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Shopping ed emozioni: analisi su beni materiali ed esperienziali e sui canali di vendita

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Ricerche di Mercato

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

SHOPPING ED EMOZIONI

ANALISI SUI BENI MATERIALI ED

ESPERIENZIALI E SUI CANALI DI VENDITA

CANDIDATO: Migliorini Irene RELATORE: Corciolani Matteo

(2)

Indice

Indice 1

1.INTRODUZIONE

5

1.1 PREMESSA

5

2.RASSEGNA DELLA LETTERATURA

8

2.1 IL BENESSERE ECONOMICO E L’ECONOMIA DELLA

FELICITÀ 8

2.2 TRA BENI MATERIALI ED ESPERIENZIALI 11

2.2.1 La felicità e le sue forme 13

2.3 L’IMPORTANZA DEL CANALE DI ACQUISTO: DAL

NEGOZIO TRADIZIONALE AL VIRTUAL STORE 16

2.4 IPOTESI DELLA RICERCA 19

3. METODI DI RICERCA

21

3.1 PREMESSA: OBIETTIVI DELLA RICERCA 21

3.2 LA RILEVAZIONE DELLE INFORMAZIONI 22

(3)

3.3 L’INDAGINE CAMPIONARIA 24

3.4 LA PIANIFICAZIONE DEL DISEGNO DI RICERCA 27

3.4.1 Il campionamento 27

3.4.1.1 L’errore di campionamento e ampiezza del campione

30

3.4.2 Modalità di raccolta dei dati 31

3.4.3 Progettazione del questionario 34

3.5 LA RACCOLTA DATI 37

3.5.1 Realizzazione e struttura del questionario 37

3.5.2 Pre-test 41

3.5.3 Rilevazione e raccolta dati 42

3.6 IL SOFTWARE SPSS 43

3.7 METODI USATI PER ANALIZZARE I DATI 44

4. ANALISI DEI RISULTATI

46

4.1 ANALISI PRELIMINARE DELLA RICERCA 46

4.1.1 Preparazione del data base 46

4.2 ANALISI DEI RISULTATI DELLA RICERCA 48

4.2.1 Target obiettivo 48

(4)

4.2.3 Valore Atteso 54 4.2.4 Valore Ricordato 65 4.2.5 Connessione con il sé 71

5. CONCLUSIONI

77

5.1 IMPLICAZIONI TEORICHE 77

5.1.1

La ricerca 77

5.1.2

Risultati ottenuti 80

5.1.3

Limiti della ricerca 83

5.2 IMPLICAZIONI MANAGERIALI 84

5.3 POTENZIALI SVILUPPI FUTURI 87

6. RINGRAZIAMENTI

88

(5)

“Ciò che nella vita rimane, non sono i doni

materiali, ma i ricordi dei momenti che hai

vissuto e ti hanno fatto felice.

La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte,

ma nella tua mente. E’ nelle emozioni che hai

provato dentro la tua anima…”

(6)

1.INTRODUZIONE

1.1.1 PREMESSA

Nella società in cui viviamo, è arrivato il tempo di riconsiderare quali siano le fonti basilari di felicità nella nostra vita economica. La ricerca sfrenata di guadagni sempre più elevati sta portando a livelli di diseguaglianza e ansietà mai visti prima piuttosto che rendere le persone più felici o più soddisfatte della propria vita. Il progresso economico è importante e può migliorare la qualità della vita sostanzialmente, ma unicamente se è perseguito insieme ad altri obiettivi1.

L’obiettivo principale della seguente tesi sperimentale è dimostrare che il cambiamento del tipo di bene e del tipo di canale di vendita in cui un prodotto viene acquistato, porta i consumatori ad essere più o meno soddisfatti per quel determinato acquisto. Si presuppone un legame tra la tipologia di prodotto (materiale ed esperienziale), il canale di vendita (Internet e Negozio Tradizionale) e la soddisfazione provata dai soggetti intervistati. In particolare, si pone l’attenzione su determinate variabili rispetto alle quali si effettua la rilevazione delle informazioni. La loro identificazione permette di analizzare gli aspetti chiave sui quali si focalizza l’intera ricerca.

Il lavoro ha lo scopo di fornire una migliore comprensione della connessione tra gli aspetti sopradetti, sia dal punto di vista teorico (attraverso l’esame della letteratura), sia dal punto di vista pratico (attraverso una ricerca di mercato), nella quale si cerca di comprendere e di analizzare quali variabili sono determinanti per raggiungere l’obiettivo. Pertanto, il focus della ricerca si concentra non solo sulla tipologia di bene e sui diversi canali di vendita, ma anche sul Valore Anticipatorio, sul Valore Ricordato e sulla Connessione con se stessi. Le motivazioni che hanno spinto ad approfondire tale tema sono da ricercare nelle analisi precedenti, soprattutto negli studi di Van Boven e Gilovich (2003), in cui la discussione si concentra sull'evidenza che i consumatori traggono sempre maggiore felicità dalle esperienze piuttosto che dai beni materiali. L’elaborato si è ispirato anche alle ricerche di altri studiosi che hanno svolto numerosi esperimenti riguardo l’argomento, tra i quali

(7)

Carter (2012), Dunn (2015), Weidman (2015), Mann (2016), Kumar (2014), Davidson (2018) e Caprariello & Reis (2013).

Carter & Gilovich (2012) rilevano che una delle spiegazioni che porta gli individui a preferire le esperienze ai beni materiali è da ricercare in una più stretta connessione con il senso di sé delle prime. Inoltre, le esperienze di consumo sono più efficaci nel promuovere relazioni e connessioni sociali (Caprariello & Reis, 2013) e hanno meno probabilità di generare paragoni sociali, evitando così le frustrazioni che tali confronti spesso comportano. Infine, è meno probabile che le esperienze vengano valutate in termini monetari, il che tende a sminuire la soddisfazione (Mann & Gilovich, 2016).

Dunn & Weidman (2015) individuano che esistono 4 tipi di felicità che le persone possono trarre dall’acquisto di un bene materiale o esperienziale: Anticipatory Value o Valore Atteso, Momentary Value o Valore Momentaneo, Afterglow Value o Valore Postumo e Remembered Value o Valore Ricordato. Tra questi, l’elaborato si focalizza sul Valore Anticipatorio e Ricordato; si analizza anche la Connessione con se stessi.

Per raggiungere l’obiettivo prefissato, si svolge un’indagine sperimentale effettuata attraverso la realizzazione di un questionario strutturato tramite lo strumento CASI (Computer assisted self-interview).

Il questionario è suddiviso in sezioni ognuna delle quali analizza le variabili chiave della ricerca. Fondamentale, a tale proposito, è la randomizzazione iniziale della tipologia di acquisto e dei canali di vendita che costituiscono lo stimolo iniziale, attribuiti secondo il principio di proporzionalità (50% per tipo di acquisto e 50% per tipo di canale) permettendo ai rispondenti di focalizzarsi solo su uno scenario senza essere condizionato dagli altri.

Dopo aver apportato le modifiche grazie allo svolgimento di un pre-test, utile per individuare e correggere le imperfezioni, il questionario è stato diffuso tramite Facebook e Whatsapp.

Appena raggiunto un numero di rispondenti adeguato, si procede con l’analisi dei dati tramite il software SPSS. Grazie alla randomizzazione iniziale, l’analisi si effettua tra le variabili dipendenti individuate e ogni singolo scenario attribuito.

Alla luce di quanto detto, il presente elaborato è composto da quattro parti. La prima parte teorica riguarda una selezione/analisi di articoli di letteratura incentrati sul rapporto che i

(8)

focus della ricerca. La seconda parte illustra i metodi utilizzati per la realizzazione del questionario e la sua discussione, per la raccolta e l’analisi dei dati. Vi è poi una terza parte nella quale si descrive l’analisi statistica dei risultati ottenuti tramite l’esperimento realizzato. Nella parte conclusiva si descrivono i risultati ottenuti, si presentano i limiti di ricerca e si esaminano le possibili implicazioni manageriali con le opportunità future.

Prima di presentare il lavoro, si anticipano le conclusioni esposte dettagliatamente nel capitolo finale: dall’analisi del Valore Ricordato, Connessione con il sé e Valore Atteso, per i beni materiali si rileva una preferenza per il canale tradizionale; per i beni esperienziali, per le prime due variabili la preferenza ricade sul canale online, mentre nel caso del Valore Atteso i rispondenti non hanno espresso una preferenza netta nè per l’online nè per l’offline.

(9)

2. RASSEGNA DELLA LETTERATURA

2.1. IL BENESSERE ECONOMICO E L’ECONOMIA

DELLA FELICITÀ

Il “Benessere economico” o “Benessere materiale” si può definire come quella componente del benessere che si può ottenere dall’acquisto o dalla disponibilità di beni e servizi. I primi filosofi ed economisti che circa due secoli fa iniziarono ad occuparsi della questione, ritennero opportuno misurare la sola componente economica del benessere, trascurando tutte le altre. Il benessere economico di un individuo viene solitamente misurato in base al suo reddito percepito, che costituisce il massimo ammontare che egli può spendere in un dato periodo per acquistare beni e servizi senza impoverirsi. La riduzione alla sola dimensione economica però fa sì che il fine diventi quello di massimizzare il benessere economico attraverso il consumismo: una vera e propria psicopatologia sociale che spinge le persone a consumare sempre di più per stimolare di continuo la crescita della produzione (Bruno Cheli, Alessandra Coli, 2015, Lezioni di

statistica economica). Se proviamo, però, a dare una definizione del termine “benessere”,

vediamo che si tratta di un concetto molto vago, impossibile da definire in modo preciso e univoco. “ ‘Benessere’ (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che

coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano, non solo quello economico, e caratterizza la qualità della vita di ogni singola persona all’interno di una società”2. Un’espressione che

può essere assimilata ad un qualcosa in fase di “stasi”, in equilibrio stabile e fermo. È l’istante in cui, se fermassimo il tempo, non cambieremmo niente.

Si tratta di una grandezza multidimensionale che riguarda diverse forme dell’essere e del vivere, solo per citarne alcune: la personalità, il carattere, le opinioni, le proprie convinzioni, le relazioni e l’ambiente in cui viviamo, nel quale agiscono fattori climatici, culturali, economici ecc… Esso si confonde e si sovrappone ad altri concetti che possono essere considerati come sue caratteristiche o suoi sinonimi, quali ad esempio la felicità, la soddisfazione, la salute, la libertà, la giustizia. Ma come raggiungere la felicità/benessere? Purtroppo non esiste una ricetta perfetta da seguire passo per passo. In molti considerano la

(10)

felicità come un qualcosa di utopistico, impossibile da raggiungere. Alcuni economisti hanno cercato di fornire una chiave di lettura nuova attraverso “l’Economia della Felicità”: si tratta di un filone di studi tra economia, sociologia, psicologia e scienze politiche che si propone di fornire nuovi strumenti a disposizione del decisore pubblico per provare a migliorare la qualità della vita delle persone. A differenza dell’economia, che considera il reddito come unica unità di misura della felicità delle Nazioni, l’Economia della Felicità aggiunge misure non esclusivamente monetarie, e molteplici indicatori di qualità della vita: l’ambiente, la salute, l’istruzione, la libertà. Questa interpretazione dell’economia dà speranza perché dimostra che il denaro e i beni materiali, da soli, non possono assicurare una felicità duratura. L’economista americano Richard Easterlin, negli anni ‘70 si mise a studiare la relazione tra reddito e felicità (o benessere soggettivo) e formulò il cosiddetto “paradosso della felicità”, secondo cui la vera felicità delle persone dipende molto poco dalle variazioni di reddito e di ricchezza. Infatti, quando aumentano reddito e benessere economico, la felicità umana aumenta, ma solo fino ad un certo punto, e poi comincia a diminuire seguendo una curva ad U rovesciata.

Il concetto di “felicità” viene comunemente collegato all’esperienza di emozioni e stati d’animo piacevoli; il “benessere” soggettivo, invece, viene inteso in senso più ampio come soddisfazione per la propria vita in generale (Cheli; Coli, 2015, Lezioni di statistica

economica). Nell’economia della felicità e nelle ricerche di stampo sociologico, questi due

concetti sono considerati come equivalenti e vengono misurati ponendo ai soggetti intervistati una domanda simile: “Quanto si ritiene soddisfatto della sua vita in generale?

Esprima un punteggio da 1 a 10, dove 1 significa ‘per niente soddisfatto’ e 10 ‘totalmente soddisfatto’”. Lo scopo di questo tipo di domanda è quello di valutare la componente

cognitiva del benessere/felicità che, come detto, dovrebbe riflettere tutti gli aspetti che il soggetto ritiene rilevanti per la propria vita. A prima vista si potrebbe dubitare che uno strumento tanto semplice come un questionario sia capace di cogliere adeguatamente un concetto così complesso. Invece, una serie di studi ha confermato l’affidabilità delle misure ricavate in questo modo, verificandone la concordanza con altri importanti indicatori come ad esempio l’attitudine al sorriso (Pavot,1991; Eckman et al., 1990) o diversi indicatori di salute fisica (Shelder e Davidson, 1997). Oltre a chiedere alle persone quanto sono

(11)

felici/soddisfatte della propria vita in generale, si può chiedere loro di valutare la propria soddisfazione rispetto a sfere distinte3.

A tal proposito, in questo elaborato viene richiesto ai soggetti intervistati di esprimere il loro livello di soddisfazione in merito agli acquisti materiali ed esperienziali, effettuati su diversi canali di vendita. Partendo dall’analisi della soddisfazione derivante dagli acquisti, si ripercorrono “ora “gli studi di Van Boven e Gilovich (2003), in cui la discussione si concentra sull'evidenza che i consumatori traggono sempre maggiore felicità dalle esperienze piuttosto che dai beni materiali. Questo viene dimostrato anche da una serie di esperimenti sull’argomento, condotti da altri ricercatori quali Carter (2012), Dunn (2015), Weidman (2015), Mann (2016), Kumar (2014), Davidson (2018) e Caprariello e Reis (2013).

3 Le conoscenze relative a questo paragrafo si basano su quanto esposto nel capitolo 7 “Riflessioni sul PIL, crescita

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2.2 TRA BENI MATERIALI ED ESPERIENZIALI

La maggior parte delle ricerche sulla psicologia del consumatore si concentra sui predittori del comportamento al consumo, come le attitudini, le influenze sociali, gli effetti emotivi e i processi decisionali. Molta attenzione è stata dedicata alle conseguenze del comportamento di consumo, concentrandosi su una domanda semplice ma fondamentale: acquistare e consumare effettivamente rende le persone più felici?

In un influente programma di ricerca che parte dall'articolo principale di Van Boven e Gilovich (2003), Tom Gilovich e i suoi colleghi hanno scoperto che la felicità derivante dal consumo dipende da ciò che la gente compra e consuma. Le loro scoperte suggeriscono che, rispetto ad un acquisto materiale (ad esempio, l'acquisto di un paio costoso di scarpe da ginnastica), gli acquisti esperienziali (ad esempio, la partecipazione a un concerto di musica), generano costantemente maggiore felicità per il consumatore, anche se il prezzo di mercato degli articoli è mantenuto costante. Prima di capire il perché di questa tendenza favorevole verso le esperienze, occorre definire che cosa si intenda per acquisti materiali ed esperienziali:

❏ Gli acquisti materiali sono quelli realizzati con l'intento primario di acquisire un bene materiale: un oggetto tangibile che viene tenuto in possesso/proprietà (ad esempio: computer, capi di abbigliamento, TV, ecc.). Sono in genere oggetti fisici che rimangono in possesso per un lungo periodo di tempo.

❏ Gli acquisti esperienziali, al contrario, sono quelli realizzati con l'intento primario di acquisire un'esperienza di vita: un evento o una serie di eventi che uno vive durante la propria esistenza (ad esempio: una cena al ristorante, una vacanza, un biglietto per un concerto, un film al cinema ecc.). Sono intangibili e sopravvivono principalmente nella memoria.

Il confine tra questi due tipi di beni risulta ambiguo, le persone spesso considerano gli acquisti come se avessero sia proprietà materiali sia esperienziali. Prendendo in considerazione un oggetto, ad esempio un libro, è facile riconoscere il suo carattere materiale, in quanto si tratta di un prodotto tangibile, pronto per essere impilato su una libreria. Allo stesso tempo, però, fornisce anche la piacevole esperienza della lettura (Dunn & Weidman, 2015).

(13)

Nonostante a livello teorico la distanza che esiste tra i due tipi di acquisti possa essere chiara, a livello pratico e soggettivo, è facile intuire come non tutto sia bianco o nero, ma sfumato. Per fortuna i ricercatori hanno compreso come abbracciare questo confine sfumato tra ciò che è materiale e ciò che invece non lo è. Dato che dal secondo caso le persone traggono più soddisfazione, gli studi suggeriscono una manipolazione che spinge gli individui a concentrarsi sulle proprietà esperienziali anche quando acquistano un bene materiale. Questo può produrre alcuni degli stessi benefici derivanti dagli acquisti esperienziali.

A prescindere dal loro carattere tangibile o intangibile, vale sottolineare che l’importanza ricoperta dai beni/oggetti nella vita degli individui, viene riconosciuta per la prima volta dalla “Sociologia dei consumi”, un filone di studi che si è sviluppato a partire dagli anni ‘60, e che propone un’analisi del consumo come attività sociale più che economica (Peter Corrigan, 2004, La sociologia dei consumi). Riconosce il fatto che gli oggetti e i beni, al di là del loro valore d’uso (come diceva Marx) hanno assunto un significato di carattere simbolico e vengono usati dagli individui come forma di linguaggio e di comunicazione, per includersi o escludersi nell’ambito sociale in cui vivono.

Decenni di ricerche hanno dimostrato le principali spiegazioni psicologiche del perché le esperienze forniscono maggiore felicità rispetto ai beni fisici. Le motivazioni sono almeno quattro. In primo luogo, come dimostrano gli studi di Carter & Gilovich (2012), è più probabile che le esperienze di consumo siano connesse con il senso di sé di una persona e quindi è più probabile che vengano apprezzate (ad esempio, aver completato una maratona). Gli individui tendono a considerare che i loro acquisti esperienziali siano più connessi al vero sé rispetto ai loro possedimenti; si ha come conseguenza una tendenza ad aggrapparsi più strettamente ai cari ricordi esperienziali anziché ai beni fisici. Inoltre, mentre gli oggetti vivono “fuori”, separati dal sé stesso, le esperienze di una persona, al contrario, vivono “dentro", nei loro ricordi e narrazioni, diventando parti della loro autobiografia e, quindi, parte di essi.

Inoltre, gli acquisti esperienziali sono più efficaci nel promuovere relazioni e connessioni sociali (ad esempio, uscire a cena con gli amici e condividere ricordi di vacanza con i familiari). Come ha sostenuto l’antropologa Mary Douglas “i consumatori utilizzano i beni

(14)

merci sono strumenti fondamentali per la comunicazione interumana4”. La natura sociale

che deriva dalle esperienze è un ingrediente essenziale che aiuta a spiegare la loro superiorità emotiva (Caprariello & Reis, 2013).

Infine, le esperienze di consumo hanno meno probabilità di generare paragoni sociali, evitando così le frustrazioni che tali confronti spesso comportano. Del resto, è meno probabile che le esperienze vengano valutate in termini monetari, il che tende a sminuire la soddisfazione (Mann & Gilovich, 2016).

Sulla base di questo programma di ricerca, i consumatori dovrebbero investire maggiormente nelle esperienze di consumo rispetto ai beni materiali, il che migliorerebbe il benessere generale della società (Kumar et al., 2014).

2.2.1 LA FELICITA’ E LE SUE FORME

Un singolo acquisto può fornire una varietà di forme di felicità nel tempo. Ad oggi ne vengono riconosciute 4, come illustra la Fig.2.1:

Figura 2.1. - Diversi tipi di valore per acquisto

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Il piacere associato a qualsiasi acquisto può includere l’eccitazione o l’impazienza provata guardando al futuro (Anticipatory Value o Valore Atteso), la felicità avvertita durante il consumo di un bene (Momentary Value o Valore Momentaneo) e la soddisfazione sperimentata quando si guarda indietro al consumo (Afterglow Value o Valore Postumo). Oltre a misurare il piacere effettivo sentito durante queste 3 fasi, è possibile osservare anche il modo in cui gli individui ricordano di sentirsi durante ciascuno di questi step, si parla in questo caso di “Remembered Value” o “Valore ricordato”(Dunn & Weidman 2015).

Attualmente si sa ancora poco sul Valore Atteso e su quello Momentaneo, mentre qualche dato in più fa riferimento al Valore Ricordato. Di 55 studi effettuati, solo il 3,5% riguardano il Valore Atteso, il 2% quello Momentaneo e il 18% il Valore Ricordato (Gilovich et. al, 2012). Il ricercatore ha indagato nello specifico il modo in cui i consumatori vivono i loro acquisti focalizzandosi sull’analisi del Valore Anticipatorio e Ricordato.

Il modo in cui le persone pensano al futuro è spesso molto diverso da come pensano al passato (Caruso, Gilbert, & Wilson, 2008; Helzer e Gilovich, 2012), quindi non è chiaro se i benefici retrospettivi del consumo esperienziale si applichino anche all'anticipazione. La presente ricerca, nella valutazione del Valore Atteso si è ispirata agli Studi 1 e 3 di Kumar, Matthew A. Killingsworth, e Thomas Gilovich (2014): lo Studio 1 ha esaminato se le

persone segnalano che l'attesa è più piacevole per un acquisto esperienziale che per un acquisto materiale. Lo Studio 3 ha utilizzato un'analisi archivistica di articoli di notizie sulle persone in coda per esaminare se i clienti che aspettano di acquistare le esperienze tendono ad essere di umore migliore rispetto a quelli in attesa di acquistare beni. Questi studi hanno dimostrato che l'attesa per un'esperienza tende ad essere più piacevole di quella vissuta per ricevere un bene materiale.

Per l’analisi sul Valore Ricordato si fa riferimento a due esperimenti condotti da Carter e Gilovich (2012); nel primo viene richiesto ai soggetti intervistati di ricordare 10 acquisti, sia materiali sia esperienziali, e di ordinarli in base al grado di soddisfazione (Studio 1); nel secondo viene domandato ai partecipanti di ricordare e descrivere diversi acquisti materiali ed esperienziali e quindi di raccontare la loro storia di vita, incorporando alcuni degli acquisti che avevano precedentemente descritto (Studio 5). Carter e Gilovich sono arrivati alla conclusione che le persone si ritengono più vicine alle loro esperienze piuttosto che ai loro possedimenti materiali, perché le prime sono più centrali e più importanti per il loro

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A tal proposito, visto che i ricordi costituiscono una grande parte del concetto di sé, l’elaborato si è concentrato anche sulla misurazione di quest’ultima variabile (Studi 1 e 2, Carter & Gilovich, 2012). Alcuni filosofi hanno descritto il sé come un flusso continuo di memorie autobiografiche, soggetto a frequenti riflessioni nel tempo (Grice, 1941). Il filosofo francese Bergson riteneva che “l’uomo è l’insieme delle emozioni, delle

sensazioni, delle esperienze che ha vissuto, amalgamate sapientemente dalla memoria in modo che, nella coscienza, l’Io non possa ravvisare una distinzione del Sé dal proprio vissuto”.

Il seguente elaborato parte dall’analisi della felicità condotta da Gilovich e dagli altri studiosi sopra citati, cercando di andare oltre la loro ricerca, focalizzandosi non solo sulla tipologia di acquisto che un consumatore può effettuare, ma anche sui diversi canali di vendita di cui può usufruire (Internet e Negozio Tradizionale), per testare se i risultati appena descritti (e cioè che le esperienze sono preferite ai beni materiali) si verificano anche in questo caso.

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2.3 L’IMPORTANZA DEI CANALI DI VENDITA: DAL

NEGOZIO TRADIZIONALE AL VIRTUAL STORE

L’ambiente di vendita ha da sempre costituito un punto di contatto tra l’impresa e il cliente finale. Offline il contatto fisico diretto “veicola, media e supporta” il contatto cognitivo-affettivo, mentre online il contatto si limita alla dimensione cognitivo-affettiva, sostituendo il contatto fisico. Il retailing offline è caratterizzato dalla co-presenza fisica nell’ambiente reale del punto di vendita, il retailing online comporta invece una co-presenza cognitiva e affettiva nell’ambiente virtuale del sito (Vicari 2001). Ciò determina non trascurabili cambiamenti nel processo di produzione ed erogazione dei beni e dei servizi al consumatore.finale.

Il punto di vendita tradizionale può essere considerato come un “contenitore fisico” al cui interno è possibile attivare una molteplicità di interazioni con spazi e attrezzature, con le merci e con le persone. E’ l’interazione multipla tra cliente -da un lato- e spazi, attrezzature, merci e persone -dall’altro- che rende possibile la soddisfazione delle esigenze sottese allo shopping. Si tratta di un’interazione di natura comportamentale, cognitiva, ed emozionale. In altre parole, tramite l’incontro fisico e l’interazione diretta con il cliente all’interno del punto vendita si realizza il trasferimento di valore dall’impresa al consumatore finale. Anche il virtual store può essere considerato un “contenitore; esso costituisce però uno spazio virtuale al cui interno sono disponibili alcuni strumenti che consentono l’attivazione di una serie di funzionalità prevalentemente di tipo comunicativo e altri contenuti (multimediali). Separati dal luogo di interazione virtuale, ci saranno spazi dove si svolgono attività amministrative e logistiche, attrezzature, merci e persone, così come si verifica nel caso del negozio tradizionale. L’interazione che si realizza è esclusivamente di tipo cognitivo e avviene tra il cliente e una serie di interfacce (quali personal computer, cellulare…)5.

I negozi online attirano gli acquirenti con determinati orientamenti. In un recente rapporto di ricerca, Greenfield Online ha rilevato che lo shopping online è preferito agli acquisti in negozio da parte di alcuni utenti di Internet per la sua convenienza e risparmio di tempo. Tuttavia, lo studio ha anche rilevato che un enorme schiacciante 69% degli utenti di

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Internet ha detto che fare shopping nei negozi e nei centri commerciali consente loro di vedere, sentire, toccare e provare i prodotti prima di acquistarli. Questi risultati suggeriscono che i consumatori che apprezzano la convenienza hanno maggiori probabilità di acquistare sul Web, mentre coloro che preferiscono sperimentare prodotti hanno meno probabilità di acquistare online. Questi risultati sono coerenti con la situazione attuale della maggior parte dei negozi online. Al momento, il Web ha dimostrato la sua grande capacità di divulgare informazioni di vario tipo. Molti negozi online sono pieni di informazioni che sono ricercabili: i consumatori possono esaminare gli attributi di ricerca di prodotti come dimensioni, modelli e prezzi e possono anche "sperimentare" determinati prodotti digitali online. Ad esempio, possono riprodurre un segmento di un CD musicale o scaricare una versione di prova di un programma software per la loro soddisfazione immediata. Inoltre, a volte i consumatori acquistano per motivi diversi dall'ottenere prodotti: spesso si nascondono per motivi personali (gioco di ruolo, diversione dalla routine della vita quotidiana, auto-soddisfazione, apprendimento di nuove tendenze, attività fisica e stimolazione sensoriale) e motivi sociali (esperienze sociali fuori casa, comunicazione con altri che hanno un interesse simile, attrazione del gruppo di pari, stato e autorità e piacere della contrattazione). Sebbene alcuni negozi online offrono aste, chat room e altre funzioni, non possono competere con i negozi al dettaglio per soddisfare molte delle esigenze "ricreative"6.

L'87% degli italiani fruitori del Web dichiara di fare acquisti online. Tra le categorie più acquistate via internet troviamo in cima alla lista prodotti durevoli o di svago: al primo posto i viaggi (acquistati dal 47%) insieme a musica (47%), biglietti per eventi come concerti/sport/mostre (40%), seguono articoli di moda/abbigliamento/accessori (35%),

elettronica di consumo (34%) ed informatica (28%) (Nielsen, 2017). Parlando di frequenza di shopping online, la maggior parte dei consumatori che acquistano

determinati prodotti durevoli in Internet continueranno ad acquistarli in rete più spesso (ad esempio viaggi, biglietti per eventi, libri/musica). Spostandosi poi sui prodotti di largo consumo, le dinamiche di acquisto su canale online e offline si invertono: la tendenza di acquisto in Italia è più spesso in negozio, così come in Europa. Infatti, alcuni touchpoint offline sono tutt'oggi fondamentali per tutte le categorie merceologiche, in particolare le

6 Hairong Li Cheng Kuo, Maratha G.Rusell, “L'impatto delle utility del canale percepito, degli orientamenti dello

shopping e dei dati demografici sul comportamento di acquisto online del consumatore”, Journal of Computer-Mediated Communication, n.2, Giugno 2006.

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visite ai negozi fisici risultano determinanti quando si tratta di acquistare alimenti freschi (38%) e personal care (31%), ma non sono da meno nel settore della moda e dell'elettronica di consumo (entrambi al 31%). Si rileva inoltre che i touchpoint online sono più efficaci nelle categorie di prodotti durevoli: i siti web del negozio e dei brand vengono consultati dagli shopper di prodotti di moda (rispettivamente 28% e 23%) e di elettronica di consumo (34% e 31%). In generale il settore dell'elettronica è quello più digital7.

Il ricercatore ha voluto inserire nel suo studio la variabile canale di vendita per osservare se questa potesse essere una delle cause che porta le persone a godere di più per un’esperienza piuttosto che per un prodotto. Ha analizzato nel dettaglio le sensazioni di Attesa, Ricordo e Connessione con il sé provate dai rispondenti durante un acquisto fatto su Internet e all’interno del punto vendita tradizionale.

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2.4 IPOTESI DELLA RICERCA

Mentre Gilovich e gli altri (2003-2016), nella loro ricerca, hanno manipolato il tipo di acquisto, svolgendo un’analisi sulla soddisfazione derivante dai beni materiali ed esperienziali, considerando valori quali l’Attesa, il Ricordo, la Connessione con il sé, il seguente elaborato, invece, manipola anche i canali di vendita, ovvero il luogo in cui il prodotto (materiale o immateriale) è inserito per essere venduto al consumatore finale. L’analisi intende misurare il benessere e di conseguenza la soddisfazione che gli individui traggono dal comprare un oggetto tangibile piuttosto che intangibile sull’uno o l’altro mezzo di approvvigionamento.

I canali di vendita considerati sono Internet (al quale si farà riferimento con sinonimi quali “online”, “luogo virtuale”, “ Sito web”, “virtual store”) e il punto di vendita tradizionale (indicato anche con “Negozio Tradizionale”, “luogo fisico”, “punto vendita”).

Si ipotizza che i diversi canali influenzino la percezione dei consumatori sul prodotto scelto a causa degli stimoli che gli utenti finali assimilano e captano sia consapevolmente che a livello inconscio nel luogo in cui svolgono fisicamente o virtualmente l’acquisto.

Per quanto riguarda il Valore Atteso si pensa che i rispondenti trovino una maggiore eccitazione sia per le esperienze sia per i beni materiali nel momento in cui acquistano su Internet, perché in un mondo sempre più digitalizzato, la rete permette di scegliere, di fare confronti, di consultare i dettagli di un bene comodamente da casa e senza la presenza a volte invadente del personale di vendita.

Per il Valore Ricordato si teorizza che l’acquisto di un bene materiale procuri un maggiore godimento quando fatto all’interno del punto vendita tradizionale, in cui si realizza quella che il sociologo inglese Campbell definisce “la dimensione onirica del consumo”, cioè la fase che precede l’atto di acquisto, quella in cui banalmente passiamo ad osservare le vetrine di un negozio che ci piace, immaginiamo come sarebbe possedere quel bene e i modi in cui potremmo utilizzarlo. Si suppone che il ricordo di questa esperienza gratifichi le persone più di quanto non avvenga per le esperienze effettuate nel medesimo luogo. Si ipotizza infatti che il canale online venga preferito quando si tratta di beni esperienziali, per la stessa motivazione rilevata nel caso del Valore Atteso.

Per la Connessione con il sé si presuppone che gli individui si immedesimino di più con un bene esperienziale quando effettuano l’acquisto sul canale Internet perché

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permette di esprimere se stessi, e di soddisfare il proprio bisogno con molta più rapidità del Negozio Fisico, grazie all’assenza di limiti spazio-temporali. Per i beni materiali, al contrario, si presume che sia il canale offline a dare la possibilità di esprimere se stessi al meglio: ad esempio, se si vuole comprare un abito, nel punto vendita si ha la possibilità di indossarlo, di provare abiti alternativi per capire subito quale sia quello più adatto al proprio fisico e che più rispecchia la propria personalità.

Per concludere, il ricercatore ha anche analizzato il livello di materialismo dei soggetti intervistati ispirandosi alla ricerca di Davidson et. al (2018). Tale variabile può infatti risultare un’importante covariata nel modello previsto.

Le ipotesi vengono riassunte in Tabella 2.4.1 per una più rapida comprensione:

Tabella 2.4.1 - Ipotesi della ricerca

HP

Internet Negozio

Tradizionale

Valore Atteso Materiale

Esperienziale

+

+

-

-

Valore Ricordato Materiale Esperienziale

-+

+

-Connessione con sé Materiale Esperienziale

-

+

+

-

(22)

3. METODOLOGIA DI RICERCA

3.1 PREMESSA : OBIETTIVI DELLA RICERCA

L’indagine si propone di analizzare la soddisfazione che gli individui traggono dall’acquisto di beni materiali ed esperienziali, misurando nello specifico le sensazioni da questi provate, secondo il tipo di canale di vendita scelto. A tale proposito sono stati molti gli studi effettuati che hanno messo in evidenza una maggior soddisfazione derivante dalle esperienze piuttosto che dai prodotti; molti ricercatori, tra i quali Gilovich [2012], Carter [2012], Dunn [2015], Weidman [2015], Mann [2016], Davidson [2018] e Caprariello & Reis [2013] dimostrano come l’investimento nelle esperienze di consumo migliori il benessere sociale e la felicità individuale. Il ricercatore di questo studio vuole capire da quale variabile possa derivare tale preferenza e così oltre al “tipo di acquisto”, suddiviso in “acquisto materiale” e “acquisto esperienziale”, ha considerato una seconda variabile, non ancora presa in esame in altri lavori: “il tipo di canale scelto dai consumatori per fare i loro acquisti”. In questo modo si è cercato di individuare se e come il tipo di canale di vendita, anch’esso suddiviso su due livelli, “punto di vendita tradizionale” e “Internet”, combinato con la tipologia di spesa, influenza in modo significativo le sensazioni provate dagli individui durante le fasi di acquisto precedentemente illustrate (Paragrafo 2.2.1; Figura.2.1). Tali sensazioni sono state analizzate attraverso una serie di variabili dipendenti, la cui identificazione ha permesso di misurare gli aspetti chiave sui quali si è focalizzata l’intera ricerca. Le variabili dipendenti osservate sono state le seguenti:

▪ Valore Atteso8

▪ Valore Ricordato9

▪ Connessione con il sé10

8 Per la valutazione del valore atteso l’indagine si è ispirata agli studi (1 e 3) di Amit Kumar, Matthew A. Killingsworth,

and Thomas Gilovich (2014);

9 Per la valutazione del valore ricordato l’indagine si è ispirata agli studi (1 e 5) di Travis J Carter & Thomas Gilovich

(2012);

10 Per la valutazione della connessione con il sé l’indagine si è ispirata agli studi (1 e 2) di Travis J Carter & Thomas

(23)

Lo scopo della ricerca viene raggiunto grazie alla somministrazione di un questionario completamente strutturato, tramite la modalità di intervista “CASI” (Computer assisted

self-interview), di cui si tratterà nel paragrafo 3.4.2.

3.2 LA RILEVAZIONE DELLE INFORMAZIONI

La ricerca scientifica si pone degli interrogativi e cerca di formulare risposte, basando quest’ultime, per quanto possibili, su riscontri con la realtà. Quanti sono i poveri in Italia? Qual è il programma televisivo preferito dagli italiani? Quanto è diffusa la criminalità nel nostro paese? Per rispondere a queste domande, il ricercatore si avvale di tecniche. Una tecnica è un “complesso più o meno codificato di norme e modi di procedere, riconosciuto

da una collettività, trasmesso o trasmissibile per apprendimento, elaborato allo scopo di svolgere una data attività manuale o intellettuale di carattere ricorrente” [Gallino, 1993,

pag. 712-713]. Si può distinguere tra tecniche di rilevazione e tecniche di analisi: le prime sono le procedure mediante le quali si producono i dati che in seguito saranno sottoposti ad analisi, le seconde presuppongono l’esistenza dei dati, e consistono nella loro elaborazione al fine di acquisire elementi conoscitivi intorno alla realtà. Entrambe queste tecniche comportano una semplificazione della realtà: nella rilevazione si selezionano soltanto alcuni elementi della realtà da studiare, e le relative informazioni possono prendere la forma di dati; questi ultimi vengono manipolati e ulteriormente sintetizzati nell’analisi. Nelle ricerche per le quali può essere utile il ricorso all’analisi statistica dei dati, le informazioni sono raccolte, classificate e registrate secondo schemi tendenzialmente rigidi, prestabiliti dal ricercatore. Questo tipo di rilevazione – la cui tecnica più rappresentativa è l’indagine campionaria (o survey) che prevede la somministrazione di un questionario strutturato a un insieme di intervistati – dà luogo a una notevole riduzione della complessità delle attività di ricerca e consente di raccogliere informazioni su molte caratteristiche, di semplificare le procedure di registrazione e codifica, di comparare agevolmente le situazioni di casi diversi, di controllare ipotesi precise, di riunire tutti i dati prodotti in un’unica matrice. Le tecniche di analisi statistica dei dati, infatti, presuppongono che le informazioni da sottoporre ad analisi siano state registrate e organizzate in una matrice dei dati. La rilevazione strutturata si basa su tre elementi distinti ma legati tra di loro: le proprietà, gli stati e le unità. Una proprietà è semplicemente una

(24)

caratteristica che è possibile attribuire a un determinato tipo di oggetto, ossia all’unità di analisi. I diversi modi in cui quella caratteristica può manifestarsi corrispondono ai suoi stati. Le unità sono gli oggetti sui quali il ricercatore intende rilevare informazioni, di solito si tratta di individui. Alla scelta delle unità deve poi accompagnarsi anche l’individuazione di un ambito spazio-temporale, che definisce i limiti entro i quali il ricercatore sceglie gli oggetti da osservare. Unità e ambito spazio-temporale determinano la popolazione di riferimento, in altre parole l’insieme dei potenziali casi della ricerca.

3.2.1 ERRORI DI RILEVAZIONE

Il ricercatore deve essere sempre consapevole del ruolo ricoperto dall’errore di rilevazione. Tal errore corrisponde al divario che separa inevitabilmente i dati registrati nella matrice dei dati dalla realtà che si vuole studiare e viene diviso in due componenti:

- errore sistematico, è costante, nel senso che si presenta in tutte le rilevazioni. Il suo valore medio sul totale dei casi osservati non è pari a zero, ma assume valore positivo o negativo, e tende a sovra o sottostimare lo stato effettivo;

- errore accidentale, varia da rilevazione a rilevazione: può variare in ipotetiche repliche della stessa rilevazione sullo stesso individuo, e varia da individuo a individuo.

Questi errori possono sorgere in due casi, durante la fase di indicazione (che riguarda la scelta di eventuali indicatori) e nella quale il tipo di errore è sistematico, e durante quella di operativizzazione nella quale invece possono verificarsi entrambi. Uno degli errori più comuni che il ricercatore può commettere è l’errore di selezione, ed è dovuto al fatto che egli cerca di rilevare informazioni non sull’intera popolazione, bensì su un campione. Rientra, infatti, in questa categoria l’errore di campionamento, il quale sarà trattato nel paragrafo 3.4.1.11

11I due paragrafi trattati si basano su quanto esposto nel capitolo 1 “Rilevazione delle informazioni” del manuale di

Piergiorgio Corbetta ,Giancarlo Gasperoni, Maurizio Pisati, 2001, “ Statistica per la ricerca sociale”, Bologna, il Mulino,

(25)

3.3 L’INDAGINE CAMPIONARIA

L'indagine è lo strumento statistico mediante il quale si acquisiscono informazioni su uno o più fenomeni attinenti a una popolazione. L'informazione può essere acquisita osservando tutte le unità che compongono la popolazione o soltanto parte di esse. Nel primo caso l'indagine è detta completa, nel secondo, parziale o campionaria. Un’indagine campionaria è un processo di misurazione di un insieme di variabili su un sottoinsieme di una popolazione finita. L’obiettivo di un’indagine campionaria è descrivere la popolazione oggetto di studio rispetto ai caratteri rilevati. Per fare questo occorrono metodi di campionamento e procedure inferenziali appropriate, che permettano di generalizzare quanto osservato sul campione all’insieme più generale da cui proviene. Si descrivono adesso gli elementi fondamentali nella definizione di indagine campionaria:

- La popolazione finita: in statistica con “popolazione” non si fa riferimento necessariamente ad un insieme di individui, ma più genericamente ad un insieme di elementi (individui, famiglie, imprese, porzioni di territorio etc..). Una popolazione è detta “finita” se composta di un numero finito di elementi che siano “etichettabili”, ossia identificabili e distinguibili gli uni dagli altri. - Il campione: è un sottoinsieme della popolazione. Nelle indagini campionarie

si analizzano i caratteri cui siamo interessati, concentrando quindi lo sforzo soltanto su una parte della popolazione.

- Il processo di misurazione: tale processo può assumere molte forme che variano a seconda dell’argomento dell’indagine (ad esempio per le indagini di argomento sociale può consistere in un’intervista, in un colloquio telefonico o nella compilazione di un questionario cartaceo). Si possono distinguere misurazioni “semplici”, ossia basate su risposte a singole domande e misurazioni “complesse”, in cui la misurazione richiede l’analisi congiunta di molte risposte.

- L’inferenza: l’obiettivo è di fare inferenza su alcune caratteristiche descrittive della popolazione. Nei casi più semplici interessa stimare medie o totali dei caratteri rilevati, altre stimare la loro distribuzione di frequenza. Tali caratteristiche generali della popolazione sono dette “parametri descrittivi della popolazione”.

(26)

- Le procedure di stima (o inferenziali): si tratta di regole razionali per estendere quanto osservato nel campione all’intera popolazione. Questa operazione comporta inevitabili margini di incertezza, connaturati a ciascun argomento di tipo induttivo. L’obiettivo di una buona procedura di stima è tenere sotto controllo questa incertezza. Le procedure inferenziali sono strettamente connesse al metodo di campionamento utilizzato. Esistono due tipi: il campionamento casuale, permette di sviluppare procedure inferenziali semplici e di cui è facile misurare il livello d’incertezza; il campionamento

non-casuale, a prima vista più semplice da mettere in pratica, richiede invece

strumenti più sofisticati per stimare i parametri della popolazione.

L’indagine campionaria offre, all'atto pratico, una serie di vantaggi. In primo luogo non vi sono limitazioni legate alla dimensione della popolazione o alla natura delle unità componenti. In secondo luogo, la possibilità di limitare la rilevazione a un insieme di unità di dimensione ben inferiore a quella della popolazione consente di: (i) contenere i costi dell'indagine entro limiti accettabili; (ii) svolgere l'indagine in tempi relativamente brevi;

(iii) raccogliere, per ogni unità inclusa nell'indagine, un maggior numero d’informazioni; (iv) raccogliere i dati con maggior accuratezza grazie all'utilizzazione di personale

qualificato e/o di tecniche specialistiche. Sul piano teorico, tuttavia, l'indagine campionaria presenta due notevoli problemi: il primo, legato al modo in cui deve essere scelto il campione; il secondo, relativo ai procedimenti da adottare per estendere l'evidenza campionaria alla popolazione12. Per l’esecuzione di un’indagine campionaria è importante procedere a un’attenta pianificazione che consente di individuare le fasi del processo di ricerca che possono essere sintetizzate in Figura 3.1:

12 Le conoscenze relative a questo paragrafo derivano dal corso di “Indagini Campionarie”,2017 - Università

(27)

Figura 3.1 – Percorso tipo di un’indagine campionaria.

Queste fasi, seppur presentate sotto forma di elenco, non avvengono necessariamente in rigida successione, tale articolazione è solo logica e lo schema serve per controllare ex-post se il progetto di ricerca è ben strutturato. Di seguito l’elaborato si concentrerà sulla fase centrale relativa al disegno di ricerca e alla raccolta dei dati, rappresentando anch’essa come un processo.

(28)

3.4 LA PIANIFICAZIONE DEL DISEGNO DI RICERCA

La fase del disegno di ricerca può essere considerato come un processo articolato in una serie di azioni fondamentali per la produzione dei dati. Innanzitutto si deve individuare la popolazione oggetto di studio o “obiettivo”. Definire la popolazione obiettivo significa individuare con esattezza la natura dei suoi elementi, cioè delle unità oggetto di studio (il campione) e la sua estensione spaziale e temporale. Una volta definita sarà necessario occuparsi dell’estrazione di un campione rappresentativo della popolazione. L’azione successiva sarà quella di definire la strategia di interazione con i soggetti intervistati (S.I), cioè l’interazione tra il ricercatore e i rispondenti, essenziale per stabilire la modalità di raccolta dei dati. Questa avviene tramite due fasi: contatto e intervista. Il contatto è la fase iniziale dell’interazione con il potenziale rispondente in cui si cerca di ottenere la sua disponibilità a partecipare all’indagine. L’intervista riguarda invece la fase vera e propria di raccolta dei dati, in cui si espongono le domande le cui risposte ci interessano direttamente. In seguito si passerà alla progettazione di un questionario, ossia un elenco di domande cui un rispondente è chiamato a rispondere. Il questionario può essere somministrato usando canali comunicativi diversi tra loro che sono dette modalità di intervista (interview modes). Una volta realizzato il questionario sarà utile effettuare un pre-test prima di condurre l’indagine sul campo e procedere con la rilevazione dei dati.

3.4.1 IL CAMPIONAMENTO

Come già evidenziato nel Paragrafo 3.2, esistono due tipi di indagine, complete e campionarie; quando la popolazione di riferimento è relativamente ampia, costi e tempi di rilevazione dei dati rendono impraticabile indagare su tutti i suoi membri. Per ovviare a questo problema, i ricercatori decidono di prendere in esame un sottoinsieme della popolazione di riferimento, chiamato “campione”, mentre il complesso delle procedure seguite per selezionarlo è definito “campionamento”. Quando un ricercatore si avvale di un determinato campione il suo obiettivo è quello di estendere le conclusioni delle proprie analisi del campione all’intera popolazione di riferimento. Questa generalizzazione delle conclusioni dal campione alla popolazione si chiama “inferenza” e, per definizione, è caratterizzata da un certo grado d’incertezza. Nella maggior parte dei casi gli studiosi

(29)

devono limitarsi a prendere in esame un campione della popolazione d’interesse, anziché l’intero fenomeno di studio, accettando di formulare conclusioni non certe. L’incertezza deriva da due motivazioni: dal fatto che anche la procedura di campionamento più accurata ed efficiente è soggetta a errore (detto errore di campionamento), nel senso che ogni campione è destinato a rappresentare la popolazione di riferimento in modo più o meno imperfetto; in secondo luogo, poiché è quasi impossibile stabilire il grado di rappresentatività dello specifico campione preso in esame, il ricercatore non può mai sapere con certezza se i risultati ottenuti analizzando un dato campione sono più o meno simili a quelli “veri”, cioè a quelli che si otterrebbero dalla rilevazione dei dati sull’intera popolazione d’interesse. In questo senso il campionamento contribuisce in modo decisivo a circondare di incertezza le conclusioni di una ricerca. Nonostante tale problematica, la rilevazione campionaria presenta una serie di vantaggi:

a) nei costi di rilevazione;

b) nei tempi di raccolta dati e di elaborazione; c) organizzativi;

d) di approfondimento e di accuratezza.

Va, inoltre, aggiunto che in alcuni casi il campionamento è una scelta obbligata, come ad esempio nei casi in cui la popolazione è parzialmente conosciuta in termini di composizione e numerosità.

Il campione può essere probabilistico o non probabilistico. Un campione si dice probabilistico quando ogni unità che lo compone viene estratta con una probabilità nota e diversa da zero. Di seguito sono riportati i principali disegni di campionamento probabilistico:

- Campionamento casuale semplice: tutte le unità della popolazione di riferimento hanno la stessa probabilità di essere incluse nel campione. Il ricercatore dovrà conoscere a priori la lista completa dei membri della popolazione per procedere con l’estrazione casuale delle unità. Tali unità devono essere reperibili e possono essere estratte con o senza ripetizione. - Campionamento sistematico: si tratta di una procedura statisticamente

equivalente alla precedente, nel senso che produce anch’essa un campione casuale semplice, ma differisce dal punto di vista della tecnica di estrazione dei

(30)

soggetti. Qui, infatti, le unità campionarie non vengono più estratte mediante sorteggio, ma scorrendo la lista dei soggetti e selezionando sistematicamente uno di essi ogni dato intervallo. È molto utile perché consente di ottenere campioni casuali anche quando manca la lista dei membri della popolazione e l’ampiezza di quest’ultima (cioè N) sia sconosciuta.

- Campionamento casuale stratificato: la popolazione viene suddivisa in un certo numero di strati, ognuno dei quali contiene unità tra loro omogenee. In seguito, da ogni strato vengono estratte, tramite un campionamento casuale semplice, le unità da inserire nel campione. Questa tecnica si usa quando si possiedono informazioni aggiuntive sulla popolazione.

Quando il disegno probabilistico non può essere impostato oppure è noto a priori che non potrà essere attuato nella fase di rilevazione, si ricorre fin dall’inizio ai cosiddetti campioni non probabilistici. I più comuni sono:

- Campionamento per quote: è un campionamento casuale stratificato in cui una volta suddivisa la popolazione in strati, viene calcolato il peso percentuale di ciascuno strato (cioè la quota della popolazione complessiva che appartiene ad ogni strato). Moltiplicando poi ciascun peso per l’ampiezza n del campione si stabiliscono le quote, cioè il numero di interviste da effettuare in ciascuno strato. L’elemento di diversità con il campionamento casuale stratificato è dato dal fatto che l’intervistatore è libero di scegliere a sua discrezione i soggetti da intervistare.

- Campionamento a valanga: viene utilizzato per lo studio di popolazioni clandestine, cioè quei gruppi sociali i cui membri per motivi legali, morali, ideologici o politici, tendono ad occultare la propria identità (evasori fiscali, immigrati illegali, omosessuali, ecc.). Consiste nell’individuazione dei soggetti da inserire nel campione a partire dai soggetti intervistati stessi, i quali sono utilizzati come informatori per identificare altri individui aventi le medesime caratteristiche; col procedere della rilevazione il numero dei nominativi dovrebbe crescere esponenzialmente, da cui deriva l’analogia “valanga”.

- Campionamento a scelta ragionata: le unità campionate vengono scelte non in maniera probabilistica, ma sulla base di alcune loro caratteristiche. Si utilizza quando l’ampiezza del campione è molto limitata e si vogliono evitare

(31)

oscillazioni casuali che allontanino eccessivamente il campione dalle caratteristiche della popolazione. Tutto il processo di scelta viene quindi effettuato sulla base di considerazioni razionali, senza mai ricorrere a selezione casuale13.

3.4.1.1 L’errore di campionamento e ampiezza del campione

Come accennato in precedenza, l’errore di campionamento deriva dal fatto che gli studiosi basano le loro conclusioni su un’osservazione parziale dell’oggetto di studio e, pertanto, non possono mai essere sicuri che i risultati delle loro analisi riflettano fedelmente la realtà. Ogni volta che il ricercatore opera su un campione, ottiene delle “stime campionarie” dei parametri della popolazione, espresse nella forma di un intervallo di confidenza che ha una certa probabilità di includere il parametro sconosciuto. Questo intervallo rappresenta proprio l’errore di campionamento. Se indichiamo con Ɵ il valore del parametro nella popolazione (una media, una proporzione, ecc.), con Ɵ̂ il valore trovato nel campione (cioè la sua stima) e con e l’errore di campionamento, si può scrivere:

Ɵ = Ɵ̂ ± e

Non ci sono difficoltà nel calcolare la stima Ɵ̂ dato che è direttamente fornita dai dati del campione; il problema è riuscire a calcolare e. Se il campione è stato scelto secondo una procedura causale, cioè se si tratta di un campione probabilistico, allora la statistica permette di calcolare l’entità. Considerando il caso del campionamento casuale semplice (adottato nella ricerca qui effettuata), l’errore di campionamento è dato dalla seguente formula:

𝑒 = 𝑧𝜎(𝑋)

̅̅̅= z

𝑠

√𝑛

√1 − 𝑓

Dove:

𝑧𝜎(𝑋)

̅̅̅

è l’errore standard della media campionaria; z è il coefficiente dipendente dal livello di fiducia della stima,che nel caso del 95%= 1.96; s è la deviazione standard

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campionaria della variabile studiata; n è l’ampiezza del campione; (1-f ) è il fattore di correzione per popolazioni finite; f è la frazione di campionamento = n/N; N è l’ampiezza della popolazione.

L’entità del campione è determinata principalmente dalla sua ampiezza che rappresenta uno dei criteri base per la definizione non solo dell’entità della ricerca ma anche della previsione dei suoi costi. Per risalire all’ampiezza del campione, dalla formula precedente basta sostituire a e l’errore che si è disposti ad accettare, e risolvere l’equazione rispetto ad n. Supponendo che si possa trascurare il fattore di correzione per popolazioni finite, risolvendo rispetto ad n si avrà:

n =

(

𝑧𝑠

𝑒

)

2

L’ampiezza del campione è direttamente proporzionale al livello di fiducia desiderato per la stima ( z ) e alla variabilità del fenomeno studiato, e inversamente proporzionale all’errore che il ricercatore è disposto ad accettare14.

3.4.2 MODALITÀ’ DI RACCOLTA DATI

Con modalità di raccolta dati o modalità di conduzione dell’indagine si intende il mezzo utilizzato per raccogliere le risposte delle unità campionate alle domande che formano l’oggetto dell’indagine. Nell’elaborato viene utilizzata la modalità “CASI” (Computer assisted self-interview)15, ovvero un’auto-intervista assistita elettronicamente, in cui

l’assenza dell’intervistatore viene sostituita dall’assistenza di un computer o di un tablet. L’intervista sul web può essere pensata in antitesi con i questionari cartacei. La somministrazione di questionari web rappresenta la maggior innovazione nell’ambito delle indagini campionarie; i primi tentativi di utilizzare il web in questo campo risalgono agli anni ’90; oggi quella dei questionari sul web è la modalità di somministrazione più comune

14Piergiorgio Corbetta, Giancarlo Gasperoni, Maurizio Pisati, 2001, “Statistica per la ricerca sociale”, Bologna, il

Mulino, p.266-269

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per le indagini di mercato, sociologiche e istituzionali. Di seguito vengono esposti i punti di forza e di debolezza per questa tipologia di questionari:

Punti di forza:

- I questionari web sono molto versatili e permettono l’utilizzo di molti canali di comunicazione. È possibile porre semplici domande scritte, ricorrere a immagini, video, file audio, link a siti web;

- È possibile disegnare il questionario in modo flessibile e personalizzato, sono solo rendendo automatica la navigazione, ma anche riformulando le domande in “tempo reale” sulla base delle risposte fornite in precedenza;

- È possibile fornire feedback al rispondente al termine della compilazione, rendendola più interessante;

- Si tratta di questionari auto-compilati in cui sono virtualmente assenti gli effetti potenzialmente indesiderati dovuti alla presenza dell’intervistatore;

- Permettono a chi gestisce l’indagine di raccogliere metadati, ossia informazioni sul processo di compilazione e navigazione all’interno del questionario;

- I tempi di compilazione sono liberi e verificabili dal ricercatore;

- Possibilità di controllare errori di compilazione e incoerenze nelle risposte e indurre il soggetto intervistato (S.I) a modificare una risposta se questa risulta evidentemente incoerente con quelle date in precedenza;

- Possibilità di costringere gli intervistati a rispondere a tutte le domande, impedendo loro di proseguire nella compilazione prima di aver risposto;

- Costi variabili d’intervista quasi pari a 0 (una volta che il questionario è attivo sul web, sottoporre a un piccolo campione costa come sottoporre a uno enorme);

- Grande velocità di raccolta dati;

- Eliminazione di trasferimento e editing dei dati: i software di preparazione dei questionari (in questo caso “SurveyMonkey”) creano automaticamente il database delle risposte che potrà essere rapidamente esportato in fase di analisi, evitando così errori di trascrizione dei dati.

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Punti di debolezza:

- È richiesta al S.I la disponibilità di un computer o tablet o altro supporto elettronico che gli permetta di navigare su Internet. La connessione dovrà essere veloce per navigare senza problemi nel questionario e questo non sempre è scontato;

- Il rispondente deve essere alfabetizzato sotto il profilo informatico e in grado di usare un browser. Questo rende difficile l’uso di questionari web per alcuni segmenti della popolazione e in particolare per gli anziani (anche se non è il caso di questo studio, data la popolazione obiettivo selezionata);

- Difficoltà nell’attuare piani di campionamento casuali; ottenere buone informazioni di contatto per il web è problematico ed è difficile costruire “liste”, fondamentali per mettere in pratica i piani di campionamento casuali più comuni;

- Problemi di portabilità dei questionari. Con portabilità s’intende la possibilità di compilare il questionario con software e piattaforme diversi. Sul mercato esistono diversi browser e la visualizzazione delle pagine non è sempre la stessa su tutti;

- Impossibilità di conoscere su quale supporto i rispondenti completeranno il questionario, sarà quindi necessario prepararne versioni differenti secondo il mezzo utilizzato per navigare. Tutto questo comporta dei costi;

- Elevata probabilità di drop-out;

- Impossibilità di controllare il processo di risposta (tempi effettivi e identità dei rispondenti);

- Elevato rischio di satisfacing16;

- Tasso di risposta basso, intorno al 25-30%;

- Elevati costi fissi relativi al know-how necessario per la preparazione del questionario.

16Fenomeno per il quale il soggetto intervistato interrompe la compilazione del questionario per noia o stanchezza

(35)

3.4.3 PROGETTAZIONE DEL QUESTIONARIO

Con questionario si intende semplicemente un insieme di domande che hanno lo scopo di generare i dati necessari per raggiungere gli obiettivi di una ricerca. La preparazione di un questionario è un’operazione che richiede esperienza e arte, deve essere progettato in modo tale da massimizzare la probabilità di risposta alle domande di cui si compone. Si tratta di uno strumento di comunicazione tra il ricercatore e il rispondente che agisce in due sensi:

1) Deve comunicare al rispondente ciò che il ricercatore vuole chiedergli; 2) Deve comunicare al ricercatore la risposta di chi è intervistato;

La qualità dei dati raccolti dipende dal funzionamento dello strumento in entrambe le direzioni; il disegno del questionario deve limitare errori dovuti a distorsioni del processo di risposta, comunemente detti “response effects”. La comprensione delle domande è una fase delicata e l’esperienza dei ricercatori ha portato alla consapevolezza che molte cose possono non funzionare, causando vari tipi di response effects, come ad esempio: i) il rispondente può distrarsi durante la lettura o l’ascolto della domanda, perdendo parte del contenuto (o anche tutto); ii) la domanda può contenere più di un argomento (double

barreling); iii) la domanda può essere complicata dal punto di vista sintattico; iv) la

domanda può contenere termini o concetti di cui il rispondente non conosce il significato;

v) la domanda può contenere termini il cui significato è ambiguo e può essere interpretato

in modo diverso dai rispondenti diversi. (Tourangeau et al., 2000). Una prima fondamentale classificazione delle domande da inserire all’interno di un questionario si basa sul formato delle risposte: si distinguono domande a risposta chiusa, in cui la risposta viene scelta tra un numero limitato di alternative, e domande a risposta aperta, in cui il formato è libero. Tipicamente in un questionario strutturato la maggior parte delle domande sono chiuse, per cui il rispondente è chiamato a scegliere tra due o più alternative. Il ricercatore deve assicurarsi che l’insieme delle scelte di risposta sia esaustivo (il rispondente trova sempre la sua categoria) e le singole categorie siano ben distinte (il rispondente non deve avere difficoltà a scegliere tra opzioni diverse). Il livello di dettaglio delle categorie di risposta deve corrispondere a ciò che può interessare in fase di analisi; molte categorie di risposta sono difficili da gestire, meglio cercare di essere semplici. Inoltre, per evitare il rischio che il rispondente non trovi la propria categoria, conviene sempre includere la voce “altro”. Un altro aspetto rilevante riguarda l’ordine in cui le

(36)

spesso una serie di domande precedenti una domanda considerata strategica possono migliorarne la comprensione, definendo in modo progressivo i termini della questione,ovvero favorire il processo di reperimento della memoria dell’informazione. Occorre tuttavia essere molto cauti nel farlo, e testare accuratamente la presenza di effetti distorsivi. In questo senso si può procedere in due modi:

- sequenza ad imbuto rovesciato, si riferisce ad un modo di procedere che parte da domande generali per arrivare a domande più specifiche; utile quando vengono richieste più valutazioni su vari aspetti dello stesso oggetto o su oggetti collegati;

- sequenza ad imbuto rovesciato, in questo caso si procede invece dal particolare al generale, quando l’oggetto delle domande non sono valutazioni ma, ad esempio, comportamenti che devono essere ricordati.

Un elemento di principale importanza per la comunicazione comprende l’aspetto del questionario, la sua presentazione e conclusione: tutto deve essere funzionale a invogliare il rispondente a partecipare e a farlo secondo uno stile di risposta “alto”, in cui s’impegna a dare le risposte più affidabili possibili. Nell’introduzione entrano in gioco tre variabili psicologiche: l’impersonalità, la legittimità e il carico di risposta. Il questionario deve comunicare al rispondente che le informazioni raccolte non saranno divulgate a nessuno, che sono raccolte per scopi di analisi che in alcun modo non porteranno a giudizi o ad azioni nei suoi confronti (impersonalità). In secondo luogo deve trasmettere l’idea che chi conduce l’indagine è legittimato a farlo, perché raccoglie e analizza dati in modo professionale e per fini leciti (legittimità). Infine lo strumento deve comunicare quale sarà il compito cui il rispondente è chiamato: quali canali di comunicazione, quali argomenti, quanto tempo sarà richiesto (carico di risposta).

Nelle modalità auto-somministrate il layout del questionario è rilevante. Nel disegnare un questionario web è importante curare il suo aspetto con molti dettagli, utilizzando una grafica elegante, sobria e semplice, per trasmettere serietà scientifica. Per concludere, l’accuratezza nella redazione del questionario riguarda anche le scale di valutazione che devono rispondere ai criteri di affidabilità (reliability) e validità (validity) . Tale strumento di misurazione è affidabile se permette di ottenere la stessa misura indipendentemente dalla persona che lo utilizza e dalle condizioni ambientali in cui viene utilizzato, e se riproduce quanto ottenuto con uno strumento diverso, ma altrettanto affidabile. In linguaggio

Riferimenti

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