• Non ci sono risultati.

Il volto della misericordia e lo scandalo che provoca

L’annuncio del regno di Dio è al centro della predicazione di Gesù, il cui elemento fondamentale è la «buona nuova» della misericordia.

Questo annuncio, che non è soltanto un annuncio verbale, ma è un agi-re, l’entrare in rapporto di Gesù con gente che fuoriesce dai canoni religioso-morali dell’epoca, provoca uno sconcerto che per noi è quasi impossibile da immaginare – per questo, tante volte, quando lo leggia-mo descritto nel Vangelo, ne riducialeggia-mo la portata –: è uno sconcerto tale che porta Gesù a dichiarare: «Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».82

Ma che cosa fa Gesù per provocare lo scandalo? Per coglierne i mo-tivi occorre considerare chi erano coloro che Lo seguivano.

Gli avversari di Gesù apostrofavano i Suoi seguaci – o almeno alcu-ni di essi − con espressioalcu-ni come «pubblicaalcu-ni e peccatori». Noi passia-mo sopra questi termini come se nulla fosse, senza intendere bene. Pro-viamo a considerare un istante queste parole: «Pubblicani [un mestiere]

e peccatori», «pubblicani e prostitute» o semplicemente «peccatori».

Sono espressioni create dai Suoi avversari per identificare coloro che seguivano Gesù, di cui Gesù stesso si serve: «È venuto il Figlio dell’uo-mo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”».83 Per capire fino in fondo lo scan-dalo di scribi e farisei e il carattere «rivoluzionario» del modo di agire di Gesù bisogna chiarire che cosa significava «peccatori» nel contesto storico in cui Egli operava. Peccatore non era soltanto chi disobbediva ai comandamenti, ma anche chi svolgeva attività ritenute peccaminose.

In questo senso, peccatori per eccellenza erano i pubblicani. Il disprez-zo nei loro confronti era dovuto al fatto che essi riscuotevano un par-ticolare tipo di tasse (per il transito delle merci o per la loro entrata in città) che non erano stabilite a priori e non erano perciò sotto il diretto controllo del fisco. La loro riscossione veniva affidata a cittadini

bene-82 Mt 11,6.

83 Lc 7,34.

stanti, i quali si servivano di collaboratori: i pubblicani, appunto, che sfruttando l’ignoranza del popolo si arricchivano aumentando le tasse con l’imbroglio, come racconta Luca nel suo vangelo.84 Erano conside-rati talmente dei truffatori che anche i loro familiari erano fatti oggetto di disprezzo.

Anche dal punto di vista religioso erano guardati con grande ostilità:

i farisei che diventavano pubblicani venivano cacciati dalla comunità.

Per questo la grande tradizione ebraica del Talmud dichiarava: «Per gli esattori di imposte e i pubblicani è difficile la penitenza».85 La peniten-za, infatti, comportava per chi faceva un mestiere del genere l’abbando-no dell’attività e la restituzione di quanto aveva frodato più un quinto.86 Praticamente impossibile!

Dunque, secondo i canoni dell’ortodossia farisaica, alle persone che andavano dietro a Gesù era precluso il regno di Dio a causa della loro immoralità o della loro ignoranza religiosa (i suoi seguaci, infatti, ve-nivano anche chiamati «piccoli», «semplici», «ignoranti», dagli avver-sari di Gesù, che si consideravano «sapienti e intelligenti»). Ma Gesù – Gesù! – sovverte proprio questo schema. Lo vediamo documentato in modo solare nella sua risposta a coloro che si scandalizzano di lui per-ché mangia con i pubblicani e i peccatori (un gesto eclatante, che non può essere confuso con il sedere a tavola con il primo che passa, come abbiamo visto). Dice, infatti, Gesù: «Io non sono venuto a chiamare [al banchetto del regno] i giusti, ma i peccatori».87 E altrove dichiara: «In verità io vi dico [rincara la dose]: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio»,88 mentre gli scribi e i farisei, i sapienti di cui parla il Vangelo, ne saranno esclusi.

Lo stesso vale per i poveri, gli «affaticati» e gli «oppressi».89 Di essi è il regno dei cieli, afferma Gesù, che guarda con una compassione

84 Cfr. Lc 3,12 ss.

85 Baba Qamma, 94b.

86 Di questa particolare categoria di peccatori ha parlato di recente papa Francesco: «Matteo era un

“pubblicano”, cioè un esattore delle imposte per conto dell’impero romano, e per questo considera-to pubblico peccaconsidera-tore. Ma Gesù lo chiama a seguirlo e a diventare suo discepolo. Matteo accetta, e lo invita a cena a casa sua insieme con i discepoli. Allora sorge una discussione tra i farisei e i disce-poli di Gesù per il fatto che questi condividono la mensa con i pubblicani e i peccatori. “Ma tu non puoi andare a casa di questa gente!”, dicevano loro. Gesù, infatti, non li allontana, anzi frequenta le loro case e siede accanto a loro; [...] Gesù mostra ai peccatori che non guarda al loro passato, alla condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto apre loro un futuro nuovo» (Francesco, Udienza generale, 13 aprile 2016).

87 Mc 2,17.

88 Mt 21,31.

89 Cfr. Mt 11,28.

infinita tutti questi mendicanti, gravati da un doppio peso: sono disprez-zati dagli uomini e disperati, perché ritenuti moralmente indegni della salvezza davanti a Dio.

Non potrò mai dimenticare per il resto della mia vita il contraccol-po che mi fece ascoltare queste cose, in Seminario a Madrid, dal mio professore di Esegesi biblica, padre Mariano Herranz.90 Per me fu un punto di non ritorno. Non penso ci sia stata un’altra cosa che ha segnato la mia vita più potentemente di questa, nella sua semplicità. Non è che non avessi letto il Vangelo prima di allora, ma ascoltare quel professore mi fece finalmente capire: tutto il mio modo di guardare me stesso e gli altri fu investito da quella novità. Capisco bene, perciò, perché papa Francesco ritiene che non ci sia niente di più importante dell’immer-gersi nello sguardo di Gesù all’uomo per guardare se stessi e gli altri in modo adeguato.

Ora, il Vangelo è da cima a fondo attraversato dalla polemica tra Gesù, tra lo sguardo che Gesù introduce nella vita, e i farisei, che face-vano dipendere la salvezza, cioè la partecipazione al regno di Dio, da una perfezione etica, fatta della osservanza dei tanti precetti, renden-dola irraggiungibile per coloro che essi disprezzavano. Tale contrasto percorre tutto il Vangelo. Vediamone qualche esempio.

Cominciamo dalla parabola dei due figli, nella quale Gesù rimpro-vera «i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo».91 Egli non intende semplicemente intrattenerli: «Adesso vi racconto la parabola dei due figli», come se non avesse altro da fare. No, Gesù sta polemizzando du-ramente con loro – i capi dei sacerdoti, gli anziani del popolo, i farisei –, per il loro comportamento. E per far capire di che si tratta racconta di due figli, il primo dei quali, all’invito del padre ad andare a lavo-rare nella vigna, risponde di sì, ma poi non va; mentre l’altro figlio, che inizialmente si rifiuta di andare, alla fine va. Gesù a questo punto domanda loro: «Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Non comprendendo il tranello contenuto nella domanda, i farisei rispondono ingenuamente: il figlio che alla fine è andato. E Gesù, seguendo il filo della loro stessa logica, conclude in un modo assolutamente inaspettato:

«In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio».92 Il senso di questo perentorio giudizio è ben spiegato dal

90 Padre Mariano Herranz (1928-2008) è stato insegnante di Lingue bibliche ed Esegesi del Nuovo Testamento nel seminario di Madrid e direttore editoriale della collana “Studia Semitica Novi Testamenti”.

91 Mt 21,23.

92 Mt 21,31.

noto biblista tedesco Joachim Jeremias: «I pubblicani, affatto incapaci, a parer vostro, di pentimento sono più vicini a Dio di voi che vi ritenete devoti. Essi, infatti, hanno risposto di no al comando di Dio, ma se ne sono, poi, pentiti e hanno fatto penitenza; perciò entreranno nel Regno di Dio, voi no».93 In che modo i pubblicani hanno detto di sì, quando hanno detto di sì? Dicendo di sì a Gesù. «Perciò entreranno nel Re-gno di Dio, voi no.»Dunque, la ragione per cui coloro che si ritengono sapienti saranno esclusi è il loro rifiuto di seguire Gesù, di credere in Gesù. È qui che si gioca tutta la partita. Coloro che si ritengono a posto,

«coerenti», come i farisei, resteranno fuori: «Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto».94 Se la fede in Cristo è la condizio-ne per accedere al regno, rifiutare Gesù è escludersi da esso. Per questo i capi dei sacerdoti e i farisei non vi entreranno. Mentre i pubblicani e i peccatori, che si sono convertiti, cioè che hanno accolto Gesù e hanno creduto in Lui, vi entreranno.

Lo stesso atteggiamento di Gesù emerge nell’episodio della guari-gione del servo del centurione.95 Profondamente colpito dalla fede del centurione, che è un pagano – cioè un escluso dalla salvezza, secondo i canoni –, Gesù afferma: «Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre».96 Vi è qui un contrasto stridente tra quanti siederanno alla mensa del regno e i «figli del regno», che invece saranno estromessi. La frase è pronunciata in evidente riferimento al centurione. Egli è uno dei tanti provenienti dall’oriente e dall’Occidente che saranno ammessi al banchetto finale non per una raggiunta perfezione morale o per una ap-partenenza etnica, ma a motivo della fede in Gesù. È esattamente questa fede ciò che Gesù loda del centurione pagano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!».97

Questo e altri racconti evangelici mettono davanti ai nostri occhi la novità introdotta dalla presenza di Gesù nella storia. Quelli che «sie-deranno alla mensa del regno», e che già cominciano a partecipare dei suoi beni («Va’, avvenga per te come hai creduto», dice Gesù al

centu-93 J. Jeremias, Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1973, p. 154.

94 Mt 21,32.

95 Cfr. Mt 8,5-13.

96 Mt 8,11-12.

97 Mt 8,10.

rione; «In quell’istante il suo servo fu guarito»,98 annota l’evangelista Matteo), sono coloro che Lo riconoscono, che credono in Lui. Non è richiesta alcun’altra condizione.

Proprio la quantità di condizioni poste alla misericordia di Dio «dai sapienti e dagli intelligenti» dell’epoca – gli scribi e i farisei – è all’origine della polemica provocata dall’annuncio del regno di Dio, cioè dall’agire di Gesù, dall’avvento della misericordia. Lo scandalo fu tale da causare la messa a morte di Gesù, la sua condanna alla crocifissione, perché il Suo modo di agire implicava il Suo concepirsi come Dio, il considerarsi Dio.

Nel conflitto con gli scribi e i farisei, Gesù fu costretto a difendere il suo comportamento davanti a tutti. Le parabole che troviamo nel capitolo quindicesimo del vangelo di Luca costituiscono la riposta di Gesù alle loro accuse. Esse non sono per nulla, come tante volte le consideriamo, dei racconti astorici. Le parabole sono sempre inserite nel preciso conte-sto conte-storico del contraconte-sto con i farisei. Vediamolo rappresentato nella più bella delle parabole, che abbiamo citato tante volte, ma che nell’ambito di questi Esercizi forse possiamo comprendere in modo più profondo.

Documenti correlati