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SULLA VULNERABILITÀ “STRUTTURALE” E “URBANA”: STUDI, NORMATIVE, PROGETTI E PROTOCOLL

1.1. La vulnerabilità sismica

La vulnerabilità sismica (V), la pericolosità (P) e l’esposizione (E), costituiscono le componenti del più ampio concetto di rischio sismico (R), che è espresso come:

R= P*E*V61

Lo stato dell’arte sul tema mostra molteplici e spesso complementari definizioni di tali concetti.

Il rischio sismico, in generale, è definibile come «probabilità che si verifichi o che venga superato un certo livello di danno o di perdita in termini economico-sociali in un prefissato intervallo di tempo e in una data area, a causa di un evento sismico»62 e, nel complesso, si considerano quali “perdite” primariamente le vite umane, i beni economici, i beni storico-artistici e culturali.

All’interno dell’equazione del rischio sismico, la Pericolosità, è definita come «la probabilità che si verifichi in un dato luogo, o entro una data area e entro un certo periodo di tempo, un terremoto capace di causare danni»63 riferendosi, quindi, al

61 Espressione definita già dal 1978 dall’UNDRO-UNESCO (United Nations Disaster

Relief Organisation).

62 DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE, Indirizzi e criteri per la microzonazione

sismica, Parte I, paragrafo 1.4 recante “Definizioni”, 2008.

63 BARAZZA F., CARNIEL R., DEL PIN E., DI CECCA M., GRIMAZ S., MARTINI F., MANAROLLA I.,

RIUSCETTI M., Università di Udine, Progetto Rischio Sismico, Gruppo di Ricerca in Sismologia applicata, Dipartimento di Georisorse e Territorio, 2009.

fenomeno sismico in relazione agli effetti naturali64 e agli aspetti geo-morfologici del territorio. Dipende, perciò, solamente dall’intensità di un evento sismico che può essere misurata utilizzando scale strumentali (misure oggettive della forza del sisma) oppure scale macrosismiche (misure soggettive degli effetti prodotti dal sisma)65.

La valutazione della pericolosità può effettuarsi secondo due approcci differenti: uno di tipo deterministico e uno probabilistico. Il primo, detto anche analisi di scenario, si basa sullo studio dei danni osservati nei terremoti storici che hanno interessato il sito, al fine di stabilire la frequenza con la quale, nel tempo, si sono ripetute scosse di uguale intensità66. Il secondo, l’analisi di rischio, invece, determina la probabilità che in una data area e in un certo intervallo di tempo (τ) si verifichi un terremoto che superi una soglia di intensità (I), magnitudo o accelerazione di picco67.

I due metodi di valutazione hanno differenti finalità: nel caso di

64 In letteratura è presente la distinzione fra pericolosità indiretta e indotta, la

prima relazionata alle caratteristiche dell’evento sismico e la seconda agli eventi, di natura geologica, che si innescano a seguito della scossa sismica.

65 Le prime, si basano su parametri relativi al moto del suolo quali, per esempio,

il picco di accelerazione massima (PGA-Peak Ground Acceleration), la magnitudo locale o magnitudo Richter (M), la velocità spettrale. Le scale macrosismiche, invece, sono meno accurate ma hanno il vantaggio di poter essere associate ai terremoti del passato attraverso le fonti e le cronache storiche. Fra queste si ricordano la scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS) del 1923; la scala Mercalli modificata (MM) del 1931, aggiornata nel 1956; quella Medvedev-Sponheuer-Karnik (MSK) del 1964 e, la più recente, l’European Macrosismic Scale (EMS98) del 1998. Per quest’ultima si veda CONSEIL DE L’EUROPE

CAHIERS DU CENTRE EUROPEEN DE GEODYNAMIQUE ET DE SEISMOLOGIE, European

Macroseismic Scale 1998. Editor G. GRÜNTHAL, Luxembourg, 1998.

66 Tale approccio richiede la disponibilità di informazioni complete sulla sismicità

locale e sui risentimenti (informazioni non sempre facilmente reperibili) e, perciò, viene generalmente preferito un metodo di tipo probabilistico.

67 Il metodo più utilizzato è quello di Cornell (1968) che prevede l’individuazione

delle aree sismogenetiche, la quantificazione del loro grado di attività e il calcolo degli effetti provocati da tali aree in relazione alla distanza dall’epicentro. CORNELL C. A., Engineering seismic risk analysis. Bull. Seism. Soc. Am., 58, 1583-1606, 1968.

uno studio del territorio per fini preventivi, l’analisi di rischio è preferibile, invece, per analizzare gli aspetti di gestione legati all’emergenza è più significativa un’analisi di scenario, che riproduce una distribuzione realistica degli effetti sul territorio.

Il secondo termine dell’equazione del rischio, poi, è l’Esposizione, cioè «la dislocazione, la consistenza, la qualità e il valore dei beni e delle attività presenti sul territorio che possono essere influenzate direttamente o indirettamente dall’evento sismico (insediamenti, edifici, attività economico-produttive, infrastrutture, densità di popolazione)»68. Tale componente, al contrario della pericolosità, si relaziona al territorio antropizzato e riguarda ciò che può essere danneggiato dal terremoto: vite umane, edifici e infrastrutture. La valutazione dell’esposizione può essere condotta tramite procedure semplificate, una delle quali usa un indice di esposizione (Ie), ottenuto quale prodotto fra l’indice di utenza (Iu), riguardante il numero di utenti e operatori presenti negli stessi edifici, e quello di funzione (If), ricavato da considerazioni qualitative sulle funzioni esercitate all’interno dei diversi edifici69. Il terzo termine che determina il rischio sismico, infine, è la

vulnerabilità, che è riferita alla possibilità di danneggiamento

dell’elemento, sia esso un organismo urbano, un edificio o un componente costitutivo di quest’ultimo. Esiste una distinzione fra:

vulnerabilità diretta o primaria70, relativa al danno fisico subito dal sistema per effetto delle azioni dinamiche dell’evento sismico;

vulnerabilità indotta o secondaria70, definita in base alla crisi che

68 BARAZZA F., CARNIEL R., DEL PIN E., DI CECCA M., GRIMAZ S., MARTINI F., MANAROLLA I.,

RIUSCETTI M., op. cit.

69 Di fondamentale importanza, in questa fase, sono i data base ISTAT dai quali

si possono trarre, non solo, le informazioni sulla popolazione ma, anche, sulle caratteristiche del costruito quali, per esempio, l’anno di costruzione, la destinazione d’uso, l’utilizzo, la tipologia costruttiva, il numero di piani, ecc. Per i

censimenti si veda il sito http://censimenti.istat.it/.

viene indotta dal collasso di un singolo elemento e vulnerabilità

differita, che definisce gli effetti che si manifestano nelle fasi

successive all’evento sismico e di prima emergenza.

Al fine del presente lavoro di dottorato si vuole proporre la definizione di vulnerabilità intesa in un’ampia accezione, come unione delle tre tipologie. Infatti, si vogliono considerare non solo i fattori che generano i danni sul costruito (vulnerabilità diretta) ma, anche, quei fattori, propri del sistema urbano e, in generale, del contesto (vulnerabilità indotta), che innescano meccanismi di interrelazione con il costruito. Il tutto, nell’ottica di una suscettibilità relativa alla fase post-sismica di intervento e, dunque, di una possibile amplificazione dei danni finali a causa di rallentamenti e ritardi dei soccorsi (vulnerabilità differita).

Molte sono le definizioni di vulnerabilità presenti in letteratura; in generale, è la «propensione al danno o alla perdita di un sistema a seguito di un dato evento sismico». Emerge, quindi, il rapporto di causa-effetto tra il terremoto e il danno da esso generato, il quale varia proprio in funzione della maggiore o minore propensione al danneggiamento, cioè in funzione della vulnerabilità.

Perciò, il danno sismico D può essere espresso come il prodotto tra l’azione sismica A e la vulnerabilità sismica V:

D= A*V

Tale vincolo non è di tipo lineare: i diversi fattori che intervengono nella vulnerabilità, infatti, non agiscono con modalità omologhe, sottolineando l’estrema aleatorietà delle variabili al contorno. Il rapporto causa-effetto, poi, è ancor più evidente se relazionato alla definizione delle scale macrosismiche. Le prime scale presentavano riferimento generico alla distribuzione del danno; con la recente EMS98, invece, il concetto di classe di vulnerabilità viene approfondito, contemplando una casistica chiara e

dettagliata di tipologie costruttive e della distribuzione di danno correlato al variare del grado di intensità71. Si ottengono, così, differenti classi di vulnerabilità che cercano di riassumere la casistica più comune nelle tecniche costruttive dell’esistente così come visibile nella figura a seguire.

Tabella di vulnerabilità nella scala EMS9865.

Per ciascuna classe di vulnerabilità, poi, la scala fornisce le distribuzioni del danneggiamento, articolate in cinque livelli di danno oltre a quello di danno nullo.

GRADO 1: