• Non ci sono risultati.

6.1. Fonti per la storia della Pia società israelitica in Torino

L’archivio Terracini si presenta mutilo a causa del bombardamento che nel 1942 colpì, per errore, la sede dell’allora comunità israelitica. Il riordino del materiale documentario, il cui versamento risale al 2006, ha consentito la ricostruzione della storia comunitaria per l’arco cronologico compreso tra il 1849 e il 1985 593.

Il fondo della Pia Società Nina Sacerdote Fubini ivi conservato è composto da carte più recenti (1909-1969) e consta di undici unità archivistiche, tra registri e buste e carte sciolte. Si presenta articolato nelle seguenti serie: Verbali di deliberazione del commissario prefettizio (1946-1953), Registro dei verbali del Consiglio (1919-1942), Prospetti entrate e uscite (1951; 1955), Repertorio degli atti soggetti a tassa di registro (1946-1969), Oblazioni (1928), Mandati di pagamento (1943), Ricevute (1943), Contabilità varia (1945-1952) Fabbricati e

sua fondazione, «Il Vessillo israelitico», ottobre 1905, p. 543. L’inaugurazione ufficiale vi fu nel dicembre dello stesso anno.

591 «Il Vessillo israelitico», febbraio 1921, p. 68. 592 «Israel», 11, 18 marzo 1920, p. 6.

593 PILOCANE, SACERDOTE, Archivio storico cit. Si veda anche MAIDA, Dal ghetto alla città cit., pp. 3-24, (introduzione).

terreni (s.d.), Registri stipendi (1930-1943), Registro della corrispondenza (1909-1942), Corrispondenza (1912; 1926-1938).

La difficoltà di ricostruire la storia del soggetto produttore dipende dalla mancanza di serie che coprono l’intero periodo di esistenza dell’ente e dal fatto che molte di esse si presentano lacunose. L’arco temporale dei verbali di seduta è più ampio rispetto a quanto descritto dai mezzi di corredo archivistici, dal momento che il registro della corrispondenza contiene anche le minute dei verbali a partire dal 1909. Imprecisa inoltre la nomenclatura degli stipendi, in quanto tali registri contengono, più che informazioni riguardanti gli emolumenti del personale, notizie sui contributi versati in favore di donne bisognose. Tutto il materiale, nonostante le vicissitudini storiche, si presenta in buono stato di conservazione.

Notizie anteriori sull’attività della confraternita si ricavano dall’articolo di Benvenuto Terracini, pubblicato nel 1932 sulla Rassegna Israelitica, in cui si commemora il centenario della nascita dell’associazione, ricostruendone minuziosamente la storia594. L’autore ha a disposizione materiale archivistico

oggi non pervenuto e fornisce preziose informazioni che non potrebbero essere tratte dalle fonti in nostro possesso. Si tratta infatti di uno saggio di notevole pregio, perché fa riferimento alla tipologia di materiale documentario allora consultato dall’autore: quattro registri di verbali completi e uno ancora in corso, conservati presso la sede della Pia Società595.

La storia della Compagnia si snoda per un secolo e mezzo, tempo durante il quale si ebbe la redazione di diversi statuti, cambiò natura giuridica con l’erezione a ente morale nel 1889 e, nel 1934, mutò nome associando al proprio, quello di Nina Sacerdote Fubini596. Tale modificazione avvenne a seguito della cessione di

un copioso legato la cui accettazione era vincolata alla intitolazione dell’ente alla donna che ne era stata a lungo presidentessa.

594 B. TERRACINI, Il centenario della pia società israelitica di Torino 1832-1932, in «La Rassegna mensile di Israel», vol. 6, n. 3, 1932, pp. 93-109.

595 Ibidem.

596 La questione viene posta durante una seduta consigliare vedi Torino, ARCHIVIO EBRAICO TERRACINI, Pia Società israelitica Nina Fubini, Verbali del Consiglio, 1919-1942, 27 settembre 1934, cc. 53 sgg., (b. 490).

Il progetto di redazione del saggio di Terracini prende avvio a partire dall’intenzione del Consiglio dell’ente di tracciare la vicenda dell’istituzione dalle origini fino al presente.

In una delibera del 22 ottobre del 1931 si ricorda che l’anno successivo ricorrerà l’anniversario e si prevede di commemorare adeguatamente questa data, assegnando all’illustre studioso il compito di raccontare la storia dell’associazione597. Emerge la precisa volontà da parte del Consiglio di marcare

la propria identità dando testimonianza del lavoro svolto.

Benvenuto Terracini in apertura del suo articolo scrive: «Il 1º di Ellul del 5592, cioè la sera del 27 agosto 1832, un gruppo di signore torinesi, congregate in una casa privata del Ghetto, fondava una Confraternita a sollievo delle puerpere indigenti per distribuire alle partorienti bisognose un sussidio e provvederle di qualche lenzuolo e di indumenti per lattanti»598.

La nascita della confraternita venne fatta risalire con estrema precisione al primo giorno di Elul, entro cui prende avvio l’attività delle donne. Occorre sottolineare la rilevanza di questo mese, l’ultimo del calendario ebraico, che è infatti quello che precede Rosh ha Shanà599; è un periodo consacrato alla penitenza e

all’astinenza. In alcune comunità è in uso svegliarsi prima del sorgere del sole per recitare le selichot, le preghiere del perdono. Lo shofar risuona per tutto il mese per invitare a teshuvà, al ritorno alla strada indicata dalla Torà. In questo periodo lo scambio tra uomo e Dio si fa più intenso ed è conosciuto dalla tradizione rabbinica come il mese della misericordia. La radice del termine misericordia è rechem, che significa utero. La relazione tra uomo e Dio assume i tratti di una relazione filiale. È il mese in cui si è chiamati a operare con giustizia, anche attraverso l’atto filantropico oltre che mediante la preghiera. Per quanto asserito

597 La commemorazione, avvenuta nelle sale consiliari del Collegio Colonna e Finzi, è ricordata nell’articolo di «Israel», 45, 4 agosto 1932. L’autore, dopo essersi compiaciuto per la grande partecipazione all’iniziativa, si rammarica che non vi sia eguale affluenza in altre importanti occasioni, come durante gli incontri sionisti o le riunioni dell’Adei.

598 B. TERRACINI, Il centenario della Pia società femminile israelitica cit., p. 93.

599 Sulle festività ebraiche si veda: E. GUGENHEIM, L'ebraismo nella vita quotidiana, Firenze, Giuntina, 1997; Y. LEIBOWITZ, Le feste ebraiche e il loro significato, Milano, Jaca Book, 2010.

non può apparire casuale la collocazione cronologica dell’attività della confraternita in questa fase600.

L’autore precisa che la novità è costituita dal definirsi come associazione, poiché visitare le partorienti costituiva una pratica già assai diffusa. Tale unione così formalizzata viene considerata da Terracini un unicum, la prima nel quadro italiano ad avere un consiglio d’amministrazione interamente formato da donne. Per questo ipotizza che vi sia un’influenza del modello d’oltralpe, in particolare di quello francese, con cui Torino venne a contatto durante la cosiddetta prima emancipazione.

Benché la bibliografia sulle confraternite femminili si presenti molto scarna, oggi si ha notizia di compagnie ben più antiche e con funzioni analoghe. Si trovano alcuni cenni sulla presenza, presso le comunità di diverse città italiane di confraternite la cui funzione era di dotare donne ebree indigenti601.

Si tratta perlopiù di compagnie con una gestione maschile, fa eccezione quella modenese denominata So’ed Holim, che all’elargizione di doti univa una assistenza più generalizzata anche alle partorienti602. Alcune informazioni generiche possono

essere desunte da un’opera di Flaminio Servi intitolata, Ebrei d’Europa; il testo è

600 GUGENHEIM, L'ebraismo nella vita quotidiana cit.

601 Per una ricognizione generale sulla beneficenza di quella fase si veda F.SERVI, Gli israeliti d'Europa nella civiltà: memorie storiche, biografiche e statistiche dal 1789 al 1870, Torino, Foa, 1871. In appendice l’autore fornisce alcune informazioni sulle confraternite ebraiche della sua epoca, anche se le notizie risultano piuttosto incomplete; non cita né la Compagnia torinese, né la Ḥevrat modenese. Da questa fonte risulta la presenza di Compagnie che hanno la funzione di dotare le zitelle presso Mantova, Venezia, Livorno, Pitigliano e Asti; Si ricordano scuole private e pubbliche per fanciulle a Mantova, Padova, Verona, Vercelli, a Reggio Emilia e a Pisa. Non si è però in grado di determinare se le confraternite avessero una “gestione” femminile. Nel Mantovano si segnala la presenza della compagnia Mazal Bedulà, per cui vd. Francesca CAVAROCCHI, La comunità ebraica di Mantova fra prima emancipazione e unità d'Italia, Firenze, Giuntina, 2002. L’universitas romana si avvale di una confraternita che aveva la medesima funzione e di cui si conserva però un solo registro di instrumenta notarili( 1683-1698). La presenza del fondo viene segnala da Silvia Haia ANTONUCCI, Gabriella YAEL

FRANZONE, Le confraternite nella società ebraica a Roma in età moderna e contemporanea in Solidarietà:

le confraternite ebraiche, cristiane e mussulmane a confronto, a cura di Liana Bertoldi LENOCI, Bari, Centro studi storici e socio religiosi in Puglia, 2015.

602 In realtà l’esperienza torinese non è l’unica che attesta una confraternita caritativa femminile. Terracini non poteva conoscere, in quanto non gli erano disponibili le fonti, il caso della Ḥevrat modenese di ben più antiche origini, fondata nel 1735 e rimasta operativa fino al 1903. Per ulteriori notizie si fa riferimento a L.MODENA, Note a margine della vita delle donne ebree modenesi all'epoca del

ghetto in Le comunità ebraiche a Modena e a Carpi: dal Medioevo all'età contemporanea, a cura di Franco BONILAURI e Vincenza MAUGERI, Firenze, Giuntina, 1999.

provvisto di un’appendice, nella quale si fa menzione, a titolo esemplificativo, di alcune opere pie presenti nelle diverse comunioni603.

Il resoconto si presenta parziale e approssimativo, l’autore dispone di poche informazioni che tuttavia ci sono utili per avere un’idea delle confraternite più note. Non vuole essere esaustivo, come dimostra il fatto che nella parte conclusiva del capitolo si presenti molto sbrigativo: fornisce un elenco di città e asserisce che sicuramente anch’esse hanno istituzioni a scopo benefico. Le informazioni che possiamo ricavare riguardano la presenza di Compagnie che hanno la funzione di dotare le zitelle presso Mantova, Venezia, Livorno, Pitigliano e Asti; scuole private e pubbliche per fanciulle a Mantova, Padova, Verona, Vercelli, Reggio Emilia e Pisa, quest’ultima provvista di un istituto in cui ci si occupava della formazione professionale delle donne.

Da principio la vicenda dell’ente procede tra numerose difficoltà economiche e limitandosi alla distribuzione di biancheria, lenzuola e qualche indumento. Nel 1850 si pervenne al primo statuto dal quale si possono ricavare solo scarne notizie dall’articolo. Benvenuto Terracini ne coglie la portata innovativa rivelando che esso funse da modello per la redazione di quello di altre confraternite, come ad esempio quello della Società d’incoraggiamento della gioventù israelitica torinese all’apprendimento di arti e mestieri604.

A partire da questo momento di redazione del regolamento si distinse in modo netto tra Consiglio e Assemblea delle Consorelle e soprattutto la funzione della confraternita si estese alla formazione femminile. In stretta collaborazione con il Collegio Colonna e Finzi si decise di avviare una scuola per bambine dai tre ai sei anni, in attesa che fosse possibile fondare un asilo femminile vero e proprio. Lo

603 Flaminio SERVI, Gli israeliti d'Europa nella civiltà: memorie storiche, biografiche e statistiche dal 1789 al 1870, Torino, Foa, 1871, passim. L’opera ha partecipato ad un concorso indetto da una commissione fiorentina il cui scopo era quello di pubblicare testi divulgativi che raccontassero la storia ebraica inserendola nelle vicenda dei paesi ospitanti. Nella prefazione all’opera, Flaminio Servi spiega la fatica di aver avuto pochi strumenti a disposizione; a p. 7, nt. 1, cita la «Rivista israelitica» quale primo”giornale” ebraico, pubblicato a Parma dal 1845 al 1848 sotto la direzione di Cesare Rovighi, e «L’Educatore israelita» di Vercelli, concludendo che “niun altro organo di stampa” si occupasse in quel tempo “di cose israelitiche in particolare”.

604 Benvenuto TERRACINI, Il centenario della Pia società femminile israelitica cit., pp. 93-109. Vd. anche «L'Educatore israelita», 1, 1853, pp. 183-184.

scopo formativo viene definitivamente recepito e potenziato negli anni a seguire, tanto che non vi sarà più alcuna modifica nei successivi statuti.

6.2. Da confraternita a ente morale: statuto e regolamento

Gli statuti costituiscono il punto di partenza per chi voglia conoscere lo scopo perseguito dalla confraternita e l’ordinamento legislativo con cui l’istituzione si regola605. La portata delle informazioni ricavabile da questa tipologia di fonti è

straordinaria, tuttavia in quanto “prodotto finito” dell’azione dell’ente nel suo definirsi nel tempo, non registra i processi. La storia dell’istituzione può essere ricostruita solo a partire dal suo punto di approdo, rimane inintelligibile il percorso compiuto. Inoltre, in assenza di altro materiale documentario che completi il quadro, resta ignota la “sorgente” da cui l’istituzione si è originata e le ragioni che hanno prodotto eventuali cambiamenti nelle modalità operative dell’istituto.

Nel nostro caso la presenza di più statuti di diversi periodi consente di compiere un raffronto, pur nell’estrema incertezza in merito alle cause profonde che ne hanno generato la trasformazione.

È possibile fare ipotesi che godono di un certo grado di attendibilità. La redazione della versione del 1889 è concomitante all’erezione della Confraternita in ente morale. È ragionevole supporre che questa sia stata l’unica la motivazione che abbia imposto una trasformazione così radicale dello statuto. È probabile che la modificazioni che ineriscono al modus scribendi del documento siano da imputare all’esistenza di modelli redazionali che devono aver guidato nel processo di realizzazione dello statuto606.

605 Sull’utilizzo degli statuti come strumento di ricerca si veda Luciano ORIOLI, Per una rassegna bibliografica sulle confraternite medievali, in Le confraternite in Italia fra Medioevo e Rinascimento, a cura di Gabriele DE ROSA, in «Ricerche di storia sociale e religiosa», 17-18 (1980), pp. 81-114 (atti del Convegno (Vicenza, 3-4 novembre 1979).

606 L’esistenza di questi modelli che dovevano fornire un supporto per la compilazione è attestata ed essi erano spesso forniti dalla prefettura.

Per quanto concerne la versione del 1938 è evidente che le ragioni sono manifestazione di un potere dittatoriale coercitivo che si inserisce nella storia dell’istituzione attuando un intervento di normalizzazione e di controllo.

Il raffronto tra gli i regolamenti a nostra disposizione e le informazioni fornite da Terracini consente di misurare le differenze riguardanti la struttura originaria: «La confraternita era retta da cinque consigliatrici fra le quali due Direttrici: una con mansioni prevalentemente amministrative, l’altra con funzione di guardarobiera»607.

Negli statuti successivi, probabilmente già a partire dal 1850, vengono a distinguersi e ad articolarsi maggiormente le funzioni delle singole figure. Nel suo definirsi, la Confraternita ebbe probabilmente come suo modello di riferimento quello dell’amministrazione di beneficenza israelitica definito dal regolamento del 1817608.

La confraternita possiede una struttura che pone al centro le figure della presidentessa e dell’elemosiniera, altre sei donne completano il Consiglio, una delle quali svolge la funzione di segretaria. L’assemblea si compone di un numero variabile di consorelle, il primo dato è ancora una volta quello fornito da Terracini che riferisce della presenza di 31 socie. Si riscontra una tendenza alla crescita progressiva delle partecipazioni, elemento che lascia intravedere una forte coesione. Questo aspetto assume maggior rilievo dopo l’uscita dal ghetto e denota un senso di forte appartenenza del femminile alla Comunità. Non di rado la demolizione del claustro recava con sé l’allentamento dei rapporti comunitari dovuti anche al cambio di residenza. La grande affluenza alle assemblee costituisce una importante testimonianza della solidità del legame tra le consorelle.

Per quanto concerne le funzioni assegnate si riscontra una forte sproporzione di responsabilità e di poteri fra le dirigenti al livello più alto, a scapito delle restanti consigliere e delle semplice socie.

607 Benvenuto TERRACINI, Il centenario della Pia società femminile israelitica cit., p. 93.

608 Purtroppo non ha dato esito positivo la ricerca di documentazione di questa Amministrazione delle beneficenza israelitica, in particolare del suo statuto.

L’elemosiniera si occupava di distribuire soccorsi in denaro e in biancheria, aveva a disposizione una somma prestabilita che gestiva in autonomia e che poteva destinare ai «poveri verecondi»609, mentre per ogni altra distribuzione

avrebbe dovuto rendere conto al Consiglio. Le spettava anche la custodia della biancheria e il compito di fare proposte di acquisto.

La presidentessa rappresentava l’Assemblea e il Consiglio di fronte all’autorità pubblica e a terzi. Lo Statuto del 1889 le affida, all’art. 4, il compito di convocazione degli organi collegiali e, all’art. 6, stabilisce che in caso di sua assenza la potessero sostituire la consigliera più anziana per elezione o per età ma non l’elemosiniera e la segretaria in carica. Si ravvisa in questa restrizione il tentativo di mantenere distinte le due funzioni più importanti. In generale vi è in questo statuto una razionalizzazione e una definizione puntuale dei compiti spettanti alle diverse cariche e una maggiore attenzione ad evitare una sovrapposizione dei ruoli.

Il Consiglio rimaneva in carica tre anni, ma era possibile una rielezione delle socie. Spesso le donne che lo formavano erano unite tra loro da trama interparentale, come si evince dal caso non infrequente di trasmissione delle cariche di generazione in generazione che va a complicare il sistema della selezione delle candidate mediante elezione. Basti ricordare il caso della presidentessa Perlina Treves, a cui subentrò la figlia su esplicita richiesta da parte del Consiglio610. Questo aspetto è da porsi in correlazione con le dinamiche

tipiche del sistema associativo femminile contraddistinto dal passaggio da una socialità informale ad un sistema altamente organizzato, all’interno del quale permangono elementi originari611. Fiorenza Taricone individua come elemento

che distingue l’associazionismo femminile la presenza di un complesso sistema di relazioni dove «accanto a una rete orizzontale, spesso però agì anche una rete

609 Il termine è impiegato di frequente nei verbali dell’ente e nei testi coevi che affrontano la questione della beneficenza.

610 Torino, ARCHIVIO EBRAICO TERRACINI, Pia Società israelitica Nina Fubini, Verbali del Consiglio, (1919- 1942), 18 Novembre 1929, c. 33, (b. 490).

611 Fiorenza TARICONE, Teoria e prassi dell'associazionismo italiano nel XIX e nel XX secolo, Cassino, Università, 2008.

verticale con una trasmissione ideale portata avanti da più generazioni nella stessa famiglia»612.

L’introduzione dell’articolo 8 modificò parzialmente le regole sulla durata del mandato. Si prevedeva rinnovo di un terzo dei membri ogni anno per avere maggior ricambio del Consiglio. Quest’ultimo aveva le seguenti funzioni: deliberazione sull’opportunità della concessione dei soccorsi ordinari e misura dei soccorsi (non espressamente previsto dal Regolamento); preparazione del bilancio che doveva poi essere approvato dall’Assemblea; formazione annuale del “ruolo” delle consorelle; deliberazione su tutte le altre proposte613. Le sedute del

Consiglio si svolgevano al domicilio della presidentessa, mancando un luogo idoneo. Il carattere “privato” e informale delle origini si mantiene forse in questo suo non disporre di una propria sede. Tale aspetto è da porre in correlazione con la tendenza dell’associazionismo femminile di questa fase storica a prediligere il salotto come luogo di incontro. Terracini intravede in questo il “carattere femminile” della confraternita614. A ben vedere questa tendenza a prediligere

l’abitazione privata, può essere posta in connessione anche con una serie di vincoli giuridici. Fino alla riforma Sacchi emanata nel 1919, non era possibile per una donna affittare, comprare o vendere immobili senza l’autorizzazione maritale615. Nel 1934 comincia la ricerca di una sede, in concomitanza con

l’ottenimento di un consistente legato.

Così come i compiti del Consiglio, anche quelli dell’assemblea, vennero definiti solo nel secondo statuto dal momento che il primo si presenta molto più vago. L’articolo 13 dello statuto del 1889 determinò le attribuzioni specifiche che consistevano nell’elezione generale o parziale del Consiglio d’amministrazione nell’approvazione dei bilanci e dei conti consuntivi annuali e nella concessione dei soccorsi straordinari.

612 Fiorenza TARICONE, Dal privato al politico: il salotto della contessa Spalletti Rasponi (1903-1931), <http://www.provincia.fr.it> (cons. 08/2019).

613 PIA SOCIETÀ FEMMINILE ISRAELITICA, Statuto e regolamento Pia società femminile israelitica in Torino, G. Sacerdote, Torino, 1899.

614 B. TERRACINI, Il centenario della Pia società femminile israelitica cit., p. 97.

615 Il disegno di Legge Sacchi consentì l’emancipazione giuridica della donna, vd. La corporazione delle donne: ricerche e studi sui modelli femminili nel ventennio fascista, a cura di Marina ADDIS SABA,Firenze, Vallecchi, 1988, pp. 85 e sgg.

Le consorelle erano vincolate come socie per tre anni consecutivi, per la disdetta occorreva darne comunicazione con un preavviso di tre mesi alla presidentessa616.

Per quanto concerne le modifiche intervenute nella versione del 1889, queste possono essere raggruppate in diverse categorie. Si ebbe una razionalizzazione della forma come emerge dall’accorpamento di articoli che trattano del medesimo argomento (gli artt. 2 e del 3 articolo, entrambi riguardanti scopi e tipologia di intervento); ci fu un ampliamento con l’aggiunta di diversi articoli nel secondo statuto, laddove la precedente versione si presentava meno chiara. Ad esempio vennero introdotti specifici articoli sulle “attribuzioni” di Assemblea e Consiglio. Si ha inoltre una maggiore definizione delle circostanze che si possono presentare, come già riferito, l’articolo 5 definisce chi debba sostituire presidentessa in caso di assenza.

È presente un unico articolo aggiuntivo che impone una trasformazione del