LA LOCAZIONE FINANZIARIA PER L’ACQUISTO DI UN IMMOBILE DA ADIBIRE AD ABITAZIONE PRINCIPALE ( LEGGE
4. IL VULNUS DELLA DISCIPLINA
La normativa tace con riferimento alla forma del contratto nonché circa la sua pubblicità nei registri immobiliari. Per quanto riguarda la forma la dottrina sembra ritenere necessaria quella scritta per la conclusione del contratto, tenuto conto ora dei soggetti coinvolti, della particolare natura del
bene ora della sua stessa durata (ex artt. 117 TUB, e 1350, n. 1, c.c.) . Per 126
quanto riguarda il tema della trascrizione, non è prevista norma analoga a quella di cui all’art. 23 della legge 164/2014, che anzi esclude dal suo ambito proprio la locazione finanziaria. Le ricostruzioni pertanto muovono dall’analisi della struttura della fattispecie caratterizzata dall’essere un’operazione negoziale complessa, frutto della combinazione di differenti segmenti negoziali. Correlativamente si ritengono soggetti a trascrizione sia i contratti con i quali la società di leasing acquista il bene da concedere in locazione, sia i contratti con i quali l’impresa di leasing trasferisce il bene all’utilizzatore, ove questo eserciti l’opzione di acquisto. Rimangono invece privi di tutela sia il contratto di locazione finanziaria tra concedente ed
Con riferimento al leasing immobiliare, si è sostenuto «un obbligo di forma scritta del
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contratto, in relazione a quanto ora imposto dall’art. 117 t.u. l. banc. per qualunque operazione di leasing. Per la validità dell’opzione di acquisto e del successivo atto di esercizio la forma scritta si impone comunque in rapporto alla previsione dell’art. 1350, n. 1, c.c., e, infine, per i contratti ultranovennali, in relazione alla previsione di cui all’art. 1350, 8 co., c.c.» M. Serra, Il leasing di immobili, in Il contratto di leasing, in Dei singoli
contratti-Leggi collegate, in Comm. cod. civ., D. Valentino (a cura di), E. Gabrielli (diretto
da), Torino, 2011, p.556. Per quanto riguarda la prassi «la norma contenuta nell’art. 3 degli usi (…) stabilisce la forma dell’atto pubblico se il contratto ha una durata superiore al novennio e della scrittura privata per durate inferiori. È ben vero che quella usuaria è norma la quale si limita a recepire la prassi vigente, ma non si comprende perché il novennio funga da spartiacque tra la forma dell’atto pubblico e quella della scrittura privata. (…). In altri termini, senza voler fare concettualismo di maniera e riconoscenza senza riserva alcuna che la necessità della forma scritta è imposta dalla particolare natura del bene e dalla lunga durata del contratto, occorre anche dire che, allo stato attuale della normativa, la forma scritta è richiesta solo per i contratti di durata superiore al novennio» V. Buonocore,
Il «leasing» immobiliare, in Riv. not., 1984, p.10 s.; e in Giur. merito, 1985, p.475. Per
ulteriori approfondimenti sul punto si rinvia ad A.G. Diana, La proprietà immobiliare
urbana: circolazione, locazione e leasing immobiliare, in Diritto privato oggi, P. Cendon (a
cura di), Milano, 2007, p.615. Negli stessi termini, F. Saponaro, Problematiche fiscali del
leasing finanziario immobiliare, in Rass. trib., 2004, 889; Quaderno Assilea, 2004, p.952.
A. Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv.,G. Iudica E P. Zatti (a cura di), Milano, 1995, p.430.
utilizzatore, sia la cessione dello stesso lasciando così “scoperto” proprio 127
l’acquirente finale che ha assunto l’obbligo di pagare e il diritto di acquistare. Esclusa la trascrivibilità del contratto di leasing di durata inferiore al novennio (soggetto pertanto alle solo regole di cui agli artt.1380 e 1599 c.c.?) si discute circa la pubblicità di quello di durata superiore. Secondo una prima tesi, stante il principio di tassatività delle trascrizioni, la norma di cui all’art. 2643, n.8 non sarebbe applicabile anche alla locazione finanziaria. Secondo un diverso orientamento tale contratto sarebbe invece soggetto a trascrizione nei registri immobiliari ora perché assimilato alla vendita con riserva di proprietà, ora perché equiparato al diritto di usufrutto (art. 2643 n. 2 c.c) ovvero, ancora ai sensi dell’art. 2645, c.c., in quanto “produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643” . 128
cfr. Cfr. A. Musto, L. Piccolo, F.Tresca , Il leasing immobiliare abitativo, op.cit., p.
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15:<<Per quanto riguarda la cessione del contratto di leasing abitativo, bisogna rilevare che non sembrano esservi ostacoli alla sua ammissibilità, laddove ricorra il consenso del contraente ceduto, tenuto conto dell’insegnamento della giurisprudenza più volte pronunciatasi in tema di cessione del contratto di locazione finanziaria. Sotto il profilo redazionale, poi, possono valere anche qui le considerazioni, già svolte da autorevole dottrina, e secondo le quali la cessione dell’intera posizione contrattuale nascente dall’atto di leasing, ivi compreso di diritto di opzione spettante al termine del contratto stesso, «acquista rilievo solo in sede di riscatto perché nella vendita finale si dà atto:
- dell’avvenuta stipula del contratto originario (con relativi estremi);
- dell’intervenuta cessione del contratto stesso, con subingresso del cessionario nei diritti e obblighi del preliminare e quindi del diritto di riscatto;
- della richiesta di riscatto da parte del cessionario».Il problema come anticipato poc’anzi riguarda, quindi, semmai la trascrivibilità o meno della cessione del contratto in questione. È noto che, nella prassi, la cessione del contratto è stipulata, di solito, per scrittura privata non autenticata. Tuttavia, nulla impedisce, anzi sarebbe auspicabile, ai fini di rendere conoscibile la avvenuta cessione del contratto di leasing abitativo, che la stessa rivesta la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, e che, quindi, possa considerarsi trascrivibile, al pari della cessione del contratto di locazione ultranovennale. Con riferimento a quest’ultima, si ritiene, infatti, di poter condividere la posizione di quella parte della dottrina per la quale, se non novativa, la cessione della locazione, in quanto comportante il mutamento di uno dei soggetti del rapporto, con la estromissione del precedente conduttore, «va indubbiamente trascritta per poter essere opposta al terzo acquirente». A tale riguardo, si osserva che in tal caso non si tratta di efficacia della cessione nei confronti del ceduto, ma di opponibilità della stessa nei confronti del terzo che da costui ha acquistato l’immobile locato, per cui non potrebbero essere sufficienti i principi che regolano la cessione o, peggio, la successione nel debito >>.
Cfr. A. Musto, L. Piccolo, F.Tresca , Il leasing immobiliare abitativo, op.cit.. p.14
5. CONSIDERAZIONI
L’analisi fin qui condotta evidenzia la difficoltà ermeneutica di ricondurre tale fattispecie all’una piuttosto che all’altra delle categorie elaborate dalla giurisprudenza . Così come la stessa si discosta dai contratti tipici a cui 129
pure il leasing veniva ricondotto e in particolare alla locazione, alla vendita con riserva di proprietà ed al contratto di credito.
Nella fattispecie in commento l’operazione contrattuale si articola attorno ad un accordo preparatorio tra concedente ed utilizzatore, una vendita tra fornitore e concedente ed un negozio, eventuale, di trasferimento dal concedente all’utilizzatore. L’operazione ancorché suddivisa in fasi appare
Nota è la tradizionale bipartizione tra leasing di godimento e leasing traslativo venutasi
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a consolidare in giurisprudenza, laddove tra i criteri discretivi «per la qualificazione della prima figura è necessario che il contratto venga pattuito con funzione di finanziamento rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi, mentre, ai fini della qualificazione del leasing traslativo, è necessario che la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione e che i canoni abbiano avuto la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto» cfr. Cass., 27 marzo 2014, n. 7212, in Diritto e giustizia, 2014, 28 marzo, con nota A. Greco, Leasing di
godimento vs leasing traslativo: chi la vince? Negli stessi termini, di recente, fra le tante,
Cass., 30 settembre 2015, n. 19532, in Diritto & Giustizia, 2015, 1° ottobre, con nota A. Greco, Al leasing traslativo si applicano le regole sulla vendita con riserva di proprietà: «Nel leasing di godimento il canone dovuto rappresenta un corrispettivo di finanziamento a scopo di godimento del bene per una durata prestabilita. Nel leasing traslativo, a cui si applica inderogabilmente l’art. 1526 c.c. e non già l’art. 1458 c.c., il canone ha natura di corrispettivo del futuro trasferimento ed ha la funzione di scontare una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto; alla scadenza del periodo fissato il bene conserva un valore residuo particolarmente apprezzabile, notevolmente superiore al prezzo di opzione». Ancora, Cass., 29 aprile 2015, n. 8687, in Giust. civ. Mass., 2015. Per la giurisprudenza di merito, Trib. Bari, 28 giugno 2012, n. 2339, in Giurisprudenzabarese.it. Quanto al profilo causale, cfr. Cassazione a Sezioni Unite 7 gennaio 1993, n. 65, Giur.it., 1993, p.936, per cui il distinguo tra le due figure contrattuali è da individuare «nell’originaria previsione delle parti di quello che sarà, alla scadenza del contratto, il rapporto tra valore residuo del bene e prezzo di opzione: mentre la previsione di una apprezzabile eccedenza di valore può essere rivelatrice, sia pure a solo in via sintomatica e indiretta, dell’originaria volontà delle parti volta essenzialmente al trasferimento al trasferimento, dell’originaria volontà delle parti volta essenzialmente al trasferimento della proprietà del bene inizialmente concesso in godimento, l’opposta previsione può invece indurre alla individuazione di una volontà negoziale finalizzata alla sola concessione in godimento».
nel complesso unitaria e preordinata all’acquisizione del bene “casa”. La
ratio legis, che pare emergere è quella di fornire a chi ha esigenze abitative
un’ulteriore tecnica contrattuale, che consenta di prendere sin da subito in godimento l’immobile, dilazionare i pagamenti e acquisire in fine la proprietà dello stesso attraverso una commistione tra elementi propri della locazione finanziaria tradizionale, della locazione ordinaria, della normativa consumieristica e di particolari agevolazioni fiscali soprattutto a favore di soggetti al di sotto dei trentacinque anni d’età. Tale considerazione sembra allora allontanare la figura in commento dalla locazione finanziaria socialmente tipica, laddove secondo quello che è ormai l’orientamento dominante la funzione prevalente e comune è quella di finanziamento ed 130
avvicinare la stessa alla categoria dei negozi di “accesso progressivo alla proprietà” caratterizzati da una causa alienandi, che lo accomuna al rent to
buy.
La distinzione diventa più netta oggi alla luce della legge sulla concorrenza del 2017, laddove come anticipato, il legislatore è intervenuto nuovamente in materia di leasing.
A sostanziale parità di connotati identificativi (le due nozioni di “locazioni finanziaria” c.d. di diritto comune - art. 1, co. 136, l. n. 124/2017 – e di diritto speciale - art. 1, co. 76, l. n. 208/2015 –), non corrisponde una disciplina egualmente omogenea.
Messe a confronto tali novelle emerge infatti che:
Cfr. S. Bonfatti, Dal leasing abitativo giovanile la riforma della disciplina della
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locazione finanziaria, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 2, 2016: <<E’ comune a qualsiasi
leasing posto in essere ad un intermediario finanziario,infatti, la caratteristica di non svolgere una funzione strumentale alla commercializzazione di beni prodotti dal concedente (come sarebbe per il leasing funzionale a favorire l’acquisto del “magazzino” di un determinato produttore), bensì di assolvere il compito di finanziare l’acquisto di beni prodotti da terzi, della più svariata tipologia (dall’autovettura al forno ceramico, dall’elaboratore elettronico al capannone industriale).>>
- nel caso di leasing “generale” è previsto l’obbligo di restituzione del bene in capo all’utilizzatore qualora non eserciti il diritto d’acquisto, ma non è stata estesa come per il caso di specie la disciplina speciale del procedimento per convalida di sfratto;
- solo la disciplina del leasing (giovanile) abitativo prevede un regime contrattuale agevolato in alcune ipotesi di difficoltà dell’utilizzatore, connesse alla cessazione del rapporto di lavoro;
- per la risoluzione del contratto non sono fissati per il leasing abitativo criteri di “rilevanza” dell’inadempimento legittimante la risoluzione del contratto che sono rimessi alla determinazione delle parti con la conseguenza che in caso di mancanza di esplicita pattuizione, qualsiasi inadempimento è invocabile dal concedente, nei limiti dettati dall’art. 1455 cod. civ. in tema di irrilevanza degli inadempimenti di scarsa importanza;
- sono diversi i fattori che compongono il credito residuo che il concedente, può detrarre dal ricavato dalla liquidazione del bene ; 131
- è diverso il procedimento di liquidazione (o riallocazione) del bene che nel caso del leasing non abitativo risulta più stringente prevedendo la norma che la liquidazione deve risultare rispettosa dei criteri fissati nel comma 139 della norma in commento, ovvero prevedere, in progressione, il ricorso ai “valori risultanti da
Il comma 138 della L.124/2017, prevede che in caso di risoluzione del contratto per
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inadempimento dell’utilizzatore ai sensi del comma 137, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all’ammontare di canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonchè le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo nella misura residua il diritto di credito del concedente nei confronti dell’utilizzatore quando il valore realizzato con la vendita o altra collocazione del bene è inferiore all’ammontare dell’importo dovuto dall’utilizzatore a norma del periodo precedente.
pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati” ovvero - in mancanza – il ricorso alla stima di un perito scelto di comune accordo (nei 20 giorni successivi alla risoluzione), ovvero scelto dal concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti ed “indipendenti”, da sottoporre preventivamente all’utilizzatore perché questi possa esprimere, entro 10 giorni, la sua preferenza vincolante; - sono diversi i rapporti delineati con la legge fallimentare . 132
La causa della locazione finanziaria, è stata a lungo discussa, così come la struttura della fattispecie, a tale figura si riconducono infatti, operazioni negoziali che differiscono tra loro per esigenze operative, natura dei beni, utilità ed interessi, così che diventa difficile definirne il contenuto senza specificare l’operazione di riferimento. La caratteristica comune è invece individuata nella considerazione del contratto di leasing come mezzo alternativo <<ai tradizionali modelli di acquisizione della disponibilità dei
beni, nella misura in cui appare tecnica negoziale diversificata sia rispetto allo schema della appropriazione (immediata o preordinata) in via esclusiva (acquisizione del diritto reale di proprietà) sia rispetto allo schema della (mera) concessione in godimento (ossia acquisizione del diritto personale di godimento)>> . Nel caso di specie si potrebbe allora 133
osservare come la causa dell’operazione non abbia natura solo finanziaria, ma consista altresì, nel mettere a disposizione dell’utilizzatore il bene
Il comma 140 L.124/2017 dispone: “Restano ferme le previsioni di cui all'articolo 72-
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quater del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e si applica, in caso di immobili da adibire ad abitazione principale, l'articolo 1, commi 76, 77, 78, 79, 80 e 81, della legge 28 dicembre 2015, n. 208”.
Cfr. G. Di Rosa, Autonomia contrattuale e attività di impresa, Torino, 2010, 4; idem, La
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“casa”, garantirne il godimento e l’eventuale acquisto . Ciò sembra 134
emergere dalla peculiarità della disciplina sopra analizzata che tende a “proteggere” l’utilizzatore dalle fasi patologiche del rapporto connesse al fallimento della società di leasing (art. 67 lett. a), secondo quanto sopra esposto, dal comma 79 che prevede la possibilità di sospendere il pagamento del canone in caso di particolari difficoltà dell’utilizzatore, dall’espresso richiamo alla disciplina speciale per il rilascio dell’immobile propria dei contratti di locazione per immobili adibiti ad abitazione. A ciò si aggiungono da un lato le deroghe alla disciplina generale prevista dal legislatore del 2017 e dall’altro le affinità di disciplina con i contratti in funzione di successiva alienazione enucleate nella trattazione. Pur tuttavia, in uno scenario in cui il <<discrimine tra diritto personale e reale di
godimento si assottiglia e si rafforza la prospettiva della “realizzazione” dell’obbligo e del diritto personale di godimento>> , la tutela approntata 135
non sembra piena. La mancanza di una forma forte che ne garantisca il controllo, proprio dove l’asimmetria delle posizioni tra acquirente/ utilizzatore e concedente è più evidente, la presumibile difficoltà di rendere conoscibile (ergo opponibile), la locazione finanziaria (in senso stretto e il connesso diritto d’acquisto) -forse in funzione di una presunta “semplificazione” - svuota la novella della portata innovativa, abbassando la soglia di protezione che appare e dovrebbe predisporre.
Che il contratto di leasing, anziché un contratto di solo credito, sia anche un contratto di
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scambio, perché la prestazione del concedente a favore dell’utilizzatore e la
controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e restituirlo, bensì, quantomeno, anche nel dare e ricevere in godimento di recente Cass. civ. n. 8222/2002 e n. 10926/1998,Cassazione civile, sez. III, 29 settembre 2007, n. 20592; Cfr. G.Di Rosa, la
tutela dell’utilizzatore op. cit. p. 235
Cfr.C Mazzù, La pubblicità immobiliare tra regole formali e pratica illuminata,
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CAPITOLO III