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I.1. Descrizioni cronachistiche

Al fine di ricostruire quali furono le reali sembianze di Ro- berto d’Angiò, in questo paragrafo interrogheremo le cronache del tempo (ovvero, quelle del XIV secolo) dedicate, in particolar modo, alle vicende del Sud Italia1. Tra queste, meritano soprat-

tutto di essere menzionate, per la loro produzione meridionale, la Cronica di Buccio di Ranallo2, il Chronicon de rebus in Apulia gestis

di Domenico da Gravina3, la Cronaca di Partenope4, la Cronica 1 Per una rassegna in tal senso si veda: Palumbo, Medio Evo meridionale cit., pp. 278-297.

2 Buccio di Ranallo, Cronica, ed. C. De Matteis, Firenze 2008. Su questo autore e la sua opera si veda anche: Cronaca aquilana rimata di Buccio di Ra- nallo di Popplito di Aquila, ed. V. De Bartholomaeis, Roma 1907 (rist. ana-

statica Torino 1970), introduzione; C. Mutini, La cronaca aquilana nella poesia di Buccio di Ranaldo, «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio

Evo e Archivio Muratoriano», 84 (1962), pp. 175-211; Id., Buccio di Ranaldo,

in Dizionario Biografico degli Italiani, XIV, Roma 1972, ad vocem; C. De Mat-

teis, Per una nuova edizione della Cronica di Buccio di Ranaldo, «Cultura medio-

latina», 43 (1985), pp. 27-77; Id., Buccio di Ranallo. Critica e filologia, Roma

1990.

3 Dominici de Gravina, Chronicon de rebus in Apulia gestis (aa. 1333-1350), ed. A. Sorbelli, «Rerum Italicarum Scriptores», s. II, XII/3, Città di Castello 1903. Su questo autore e la sua opera si veda anche: M. Caravale,

Domenico da Gravina, in Dizionario Biografico degli Italiani, XL, Roma 1991, ad vocem; F. Moretti, Il «Chronicon» di Domenico da Gravina, notaio-cronista del Tre- cento, «Studi bitontini», 57-58 (1994), pp. 47-83; M. Zabbia, Notai-cronisti nel Mezzogiorno svevo-angioino. Il Chronicon di Domenico da Gravina, Salerno 1997;

Id., I notai e la cronachistica cittadina italiana nel Trecento, Roma 1999, pp. 123-

125; Delle Donne, Politica e letteratura nel Mezzogiorno cit., pp. 127-146.

4The Cronaca di Partenope. An Introduction to and Critical Edition of the First

Vernacular History of Naples (C. 1350), ed. S. Kelly, Leida 2011. Su questa

opera si veda anche: G. M. Monti, La Cronaca di Partenope (Premessa all’edi- zione critica), in Id., Dai Normanni agli Aragonesi. Terza serie di studi storico-giu- ridici, Trani 1936, pp. 31-59; Cronaca di Partenope, ed. A. Altamura, Napoli

dominorum regni Sicilie5, il Chronicon Neritinum6, il Cronicon Suessanum7

e il Chronicon Siculum incerti authoris8.

Purtroppo, dobbiamo però segnalare che nessuna descri- zione fisica del sovrano angioino è emersa da questo spoglio9.

Effettivamente, c’è da notare che in questo periodo la corte regia non si contraddistinse per una produzione storiografica ufficiale e, più in generale, i cronisti meridionali del tempo non concen- trarono la loro attenzione in maniera specifica sulla figura regia, preferendo mantenere un orizzonte più limitato e focalizzato sulle vicende legate alle loro città di provenienza10. Anche Ales-

sandro Barbero, analizzando le fonti del mito di Roberto d’Angiò

del Boccaccio angioino, in Boccaccio Angioino. Materiali per la storia di Napoli nel Trecento, cur. G. Alfano, T. D’Urso, A. Perriccioli Saggese, Bruxelles 2012,

pp. 175-201; C. De Caprio, La storiografa angioina in volgare. Lessico metalette- rario, modalità compositive e configurazioni stilistiche nella Cronaca di Partenope,

in Boccaccio e Napoli. Nuovi materiali per la storia culturale di Napoli nel Trecento,

cur. G. Alfano, E. Grimaldi, S. Martelli, A. Mazzucchi, M. Palumbo, A. Perriccioli Saggese, C. Vecce, Atti del Convegno (Napoli - Salerno, 23-25 ottobre 2013), Firenze 2014, pp. 427-448.

5 G. M. Monti, Una inedita “Cronica dominorum regni Sicilie”, «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», 57 (1941), pp. 115-128.

6Chronicon Neritinum, sive brevis historia monasterii neritini ab a. 1090 ad a.

1368, ab altero continuatum usque ad a. 1412, ed. L. A. Muratori, «Rerum Ita-

licarum Scriptores», s. I, XXIV, Milano 1738, pp. 883-910.

7Cronicon Suessanum, in Raccolta di varie croniche, djari, e altri opuscoli così

italiani, come latini appartenenti alla storia del regno di Napoli, ed. A. A. Pelliccia,

voll. 5, I, Napoli 1780, pp. 49-78.

8Chronicon Siculum incerti authoris ab anno 340 ad annum 1396 in forma

diary ex inedito Codice Ottoboniano Vaticano, ed. G. De Blasiis, Napoli 1887.

9 Un’unica allusione all’aspetto di Roberto è il «fuit strenuus in armis, quam strenuitatem ostendit tam in regno quam in Sicilia quamque in Tuscia et Lombardia» del Chronicon Siculum incerti authoris (Chronicon Siculum incerti authoris cit., p. 6) che potrebbe far pensare a una certa prestanza

fisica.

10 Per una disamina della produzione storiografica di età angioina si veda: F. Sabatini, Napoli angioina. Cultura e Società, Napoli 1975 (testo riedito

in F. Sabatini, La cultura a Napoli nell’età angioina, in Storia di Napoli, cur. E.

Pontieri, VI, Cultura e letteratura. Età classica e Medioevo, Napoli 1980, pp.

411-718), pp. 133-140; G. Musca, Cronisti meridionali nell’età angioina, in G.

Musca - F. Tateo - E. Annoscia - P. Leone de Castris, La cultura angioina,

Milano 1985, pp. 31-74; I. Heullant-Donat, Quelques réflexions autour de la cour angevine comme milieu culturel au XIVe siècle, in L’État angevin cit., pp. 173-

Parte II - Capitolo I 93

nella società del Trecento, ha evidenziato proprio il silenzio della produzione storiografica del Sud Italia11, sebbene anche dai testi

del Centro-Nord non emergano particolari informazioni relativa- mente al suo aspetto fisico. Infatti, se numerosi autori di questa area espressero giudizi sul suo operato e ne descrissero doti, di- fetti e caratteristiche comportamentali, anche qui non fu riportata alcuna descrizione delle sue sembianze12.

I.2. La maschera mortuaria

Secondo una tradizione storiografica che rimonta ad Anto- nino Maresca ed Émile Bertaux, il volto delle tre statue di Ro- berto d’Angiò poste sulla sua tomba monumentale, realizzata dai fratelli Giovanni e Pacio Bertini approssimativamente tra il 1343 e il 1346 nella chiesa del Monastero di Santa Chiara in Napoli, fu compiuto copiando direttamente la maschera in gesso presa dal cadavere del defunto13. Più di recente, la critica storico-artistica

si è mostrata un po’ più scettica al riguardo e ha evidenziato come

gli Angioini, «Quaderni medievali», 25/2 (2000), pp. 192-214; R. G. Musto, Writing Southern Italy before the Renaissance. Trecento Historians of the Mez- zogiorno, New York 2018, cap. 2, The Historians: Their Lives and Works.

11 Barbero, Il mito angioino cit. e partic. p. 447.

12 Si vedano, per esempio, i ritratti forniti da Francesco Petrarca († 1374) e Giovanni Boccaccio († 1375), ripresi successivamente da Dome- nico Bandini († 1418). A tal proposito si veda: M. Schürer, Der Herrscher als zweiter Salomo. Zum Bild König Roberts von Anjou in der Renaissance, in Portraying the Prince in the Renaissance cit., pp. 217-236. Particolarmente stretti furono

i rapporti tra Petrarca e Roberto (a tal proposito si veda anche: A. Kie- sewetter, Francesco Petrarca e Roberto d’Angiò, «Archivio Storico per le Pro-

vince Napoletane», 123 (2005), pp. 145-176).

13 A. Maresca, La tomba di Roberto d’Angiò, «Archivio storico dell’arte», 1 (1888), pp. 303-310, partic. p. 308; É. Bertaux, Magistri Johannes et Pacius de Florentia. marmorarii fratres, I, Il Mausoleo di Re Roberto a Santa Chiara, «Na-

poli Nobilissima. Rivista di Topografia e d’Arte napoletana», 4 (1895), pp. 134-138; poi E. Romano, Saggio di iconografia dei Reali Angioini di Napoli, Na-

poli 1920, pp. 50-51 e p. 55; e, nella vasta bibliografia esistente, da ultimo S. D’Ovidio, Osservazioni sulla struttura e l’iconografia della tomba di re Roberto d’Angiò in Santa Chiara a Napoli, «Hortus Artium Medievalium», 21 (2015),

pp. 92-112, partic. p. 101. Nello specifico, si tratta del rilievo scolpito sul fronte del sarcofago, il relativo gisant e la statua del re in trono del secondo

livello della composizione. Per maggiori informazioni sul Monastero di Santa Chiara si rimanda al terzo capitolo di questo libro.

il naturalismo di tali opere potrebbe essere non del tutto scevro da una certa idealizzazione funzionale al messaggio di gravità e serietà del re che si voleva qui esprimere14. Tuttavia, sembrerebbe

comunque innegabile che questi ritratti raffigurarono, a prescin- dere da una più o meno accentuata trasfigurazione, quelle che nella sostanza erano le reali sembianze di Roberto. Per tale mo- tivo, essi possono rivestire un ruolo importante nella ricostru- zione del suo aspetto fisico e, quindi, vale la pena evidenziare quali caratteristiche somatiche sono da essi tramandate.

Tali fonti iconografiche (per un dettaglio si veda fig. 1) pre- sentano, grosso modo, un volto rasato, magro e oblungo, con mento sporgente e appuntito, mascella accentuata, labbra sottili, naso pronunciato, occhi e guance alquanto infossate che eviden- ziano gli zigomi, fronte alta e profondi solchi intorno al naso e alla bocca: in pratica, quella che emerge è una figura molto simile a quella che, come vedremo meglio tra poco, compare proprio nella ritrattistica ufficiale dell’Angioino. Ciò farebbe così sup- porre che in quest’ultima egli fu raffigurato seguendo, grosso modo, quelle che furono le sue reali fattezze15.

14 O. Morisani, Aspetti della «regalità» in tre monumenti angioini, «Cronache di Archeologia e di Storia dell’Arte», 9 (1970), pp. 88-122, partic. p. 105; L. Enderlein, Die Grablegen des Hauses Anjou in Unteritalien. Totenkult und Mo- numente 1266-1343, Worms 1997, p. 181; Michalsky, Memoria und Repräsen- tation cit., pp. 169-171 e 335-336.

15 Una conferma in tal senso può giungere dal fatto che, per esempio, Roberto sembrerebbe aver effettivamente portato il volto rasato. Infatti, in un suo editto del 15 gennaio 1335, se la prese proprio con le nuove mode maschili che prevedevano l’uso della barba («faciem illis [ovvero, ai giovani del tempo] pro magna parte obtectam, prolixaque barba, potius horribiles, quam mirabiles»: M. Camera, Annali delle Due Sicilie. Dall’origine e fondazione della monarchia fino a tutto il regno dell’augusto sovrano Carlo III Bor- bone, Napoli 1841-1860, voll. 2, II, pp. 411-412). Ciò, evidentemente, rende

altamente improbabile che egli stesso l’adottasse. D’altro canto, sembre- rebbe che nella Sicilia del tempo fosse consuetudine tenere il volto rasato e farsi allungare la barba solamente in occasione di un lutto. Infatti, in una disposizione delle Ordinationes Generales emanate da Federico III, si vietava

a parenti e ad amici del defunto (a eccezione dei figli e dei fratelli) di la- sciarsi crescere la barba per più di otto giorni: «Nullus preterea consangui- neus vel affinis maxime defunctorum audeat ultra octo dies barbam de- ferre, propter obitum eorum, exceptis filiis et fratribus, qui juste dolorem prosequuntur, quibus permittetur usque ad mensem, si voluerint barbam et lugubres vestes portare» (Ordinationes Generales, cap. 103, passo tratto da

Parte II - Capitolo I 95 I.3. La ricognizione sul cadavere

Quanto poc’anzi ipotizzato può trovare riscontro nella rela- zione stilata a Napoli il 18 giugno 1959 dal Prof. Luigi Olivieri. Questa riporta i risultati della ricognizione compiuta dall’Istituto di Anatomia Umana Normale dell’Università di Napoli sul cada- vere di Roberto d’Angiò, esaminato al momento dell’apertura della sua tomba avvenuta in quello stesso anno. In particolare, l’analisi delle ossa evidenziò un’altezza di circa 170 cm; una cor- poratura robusta e brevilinea; un cranio di tipo ipsicefalo e orto- gnato (ovvero, alto, stretto e allungato, con una spiccata vertica- lità dello scheletro facciale); delle orbite alte e strette (ipsiconco) e ravvicinate tra loro; un naso stretto e sottile; e un mento molto sporgente (fig. 2).

La conclusione alla quale il medico, nel suo rapporto, giunse fu che tali resti concordavano perfettamente con l’iconografia che di Roberto si possedeva e, in particolare, con quella del mo- numento funebre16. In altre parole, stando alle fonti materiali in

nostro possesso, sembrerebbe che, nei suoi ritratti, a essere raffi- gurate furono le reali sembianze del re angioino (ovvero il suo corpo naturale e individuale) senza alcuna particolare inclina- zione verso l’idealizzazione della sua fisionomia. Nei prossimi due capitoli analizzeremo nel dettaglio quelle che furono le sue rappresentazioni.

16 Tale rapporto è pubblicato in: G. Dell’Aja, Cernite Robertum regem

Capitolo II

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