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5 – VULCANISMO PLIO-QUATERNARIO E XENOLITI DI MANTELLO NELLA PROVINCIA ETIOPICO-YEMENITA

Vulcanismo

Se la formazione del Plateau etiopico-yemenita si può considerare come la prima fase vulcanica dell’area Etiopia-Yemen di età Oligocenica, successivamente ad essa ci furono altre due fasi di età miocenica-quaternaria altrettanto importanti.

In Etiopia, la seconda fase, mio-pliocenica, presenta un cambiamento importante nelle modalità eruttive e nella composizione dei magmi, con formazione di vulcani a scudo al di fuori o sovrimposti al plateau, costituiti da basalti transizionali, alcalini, e da pochi prodotti evoluti di natura trachi-riolitica.

La terza ed ultima fase, di età plio-quaternaria, è quella più direttamente legata alla formazione del rift e porta in superficie prodotti a chimismo acido iperalcalino con subordinate quantità di basalti prevalentemente transizionali.

A questa fase appartengono anche numerosi centri vulcanici alcalini (coni di lave e scorie e diatremi) diffusi nella regione dentro e fuori l’area del plateau. È questo il caso dei centri alcalini di Injibara e Dedessa nell’Etiopia centro-occidentale, di Assab nei pressi del Mar Rosso e di Dillo, Mega e Megado nell’Etiopia Meridionale. Tutte queste vulcaniti basiche alcaline di età plio-quaternaria sono i principali responsabili del trasporto di xenoliti di mantello in superficie (Beccaluva et al., 2011).

In Yemen dal Pliocene al Pleistocene si formarono tre importanti centri vulcanici dopo la fine dell’attività Oligocenica di Plateau. Questi tre centri sono l’area vulcanica di Sana’a – Amran, quella di Dhamar – Rada ed infine quella di Marib – Sirwah (Geukens, 1966). Il centro vulcanico di Dhamar – Rada copre i basalti di plateau, al contrario gli altri due centri vulcanici poggiano direttamente sulle sequenze sedimentarie e sul basamento pre- cambriano. Queste province magmatiche sono caratterizzate da basalti alcalini, distribuiti soprattutto lungo le faglie principali aventi direzione NW-SE, concorde con il rift medio del Mar Rosso.

Al di fuori del plateau dello Yemen sono presenti tre centri vulcanici nei quali i basalti alcalini hanno portato in superficie xenoliti di mantello. Più in dettaglio a Nord, oltre il confine con l’Arabia Saudita è presente il centro vulcanico di H. Al Birk. Rimanendo

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invece in territorio yemenita, e spostandoci in direzione Est rispetto al plateau, si possono trovare i centri vulcanici alcalini quaternari di Ataq e Bir Ali, con presenza di xenoliti di mantello le cui popolazioni sono già state in parte studiate da alcuni autori (Ali & Arai, 2007; Baker et al., 1998; Chazot et al., 1996).

Fig. 12 – Schema geologico e zoneografia del plateau oligocenico etiopico-yemenita (LT – tholeiiti basse in titanio; HT1 – tholeiiti alte in titanio; HT2 – tholeiiti altissime in titanio). Sono riportati inoltre i centri vulcanici con presenza di xenoliti di mantello sia al di fuori che all’interno dell’area di plateau (da Beccaluva

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Xenoliti di mantello

Per quel che riguarda gli xenoliti di mantello, lo studio di questi, inclusi in lave alcaline plio-quaternarie in differenti aree dell’Etiopia, consente di raccogliere importanti informazioni sulla sezione di mantello sotto-continentale dell’area stessa. Alcuni di questi centri si trovano all’interno dei CFB (Continental Floods Basalt), come ad esempio Injibara, Gojam e Simien; altri invece nei pressi del bordo dell’area di plateau. È questo il caso delle zone di Dedessa e Wollega. Infine sono presenti centri vulcanici con xenoliti di mantello completamente al di fuori dei CFB, e distanti diverse centinaia di Km, in direzione sud nei pressi del confine con il Kenya. Dillo, Mega e Megado ne sono un esempio.

Lo studio di questi xenoliti di mantello è molto importante perché possono descrivere interazioni mantello – magmatismo oligocenico e fornire importanti informazioni sulla causa che ha portato alla formazione di questi grandi plateau basaltici, ossia il plume di mantello, che ha prodotto inarcamento della litosfera continentale con conseguente assottigliamento della stessa (Bastow et al., 2011). Inoltre lo studio degli xenoliti di mantello in aree esterne ai plateau può mostrare l’evoluzione geodinamica dei successivi fenomeni di rift continentale e la variazione dello spessore litosferico. Infine per poter comprendere gli agenti metasomatici e le variazioni composizionali del mantello direttamente o indirettamente connessi con il plume di mantello dell’Afar (Corti, 2009).

Le popolazioni già studiate da alcuni autori per la parte etiopica sono rappresentate soprattutto da lherzoliti a spinello, harzburgiti a spinello e websteriti a spinello-olivina a grana media per i siti di Injibara, Gojam e Dedessa, Wollega (Beccaluva et al., 2011), e lherzoliti a spinello a grana fine per il centro vulcanico di Simien (Roger et al., 1999; Ayalew et al., 2009).

Per le aree esterne invece al plateau, ad esempio per il sito di Mega, a circa 600 Km a sud del plateau, gli xenoliti all’interno delle lave alcaline plio-quaternarie sono, nella maggior parte dei casi, lherzoliti ed harzburgiti a spinello (Beccaluva et al., 2011). Simile situazione per Dillo e Megado. La maggioranza sono infatti lherzoliti e harzburgiti a spinello, ma nel primo caso sono presenti inoltre websteriti a spinello-olivina, nel secondo sono presenti anche alcune duniti (Sisto, 2013).

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In Yemen sono due i siti principali di studio per quel che concerne gli xenoliti di mantello, ossia il distretto vulcanico di Ataq e il distretto vulcanico di Bir Ali. Diversi autori (Chazot et al., 1996; Varne, 1970; Varne & Graham, 1971; Menzies and Murthy, 1980) hanno classificato queste rocce come lherzoliti ed harzburgiti a spinello per il sito di Ataq.

Altri autori, per il distretto vulcanico di Bir Ali (Ali & Arai, 2007), oltre a lherzoliti ed harzburgiti a spinello, hanno riconosciuto anche duniti e alcuni esempi di werbsteriti a olivina-spinello a grana medio-fine.

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