (4 occorrenze, contro le 7 di

avrai/riavrai), arà (1 contro le 11 di avrà), mentre aremo non è attestato (avremo, invece,

3 volte), arete (3 occorrenze contro 4 di avrete) è appena minoritaria e aranno (che, però, ha 1 occorrenza) pare l’unica forma per la terza persona plurale; arei non è attestato (ma

avrei è presente una solo volta), arebbe ha 12 occorrenze (avrebbe 17), aremmo 2 (come avremmo) e arebbono 2 (avrebbero 5). Aresti/avresti e areste/avreste non sono attestati.

Possono cadere, tuttavia, anche delle occlusive: così la dentale nel suffisso -TURA in

guardaura e palaura.

5.2.4.3 Betacismi: si hanno ben sette occorrenze di corbo (mentre non vi è nessun corvo

in tutto il testo). Dello stesso tipo barbassore e il meno significativo serbare, entrambi con 2 occorrenze (ma quelle di servare sono oltre 40 volte tanto, al contrario del non attestato internamente valvassore) e, forse, v. 729 pagoni (la forma, moderatamente diffusa in altri testi, potrebbe essere nata da un defricativizzato *pabone con successiva dissimilazione della seconda labiale), mentre un opposto fenomeno (per ipercorrettismo in termine culto? Parrebbe simile, da questo punto di vista, l’anche esternamente attestato spera per sfera) è quello testimoniato a v. 359 con vdellium.

5.2.4.4. X: l’esito di X pare essere con una certa frequenza l’assimilazione progressiva

invece che regressiva, avvenuta abbastanza precocemente da poter subire palatalizzazione se prima di vocale palatale: così le uniche due occorrenze del verbo eccedere sono v. 314

escieda e v. 15752 esciedette (né vi sono ecce- o ecci-, se non 2 ecce – ‘ecco’ – in passi

latini), nonché l’unica di essenza è v. 1182 escienzia, mentre v. 1924 ese (‘esci’) parrebbe ipercorrettismo.

5.2.4.5. Nasali-palatali: per quel che riguarda /nʤ/ → /ɲ/ si dirà che il fenomeno è molto

presente ma non unica realizzazione in cingere, dipingere, fingere, giungere, piangere,

pungere, pugnare, stringere, tingere, ungere ma è rarissimo angnolo (rispetto ad angelo e angiolo) e ingnegnarsi (rispetto a ingegnarsi), oltre a non avvenire nella prima parte di congiungere e congioire, congiunzione, congiura/congiurazione, contingente, frangere, ingenerare, inginocchiare, ingiostrare, ingiuria, longitudine, lungi, mangiare, scongiurare

e vangelo con i suoi derivati; NG passa a /ɲ/ solo in arringare e, forse, in alcune forme di

venire e tenere (nello specifico: tegno, vegna, vegni, vegniente, vegnono e i loro composti)

per cui, però, è più probabile dover partire da Nj; per il resto si dovrà aggiungere solo che GN ha come esito /ɲ/ anche in conoscere e Nj anche in poniamo.

All’opposto si nota uno stangio in rima con rangno, un ingiengio con rengno (e un

ingengiò con rengnò), un Bengiamin (contro 16 occorrenze di Begnamin), un bisongio

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5.3 Morfologia

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