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La vulnerabilità come limite all’attività di propaganda: la tutela della libertà del minore nel processo educativo

Nel documento La propaganda religiosa (pagine 94-116)

Volendo procede ad una rassegna dei limiti apposti alla libertà di propaganda per le ragioni sopra esposte, occorre senza dubbio muovere da quelli forse più intuibili, funzionali a garantire una specifica tutela dei soggetti versanti in particolari condizioni di debolezza e vulnerabilità, esposti, pertanto, al rischio di subire tecniche persuasive particolarmente aggressive, idonee a ledere i diritti inviolabili loro riconosciuti.

Orbene, avanzando in tale prospettiva, un primo ordine di limiti è senz'altro quello che si incontra con riferimento alle forme di educazione del minore, capaci di condizionarne in maniera indelebile l’identità e la formazione, in quanto occasioni di trasferimento eterodiretto di nozioni, idee e valori.

6 Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 87 del 1966.

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In questo ambito emerge ictu oculi come il diritto-dovere dei genitori di educare i figli al rispetto dei propri dogmi religiosi si confronta, e scontra, con il diritto del minore di realizzare pienamente la propria personalità, compiendo un consapevole e libero percorso di formazione ed autodeterminazione dei propri convincimenti8.

Invero, l’esigenza di trovare un punto di equilibrio tra i due interessi in gioco nasce dal mutamento della concezione stessa di minore9 che da mero soggetto passivo di

diritti e doveri altrui (rectius: degli esercenti la responsabilità genitoriale) viene ora preso in considerazione nella sua essenza di «persona», ossia di “individuo alla ricerca della propria identità, la cui ricchezza individuale va rispettata e potenziata nel doveroso accoglimento delle sue idee e del suo diritto allo sviluppo di una specifica personalità”10.

8 Cfr. S. BERLINGÒ, Libertà d’istruzione e fattore religioso, Milano, 1987; T. DI IORIO, Società multietnica e libertà religiosa

del minore tra affidamento e autodeterminazione, Napoli, 2013; M.DI STEFANO, Il diritto dei minori alla libertà di religione:

‘una protezione nella protezione’, in M.I.PAPA,G.PASCALE E M.GERVASI (a cura di), La tutela internazionale della

libertà religiosa: problemi e prospettive, Napoli, 2019, 401 e ss.. In un’ottica comparata si rinvia a E. CECCHERINI,

Pluralismo religioso e pluralismo legale: un compromesso possibile, in E. CECCHERINI (a cura di), Pluralismo religioso e libertà

di coscienza, Milano, 2012, 25 e ss.

9 In tal senso la svolta decisiva è rappresentata dalla Convenzione sui diritti del fanciullo (rectius: Convenzione

sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza) - Convention on the right of the child - adottata dall’ONU il 20 novembre 1989, ratificata in Italia con legge n. 176 del 1991 e depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991. La Convenzione si erige su quattro pilastri fondamentali, quali: a) il principio di non discriminazione (art. 2); b) il principio del superiore interesse del fanciullo (art. 3); c) il diritto alla vita, alla sopravvivenza ed allo sviluppo del fanciullo (art. 6); d) ed il principio dell’ascolto dell’opinione del minore (art. 12). Tra i numerosi contributi in merito si segnalano M. DOGLIOTTI,I diritti del minore e la Convenzione dell’O.N.U., ne Il diritto della famiglia e delle persone, 1/1992, 301 e ss.; AA. VV., La Convenzione sui diritti del minore e l’ordinamento italiano, Napoli, 1994; G.

DOSI, Tutela dei minori. Le Convenzioni internazionali sulla protezione dei minori, in Famiglia e diritto, 1997, 390 e ss.; L.

BALDASSARRE,C.CANALI,T.VECCHIATO,La Convenzione dei diritti del fanciullo, Padova, 2009.

La tendenza a rafforzare la tutela riservata ai minori emerge anche a livello eurounitario con l’art. 216 TFUE che, autorizzando ed auspicando la conclusione di accordi internazionali necessari per realizzare uno degli obiettivi fissati dai Trattati, incentiva di fatto anche quelli atti a promuovere la tutela dei diritti dei minori ai sensi dell’art. 3 del TUE. Accanto a tale previsione, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea dedica l’intero art. 24 alla tutela dei «diritti del bambino», sancendo che: “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”. A completare il quadro normativo europeo figurano, ancora, gli articoli 10 TFUE e 21 della Carta che, segnando una netta differenza con la Costituzione italiana, vietano espressamente ogni forma di discriminazione basata sull’età.

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In tal senso al fanciullo11 è riconosciuta, al pari di ogni individuo, la titolarità dei

diritti inviolabili dell’uomo12, ivi incluso il diritto, dotato di una propria specificità, al

pieno e progressivo sviluppo13 della personalità intellettuale, psicologica ed emotiva.

Da ciò deriva l’idea, sempre più diffusa, di “considerare il minore” come “un soggetto di diritto, titolare di diritti soggettivi perfetti, autonomi ed azionabili”, in quanto individuo “posto al centro di un procedimento acquisitivo di capacità e posizioni proprie di ogni cittadino attraverso un’ampia ed effettiva libertà delle scelte esistenziali, nella prospettiva indicata dagli artt. 19, 21 e 49 Cost.”14.

La nuova concezione del minore e le norme costituzionali sui diritti fondamentali del medesimo si intrecciano e si integrano con le disposizioni vigenti in materia di famiglia15 e, più esattamente, con quelle poste a disciplina dell’esercizio della

responsabilità genitoriale; si tratta, quindi, di diritti che il fanciullo vanta nei confronti dei propri genitori, quali titolari di corrispondenti doveri di solidarietà sociale e familiare, sanciti dalla Carta costituzionale e ripresi anche dalla normativa di primo grado.

11 Ai sensi dell’art. 1 della Convenzione ONU per fanciullo s’intende: “ogni essere umano avente un’età inferiore

a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile”.

12 Tra i diritti inviolabili garantiti al fanciullo figurano, in particolare, il diritto all’identità (art 8: “ [..] ivi compresa

la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali), il diritto alla libertà di espressione (art. 13: “[..] questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni e idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo) ed il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione (art. 14). Ancora, Secondo P. LILLO,Libertà del minore nella sfera educativa e religiosa, ne Il diritto di famiglia e delle persone, 2009, 1931 e ss., “ [..] fuori dalle ipotesi di esercizio dei diritti costituzionali aventi contenuto

patrimoniale (es. il diritto di proprietà; libertà di iniziativa economica) e dei diritti politici (diritto di voto) per i quali è prescritto comunque il possesso della maggiore età, gli altri diritti costituzionali sono da ritenersi liberamente esercitabili dal minore d’età a condizione che esso abbia raggiunto una propria capacità di

discernimento, una propria maturità di giudizio che gli consenta di essere consapevole e responsabile delle azioni e

delle scelte personali”.

13 Secondo l’art. 6.2 della Convenzione: “Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la

sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo”.

14 Così P. STANZIONE,G.SCIANCALEPORE,Minori e diritti fondamentali, Milano, 2006, 129.

15 Celebri le parole pronunciate da A. C. JEMOLO, La famiglia e il diritto, in Annuario dei Seminari giuridici dell’Università di Catania, III, 1948, in merito: “la famiglia è un’isola che il mare del diritto può solo lambire”.

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In primo luogo, l’articolo 29 della Costituzione riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, sancendo a chiare lettere “l’uguaglianza giuridica e morale dei coniugi” a garanzia dell’unità familiare.

Tale statuizione trova la sua ragion d’essere nell’applicazione, alla sfera dei rapporti coniugali, del principio di uguaglianza sancito dal precedente articolo 3, che di fatto si rende responsabile del superamento della tradizionale concezione di superiorità del marito. L’allontanamento dal modello classico determina, quindi, l’introduzione di una paritaria posizione di diritti e doveri dei genitori nei confronti del figlio minore16,

ivi inclusi i doveri di scelta e contribuzione al percorso formativo del medesimo, nell’ambito di un paritetico ruolo direzionale della vita familiare e di esercizio della responsabilità genitoriale.

Così, sulla scorta di tale principio, il successivo articolo 30 della Costituzione afferma l’egual dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare17 i figli,

e, implicitamente, la correlata legittima aspettativa dei figli a ricevere l’educazione necessaria allo sviluppo della propria personalità.

Considerata da questo punto di vista la disposizione non sembra fondare un vero e proprio diritto dei genitori in merito all’educazione dei figli, quanto più un dovere di solidarietà familiare in capo agli stessi, da esercitarsi, appunto, in via principale, nel preminente interesse dei figli a ricevere un’educazione equilibrata18; non si tratta,

16 Il medesimo principio è affermato anche dall’art. 18.1 della Convenzione, secondo il quale: “Gli Stati parti

faranno del loro meglio per garantire il riconoscimento del principio secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori oppure, se del caso, ai suoi tutori legali i quali devono essere guidati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo”.

17 In merito si tenga ben a mente la differenza tra istruzione ed educazione. “Infatti, mentre istruzione definisce

un procedimento metodico di apprendimento, di comunicazione e di acquisizione del sapere (dei saperi), il termine educazione designa un più ampio processo di formazione e maturazione della persona umana, ci la stessa istruzione è finalizzata: “formazione del carattere e della volontà, formazione spirituale e morale, autodisciplina, equilibrio psicofisico, ecc.”, così G. DALLA TORRE,La questione scolastica nei rapporti tra Stato e Chiesa, Bologna,

1989, 89.

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pertanto, di una potestà liberamente esplicabile, corrispondente ad una manifestazione di autonomia dell’esercente la responsabilità genitoriale, bensì di un potere il cui esercizio risulta sempre subordinato al limite dell’evoluzione della personalità dei figli19.

Quanto detto sembra trovare corrispondenza anche nell’ambito della normativa primaria e, più precisamente, di quanto affermato dagli articoli 147 e 315bis del codice civile.

La disciplina civilistica, infatti, consolidando l’idea che si debba sempre guardare al preminente interesse del minore, impone ai coniugi (e nell’interpretazione ormai pacificamente condivisa, altresì ai genitori non coniugati) l’obbligo di mantenere, istruire, educare ed assistere moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni (articolo 147); il tutto affermando parallelamente ed espressamente il diritto del minore a ricevere tali prestazioni dai genitori, nel rispetto, appunto, della sua personalità in divenire (articolo 315bis).

Il quadro normativo così delineato porta quindi ad inquadrare la relazione tra genitori e figli come un insieme di situazioni giuridiche soggettive complesse, destinate ad evolversi nel tempo in considerazione delle “mutate esigenze del minore [..] in collegamento con il procedere dell’età”20.

19 Sul punto si veda Corte costituzionale, sentenza n. 132 del 1992: “La potestà dei genitori nei confronti del

bambino è, infatti, riconosciuta dall'art. 30, primo e secondo comma, della Costituzione non come loro libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell'interesse del figlio la sua funzione ed il suo limite. E la Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all'esercizio della potestà genitoriale”.

A deporre in tal senso è anche il medesimo articolo 30 nella misura in cui, al secondo comma, afferma che “Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”, sottolineando di fatto l’esigenza di tutelare, ad ogni condizione, il preminente interesse del minore a ricevere un’educazione adeguata allo svolgimento della propria personalità. Sul punto, in dottrina, si segnala E. LAMARQUE,Il principio dei best

interests of the child nella prospettiva costituzionale, Milano, 2016.

20 Così P. STAZIONE, Personalità, capacità e situazioni giuridiche del minore, ne Il diritto di famiglia e delle persone, 1999,

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Ed è proprio nell’ambito di tale mutevole relazione che trovano spazio anche la fede e l’appartenenza confessionale, quali libertà fondamentali riconosciute a ciascun componente del nucleo familiare e dunque terreno di possibili frizioni tra il diritto- dovere dei genitori di educare il figlio secondo i modelli formativi prescelti, da una parte, ed il preminente interesse del fanciullo al libero e progressivo sviluppo della personalità ed alla libertà religiosa21, dall’altra.

Anche in questo campo, gli equilibri tra gli interessi contrapposti cambiano radicalmente prospettiva in ragione della nuova concezione del minore come titolare di uno specifico diritto alla tutela della propria identità culturale e religiosa, sicché si esclude che la manus religiosa dei genitori possa estendersi su di lui sino al punto di carpirne e pregiudicarne la libertà di acquisire criticamente le proprie convinzioni22.

Nel paradigma della summenzionata dinamica di relazioni ciò che viene imposto agli esercenti la responsabilità genitoriale non è l’obbligo di avere un atteggiamento

21 Ai sensi dell’art. 14 della Convenzione ONU al minore è riconosciuta la “libertà di pensiero, di coscienza e

di religione”, sicché “gli Stati parti rispettano il diritto e il dovere dei genitori oppure, se del caso, dei tutori legali, di guidare il fanciullo nell’esercizio del summenzionato diritto in maniera che corrisponda allo sviluppo delle sue capacità”.

22 Cfr. P. FLORIS,Appartenenza confessionale e diritti dei minori. Esperienze giudiziarie e modelli di intervento, in Quad. dir.

pol. eccl., 1/2000, 191 e ss.; J. PASQUALI CERIOLI,Propaganda religiosa, cit., 153 e ss. L’art. 12.1 della Convenzione

ONU riconosce al minore capace di discernimento “il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa”, specificando che le sue opinioni debbono essere debitamente prese in considerazione in ragione della sua età e del suo grado di maturità. A corollario di tale principio è quindi posto il successivo art. 13.1 nella parte in cui prevede il diritto del fanciullo alla libertà di espressione, altresì comprensivo “della libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni e idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo”.

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agnostico23, quanto più esattamente quello di non ostacolare il percorso di

affinamento delle capacità decisionali del figlio24.

In altri termini i genitori, nell’esercizio dei rispettivi doveri di solidarietà familiari, sono tenuti ad educare il figlio seguendo un percorso formativo adeguato25 a far

maturare la sua capacità critica e di discernimento ed adottando, pertanto, modelli educativi idonei alla realizzazione della sua personalità26; il tutto nella convinzione che

proprio nella scelta del modello da seguire alberghi la strada maestra per l’acquisizione del patrimonio socio-culturale necessario al fanciullo per esercitare consapevolmente i propri diritti27.

23 Ciò è escluso dalla stessa normativa vigente sul punto. Si pensi all’art. 14.3 della Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione Europea che afferma: “La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all'educazione e all'istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio”; ed anche all’articolo 2 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, secondo il quale: “ [..] Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”; ma anche al già richiamato art. 30 della Costituzione italiana.

24 In tema di affidamento dei minori è ormai consolidata l’orientamento teso ad escludere la possibilità di

annoverare la fede religiosa del genitore “tra le componenti del giudizio circa le sue attitudini a curare convenientemente l’interesse della prole, in quanto la neutralità dell’ordinamento si esprime, appunto, nel rifiuto di norme (canoni o linee di pensiero) che facciano discendere dalle singole confessioni conseguenze, favorevoli o dannose”, così Cassazione civ., sez. I, sentenza 27 febbraio 1985, n. 1714. Conformemente a ciò, con sentenza del 26 febbraio 2020, n. 494, il Trib. civ. di Cagliari ha rigettato la richiesta di affidamento esclusivo presentato da una donna motivata in ragione del sol fatto che il padre del minore si fosse avvicinato alla religione dei Testimoni di Geova, distanziandosi dall’ambiente cattolico, che fino ad allora aveva costituito l’habitat sociale del minore. Sul punto, il Collegio ha specificato che: “[..] la necessità di garantire la maggior stabilità del minore e il mantenimento delle sue abitudini sociali, [..] non toglie che a fronte della sua crescita, non sia possibile inibire ad uno dei due genitori di trasmettere, con le dovute cautele, anche il proprio pensiero religioso, partecipando all’educazione del figlio e fornendogli gli elementi necessari per poter decidere liberamente, al momento corretto, quale sarà il suo orientamento religioso”. Sul punto occorre tuttavia segnalare come, ad oggi, non siano mancate decisioni tese a rifiutare l’affidamento del minore al genitore autore di una condotta religiosamente orientata verso una “segregazione culturale” del figlio, tale da pregiudicare “non solo la sua libertà di scelta, ma, in futuro, perfino la sua aggregazione alle strutture sociali con le quali egli entrerà inevitabilmente in contatto”, così Trib. civ. di Bologna, sentenza 5 febbraio 1997, n. 247.

25 Ai sensi dell’art. 27 della Convenzione “Gli Stati parti riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di

vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale. Spetta ai genitori o ad altre persone che hanno l’affidamento del fanciullo la responsabilità fondamentale di assicurare, entro i limiti delle loro possibilità e dei loro mezzi finanziari, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo”.

26 “Gli Stati parti convengono che l’educazione del fanciullo deve avere come finalità: a) favorire lo sviluppo

della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità; [..]”, così l’art. 29.1 della Convenzione ONU.

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In altri termini, alla luce della cornice normativa di riferimento la funzione educativa dev’essere posta “al servizio delle libertà”28 ed a completamento della

costruzione dell’identità del fanciullo; ciò nel rispetto del superiore interesse del minore29 ad essere educato senza pregiudizio alla possibilità di scelta.

In questa prospettiva non può quindi essere trascurata l’importanza del fattore religioso, parte ineludibile del patrimonio che il fanciullo è tenuto ad acquisire al fine di esplicare al meglio la libertà individuale, anche in un’ottica di rispetto della sua identità, della sua lingua e dei valori culturali propri e del Paese in cui vive, “con uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, [..] di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi”30.

L’educazione religiosa diviene così momento di incontro tra il principio del preminente interesse del minore a non subire coercizioni della propria libertà di scelta ed i principi di laicità e pluralismo, espressioni dell’anima democratica dello Stato ed ostacoli ai fenomeni di radicalizzazione confessionale.

Ed è proprio dalla convergenza di questi principi che trae le mosse la tendenza dell’ordinamento ad intervenire a tutela del fanciullo, al fine di proteggerne la posizione di debolezza ed inferiorità fisica, mentale e strumentale nel rapporto con i

28 Ibidem, 55.

29 La preminenza dell’interesse del fanciullo è condivisa altresì dalla Corte costituzionale, sentenza n. 148 del

1992, punto 3 diritto: “[..] essendo sempre poziore l'interesse del minore stesso alla soluzione più adeguata allo sviluppo della sua personalità”. Sul punto si segnala altresì Corte europea dei diritti dell’uomo, Neulinger and Shuruk c. Switzerland, sentenza 6 luglio 2010: “The child’s best interests, from a personal development perspective, will

depend on a variety of individual circumstances, in particular his age and level of maturity, the presence or absence of his parents and his environment and experiences. For that reason, those best interests must be assessed in each individual case. That task is primarily one for the domestic authorities, which often have the benefit of direct contact with the persons concerned”. Sul punto si

veda anche M. RIONDINO,L’interesse del minore come legittimazione e limite dell’ordinamento in materia di educazione

religiosa, in G. L. FALCHI,A.IACCARINO (a cura di), Legittimazione e limiti degli ordinamenti giuridici. Atti del XIV

Colloquio Giuridico Internazionale, Città del Vaticano, 2012, 63 e ss., secondo cui l’interesse del minore ad essere

educato senza pregiudizio per la propria libertà di scelta assurge a principio di ordine pubblico nel bilanciamento tra gli interessi confliggenti.

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genitori, di fatto potenzialmente idonea ad escludere la possibilità di resistere

Nel documento La propaganda religiosa (pagine 94-116)