Dopo esser passato nell'Oratorio per tante man
sioni diverse, mi toccò ancora provare con esito più o meno felice l ’ ufficio di sostituto nella pre
fettura esterna di questa gran casa. Il titolare, Don Giuseppe Bologna, era andato a fare i suoi esercizi spirituali nel collegio di Lanzo, incari
candomi di tenerne le veci. « Niente domandare, niente ricusare », dissi a me stesso con san Fran
cesco di Sales e non senza trepidazione assunsi la carica.
Il primo giorno, era un lunedì, appena aprii la porta dell'ufficio, si presentò una buona don
na, che, gettatasi piangendo in ginocchio per terra e parlando un piemontese stretto stretto, fra i sin
ghiozzi mi volle contare tutte le sue disdette e disgrazie, ripetendo ogni momento : M i póvra fumna (ohimè, povera donna !). Potei capire che il marito le aveva dati i danari per pagare la pi
gione e che essa li aveva perduti; quindi temeva le botte, se io non le dessi per carità il necessario.
Io le raccomandava di rinnovare le ricerche ; forse
ritroverebbe i suoi danari ; non aver io lì su due piedi la possibilità di darle quella somma... Ma non c’era mezzo di farla andare via. Promisi di consultare i superiori ; tornasse più tardi.
Liberatomi appena dal primo impiccio, ecco farsi avanti un signore, che parlava francese, lin
gua che disgraziatamente s’insegnava poco nelle nostre Romagne : indovinai che era un professore, il quale avrebbe desiderato entrare nell’Oratorio per insegnare la sua lingua. Non sapeva quasi nulla d’italiano. Mi sforzai di fargli capire, che non ci occorrevano professori di francese, perchè ne avevamo ; ma ce ne volle per spacciarlo ! F i
nalmente, stanchi entrambi di ripetere la stessa cosa, se n’andò !
Subito dopo comparve un signor Colonnello in gran tenuta, il quale, avendo avuto due figli a Lanzo, veniva a lagnarsi, perchè, secondo lui, c’e
rano state deficienze o trascuratezze nella pulizia personale. M’ingegnai di spiegargli, che nei nostri collegi s’insegna ai giovanetti a tener bene in as
setto le cose proprie e la stessa persona e che non si possono avere tante persone di servizio come in una famiglia. Inoltre io sapeva che il Direttore Don Scappini erasi dovuto assentare per andar a Roma e assistervi certi padri Concettini, secondo gli ordini del Santo Padre Pio IX ; quindi veniva da sè, che ne restasse un po’ sconcertata la dire
zione di quel collegio. Mi scervellai insomma per aggiustare diplomaticamente la cosa ; ma ci volle del buono ! Quel militare intuì, che io trattava l ’affare accademicamente e senza responsabilità ; ma si acquetò alle mie promesse, che si sarebbe rimediato l ’anno seguente.
Così passò per me la prima giornata di « vita nuova »: una specie di commedia a svariatissime
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-scene e con dialoghi interminabili. Nei giorni con
secutivi altre vicende accaddero, che mi fecero ri
flettere su d’ una regola datami da Don Bologna, che cioè in queiruffìcio, pur serbando calma e dol
cezza inalterabili, bisognava tagliar corto e non spendere tante parole : ascoltata una cosa, prov
vedere, dare un consiglio, e avanti. Don Rua era in questo un modello compitissimo : soddisfaceva tutti, non si alterava mai, non perdeva un minuto.
Un po’ alla volta mi sembrava quasi di riuscirvi.
Anche questo faceva parte della missione salesia
na ; bisognava dunque impratichirsene.
Intanto erasi ammonticchiata la corrispondenza diretta al prefetto. Io ne feci un pacco per man
darla al mio principale con questo indirizzo : « Al Rev.mo Sig. Don Giuseppe Bologna, Prefetto in ritiro (!). Lanzo Torinese ». Secondo le Regole, durante gli Esercizi tutta la corrispondenza epi
stolare va al superiore della casa, nè la si distribui
sce agli esercitandi, se non vi sia urgenza ; ma io non lo sapeva. Arrivò dunque il pacco nelle mani di Don Rua, il quale, credendo forse che io in quell’ ufficiò mi dessi già una certa importanza, mi spedì altra corrispondenza per l 'Oratorio, valen
dosi della mia stessa busta da protocollo, su cui, cancellato l'indirizzo a Don Bologna, sostituì il mio in questa forma significativa : « Al Rev.mo Don Giuseppe Vespignani, facente funzione di vice sottoprefetto neH'Oratorio di S. Francesco di Sa- les. Torino ». Come si vede le lezioni di Don Rua fioccavano pronte, ben date e perfette. Esse mi fa
cevano tanto bene !
Una lezione di tutt'altro genere, causa di pau
rosa impressione, ma utilissima, mi veniva man
data dal Signore proprio in quelle settimane ; in
tendo dire la defezione di uno degli aspiranti mis
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sionari, che avrebbe dovuto primeggiare fra quei della nostra spedizione. Pare che il beato Don Bo
sco ce lo avesse predetto nel sogno delle caramelle.
Si ricordi il grido di Don Picco.
Era venuto all'Oratorio un sacerdote di Bologna certo D. C., per farsi, com'egli diceva, Missionario di Don Bosco. Si esercitava nella lingua spagnuola, facendovi notevole progresso. Aveva parola facile, predicava con ardore e si prestava per ogni cosa, tanto che aveva relazioni con tutti e si spacciava per segretario di Don Rua ; lo vedevano financo servire la santa Messa a Don Bosco nell'altare di san Pietro. Spesso invitava me a recitare insieme il santo Breviario, a cui aggiungeva la coroncina del Sacro Cuore e altre preghiere. In pulpito sem
brava commuoversi e faceva piangere. Mi dava del tu ; ma io non sentivo per lui una confidenza spontanea e tranquilla ; certe sue imprudenze, mas
sime nello spiare cose dei Superiori, non mi gar
bavano. Durante la mia convalescenza m 'invitò alla stazione per impostare lettere ; lungo la strada volle fermarsi e assistere all'accompagnamento fu
nebre di un alto ufficiale ; io mi separai da lui, e dopo egli mi raggiunse. Allora fu che mi manife
stò la sua curiosa vocazione missionaria. È una lezione che, come già a me, così ora può tornar utile ad altri.
Terminati gli studi e messo a fare da vicecu
rato in una parrocchia di campagna, volle nella fe
sta del santo Patrono compilare un programma con banda, fuochi artificiali e altri divertimenti ; raa il parroco s'intromise e cambiò le cose : ond'egli indispettito diede le sue dimissioni e risolse d'an
dare a Milano per essere Missionario presso mon
signor Comboni. In treno udì parlare di Don Bo
sco e seppe che anche questi aveva le sue Missio
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ni ; allora, rinunziando a Milano, si presentò al- T Oratorio per esservi accettato come aspirante missionario, chi sa con quali disposizioni.
Noto che egli stesso mi manifestò che, dopo aver ascoltato Don Bosco narrare il sogno di Do
menico Savio ed essersi presentato a lui per co
noscere che cosa giudicasse dello stato di sua coscienza, il buon padre gli aveva sciorinato di
nanzi parecchie faccende occulte della sua vita pas
sata. Ora avvenne che a Lanzo, mentre si celebrava il primo. Capitolo generale e la nostra partenza, si approssimava, ci furono rivelazioni, per cui detto individuo dovette immediatamente partire.
Io, come addetto all'uffizio di Don Bologna, mi vedo arrivare D. C. tutto turbato e chiedere l'o rario delle ferrovie, ricevere il danaro per il viag
gio e, datomi un mesto e misterioso addio, scom
parire. Chiesi tosto a Don Bologna se quegli uscisse definitivamente. — Sì, mi rispose ; ha terminato la carriera di Missionario. —
Io rimasi male ; ne fui sconcertato quasi come gli Apostoli nella Cena al sentirsi annunziare la terribile defezione di un loro collega. Indizi vera
mente ne avevo avuti ; ■ ma il fatto così repentino, coperto col velo del mistero, proprio in tanto par
lare della prossima spedizione, mi riempì di pau
ra. Dovendo quella sera fare da espositore nella Benedizione eucaristica, mentre stavo inginocchiato ai piedi del santo altare, mi sentiva tremare le ginocchia e temeva di svenire, non riuscendo nep
pure con l'orazione a scuotermi di dosso quell'im
pressione così funesta.
Ma sia benedetto Iddio ! Davanti allo stesso al
tare e all'immagine stessa di Maria Ausiliatrice ecco che ora, dopo più di cinquantanni, ci pro
striamo ad ammirare, benedire e ringraziare la
Madonna di Don Bosco, perchè il suo fedel servo ha saputo scegliere, preparare ed assistere il per
sonale delle numerose spedizioni, sicché la sua grande Opera sì stendesse, attecchisse e prosperasse in tante nazioni. I prodigi di Valdocco si sono rinnovati sotto tutte le latitudini, si sono ripro
dotti e moltiplicati i santuari di Maria Ausiliatrice per la salvezza d’innumerevoli anime, generazioni di nuovi Salesiani si sono succedute e si succedono sempre più numerose, sorgono Missionari indigeni, legioni di giovani riparano sotto le ali della Con
gregazione. Così sconcerti, ansietà, contrarietà d'o- gni genere non valsero a menomare nè a intralciare l 'Opera di Don Bosco, frutto di confidenza nella sua Ausiliatrice e prova manifesta della di Lei ma
terna protezione.
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